Poco prima dell'ultimo Natale Ettore Fobo ha pubblicato questo post:
http://ettorefobo.blogspot.it/2012/12/il-natale-oggi-secondo-umberto.html#comments
Ho risposto così:
http://de-crea-zione.blogspot.it/2012/12/natale-e-deserto.html
Successivamente il dialogo è continuato come commenti al suo post.
Qui riporto lo scambio di idee, perchè mi è sembrato molto proficuo e interessante.
Mi piace immaginarlo come una specie di dialogo socratico post-moderno fra lo spettro di un eroe ormai terrorizzato dal rumore senza anima che sente dappertutto, rumore di macchine in cui non riesce più a riconoscere la voce degli Dei, e il fantasma di un filosofo radicale, anticonformista, eudaimonista, ludico, menefreghista, amico degli animali e nemico delle menzogne, di ogni cosa non strettamente necessaria e di ogni artificio, che non riesce a ritrovare la sua dimensione naturale, spontanea, semplice - la sua anima.
Questo eroe senza Dei e questo cinico senza anima e Natura se ne stanno come ectoplasmi al margine estremo del mondo, osservando la nostra società e commentando con voci fra l'incuriosito e l'attonito le stranezze che ivi vi scorgono - paragonandole a cose antiche e da lungo tempo dimenticate.
Ettore Fobo:
Questa è un’epoca di passaggio. Nuovi valori devono essere creati e i
vecchi valori vanno definitivamente sepolti. Come dici tu, non possiamo
più riconnetterci con i culti antichi e il cristianesimo è ormai
pressoché privo di vita. Non so se sia un effetto di quello che tu
chiami il Moloch dei consumi o se il consumismo abbia preso il posto già
lasciato vuoto dalla crisi del cristianesimo. Però questa condizione di
impasse non può essere eterna, finito un ciclo della storia ce ne sarà
un altro con nuove idee e nuovi valori. E’ solo questione di tempo.
Come in tutte le epoche di crisi, ci sono profezie di catastrofi
imminenti che sono il segno che un mondo sta finendo e un altro mondo
sta emergendo. Ormai è chiaro che sarà la Tecnica a determinare questa
trasformazione, da qui il pessimismo di molti filosofi, tra cui
Galimberti, secondo cui l’uomo non è più il vero soggetto della Storia
ma mero funzionario degli apparati della Tecnica. Io non so e come
tutti sono in attesa.
Diogene senza l'anima?:
O forse, in fondo, come diceva De Andrè in un'intervista (riporto in
parte con parole mie il concetto): nonostante questa apparenza di
cambiamento così rapido, radicale, omnipervasivo, "io credo che i
problemi fondamentali dell'essere umano resteranno sempre gli stessi,
immutati, ancora per molti secoli - e forse per sempre."
...Ah, ecco, mi ricordo le parole esatte: "Io credo che l'uomo potrà anche conquistare le stelle, ma penso d'altra
parte che le sue problematiche fondamentali sono destinate a rimanere
le stesse per molto tempo, se non addirittura per sempre."
Ettore Fobo:
I problemi dell’uomo saranno gli stessi, ma mai come in quest’epoca essi
possono essere ridefiniti attraverso la tecnologia e la scienza (penso
soprattutto alla chimica). In proposito la neurologa Susan Greenfield ha
scritto un saggio eloquente, “Gente di domani”, in cui descrive un
mondo a venire per noi impensabile e forse inquietante. Da più parti si
pensa che la tecnologia possa modificare l’umano nella sostanza. Chissà,
magari è solo un sogno, di sicuro
per ora la frase di De André non può essere smentita.
Diogene senza l'anima?:
Sicuramente siamo in un periodo di mutazione. Ma gran parte della
filosofia insiste sulla fenomenicità apparente di ogni mutamento.
L'essenza non muta. Perciò neanche l'essenzialmente umano. L'essere è -
come direbbe Parmenide - il divenire è non essere. Perciò l'apparenza di
un cambiamento radicale non può che essere un fantasma passeggero.
