di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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sabato 8 agosto 2015

Noi umani del 2014

disinformati e "impegnati"
scandalizzati e complici
arrabbiati e conniventi
abitudinari e ribelli
annoiati e anticonformisti
"positivi" salvatori di universi
esploratori curiosi di ogni via spirituale
e impotenti e indifferenti come tutti
intellettuali, poeti
astratti come preti disillusi
utopisti con cinismo
sognatori con rancore
visionari miopi, strabici, alla fine più realisti del reale
filosofi compiaciuti
pessimisti in cerca di smentite e consolazioni
ottimisti per lavoro
o per disperazione
evangelizzatori prestati a qualsiasi causa e ideologia
per automatismo
cittadini virtualizzati
amanti ipnotizzati dalla routine
amici più che di persone di stereotipi
sciamani di ogni input virtuale
araldi di ogni nuovo slogan
da pubblicizzare.









ma dentro

dentro il petto





un impeto

un sussulto

un presagio

un trasalimento

uno scuotimento

un presentimento






di una libertà vasta come il cielo in estate,
 

limpida come la voce del vento.






(2014)









venerdì 15 maggio 2015

-



                                                                     

La luna avvolge
le cose
in un’atmosfera
sospesa, muta
trasparente, cristallina
di sogno incipiente.

Tutto è teso,
concentrato,
come caricato verso
l’impossibile,
sembra che
a toccare una cosa qualsiasi
possa scoccare
verso l’irreale,
e tramutarsi
in fugaci
apparizioni
di ridente
luce solida.

Tutto muta.
Il Cosmo è di nuovo
intatto.
E l’impossibile si tramuta
in tocco.

domenica 10 maggio 2015

MANTICA DELL’ENTROPIA CREATRICE



"La condizione ideale è proprio il disordine estremo, ovvero una superficie coperta o piena di abbondanti resti in decomposizione"
E. H. Faulkner,  teorico dell’agricoltura e sperimentatore agricolo




Si fa così:

bisogna spargere gli elementi e le idee sul terreno
seguendo il principio del massimo disordine,
della casualità/Caos/Entropia neutra, imparziale, indifferente:

così si scompigliano i semi della vita
e i progetti occulti della malattia e della morte
attivando nuovamente il Divenire
nella sua pura libertà equanime
sulla terra che recupera la sua fertilità
disintegrando, disgregando le forme stantie
rigide,
troppo umanamente codificate, prefabbricate, inquadrate,
etichettate, costrette, deformate, ingabbiate
per scardinare l’asse atrofizzato dell’anima
recuperare perciò la   Centralità – del – Grande - Sé

(vasto  –  oceano  –  senza  –  centro)

riaccordare il respiro e il canto col     Grande   Spirito
e, tra le foglie e i rametti marcescenti,
tra il profumo di sottobosco, i lombrichi e infinite
follie architetture miniate istoriate intarsiate frattaliche esatte
di geometrie incomprensibili
che solo la natura Caotica, la Vita libera sa far accadere magicamente
- tra tutto questo vorticare brulicante frastornante
infrascato odoroso assordante armoniosissimo

-  ecco che cresce ancora una volta un piccolo fiore casuale,
   -  il fiore dell’Anima del Mondo,
                         -  caotico, perfetto, esatto e imprevedibile,

   -  mormorando tra l’humus e le miriadi di piante selvatiche

                        -  nuove idee, nuove parole,

                                  nuove melodie, nuove visioni,

                                        nuovi suggerimenti per nuove azioni da compiere,

                                                         nuovi versi, nuove immagini,

                                                         nuove domande, nuovi misteri,

                                                                                 nuovi miti, nuovi dei

-  a cui dare vita coi nostri sogni,

                                             -  con la vita che vivremo,

                                                    -  con le azioni che agiremo,

                                 -  col Giardino Selvatico rinnovato della nostra anima

                                                    -  sovranamente libero e solarmente aperto

    -  perfettamente vuoto di impedimenti

                                      e pieno di fiera vita rigogliosa e fertile


-  aperta all’inquietudine ieratica del divenire,

-  eternamente irresolubile enigma –

-  e il nostro dar forma alle cose non sarà arbitrario –


-   tracciando


                                                      i segni


                                              indicati


                                           dalle orme



                                                                 di una Regalità









invisibile.




                                                   





lunedì 15 settembre 2014

FUGA DALLA PIRAMIDE ROVESCIATA



La morte ha forma di piramide
e moltiplica la paura ad un terzo.

Dov’è il mio albero
in quale Africa oppure
la frazione franta dal fonema?

Ha forma di piramide la morte
e saccheggia il sempre
con l’effimero.

In quale Africa
si saccheggia l'effimero?

