di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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martedì 21 gennaio 2014

Il "Tempo di altre Leggi"



Nel sonno a volte ci ricordiamo del "Tempo di altre Leggi", di profumi rumori suoni e ritmi evanescenti che paiono provenire da misteriose Età dell'Oro dimenticate, che hanno la sottile aura e l'odore inidentificabile dei miracoli, sapori arcani aurei delicati infiniti di nettari inimmaginabili, la fragranza santa eterna e sacra, magica, pura, ineffabile di albe in Giardini di Eden sconosciuti, echi antichi di canti arcani innominabili impossibili indefinibili inconoscibili dolcissimi armoniosi incantati impossibili a credersi in cui ci pare di riconoscerci, noi o una versione ancestrale antica di noi stessi di cui ci eravamo dimenticati, di cui ci pareva di aver perso ogni

traccia.

Sogni in cui voliamo, in cui ritroviamo pezzi di Anima perduti, in cui corriamo liberi in una foresta, in cui ci bagnamo e beviamo a piene mani in sorgenti di elisir medicamentosi miracolosi, in cui galleggiamo nello Spazio, ci riconnettiamo a una impensabile Fonte Cosmica Eterna, in cui ci sprofondiamo senza bombole in Abissi Oceanici immensi, nell'oscurità fertile avvolgente calorosa accogliente (o nelle fredde sterminate distese) dei quali ci perdiamo, incontriamo esseri incredibili, nuotiamo verso il Centro della Terra, troviamo antichi Tesori nascosti in galeoni pirata, danziamo con sirene e delfini, cantiamo insieme a balene, voliamo verso il Centro del Sole, bruciamo, rinasciamo, facciamo capriole nel cielo, beviamo Cielo, nuotiamo tra le nuvole, abbracciamo Dei, navighiamo verso continenti sconosciuti alla deriva, viaggiamo alla velocità della luce in astronavi intergalattiche, riviviamo tutte le età passate e possibili,

erriamo, ritroviamo noi stessi, la

Terra originaria della nostra Anima,

di nuovo integra, piena, alla ricerca dei suoi


sentieri


avventure interrogativi viaggi metafisici da portare a

compimento,



forzieri da trovare ed aprire con chiavi magiche,





Storia Infinita di sentieri interrotti che sempre

ricominciano.














http://www.jamendo.com/it/track/1092891/music-for-cloud-of-concepts



venerdì 24 maggio 2013

Due poesie di Jasper Diaspro.





PIOGGIA FRUSCIANTE DI MADRE TERRA

Pioggia frusciante
Che allontana L'ego dalla mia mente
Madre terra rimuove i suoi vincoli ed eccede in contraddizioni allarmanti
Porterà tragedie nell'uomo se non sarà ascoltata
Demetri spicca il volo
Stavolta non ci sarà josuè a salvarti.

(Jaspere)

http://animadidiaspro.weebly.com/1/post/2013/05/pioggia-frusciante-di-madre-terra.html


PACE

Pace
Questa stupenda danzatrice interiore
Che mi inebria di benessere
Che mi tinge di mille colori esorbitanti
Esorbitanti manifestazioni di luna a chiaro colle
Luna e stella
Rossa purpurea e bianco giallo
Luna e stella.
Sole è stella.

(Jaspere)

http://animadidiaspro.weebly.com/1/post/2013/05/pace.html




lunedì 20 maggio 2013

Happenings happen-

"Lo spazio espositivo non mi soddisfaceva più. Pensai che sarebbe stato molto più interessante uscire dalla galleria e far fluttuare l'ambiente che avevo creato nella vita di tutti i giorni, per eliminare ogni tipo di divisione (...). L'evento deve terminare prima che sopraggiunga l'abitudine. L'artista compie un happening e vive il più puro dei melodrammi. La sua opera è una perfetta rappresentazione del mito del Non Successo, perchè gli happening non possono essere venduti o portati a casa, ma solo incoraggiati. Inoltre, a causa della loro natura fluttuante, solo poche persone possono seguirli: Rimangono un evento isolato e orgoglioso. Chi li crea è un vero avventuriero, perchè gran parte di quello che fa è assolutamente imprevedibile. Chi li fa è un vero truffatore." (Allan Kaprow)

"- L'happening non è arte, l'arte è happening.

- Può accadere anche a te.

- Sta accadendo qui e adesso.

- L'happening risponde a tutte le domande!

- L'happening risponde a ogni tuo desiderio.

- ogni parola è un happening.

- ogni persona è un happening.

- Accadi ora, sii umano!

- Le persone sono un happening ben accetto.

- Diventa un happening rispondendo immediatamente alla domanda:

CHE COS'E' UN HAPPENING?"

  (Simon Vinkenoog)


Tutta la vita è un immenso happening teatrale-artistico-dadaista improvvisato e interattivo.

Dunque, perchè fare un happening? Che senso ha? Cosa aggiunge?

Oppure: dunque, perchè non fare happenings tutti i giorni?

Oppure: dunque, perchè non sedersi su una panchina e osservare lo spettacolo più divertente, surrealista, drammatico, autentico, viscerale, esplosivo e potente che ci sia, il mondo, invece di pagare un biglietto per un banalissimo cinema?