"Allora non si crederà più, come fa l'uomo del volgo, che il tempo possa
generare qualcosa di veramente nuovo e di veramente importante; che nel
tempo e per via del tempo qualcosa possa attingere ad una realtà
assoluta; non si attribuirà più al tempo, come a un tutto, un principio e
una fine, un disegno e uno svolgimento; né, seguendo il concetto
volgare, si assegnerà come fine allo scorrere del tempo il più alto
perfezionamento del genere umano. (A. Schopenhauer, Il mondo come
volontà e rappresentazione, libro III, paragrafo 35).
Ettore Fobo:
Bello, Diogene, mi hai convinto. L’essenza non muta, ma superficialmente
i cambiamenti avvengono. I valori per esempio, nulla di sostanziale,
fenomeni passeggeri ma importanti in una data epoca. Maschere se
vogliamo, necessarie per la nostra finzione. Cito Oscar Wilde, a
memoria: “Le verità della metafisica sono maschere “. Dietro la
maschera, che cambia a seconda dei tempi, l’immutabile essenza.
Diogene senza l'anima?:
Fantastico, l'aforisma di Wilde e la tua conclusione sono esattamente in
sintonia con quello che volevo aggiungere. La metafisica con Nietszche
crolla, e con Heidegger definitivamente l'essere diventa storico, perchè
l'essere è linguaggio. Da qui muove l'ermeneutica, orizzonte nel quale a
occhio e croce direi si potrebbe probabilmente inscrivere il discorso
di Galimberti, e così tutti i discorsi filosofici, che fanno Heidegger e
tantissimi altri filosofi, sul destino della Metafisica, il destino del
Nichilismo, il destino della nostra civiltà occidentale, il destino del
cristianesimo, il destino della Tecnica. Tuttavia, da quello che ho
capito, l'autentico pensiero di Heidegger non è riducibile a questa
concezione dei suoi epigoni dell'ermeneutica. A me sembra che tutti i
grandi filosofi, Heidegger incluso, si siano sempre mossi, nonostante
l'estrema varietà e l'estremo variare storico delle "maschere",
all'interno di un orizzonte di tipo parmenideo. Anche in Heidegger, il
linguaggio e l'essere storici, pur nelle ceneri della Metafisica e dei
sistemi, affondano le loro radici in qualcosa di indefinibile, che, sia a
livello di Essere, che forse in un certo senso anche a livello di
Linguaggio, è Eterno. I valori e le maschere metafisiche mutano, il
nocciolo dell'Essere permane eterno nel suo inaccessibile mistero. Mi
esprimo in termini generici perchè non conosco in maniera approfondita
il secondo Heidegger, ma questa è l'idea che mi sono fatto.
Ettore Fobo:
E’ l’idea che mi sono fatto anch’io Diogene: nessun filosofo, neanche
Nietzsche, che è quello che forse ci è andato più vicino, è riuscito a
superare la metafisica, gli orizzonti parmenidei rimangono immacolati.
Un filosofo contemporaneo molto interessante, che sta provando a
superare la metafisica, è John Gray. Ne ho parlato in questo blog a
proposito del suo libro “Cani di paglia”. E’ un tentativo di uscire
dall’incubo metafisico e antropocentrico. C’è molto da pensare ancora,
oltre l’uomo e oltre i suoi orizzonti metafisici. La filosofia è appena
iniziata.
Diogene senza l'anima?:
Ho letto l'articolo su Gray. Mi richiama il mio articolo del 29 novembre
sullo shivaismo tantrico del kashmir (smettere di avere scopi). In
comune, il filo-taoista Gray e l'insegnante di shivaismo tantrico in
questione nel mio articolo (Nathalie Delay) hanno questo: l'invito a
lasciar perdere, lasciar cadere qualsiasi scopo metafisico, religioso o
ideologico; qualsiasi senso. L'incubo, di qualsiasi senso, della ricerca
mai soddisfatta, perennemente insoddisfatta, e perciò distruttiva,
violenta, nel suo voler a tutti i costi affermare qualcosa. Trovo questo
lasciar perdere Dio, scopi, Sensi, visioni chiare e definite, velleità
di miglioramento del reale, volontà precise, ispirazioni salvifiche,
molto rasserenante. Resta, direbbe Nathalie Delay, la vita, la vita
sensibile, "il cuore pulsante della nostra insensatezza" come dici nel
tuo post, il
fluiresenzaunsensoprecisomapullulantedistorieincidentipersonaggifattiintuizioniombrelucicontraddizionispiraliemotivepensierimicropoesie
della vita quotidiana, con la sua noia, la sua sofferenza, le sue
emozioni, i suoi preziosi istanti di magia priva di un dio o un disegno -
gratuiti.