Quale fonema saccheggia il presente?

il Serpe
serpeggia nel giardino dell'Effimero
occhieggia ai piedi della Sfinge
fingendo sfinimenti e vaneggiamenti cosmici
lo osserva un albero
che sussurra ricami di quiete e ombra e enigma
la Piramide ignora tutto quanto
Serpe, albero, ombra, crisma e miasma
e grida rigida
scandendo ritmi ripidi
i suoi Decreti minimi
Sacerdoti muti del Simmetrico
inerte perfetto responso
del Solido Invisibile.

Che Sacro Effimero Equivalente Teorema
saccheggia il Serpente?

Il serpente lo sventra
Nella tundra una sciamana
Occhi stretti neri e fondi
Con in mano una campana
Sale ad ogni dong
La sciamana, ora animale,
E di volta in volta
Scala il cielo: aquila immane.
Non vede altro che distese
Innevate tolte al tempo
"Eppure c'era qualcosa
Io lo sento. Sì lo sento"

Fu allora che ridiventò serpente
e topo e lontra e bestia strana
e si scavò un rifugio nel ventre della terra
per incubare un sogno
lontano da tutto
in cui fiutare ancora inviolate
le piste dimenticate dell'arcano.












Questa poesia è frutto di un'improvvisazione poetica a 4 mani su Facebook. Ossimoro paradossale, ma a volte evidentemente perfino su Facebook è possibile essere "creativi".


Il tutto è partito dai versi iniziali di Sebastiano A. Patanè Ferro (dall'inizio a "con l'effimero."), ha proseguito As Sauari (fino a "saccheggia il presente") poi io (fino a "saccheggia il serpente") poi Lu LacrymaeRerum Pathos (fino a "sì lo sento") poi di nuovo io fino alla fine.

Il titolo l'ho inventato io a posteriori.


Il gioco poetico, per quanto solo virtuale, mi ha ricordato che la matrice ancestrale della poesia è qualcosa di pre-personale, anche pre-letterario, e probabilmente risale ad improvvisazioni orali corali, in tempi in cui ancora sicuramente non si dava così tanta ingigantita ed effimera importanza a concetti come quello di "autore" e neanche a quello di "opera".

Improvvisare insieme versi (un po' come facevano i surrealisti con i loro giochi di scrittura casuale-collettiva, "I cadaveri eccellenti") mi sembra una bella maniera di ricordarsi del fuoco originario della poesia, energia viva, Logos in azione, jam session musicale-sonoro-onomatopeico-verbale, anima pre-razionale del linguaggio e delle relazioni umane.



domenica 7 settembre 2014

Goga e Magoga


Goga e Magoga: che significa? (spiegazione di Davide van De Sfroos)


"Ho questa fissazione: ...che il proiettarsi in avanti a una velocità smodata a tutti i costi non è il futuro possibile. ...Il tornare indietro e vivere nel passato è una gran cagata. Ma il coraggio di guardare avanti accettando di rallentare... e di capire cosa c'è stato prima, di ricordare cosa c'è stato insegnato dai tempi.. da tutti i tempi, possa essere una vaga.. e dico vaga, speranza."  (Davide Van De Sfroos)





Goga e Magoga, la canzone





Varda scià,semm rüaa,saraa dent ne l'aragusta curazada.
Giruaghen nella nebbia che süghen el diluvio cunt i strasc.
E vureum tüt quel che gh'erum menga,per cercà tüt quel che gh'erum piö
E scapaum de ogni sit in duè rüaum,per truà un oltru sit de lassa indree..

Goga e magoga, l'è una danza sö l'angoscia che la giüga.
Goga e magoga, la macumba sö la tera che sufega.
Goga e magoga, il futuro in barca a vela chi lo paga?
Goga e magoga, el to santo prutetur urmai se droga!

Varda scià,semm rüaa,ne la crapa gh'emm un pesce motosega.
La girandula sö i ball,e i sogn di oltri li sistemum cul mazzott.
Gh'emm i öcc a damigiana e quaranta mungulfier tüt piee de ball.
I ricami sul cuscino e mitragliatrici a nastro suta 'l lecc.

Goga e magoga, l'è una danza sö l'angoscia che la giüga.
Goga e magoga, la macumba sö la tera che sufega.
Goga e magoga, il futuro in barca a vela chi lo paga?
Goga e magoga, el to santo prutetur urmai se droga!

E vabè, fa nagott, vemm a burlà ma l'è culpa della crisi.
I rifiuti,quelli brutti,li ho scundüti e non li ritroverai.
Akuaduulza! Acqua stüfa! De sta che a quatà la mia vergogna.
Giù sul fondo c'è il passato,ma 'l rifless de quel che semm l'è in süperfis.
Verde rame! La speranza! E il cemento armato di pazienza.
E l'arcangel el te presta la sua ala,per sügà i lacrim di to öcc.
E l'arcangel el te presta la sua ala ma,nöm ghe se netum dent el naas.
E se non bastano quadri,fiori e picche,
duperum anca i cör cumè curtej.