Oppure: dunque, perchè non divertirci, cambiare, creare, vitalizzare, deserializzare, deseriosizzare, de-diserotizzare, de-raggelare, dedepressizzare, deconsuetudinare, dedisanimare, demeccanizzare, deabituare, deappiattizzare, dedisinnescare, dedecolorare, decontrarre, destereotipare, deazzerare, demistificare, smascherare, derumororizzare, de-alienare, deinimicizzare, de-dividere, de-disperare, de-livellare, de-rinunciare, de-costruire, de-creare, inventare, decontestualizzare, rianimare, spiazzare, improvvisare un po' di più, visto che siamo in un happening?

oppure: va bene così com'è.

Ma fra l'altro: che cos'è un happening?





domenica 12 maggio 2013

Use your Illusions/1.

Credere.

Non credere.

Credere di credere.

Credere di non credere.


Illusioni.


Credere in qualcosa è un'illusione.

Credere di non credere, credere di poter non credere in niente, è un'illusione forse ancora maggiore.


Viviamo in un mondo di proiezioni della mente, fuochi fatui che dopo aver brillato per un tempo insignificante rivelano la loro natura di spettri evanescenti.

Chi può dire di aver creduto sempre nelle stesse cose negli ultimi vent'anni?

Forse qualche pazzo fanatico.

Tutti gli altri non possono non essere consapevoli della natura transitoria, evanescente, sfuggente e aleatoria - quindi illusoria - di qualsiasi forma di credenza.

Ma chi pensa di essersi emancipato in larga misura da questo gioco di specchi, questo velo di Maya polimorfo, e con distacco e disprezzo giudica con ironico sarcasmo chi crede con tutto sè stesso in qualcosa, "magari è perfino entusiasta..." - è inconsapevolmente doppiamente schiavo di questo teatro delle apparenze.

Schiavo primariamente perchè resta - come tutti - preda delle suggestioni caleidoscopiche delle sensazioni psicofisiche cangianti in cui è immerso - della cui sostanza è perfino lui fatto.

Schiavo secondariamente - ed esponenzialmente - perchè credendosi libero, superiore, distaccato, critico, capace di giudizio oggettivo, "centrato", stabile, razionale, autentico, capace di vedere le cose per come veramente sono - sta tradendo il naturale flusso di associazioni/volizioni/desideri/giudizi/azioni/emozioni/idee/interazioni per cercare vanamente di astrarsi, isolarsi, appartarsi in una dimensione di torre d'avorio/osservatorio imparziale perfettamente centrato, razionale e critico - e così facendo invece di liberarsi sta fissandosi sui singoli contenuti da negare/criticare/analizzare/ridimensionare, invece che perdersi nel naturale flusso della vita in cui queste illusioni si succedono con fluidità - e in questa maniera si sta legando in maniera molto più rigida e inattaccabile alle illusioni stesse: è molto più coinvolto e attaccato ad esse che non l'uomo comune naturale, visto che si sofferma su di esse per confutarle, dichiarando in questa maniera un segreto profondo innamoramento per queste, un'incapacità di lasciarle andare - mentre l'uomo comune vive, poi vive altro e lascia andare in un ciclo continuo più superficiale e quindi più capace di dire "lassa, passa, tir'a 'ccampa'!", voltando pagina ogni giorno.

Una volta quello che fu il mio Maestro di Yoga, disse che in realtà il sanscrito Maya non va tradotto come illusione o come apparenza, ma va reso in italiano con manifestazione.


Quale illusioni???? Quelle che ci fanno vivere ogni giorno, facendoci vivere "la risa" e "el llanto" come dice la stupenda canzone "Gracias a la vida", quelle che ci fanno vivere la sofferenza ma anche l'amore, gli istanti di felicità, che ci trasportano di fronte alla Bellezza, che creano le sottili vibrazioni di simpatia e risonanza profonda reciproca nei confronti della natura, o di animali, o di persone??????? quelle che ci portano a perderci nella Bellezza di un dipinto o di una foresta, che ci ispirano poesie, che ci ispirano frasi cariche di emozioni potenti e viscerali, che ci portano a fare follie mossi da amore passione o Sogni, ("Solo di una cosa nella vita non ci si pente mai: della follie. - O. Wilde, citato a braccio) che ci portano a commuoverci di fronte all'amore incondizionato di un cane o di fronte a una scena di imprevista e insperata solidarietà??????? Quelle che ci portano a fare errori, intraprendere progetti fallimentari, non capire cosa ci accade attorno in momenti importanti, non comprendere le persone che amiamo, dire la cosa sbagliata al momento sbagliato ma che ci portano anche a realizzare dei capolavori artistici o una singola parola sincera che smuove anni di repressione congelata??????? Ma quali illusioni???????????????

E' sì un gioco di specchi e di immagini mutevoli mutaforma, ma in questo spettacolo-diorama, in questo carnevalesca farsa, in questo teatro dell'assurdo e dell'incomprensione, segreti divini si manifestano e si rivelano nella successione degli scenari, prendendo parte all'azione e alla successione degli atti: entrando nella parte, entrando nel flusso, entrando in scena coraggiosamente e pienamente e sinceramente, autenticamente, visceralmente, troverai colpi di scena, porte segrete che si spalancano improvvisamente su verità inaspettate, alleati inattesi, guide che ti porteranno in luoghi di bellezza inaudita, Deus ex Machina e sciarade che contengono frammenti di Eterno.