Ettore Fobo:
Ho riletto il tuo post. Parli della contraddizione fondamentale di un
certo pensiero orientale, penso a Krishnamurti: essere un maestro che
dice che non ci sono maestri. Però il nocciolo è proprio lì: smettere di
proiettare su qualcuno, di essere un seguace, di inseguire speranze
trascendenti. Mi sembra che nella semplice accettazione delle vita hic
et nunc ci sia abbastanza saggezza.
Diogene senza l'anima?:
Certo. In un certo senso è forse il tema di tutto il mio blog. Ma questa
antinomia si estende anche alla filosofia. Anche John Gray è un
filosofo che teorizza la fine delle verità filosofiche. Questo è analogo
a Krishnamurti che teorizza, da maestro, la fine della sensatezza di
seguire un maestro. E' una questione molto sottile. Anche tu rilevi una
contraddizione fra una critica radicale al concetto di guru, e più in
generale al fatto di accodarsi a una serie di dogmi, riti, credenze -
appartenenza religiosa di clan che per Krishnamurti offusca stravolge e
compromette in maniera completa le capacità della mente di essere un
campo aperto, semplicemente ricettivo, equanime, privo di pregiudizi o
preferenze - radar imparziale del reale, una pista aperta sugli indizi
della verità, in ricerca viscerale sulla base di una percezione
autenticamente scevra da pre-idee e di un esame radicalmente libero (in
maniera analoga a quello che diceva Simone Weil quando affermava che
appartenere a un qualsiasi partito politico impedisce una sincera
analisi del reale e una onesta presa di posizione su di esso; o quando
diceva che aderire a qualsiasi religione, filosofia o semplicemente
idea, vuol dire chiudere la partita della propria ricerca della verità:
si può aderire a un'idea, diceva la Weil, solo in maniera parziale,
relativa, limitatamente a quegli aspetti che al proprio esame risultano
effettivamente veri; e sempre con la consapevolezza che si tratta solo
di un passo parziale e momentaneo della propria ricerca, che quindi
bisogna in ogni istante essere pronti a mettere tutto in discussione,
sulla base del proprio libero e continuamente, vigilantemente critico
esame - quindi qualsiasi "adesione" in senso stretto a una idea
qualsiasi, qualsiasi "convincimento", qualsiasi "assenso" a una teoria o
una prassi è da rifiutare in quanto uccide la verità) e il porsi
comunque di Krishnamurti a suo modo come maestro.
Ma questo chiaramente si estende anche alla filosofia: anche quello di
Gray, per esempio, è pur sempre un sistema di pensiero, con un contenuto
preciso, un insieme organizzato di idee che richiede un'adesione, un
assenso. Non è semplicemente il vivere nell'hic et nunc (del resto anche
"vivere nell'hic et nunc" è un preciso concetto filosofico, con una
precisa storia): è una filosofia, con concetti inevitabilmente precisi
di riferimento, contenuti teorici filosofici che si possono mettere a
confronto con qualsiasi altro contenuto filosofico, e possono essere
discussi a livello filosofico, ma che non sono il semplice hic et nunc,
sono una filosofia precisa con concetti filosofici precisi, collocabili
in un contesto filosofico-culturale preciso.
E allora, da un
certo punto di vista, che differenza c'è, fra aderire al sistema
filosofico di Platone e aderire al "sistema" filosofico di Gray? E' la
stessa cosa. E' un assenso a una teoria, della quale ci lasciamo
convincere. Le diverse teorie possono essere confrontate e dibattute a
livello filosofico, ma sono tutte egualmente "metafisiche", sono tutte,
alla pari, delle costruzioni teoriche filosofiche, analizzabili a
livello concettuale, o magari filosofico-intuitivo, ma non riducibili
all'"accettazione dell'hic et nunc". Qualsiasi filosofia, qualsiasi
discorso, qualsiasi concetto è già un'interpretazione.