Sulla scala dei ricordi, sulla scala dei ricordi c'è la melma
E l'è un sit in duè l'è facil, l'è un sit in duè l'è facil sbrissigà.

Goga e magoga, e se s'cepa anca la sfera della maga.
Goga e magoga ,l'è una danza per cantà chi se ne frega.
Goga e magoga, se spargiamo un po' di sangue dopo asciuga.
Goga e magoga, vören tücc fà tumbula, rüga!!

(Davide Van De Sfroos)


Guarda qua, siamo arrivati, rinchiusi nell'aragosta corazzata.
Girovagano nella nebbia e asciugano il diluvio con gli stracci.
E volevamo tutto quello che non avevamo, per cercare tutto quello che non avevamo più.
E scappavamo da ogni luogo in cui arrivavamo, per trovare un altro luogo da lasciarci dietro...

Goga e magoga, è una danza sull'angoscia che gioca.
Goga e magoga, la macumba sulla terra che soffoca.
Goga e magoga, il futuro in barca a vela chi lo paga?
Goga e magoga, il tuo santo protettore ormai si droga!

Guarda qua, siamo arrivati, nella testa abbiamo un pesce motosega.
La girandola sulle palle, e i sogni degli altri li sistemiamo con la mazza.
Abbiamo gli occhi a damigiana e quaranta mongolfiere tutte piene di balle.
I ricami sul cuscino e mitragliatrici a nastro sotto il letto.

Goga e magoga, è una danza sull'angoscia che gioca.
Goga e magoga, la macumba sulla terra che soffoca.
Goga e magoga, il futuro in barca a vela chi lo paga? 
Goga e magoga, il tuo santo protettore ormai si droga!

E vabè, non fa niente, ci suicidiamo ma è colpa della crisi.
I rifiuti, quelli brutti, li ho nascosti e non li ritroverai.
Acqua dolce, acqua stufa! Di star qui a coprir la mia vergogna.
Giù sul fondo c'è il passato, ma il riflesso di quello che siamo è in superfice.
Verde rame! La speranza! E il cemento armato di pazienza.
E l'arcangelo ti presta la sua ala, per asciugare le lacrime dei tuoi occhi.
E l'arcangelo ti presta la sua ala, ma noi ci puliamo il naso.
E se non bastano quadri, fiori e picche,
Usiamo anche i cuori come coltelli.

Sulla scala dei ricordi, sulla scala dei ricordi c'è la melma.
Ed è un luogo in cui è facile, è un luogo in cui è facile scivolare.

Goga e magoga, e si rompe anche la sfera della maga.
Goga e magoga, è una danza per cantar chi se ne frega.
Goga e magoga, se spargiamo un po' di sangue tanto asciuga.
Goga e magoga, vogliono tutti far tombola,mescola!!


(traduzione di Cane - testo e traduzione trovati a questo link:



















sabato 30 agosto 2014

DANIZA IN FUGA


Gli animali bifidi mi stanno braccando.

Sono dappertutto, lo sento.

Ovunque trappole.

Cosa vogliono?

I miei piccoli sono stanchi.

Corriamo, corriamo, poi mi

fermo ad annusare l'aria,

sento l'odore dell'agguato,

cambiamo direzione.

Ci nutriamo velocemente,

furiosamente.


Gli animali bifidi

sono pericolosi,

i più pericolosi.

Hanno magie spettrali,

trucchi tonanti

e intenzioni nascoste.

Hanno un pessimo odore,

odore di cose

mai sentite

nella foresta,

cose morte

ma che

non si

decompongono.


Guardo il Cielo.

Annuso l'Aria.


Cerco di rincuorare

con qualche musata

affettuosa

il più stanco

dei miei cuccioli,

quello che sembra

non farcela

più.

Se continua

così

a rallentarci

lo dovrò

abbandonare.


Cosa vogliono

questi esseri bifidi,

nè cacciatori

nè prede,

nè abitanti della foresta

nè animali che

dalla foresta si tengono

al largo,

invasori di

ogni

luogo,

invasori senza

un luogo,

onnipresenti abitatori dell'assenza,

senza un odore

chiaro,

una radice,

una connessione

con l'humus

col cuore

pulsante

della Terra???????


Ricominciamo

a correre,

sono stanca

anch'io, ma

la Guida

Interiore

è chiara,

di là no,

di là neanche,

di là neanche,

ecco: una

via

di

fuga,

là.


Corriamo, corriamo

in zone di bosco

che non conosco,

ma

un

bosco

è sempre un bosco,

ha le sue regole,

le sue Leggi,

il suo Linguaggio.