Se credere è illusorio, e non credere è doppiamente illusorio, allora, invece di cercare di sottrarti al gioco delle illusioni:




attraversa, cavalca le Illusioni, sfruttane la potenza propulsiva, galoppa su di esse come un cavaliere che controlla il suo cavallo, ma che gli lascia le briglie sciolte, e si fida della direzione che vuole prendere!!!!

Usa con furbizia ma anche con un rispetto profondo il naturale funzionamento della tua mente, usalo per progredire, per fare eperienze, per imparare, sperimentare, crescere, esperire, imparare a fare cose nuove, viaggiare, procedere a tentativi, vivere, amare, cantare, ballare, improvvisare, spontaneitare, jamsessionare con irrequietezza e fluidità, tirare fuori tutte le emozioni, aprire il cuore, respirare, spaccare vecchi schemi, essere felici, tristi, incazzati, depressi, malinconici, nervosi, inquieti, folli, innamorati, ispirati, sereni, angosciati, gioiosi, allegri, creativi, creatori!!!!!!!!!!!!!!!


Non distaccandoti e cercando di allontanarti dall'immediato flusso diventerai regista della tua vita,

ma sarai il Regista dell'Opera vivendo, entrando in scena, prendendo parte al Gioco, osando, scommettendo, illudentoti, disilludendoti, agendo: vivendo, credendo, sentendo, agendo, facendo esperienze, buttandoti, provando, sarai contemporaneamente il Creatore della tua Vita, un Creatore situato, nella situazione, nel bel mezzo del gioco, compromesso, coinvolto, sbilanciato: solo così la Potenza Creatrice Spontanea della Vita sarà libera di esprimersi in te, l'Evoluzione Creatrice, pilotata dalla saggezza della tua Anima - Regista e Genio Sovrano  della tua Esistenza- sarà libera di agire.







Perciò, come dicevano molti anni fa i Guns'n'Roses:



"Use your Illusions!"


José Angelo Gaiarsa: FAME D'ARIA!!!!


"Nessuna costituzione
E nessuna rivoluzione
Mai hanno pensato di garantire agli uomini
Il Diritto di Respirare.



Nessun diritto è più necessario,
in quanto viviamo tutto il tempo soffocandoci gli uni con gli altri,

Tu mi soffochi:


  • Ogni volta che non posso dire a te quel che faccio quel che sento e quel che penso.

  • Ogni volta che devo controllare la mia voce e i miei gesti, per far sì che tu non percepisca le mie intenzioni.

  • Ogni volta che devo giustificare ciò che faccio dinanzi al mio Giudice  interiore – che sei tu.

  • Ogni volta che reprimo i miei desideri perché tutti vigilano su tutti, perché nessuno faccia quel che tutti vorrebbero fare e che sarebbe bene che tutti facessero: amare, cantare, ballare…
La mia vendetta è fare lo stesso con te.

Per questo viviamo tutti soffocandoci,
   e mai si è pensato di garantire a tutti il diritto di respirare.
            Noi ci neghiamo il più fondamentale dei diritti: il diritto di vivere.
            Per questo viviamo soffocati, angosciati, infelici.


            È necessario rinascere, è possibile rinascere."








(dalla quarta di copertina di “Respirazione angoscia e rinascita” di José Angelo Gaiarsa, psichiatra e psicoanalista decisamente eretico, che ha messo a punto una psicologia che è una sintesi tra psicologia simbolica del profondo Junghiana e analisi corporea Reichiana.


Le seguenti citazioni sono tratte dall'eccellente articolo di Virginia Salles su Gaiarsa al link:



http://www.artiterapielecce.it/index.php?option=com_content&task=view&id=298&Itemid=155




(p.s.: l'articolo a questo link non è firmato, ma si vede che è un articolo di Virginia Salles a questi due altri link, con estratti più brevi, firmati:



 http://www.virginiasalles.it/pag_estr_fame.php


http://www.centrostudipsicologiaeletteratura.org/arsal1.html 








"Nelle sue opere Gaiarsa compie una sintesi, una vera e propria congiunzione di opposti tra la “psicologia del profondo” di C. G. Jung e quella “del corpo” di W. Reich offrendo una visione dell’uomo più completa. I libri di Gaiarsa sono allo stesso tempo l’esposizione di una teoria e la storia di questa teoria. In essi l’autore, con un linguaggio molto spontaneo, frasi scherzose, racconta fatti personali, peculiarità della propria vita, le sue battaglie esistenziali lungo un difficile e travagliato percorso evolutivo. Nel capitolo intitolato“Io e il mio cuore” Gaiarsa si racconta: “Prima di approfondire lo studio della respirazione, parlo di me e del mio cuore. Sono stato un angosciato cronico durante la metà della mia vita, e tutto ciò che è scritto qui  proviene dal mio sentire e dal mio soffrire…”. “Ho vissuto con questa oppressione per molti anni, sembrava una ferita aperta dolente e sempre sanguinante, ed io tiravo la spalla sinistra sul corpo nell’intenzione di proteggere il cuore. Non percepivo che nel proteggerlo lo stringevo ancora di più. Ma io dovevo trattenere quello che nel mio petto voleva espandersi… La mia vita, l’aria respirata che si diffondeva dentro di me, il sangue che si espandeva nel mio corpo. Questo è ciò che si può sentire come vita. Questo io lo so adesso che ho 70 anni…Allora non stavo vivendo, stavo morendo…”.   “Ma la paura continuava, di morire di cuore. Era profonda. Era quasi desiderio. Vivere male fa venire la voglia di morire…”. “Molti, molti anni fa, quasi morii il giorno in cui mi sentii felice. Il petto ha iniziato a espandersi tanto che ho avuto paura che quella cosa, la felicità, il mio petto non la contenesse. Erano sentimenti, sensazioni nel petto, e li ho trattenuti, è chiaro…è molto difficile imparare a lasciarsi andare. È molto difficile sentirsi felice, non ci è permesso, non siamo abituati, è proibito…voler espandere il petto, sentire il cuore che galoppa come il cavallo del cavaliere errante di desiderio, di ricerca, di eroismo, di fuoco, di vita piena, densa, forte…voler amare è questo…”."



"Già dai tempi più remoti le parole relazionate con l’aria, l’atmosfera, o la   “respirazione” sono le stesse usate per descrivere concetti religiosi. Per esempio, in alcune lingue antiche come il greco o il latino le parole aria, vento, soffio, sono le stesse che esprimono idee come Vita, Spirito, Dio… Gaiarsa ci propone alcune analogie: l’atmosfera come Dio è infinita, l’aria, così come Dio sta misteriosamente in tutti i posti allo stesso tempo, è onnipresente. Dio vede tutto, è il Trasparente e il Luminoso per eccellenza: è luce. Le parole camminano nell’aria che le contiene tutte: è onnisciente. Gli uomini hanno sempre fatto la guerra per tutto ciò che esiste di concreto, immaginario o simbolico che sia… Ma non hanno mai lottato tra loro per l’aria che respirano, aria che esiste in abbondanza per tutti: i buoni e i cattivi. Quindi l’aria come Dio è amore."


"Le parole di Durckheim: "Nella respirazione partecipiamo inconsciamente alla Vita più grande",  e quelle di Lowen: "Attraverso la respirazione diveniamo consapevoli della pulsante vitalità del nostro corpo e sentiamo di essere una sola cosa con tutte le creature pulsanti in un universo pulsante"  ci ricordano la visione orientale secondo la quale l'Atman, l'individualità, il piccolo spirito contenuto nel profondo del nostro petto è lo stesso Grande Spirito che soffia la vita nell'universo. Quest'universalizzazione del singolo si avvicina ad alcune riflessioni di Jung che sottolinea l'aspetto terapeutico dell'allargamento della prospettiva individuale verso una dimensione più ampia e universale. I buddisti esprimono l’idea che la realtà ultima, Sunyata (vuoto o vacuo), è un vuoto vivo che genera tutte le forme del mondo dei fenomeni. Lao Tse utilizza varie metafore per illustrare questo vuoto, comparando il Tao a un vaso permanentemente vuoto che contiene un’infinità di cose. Quindi per gli orientali la Divinità è un Vuoto Creatore, il che ci fa pensare al vuoto polmonare, senza il quale non esisterebbero né vita né parola.Il polmone non è un organo in senso attivo, cioè nel senso che fa qualcosa, è piuttosto un luogo o un vuoto. I polmoni non “fanno” la respirazione, appena permettono che questa avvenga (un passaggio dell’ossigeno attraverso le membrane dell’alveolo polmonare). La sua funzione respiratoria è quindi quella di essere un vuoto e niente più, ed è da questo vuoto che nascono tutti i processi vitali! Da questo punto di vista, secondo Gaiarsa, il vuoto creatore sono i polmoni. La respirazione non è soltanto una funzione interna all’organismo; è soprattutto un atto di “relazione”: relazione con il mondo, con l’atmosfera, relazione  con gli altri attraverso la voce/parola, relazione con se stessi."