Come un
maestro che critica i maestri è contraddittorio, così è contraddittorio
un filosofo che critica le "certezze metafisiche" e si proclama, ma
sempre facendo una precisa teoria filosofica, come difensore e garante
della semplice vita al di là di qualsiasi senso astratto. Ma anche il
suo invece è un senso astratto, concettuale, filosofico, metafisico, e
il suo presentarsi come extra o meta-metafisco è contraddittorio e in un
certo senso può essere visto anche come un imbroglio.
Sulla base
di queste riflessioni, tutte le filosofie della demistificazione, della
dissacrazione e della demitizzazione - dall'illuminismo, poi il
positivismo, fino a Nietszche, Krishnamurti, Gray e moltissimi altri,
potrebbero forse assumere l'inquietante profilo di supreme ingannatrici:
proprio in quanto pretendono di insegnare a svelare gli inganni - ma,
proprio nel fare questo, si pongono come nuovi Simulacri/Dogmi a cui
aderire. Del resto, il caso dell'illuminismo, del positivismo e in
generale di tutta la filosofia moderna razionalistica è emblematico:
basta vedere cosa ha prodotto.
Ettore Fobo:
Grazie Diogene, bellissima disamina, molto chiara ed esaustiva. Non
posso che essere d’accordo. Soprattutto quando scrivi che filosofi come
Nietzsche hanno finito per erigere nuovi idoli, laddove cercavano di
abbattere credenze (penso al mito dell’oltreuomo). Questa tendenza è
avvertibile anche in John Gray, in Heidegger, in Cioran e in tutti i
grandi becchini della tradizione filosofica occidentale.
Con
l’espressione hic et nunc, ne sono consapevole, sottintendevo una
visione (filosofica) del mondo che escludesse l’orizzonte della speranza
in un aldilà.
Per quanto riguarda l’illuminismo e il
positivismo, penso che la loro tendenza dogmatica sia veramente
inquietante e non cessa di gettare la sua ombra sul nostro presente, in
cui la scienza ha sostituito la religione come narcotico per le masse.
La nostra epoca iper razionale ha molti scheletri nell’armadio, molti
orrori ha prodotto e continua a produrre.
Vedo con sospetto e
sgomento l’imporsi di un pensiero calcolante, attento unicamente
all’utile, la crescente mania dell’efficienza, il mito stesso del
progresso, idolo fra i più pericolosi, l’enorme potere conferito
all’economia, scienza malefica; cresce la confusione e si fatica a
orizzontarsi. Come Ceronetti, il filosofo ignoto, penso che la filosofia
possa e debba essere una luce in questo buio che ha tutti i contorni
della pazzia.
Cerco così, come tutti, forse, di vivere la mia
vita fra le rovine della religione e le nuove cattedrali della scienza.
Entrambe mi sembrano fragili, prossime al crollo … Sento inoltre che
questo crollo, oltre che catastrofico, può anche essere liberatorio.
P.s.: a parte il dettaglio che è alquanto bizzarro e un po' grottesco immaginare che due spettri possano avere un blog, mi pare che per il resto il dialogo, se immaginato come avvenente fra questi due personaggi post-mitologici, spettri antichi che osservano il mondo d'oggi, sia tutto sommato stranamente coerente, estremamente divertente, e infine, mi sembra che i significati e le interpretazioni messe in gioco nel dialogo assumano un peso e un'aura diverse, un tono più inquietante ma allo stesso tempo più distaccato. Il tutto diventa una specie di semi-coerente racconto filosofico enigmatico.
LASCIA TUTTO, E SEGUITI! (F. Battiato) Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (Guido Ceronetti)

di-segno di Sacrilegio Tempesta
?
pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
martedì 29 gennaio 2013
Sperimentazioni maieutiche/2.
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