Cosa vogliono questi

esseri

senza appartenenza,

senza lealtà,

senza regole,

senza leggi,

Dominatori di ogni spontanea manifestazione della Vita,

con un

linguaggio biforcuto,

una costruzione

mastodontico/labirintica

incomprensibile,

una rete scivolosa che si espande ovunque

satura di inganni e di esche avvelenate?????????


La mia Anima

mi guida,

ferma,

sicura,

stanca

ma

inarresa.


L'Anima

in formazione

dei miei piccoli

alle mie spalle

la sento

arrancare

ansimare

disperata.


Chi sono questi esseri

senza peli,

senza zanne,

senza Istinto

ma dominati da una

Volontà implacabile???????


Dove hanno perso

la loro Anima???????????????????


In quale


Trappola???????



Continuiamo a correre.


Il Cielo non ha risposte.


La Foresta mi protegge.


Per adesso.


mercoledì 13 agosto 2014

Punteggiatura animale (una poesia di Ermanno Krumm)








In poesia non ci sono punti
ma bui corpi che guardano
dal fondo della storia, dalle grotte
di Lascaux: è la punteggiatura
delle macchie, il salto dei bisonti,
il barrito degli elefanti di una volta
il grido di gente che ha fin troppo piacere
in gola, troppi occhi, troppe mani
in mezzo al giardino, in fondo al pozzo.



(da Ermanno Krumm, Respiro)

venerdì 4 luglio 2014

tanto per stravolgere l'impianto

che sia stanco oppure freno/che sia vuoto oppure rantolo/amo perdermi in questo gomitolo ascendente/di fango e vanto/e penitenza e schianto/nel centro del centro/trovo la radice del pozzo infranto/e mi specchio nel nocciolo nero petrolio/che schiudendosi sillaba rinascite/nei cui labirinti multicolori e straripanti/esplodo nell'erezione comica e selvatica del mio canto/notte strabica popolata da oceani di sogni-coyote/con le orecchie dritte in ascolto/vulcano ridente/che erutta irridente alla fine/un volo stra-libero,/irredento/verso il segreto remoto dell'incanto.

(Diogene senza l'anima?)

sabato 21 giugno 2014

una poesia di Gary Snider sul futuro




PER I BAMBINI



Le alte montagne, le creste
delle statistiche
sono sotto i nostri occhi.
La salita ripida
di ogni cosa, va su,
su, mentre tutti noi andiamo giù.

Nel prossimo secolo,
o in quello successivo,
dicono,
ci saranno valli, pascoli
in cui ci incontreremo in pace,

se ce la facciamo.

Per scalare queste cime,
un consiglio per te,
per te
e per i tuoi figli:

state assieme,
imparate dai fiori,
siate lievi


(Gary Snider, da Turtle Island)



FOR THE CHILDREN


The rising hills, the slopes,
of statistics
lie before us.
the steep climb
of everything, going up,
up, as we all
go down.


In the next century
or the one beyond that,
they say,
are valleys, pastures,
we can meet there in peace
if we make it.


To climb these coming crests
one word to you, to
you and your children:


stay together
learn the flowers
go light




(Gary Snider, poeta, ecologista, pensatore tra i fautori delle correnti dell'ecologia profonda e del bioregionalismo)



(tratto dal blog http://www.sagarana.net/rivista/numero33/poesia9.html )









giovedì 5 giugno 2014

Moderna progettazione ambientale.


un sistema d'utile
razionale calcolare
uccide ed annienta
tutto ciò che ha valore
tutto ciò che ha vita propria
tutto il gioco inutile del ridere
tutto il selvatico indomito
tutto il sapore della terra
tutto l'umano sanguinare
tutto l'umano naturale
tutto il rumore del mare.

Diogene senza l'anima?, Torno, Lago di Como, 2013.







mercoledì 4 giugno 2014

Tre poesie di Jack Hirschman






Felicità 
 
C’è una felicità, una gioia
nell’anima che è stata
sepolta viva in ciascuno di noi
e dimenticata.

Non si tratta di uno scherzo da bar
né di tenero, intimo umorismo
né di amicizia affettuosa
né un grande, brillante gioco di parole.
Sono i superstiti sopravvissuti
a ciò che accadde quando la felicità
fu sepolta viva, quando essa
non guardò più
dagli occhi di oggi, e non si
manifesta neanche quando
uno di noi muore – semplicemente ci allontaniamo
da tutto, soli
con quello che resta di noi,
continuando ad essere esseri umani
senza essere umani,
senza quella felicità.