"Tutti noi soffriamo una dissociazione più o meno grave tra quello che abbiamo appreso dall’esterno, dagli altri, e quello che percepiamo interiormente, quello che in un certo senso “apprendiamo” dalla nostra esperienza non verbale di vita. È verbale quasi tutto l’“insegnamento” che riceviamo dal mondo. Da piccoli ascoltiamo dalle autorità una serie di regole e “verità” a volte molto discutibili, che ci vengono presentate come verità sacre. Queste “verità” hanno a loro favore l’adesione di quasi tutti, che in coro ripetono sempre le stesse cose (Gaiarsa parla di “voce del coro”); essere plasmati da questo insegnamento trasmesso tramite parole, significa perdersi nel collettivo, cioè “vivere secondo i precetti del super-io”. Nello stesso tempo noi viviamo le nostre esperienze di vita, sentiamo, vediamo, sperimentiamo, godiamo e soffriamo sulla nostra pelle, particolari sensazioni, stati d’animo, percezioni corporee alle quali spesso non viene data voce e che quindi rimangono la maggior parte delle volte inconsce. Infatti “cosciente” vuole dire soprattutto verbale; “inconscio” significa principalmente non verbale: sensazioni fisiche, smorfie o contrazioni viscerali, suoni vocali, relazioni e forme che non hanno un nome. Tutti noi abbiamo tratto, da questa esperienza vissuta non verbale, una certa personale filosofia di vita, più o meno inconscia, che si esprime attraverso la nostra voce interiore. Abbiamo però paura di ascoltarla, perché questa voce della nostra esperienza molto spesso  contraddice la “voce del coro” che sentiamo tutti i giorni,  non solo intorno a noi ma anche dentro di noi (interiorizzata), e che è più rassicurante. Abbiamo paura della nostra voce, della nostra intima verità perché diverge dalla opinione collettiva: seguirla ci potrebbe portare alla solitudine o ad essere vittime del pettegolezzo, dell’ostracismo. Le vittime dello Spirito del Coro trascorrono la vita nella continua e penosa sensazione che qualcosa li soffoca, tutta la vita aspettando un momento di respirazione libera, con l’anelito di espandersi e con la paura di farlo; respirare sino in fondo significa abbandonare lo Spirito del Coro e rimanere soli. Nella pratica psicoterapeutica è importante riconoscere la voce dello Spirito del Coro (lo spirito di tutti), secondo Gaiarsa il più pericoloso di tutti i demoni che possono possedere un essere umano. Una volta interiorizzato esso ci “parla” da dentro”, la sua musica è diversa dalla musica della voce autentica. Secondo le differenti intonazioni, modulazioni, inflessioni e ritmo della voce si può percepire “chi” o “cosa” sta parlando in ogni momento."





"Il pensiero come la respirazione può essere volontario, ma generalmente non lo è. Come ci “vengono” i pensieri in testa? Sembra che i nostri antenati, ignorando da dove arrivassero la parola e il pensiero, attribuissero all’aria la proprietà di portarli fino a loro. I nostri pensieri allora “ci arrivano” come la respirazione. “Ci arrivano” attraverso l’aria che inaliamo, generando in noi idee, immagini, poemi… È un processo molto somigliante all’invisibile a cui aspiriamo e che in noi si concretizza in vita. In questo caso si potrebbe dire, con Gaiarsa, che quello che ispira il poeta sia l’aria che lui inspira.Così il nostro vuoto creatore sembra contenere idee, messaggi, trasportati dalla respirazione. Idee, messaggi e pensieri che “ci vengono” in mente dall’aria che inaliamo e che poi escono, tramutate in parole, formate dallo stesso invisibile che ci ha ispirato.  Il “pensiero” quindi galleggia nell’aria, sta nell’invisibile che mi dà vita, se io me ne approprio. È come se ci fosse un grande spirito fuori di noi e un equivalente di questo grande spirito dentro di noi (Jung lo chiama inconscio collettivo) che ci trascende e in un certo senso ci governa, indipendente dalla nostra volontà e dalle nostre intenzioni. Analogamente esistono tante parole dentro di noi quante ne esistono fuori di noi, molte dalle quali aleggiano nell’aria…in attesa di essere pronunciate. Nell’“inspirazione” il polmone viene assimilato alla testa, dove “le idee arrivano” misteriosamente, così come misterioso è lo spirito."


"Per il neonato espirare tutta l’aria è morire, quindi è costantemente minacciato di asfissia e riesce ad evitarla attraverso uno sforzo continuo contro il “collasso dei polmoni” che significa soffocamento e morte. È questo movimento espansivo della muscolatura toracica che in un certo senso “fabbrica” i polmoni. Il movimento respiratorio è eseguito da muscoli obbedienti alle nostre intenzioni e, nel realizzarsi, provoca sensazioni sia nella muscolatura sia nei propri polmoni. È attraverso questo movimento che secondo Gaiarsa, il neonato indifferenziato “si fa ego”.  Il proto-ego del neonato quindi si fa e si disfa a ogni movimento respiratorio. Le sensazioni più fondamentali dell’ego sarebbero quindi quelle di formarsi e fondersi, integrarsi e disintegrarsi. Il timore di lasciare andare l’espirazione “fino in fondo” e quindi “morire” sussiste, secondo Reich, in tutte le nevrosi. L’espirazione è un fenomeno passivo, significa “lasciarsi andare”, è il momento della resa, del “non io”, dell’abbandono,   dell’incoscienza, non viene fatta, ma semplicemente “accade”, mentre l’ispirazione è attiva, è espansione, autoaffermazione, è un “darsi la vita”. Per questo la definizione fondamentale di nevrosi è il controllo, la rigidezza di comportamento, il non lasciarsi mai andare. Il contrario della nevrosi, in termini positivi, sarebbe allora “arrendersi” e “pulsare”, vivere in quanto trasformazione, oscillare sempre tra ispirazione e espirazione, tra creazione e distruzione. Ogni volta che ci vogliamo “controllare”, che non vogliamo fare emergere un’emozione, respiriamo in modo insufficiente fino all’apnea. È trattenendo la respirazione che, già da molto piccoli, iniziamo a controllare le nostre emozioni e i nostri sentimenti.  Dalla libertà respiratoria nasce invece la sensazione di essere vivi, in comunione con il Tutto, e questo vissuto può essere talmente intenso e dilagante che può sfociare persino nel delirio di onnipotenza, nella sensazioni di magia e di potere eccezionale."