Devi avere il cuore infranto per accogliere la vita



Vai al tuo cuore infranto.
Se pensi di non averne uno, procuratelo.
Per procurartelo, sii sincero.
Impara la sincerità di intenti lasciando
entrare la vita, perché non puoi, davvero,
fare altrimenti.
Anche mentre cerchi di scappare, lascia che ti prenda
e ti laceri
come una lettera spedita
come una sentenza all’interno
che hai aspettato per tutta la vita
anche se non hai commesso nulla.
Lascia che ti spedisca.
Lascia che ti infranga, cuore.
L’avere il cuore infranto è l’inizio
di ogni vera accoglienza.
L’orecchio dell’umiltà ascolta oltre i cancelli.
Vedi i cancelli che si aprono.
Senti le tue mani sui tuoi fianchi,
la tua bocca che si apre come un utero
dando alla vita la tua voce per la prima volta.
Vai cantando volteggiando nella gloria
di essere estaticamente semplice.
Scrivi la poesia.














LA CASA DEL TRAMONTO

“ridiventa straccio e il più povero ti sventoli”
Pier Paolo Pasolini, “Bandiera rossa”

Poggio la mia bocca sulla tua miseria, New Orleans,
inondata e inzuppata di morte.
Qui giace: enormi mucchi di bugie sulla guerra, questa prigione
cimitero galleggiante grida di rabbia
al respiro finale. Qui, all’ultimo delta,
Desiderio disteso sul fianco, è derubato, e girato
sottosopra dal suo stesso governo, e soffocato.
L’estate è finita e la vita è morta,
e ‘round midnight tutte le speranze sono saccheggiate.
Nessuno verrà fuori pulito da Katrina
a New Orleans in questa
Casa del Tramonto che sta affondando.
Corpi così neri e così blu perché hanno amato
chi non gli avrebbe sputato sulle scarpe se avessero avuto
bisogno di una lucidata. Figuriamoci qualche spicciolo. O acqua.
America, sei sempre stata terra bruciata
nelle nostre bocche, sempre un battesimo di merda,
sempre una pioggia di disastro che scorre
lungo i vetri dei nostri occhi infranti.
Ora i nostri stracci sono i più laceri,
il nostro jazz il più triste, i nostri poveri i più poveri
che si possano portare al mercato delle pulci dell’anima.
Ora che tutto è perduto e c’è soltanto il nulla
da perdere… “Viva il coraggio
e il dolore e l’innocenza dei poveri!”
La vera bandiera è a brandelli.
Cominciamo a sventolarla.






Jack Hirschman
(nato a New York, 13 dicembre 1933)







(ho tratto i primi due testi di Hirschman dal blog: https://iraida2.wordpress.com/tag/jack-hirschman/ , l'ultimo da https://www.nazioneindiana.com/2005/11/21/poesie-civili-jack-hirschman-per-sud/  ) 

Traduzioni: l'ultima è tradotta da Raffaella Marzano, delle prime due non so chi sia il traduttore.




Reading poetico-musicale di Jack Hirschman 



Altro reading, più lungo e con traduzione:



lunedì 2 giugno 2014

Una piccola rivincita della poesia sulla televisione.

Sentire in una trasmissione televisiva solitamente insulsa come Otto e mezzo, salotto di bla bla bla ciarlieri di politicanti vari, vuoto come tutta la televisione, discorsi inutili che non sfiorano le cose, uno studioso, scrittore e poeta, Vittorio Sermonti, parlare del fatto che nella poesia la lingua non è solo un insieme di parole, ma canta; che leggere poesia è abbracciare questo ritmo e farlo proprio, interiormente; che questo tipo di relazione con le parole, insieme alla conoscenza dei classici, è la nostra sostanza, è chi siamo, e che se le nuove generazioni perdono questo contatto con radici millenarie perdono la loro identità; che le Metamorfosi di Ovidio e gli altri classici sono in realtà più attuali delle chiacchere sulle banalità attuali, perchè in realtà queste non sono attuali, sono accidenti di passaggio; e che infine ciò che più lo inquieta della degenerazione, confusione e completa perdita di precisione, pertinenza e consequenzialità linguistica nell'ambito della politica non è tanto l'imperare ovunque della volgarità e del turpiloquio, ma - cosa ben più catastrofica - una maniera di argomentare superficiale in cui tutto equivale a tutto, ogni tesi può facilmente scivolare nel suo opposto, per una radicale genericità e perdita di ponderatezza e profondità linguistica - beh, tutto questo è stato un balsamo per le mie orecchie inizialmente distratte e sarcasticamente distanti - una piccola rivincita in cui per un attimo lo Spirito della poesia, e l'anima millenaria del linguaggio, hanno vinto magicamente sulla neo-lingua e sull'apocalissi babelica telegenica ipercinetica delle parole e dei significati, penetrando con la pacatezza incurante ma severa dell'immemore nella scatola blaterante degli spettri virtuali sgargianti e indemoniati.

giovedì 29 maggio 2014

LASCIAR SCOMPARIRE L'ARTE PER LASCIAR RIEMERGERE LA REALTA', LA VITA, IL GIOCO, LA LIBERTA', LA NATURA, IL SELVATICO


(disegno di Dem Dem, riprodotto qui con il suo consenso, da me richiesto. Il sito di Dem Dem )


Ritrarsi, dissolversi, spaccare la scatola dell'ordine simbolico dato, la rete del linguaggio stesso, gli inganni dell'arte, la Maya ammaliante e perfida della fanfara multimediale, per lasciare spazio al gioco, alla vita libera istante per istante, alla creatività senza opere, all'azione per il piacere dell'azione, per tornare alla natura, alla realtà caotica vitale e indecifrabile oltre questa Matrix subdola, al selvatico ignoto, al nostro esistere reale come corpi liberi istintivi in uno spazio aperto senza determinazioni, risultati, scopi, oggetti reificati, codici convenzionali, e senza tempo. "Un punto di incredibile densità. Bisogna imparare a rallentare il tempo, a vivere la passione permanente dell'esperienza immediata."



 Due articoli di John Zerzan, filosofo anarchico primitivista.


Il primo è contro l'arte:


Critica primitivista all'arte e al mondo dei simboli


Il secondo è contro il tempo:


Critica anarchica alla costruzione sociale del tempo



Nel primo articolo, Zerzan sostiene che nel Paleolitico, all'epoca in cui eravamo nomadi cacciatori-raccoglitori, non c'era nè religione nè arte, e neanche un linguaggio inteso come lo intendiamo noi, una rete di simboli codificati e condivisi. E non c'era la divisione del lavoro, erano piccole bande nomadi egualitarie.

Non c'erano i simboli, l'uomo era un animale immerso nella vita della natura, libero, reale, istintivo, immediato, senza mediazioni artificiali.

Col Neolitico, e il passaggio a una società stanziale, basata sull'agricoltura e su un'organizzazione sociale più complessa nasce la gerarchia sociale, la divisione del lavoro, la religione e il linguaggio. E con tutto questo l'alienazione.

E la separazione dalla natura, l'unità perduta con la quale - dopo questa caduta - è surrogata dai paradisi artificiali della religione, dell'arte e del linguaggio simbolico.

Già gli sciamani delle religioni più antiche erano legati a una struttura sociale differenziata, con ruoli assegnati, gerarchia definita e un mondo mitologico-simbolico sostituto dell'originaria indifferenziazione nella natura, perduta.

Poi, in estrema sintesi, col cristianesimo antropocentrico prima, e quindi con la società moderna, le cose sono andate sempre peggio, fino all'attuale società completamente alienata, separata ermeticamente dalla natura, asettica, mortuaria, virtuale, sempre più distruttiva e irrispettosa verso la natura e verso il selvatico l'autentico e il genuinamente istintuale e creativo, unico, libero, originale, singolare, singolo, non-conformato in noi.

In tutto questo, l'arte ha sempre avuto la stessa funzione della religione: legittimare l'ordine sociale alienato e permettere fugaci ascese a attimi di pace estasi o bellezza, surrogati della felicità naturale permanente. L'estetica è anestetica: anestetizza e intorpidisce, obnubila i nostri sensi, e estetizza la nostra percezione e interazione col mondo, comprimendola in una scatola simbolica sintetica, principalmente visuale, astratta, artificiale, deformante, selettiva, sostitutiva, basata su una presa di distanza, una separazione dal mondo, dal corpo, dal selvatico, dalla natura, dall'istinto: abitiamo il mondo della rappresentazione, invece di abitare il mondo, la terra, le foreste, in un rapporto spontaneo, immediato, istintivo, cinestesico, ricco di scambi attivi, con esso, una percezione e una comunicazione con la realtà nuda, vuota, sgombra, diretta, un gioco creativo libero in cui tutti i nostri sensi potrebbero essere realmente risvegliati e messi in gioco radicalmente e felicemente.


                                               (Renée Magritte, La condizione umana)

DADA ha messo oggetti qualunque in un museo con l'intenzione di scardinare tutto questo: rompere il muro tra arte - collezione di oggetti reificati e idolatrati da spettatori passivi - e vita, realtà, mondo: una ruota di bicicletta è fonte di percezione e gioco liberi quanto un quadro di Van Gogh.

Il surrealismo voleva far irrompere il Sogno e l'inconscio nella vita, nella società, gli esperimenti più coraggiosi degli anni 70, performances, happenings, etc., come il surrealismo volevano anche violentemente cercare di rivoluzionare la società attraverso l'arte, precipitare un vortice di libertà creazione gioco follia nelle strade, nella vita.

Ma tutto questo per Zerzan ha fallito perchè l'arte è strutturalmente parte del sistema sociale alienato e gerarchico, e del suo appartarsi dalla natura in un iperuranio sintetico di simboli, segni, linguaggi, finzioni.