"Tutte le scuole di psicologia condividono il valore e l’importanza di vivere e sentire il presente, il “qui e ora” che scaturisce dal contatto profondo con se stessi, con le proprie emozioni. Un’emozione è sempre accompagnata da un’alterazione viscerale e motoria che avviene spontaneamente e molto rapidamente ogni volta che ci troviamo dinanzi ad un ostacolo, una minaccia o una promessa, dinanzi a qualsiasi situazione affettivamente significativa. I primi segnali di emozione/desiderio sono l’accelerazione cardiaca e la variazione respiratoria. Se tratteniamo il respiro, senza l’ossigeno, viene a mancare al desiderio la forza della passione. Le emozioni toraciche sono perciò i segnalatori più sensibili e più veloci della repressione o liberazione emotiva. “Non esiste”, afferma Reich, “repressione senza restrizione respiratoria”. Noi civilizzati respiriamo molto al di sotto delle nostre potenzialità respiratorie, e quindi sentiamo molto meno delle nostre potenzialità emotive. È come se avessimo  perso il contatto con la vita che pulsa dentro di noi. A volte non percepiamo ne’anche di essere vivi e che la  vita è emozione; preferiamo il controllo e la sicurezza. Preferiamo, come sostiene Gaiarsa, la routine, che è “l’incoscienza o la coscienza di ‘tutto uguale’ e ‘sempre uguale’. È la vita a livello automatico. È essere senza percepire. È stare con il cadavere qui e la mente non so dove. È trovarsi a reagire nei confronti delle persone come se fossero altre, o nate per rispondere ai miei desideri e timori… È  un passare senza guardare, un guardare senza vedere, un passare senza percepire e un vivere senza sentire…” . È bello il volto di una persona triste, è vivo e ha una sua pienezza. La tristezza è un’emozione e così come la rabbia ha la sua dignità e autenticità. Qualsiasi emozione (anche un’emozione “negativa”) in un modo o nell’altro ci rende più vivi, più che in quei momenti in cui “non sentiamo niente”. “Se sono vivo, sono quindi emozione, movimento, creazione continua, instabilità totale, incertezza permanente”.


"Qualcosa ci stringe e ci angoscia quando siamo limitati, stretti nelle nostre possibilità di espressione; quando ci vengono imposti modelli, formule o principi, quando è ristretta la libertà. Parole come anelito, struggimento, logorio…significano “un desiderio che non respira bene”, un desiderio “che stringe”, un desiderio imprigionato…un’ispirazione impedita. Come già diceva Freud tutte le aspirazioni contenute così come tutti i desideri che non si realizzano si trasformano in “una stretta”, cioè in ansietà o angoscia. Tutta l’angoscia nasce da un desiderio o da una necessità di compiere un’azione, prendere una decisione o assumere un atteggiamento, che io non compio, non prendo, non assumo; può essere comparata alla situazione di un automobilista che simultaneamente affonda i piedi nell’acceleratore e nel freno. Non posso (o non devo) fuggire, scappare via, piangere, esprimere la mia rabbia o il mio amore. La preparazione organica si blocca, e le contrazioni muscolari e viscerali che accompagnano questa preparazione dell’organismo all’azione si irrigidiscono. È così che nascono le corazze muscolari del carattere descritte da Reich…e il cuore rimane stretto, chiuso, oppresso…e accelera per alimentare una grande risposta organica che non avviene. È questo il fondamento di tutta la patologia psicosomatica. Non conosciamo la causa della maggior parte dell’ansietà e dell’angoscia che proviamo: essa viene rimossa dai pregiudizi."


(...)

"L’educazione diventa qualcosa di perverso quando, invece di controllare il comportamento, si controlla l’emozione: invece di un “non puoi fare…questo o quello”, un “non puoi sentire…”. Ci sono alcune emozioni che “non si debbono sentire”. Come sostiene Gaiarsa “tutti vigilano e controllano tutti…questa è l’ansietà del mondo, quella di tutti e di ognuno”.Esempi di alcune malattie interpretate da Gaiarsa dal punto di vista psicosomatico: ( un’ipotesi che  non esclude altre interpretazioni) Ulcera: (mordere dentro), dato che non posso mordere l’altro veramente.
Cancro: dopo anni di imprigionamento, la persona si fa, si trasforma in prigione. Rinuncia a vivere perché vivere non vale la pena.
Diarrea: “lasciami fare almeno qualcosa…”.
Vomito: “lasciami liberare di questa amarezza, disperazione, voler fare e non poter fare”.
Infiammazione della gola: “Non posso dire ciò che vorrei, né gridare”.
I casi clinici dimostrano che la respirazione può subire alterazioni considerevoli a causa di situazioni relazionali oppressive o esperienze infelici e traumatiche, molte disfunzioni respiratorie croniche hanno questa base. Queste esperienze il più delle volte sono vissute nell’ambito delle relazioni familiari, essendo la famiglia la più frequente e potente causa di stress e inibizioni respiratorie, ambito della “lunga durata” e dal quale molto spesso non si può fuggire. All’interno della famiglia alcuni si esprimono troppo, altri troppo poco e altri ancora non si esprimono mai e vivono in uno stato di apnea perenne.  Secondo Gaiarsa si può e si deve parlare di repressione respiratoria."



"Quando si respira più del solito, l’inconscio guadagna forza ed invade la muscolatura allo scopo di muovere la persona nella direzione del desiderio (anche se paradossalmente molto spesso, nella clinica, si osserva un’intensificazione dell’inibizione). Questa modalità respiratoria agisce in senso contrario a ciò che facciamo abitualmente con le nostre emozioni, provoca un decongelamento emozionale, apre le porte chiuse e libera i vissuti emotivi rimossi, facilitando così non solo il ricordo ma la “ri-esperienza” e il conseguente “scioglimento” delle esperienze traumatiche, l’emergenza degli archetipi, la riattivazione di forme istintive di comportamento. Possiamo dire che, in un certo senso, ciò ci permette di attraversare il tunnel dell’angoscia viva ed uscirne fuori, appunto “rinati”. È impressionante, per chi non ha dimestichezza con certe manifestazioni, l’aspetto di “patio dei miracoli” o “terreiro de macumba” dell’insieme delle esteriorizzazioni dei vissuti che emergono durante questo tipo di esperienza. Alla metodologia iniziale di questo tipo di terapia sono stati aggiunti molti elementi importanti tratti dalla psicologia reichiana. La psicologia di Reich è quella che meglio ci permette di comprendere le manifestazioni osservate quando si respira volontariamente, più del necessario, durante molti minuti, così come il parallelo tra queste manifestazioni e i conflitti inconsci relazionati ai complessi familiari. La sintesi del pensiero reichiano sulla respirazione potrebbe essere così espressa: la più vitale delle repressioni è quella respiratoria e a questa si associano tutte le altre, come se questa fosse il fulcro del groviglio delle nostre catene. Quel che avviene in realtà durante questo tipo di esperienza è un’inibizione dell’inibitore: “é proibito proibire”. Da un lato inibisce tutte le esigenze sociali (la voce del coro, il collettivo) che ci sono impresse nell’anima dall’educazione, e dall’altro potenzia, dà forza al bambino interiore, al primitivo, alla nostra parte istintuale. Forse in certi momenti della vita la salvezza sta proprio nel ritornare bambini, come viene detto in un brano del vangelo. Quindi “disimparare”, liberarci di tutto ciò che ci è stato insegnato o imposto. Educazione nel nostro mondo a volte può significare repressione, controllo, restrizione del movimento, dell’affetto e persino dell’intelligenza. Riassumendo, possiamo dire che, attraverso il respiro, possiamo da una parte ridurre i nostri condizionamenti sociali, il nostro adulto (il normopata, il morto-vivo, come lo chiama Gaiarsa), attenuare la forza delle parole sulla coscienza, e la forza di tutti su ognuno, dall’altra possiamo sperimentare “l’esistere senza parole”, uno dei passi fondamentali della meditazione. Alcuni autori insistono sul raggiungimento dell’estasi o l’illuminazione,  esperienze definite da Grof “transpersonali”. Phil Laut e Jim Leonard, collaboratori di Orr e autori del libro Rinascimento, la scienza del Piacere Totale, affermano: “In verità solo il piacere e la felicità (l’estasi) sono repressi. Basta vedere animali salutari per capire che essere vivo è la felicità, il che rende comprensibile la leggenda del paradiso perduto”. È importante cogliere il significato delle varie posture e modalità respiratorie. Secondo Reich, A. Lowen, Gaiarsa, tutte le posture sono psicosomatiche e sono allo stesso tempo una posizione fisica e  psicologica, un “modo di stare nel mondo”, un “punto di vista”. Il male degli uomini è il “petto chiuso”, rigido, espressione, allo stesso tempo relativa sia alla postura sia ai sentimenti, che esprime, con forza, inaccessibilità emozionale, durezza, implacabilità. Diversamente il petto aperto e i polmoni pieni suggeriscono che “sono pronto per accogliere, espongo il mio cuore, mi abbandono, sono aperto, ho fiducia…”. È essenziale che la muscolatura respiratoria si mantenga elastica. La morbidezza e fluidità respiratoria favoriscono il sentire, il percepire e il vivere le emozioni, le più variate, le più forti e travolgenti e le più delicate.  Essere veramente vivi significa sperimentarsi, aprirsi, esporsi senza timore, interamente al flusso delle proprie emozioni. Siamo abituati a vivere a pezzi, separati dal fluire della vita; divisi dentro di noi e tra noi, siamo abituati alla paura di vivere e di sentire. Saper respirare, essere consapevole della propria respirazione, favorisce il collegamento con la vita interiore, produce un risveglio spirituale e una notevole vivacità dei sentimenti d’amore in senso ampio. Favorisce l’apertura del petto, nel  profondo significato umano di questa espressione."