Da qui la morte dell'arte, le sue forme sempre più svuotate, provocatorie in maniera fine a sè stessa, le tele nere, le tele bianche, le tele squarciate di Fontana e la loro angoscia desertica, la merda d'artista, la musica contemporanea colta sempre più incomprensibile fino a teorizzare il silenzio o i rumori casuali, i romanzi con pagine da comporre a piacimento, libri con pagine bianche, la Pop Art che fa equivalere arte e prodotti industriali o immagini pubblicitarie, poesia sempre più sperimentale fino a includere equazioni matematiche nel testo, e infine una stanchezza sempre maggiore e quindi il nostro presente, in cui una multimedialità spettacolare quanto sterile, ripetitiva, ma onnipotente, onnipervasiva e onnipresente fa schizzare immagini suoni e slogan ovunque, caos babelico in cui tutto equivale a tutto, ogni input è buono in quanto input, può essere Pessoa o la Coca Cola, non importa. "Mi piace". Un perfetto mondo di segni che richiamano segni in una Matrix autoreferenziale che rimanda continuamente a sè stessa, la perfetta realizzazione di arte e religione, secondo Zerzan, una bolla che ci esclude dalla realtà, dalla natura, e ci riduce a pedine di un gioco preordinato in cui è sottratta la libertà singolare e la libera creatività del singolo.



La tesi di Zerzan può essere forse eccessiva.

Tuttavia è esperienza penso di tutti, in particolare di chi crea arte, poesia, musica, etc... la sensazione di tradimento e nientificazione che si prova di fronte all'opera d'arte reificata in qualcosa di concluso.

Leggo o scrivo una poesia: è un frammento di eternità, un particolare non contestualizzabile, una scheggia che mi apre una scintilla non mediabile nè paragonabile, che potrebbe essere forse la chiave d'accesso a un intero universo. Un'emozione unica e irripetibile, indicibile, singolare, un differire imprevisto, incatalogabile, dalla continuità dell'obsoleto automatico, situata nell'attimo. Un salto.

Poi resta il cadavere, sua farsesca caricatura.

Ogni opera è la maschera mortuaria dell'idea, scriveva Benjamin.

Di fronte alla nascita di un universo di Alterità, all'iniziazione a una foresta sperduta immensa incommensurabile e intricata in cui si potrebbero trovare sentieri che conducono a tesori di mistero o a templi dimenticati ermetici di illuminazione numinosa da decifrare, resta "E' bello", il giudizio, il corpo morto.



E allora lasciamo scomparire l'arte, per aprire le porte al libero gioco continuo, alla libera creatività permanente, senza steccati. Posso continuare a disegnare o a scrivere, ma è qualcosa di equivalente (di "egualmente artistico", se volete) a guardare una nuvola che passa, pigiare dei bottoni su un computer mentre lavoro, dormire, giocare con dei sassi, far fischiare un filo d'erba, buttare un legnetto in un torrente, stare a vedere dove va, interrogare l'essenza metafisica di un lichene, parlare con le roccie, invocare il vento, prendere il sole, correre, arrampicarmi su un albero, fare castelli di sabbia, tentare ritmi percussivi su un tronco o su un tavolo, accorgermi di una foglia che cade, di un corvo che passa, di un'aquila in alto nel cielo, appena visibile, disporre foglie a caso o non a caso su un prato, grattarmi la schiena, accarezzare un gatto, giocare con un cane, creare strane forme di fango e poi distruggerle, fare un caos di foglie fiori legni sassi  terra erba ossa peli di scoiattolo ghiande pezzi di corteccia e poi fotografarlo, oppure non fotografarlo, disfarlo, oppure lasciarlo lì nel bosco, e tornare a vedere com'è dopo due anni, o non tornarci più, o tornarci e costruire con ciò che è rimasto un totem-fauno talismano che sorvegli la foresta, fischiettare, danzare liberamente e selvaggiamente con gli elementi, stare fermi, chiudere gli occhi e ascoltare cosa c'è, con curiosità, senza aspettative, riaprirli, osservare, osservare le cose, tutte le cose come qualcosa di bizzarro, inedito, singolare, irripetibile - giocare con questo, giocarci da soli, insieme ad altri, cantare o fare suoni o versi, o preghiere senza nome e senza parole, o invocazioni a spiriti inconoscibili, sperimentare maniere diverse di fare le cose, divertirsi a fare cose inutili, fare anche le cose utili come se fossero gratuite e imprevedibili, osservare ancora, quanto tutto questo è strano e singolare e magico, anche la noia, anche la sofferenza, anche l'angoscia.

Allora ogni attimo può sfuggire al gigantesco mostruoso abnorme Orologio Digitale Cosmico che misura il tempo, che crea il tempo e che divora livella e schiaccia le nostre vite, le nostre libertà, le nostre libere capacità di gioco libero, ognuna diversa e irriducibile - e divenire un frammento non omologabile, un istante di libertà indomita e selvatica in cui siamo chi siamo e non un fantoccio costruito dagli specchi deformanti della società.







(Opera di Andy Goldsworthy)






Liber Pater: un cortometraggio sul selvatico dionisiaco









(Dreaming of yesterday, di blue-a - immagine riprodotta con il consenso dell'autrice - vedi questo link per altre sue opere )



suoni singolari



domenica 25 maggio 2014

PROFEZIA DEL 25/5/2014


TUTTI GRIDANO "LIBERTA'"!

STRINGENDOSI COME OSSESSI ALLE PROPRIE CATENE

ASSICURANDO ANGOSCIATI IL LUCCHETTO

DA POSSIBILI FURTI

POSSESSO POSSESSO POSSESSO POSSESSIONE

POSSESSO GELOSO DELLA PROPRIA PRIGIONE

POSSESSO ASSOLUTO DELLA PROPRIA RAGIONE

STIPULANDO ASSICURAZIONI DA OGNI POSSIBILE FURTO

DA OGNI POSSIBILE EVASIONE

O FELICITA' LIBERTA' IMPROVVISA

O DISTRAZIONE

O DERAGLIAMENTO

O INCEPPAMENTO DEL PROGRAMMA

O SEMPLICE DIMENTICANZA

CORRIAMO DIETRO SPAVENTATI AGLI ULTIMI AGGIORNAMENTI

URLIAMO UN'INSOFFERENZA FEROCE VERSO

OGNI LIMITE

E CI AVVINGHIAMO A IDOLI ARTIFICIALI

COME CREATURE PERSE NELLO SPAZIO

COSMICO DESERTO SIDERALE DIGITALE

SCARAVENTATI NEL NULLA DA

VENTI SOLARI TEMPESTE MAGNETICHE DI NEGAZIONE

CI AGGRAPPIAMO A IMMAGINI PUBBLICITARIE SORRIDENTI

O GURU RADIOATTIVI

CREDENDO NEL POTERE DELLA MIMESI

CREDENDO NELLA SALVEZZA DELLA FICTION

CREDENDO NELLA LIBERTA' DEL VOLERE

E DEL VOLERE IL VOLERE

E DEL VOLERE IL VOLERE DELLA VOLONTA'

DI QUALCUN ALTRO,

IPNOTIZZATI DA FINZIONI SERPEGGIANTI,

DARDEGGIANTI, COLORATE, DIVERTENTI.


I SIGNORI

CI TENGONO STRETTI DALL'ALTO DELLE

LORO RASSICURANTI MANOVRE PROGRESSISTE

TEATRO DI BURATTINI ASSASSINI

SERVI-PADRONI MOSSI DALLA CATTIVERIA

DI ESSERE PRIGIONIERI

SCHIACCIATI DA

DOVERI COLOSSALI MASTODONTICI

PESI TITANICI PARALIZZANTI

AUTOIMPOSTI

- ABBIAMO DIMENTICATO COME SI APRONO

LE FINESTRE DEL CERVELLO -

E CI LAMENTIAMO

E CHIUDIAMO GLI OCCHI-

- LIVING IS EASY WITH EYES CLOSED -

MENTRE LO SGUARDO IMPERANTE FOSFORESCENTE

DELLE NUOVE CREATURE

VA IDENTIFICANDOSI

CON IL PERIMETRO DEL CIELO.






mercoledì 30 aprile 2014

CENTRO LIBERO DEL SILENZIO


me ne sto selvaggio

solo nel centro della tempesta

nel cielo grigio uniforme deserto di tempo infranto

intatta la mia vocazione

al nulla

al

richiamo del selvatico

dell'informe

dell'enigma

del Caos pulsante sogni senza misura

- tutto il resto è distrutto.


Se qualcuno mi vorrà trovare,

se mi vorrai trovare,

io sono sempre lì

nell'occhio calmo del ciclone

in quel turbinio magnetico sonoro

caleidoscopio di echi di tempi incalcolabili

al centro esatto di me stesso

nell'occhio di Dio

Dio senza certezze nè affermazioni

Dio impersonale

Dio silente

Dio assente

- mi troverai lì,

dove le aquile si librano alte feroci,

perfette nella loro ardua

vacuità celeste,

nella loro autosufficenza sognante,

nella loro estasi possente,

nelle loro ali che si dispiegano al

vento furibondo,

nel loro sguardo imperscrutabile

che trasforma l'uragano

in volo,

nel centro immobile

imperturbabile

in perpetua tempesta immobile

in Caos oscuro avventuroso calmo,

in fiorifulmini di sogni-tuoni sempre nuovi cangianti,

in danza convulsa innamorata di stelle

del loro


cuore





alto






inamovibile






sognante








ridente













libero.