(dall'articolo di Virginia Salles  a questo link:

 http://www.rivistaartiterapie.it/anno-i-numero-7/82-fame-d%E2%80%99aria-la-psicologia-di-jos%C3%A9-angelo-gaiarsa-tra-il-corpo-e-lo-spirito.html

venerdì 22 marzo 2013

Manifesto del contadino impazzito

 


Amate pure il guadagno facile,
l'aumento annuale di stipendio, le ferie pagate.
Chiedete più cose prefabbricate,
abbiate paura di conoscere i vostri prossimi e di morire.
Quando vi vorranno far comprare qualcosa
vi chiameranno.
Quando vi vorranno far morire per il profitto,
ve lo faranno sapere.

Ma tu, amico,
ogni giorno fa qualcosa che non possa essere misurato.
Ama la vita. Ama la terra.
Conta su quello che hai e resta povero.
Ama chi non se lo merita.
Non ti fidare del governo, di nessun governo.
E abbraccia gli esseri umani:
nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica.

Approva nella natura quello che non capisci,
perché ciò che l'uomo non ha compreso non ha distrutto.
Fai quelle domande che non hanno risposta.
Investi nel millennio... pianta sequoie.
Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai seminato,
e che non vivrai per raccogliere.
Poni la tua fiducia nei cinque centimetri di humus
Che crescono sotto gli alberi ogni mille anni.

Finché la donna non ha molto potere,
dai retta alla donna più che all'uomo.
Domandati se quello che fai
potrà soddisfare la donna che è contenta di avere un bambino.
Domandati se quello che fai
disturberà il sonno della donna vicina a partorire.
Vai con il tuo amore nei campi.
Riposati all'ombra.

Quando vedi che i generali e i politicanti
riescono a prevedere i movimenti del tuo pensiero,
abbandonalo.
Lascialo come un segnale della falsa pista,
quella che non hai preso.
Fai come la volpe, che lascia molte più tracce del necessario,
diverse nella direzione sbagliata.
Pratica la resurrezione.


W E N D E L L   B E R R Y
traduzione di Giannozzo Pucci



(trovato sul bel blog del mio amico Jasper:




sabato 12 gennaio 2013

Ritorneranno le quattro stagioni!

http://www.youtube.com/watch?v=Ia7CNAte3Dw&feature=youtu.be

ps: il titolo è preso a prestito dall'omonimo libro di Mauro Corona, che niente ha a che vedere con l'argomento del video... a parte un comune sentimento di rispetto, amore e venerazione verso la natura, e un sottile filo di speranza (nel caso del video invece un torrente in pienadi speranza) ancorato alla fiducia nell'antica alleanza fra gli uomini e la loro Madre...

martedì 8 gennaio 2013

"La Bottega dei Suicidi" e l'eresia dell'entusiasmo di vivere.






"La bottega dei suicidi", ultimo film di Patrice Leconte - e suo primo film d'animazione - è chiaramente un film jodorowskyano.

Non certo perché assomigli ai film di Alejandro Jodorowsky, ma perché è una chiara, superba esemplificazione delle sue teorie psicologiche.

In una metropoli contemporanea (Parigi? Milano?) tutto ormai è grigio, spento, senza senso: i suoi abitanti, tristi larve svuotate di esseri umani, si trascinano stancamente per le sue strade buie senza un reale motivo, senza uno straccio di sogno o entusiasmo, senza nessuna voglia di vivere o respirare, i volti incavati segnati da paure prive ormai di un oggetto, esili fantocci sconfitti schiacciati da fantasmi senza nome, trafitti da una rassegnazione esausta, oltre il nichilismo verso il semplice incenerimento di qualsiasi desiderio o slancio o sussulto anche casuale di vita, verso la putrefazione dell'anima, il completo oblio di un qualsiasi ricordo di un lontano senso.

I suicidi aumentano ogni giorno. 

Ma perfino suicidarsi, in questa cupa Metropoli del Dover-Essere, del Vietato Essere, è vietato.

O, perlomeno, suicidarsi in pubblico. L'Apparenza - Ciò Conta - dev'essere salvaguardata, e chi si suicida per strada - molti, moltissimi - ricevono come unica reazione dell'apparato pubblico una multa ficcata a forza nella bocca del suicida da una volante subito accorsa - e che subito si dilegua.

Per risolvere i problemi di questi cittadini stanchi di vivere ma che giustamente preferirebbero evitare multe postume, né certo vorrebbero intralciare il traffico, c'è la Bottega dei Suicidi: un negozio fornitissimo, assolutamente legale, anzi fornito di regolare licenza, dove si può trovare qualsiasi strumento - dai più ordinari ai più originali - per liberarsi definitivamente di una vita percepita ormai come un peso inutile - ma rispettando pur sempre doverosamente il comune senso del pudore, ponendo fine ai propri giorni nel proprio privato alveo, nascosto agli occhi di chi, pur condividendo magari l'assunto filosofico di base del suicida, potrebbe trovare sconveniente una morte violenta in pubblico, sotto un'auto o giù da un ponte. La vita non ha senso, ma le forme, almeno quelle, per Dio! - non vanno assolutamente dimenticate - siamo o non siamo pur sempre un continente civile???!?

I clienti si aggirano attoniti, incuriositi, affascinati fra le moltissime chincaglierie letali del fortunatissimo esercizio, molto alla moda. Alcuni acquistano la prima cosa che gli viene proposta dai gestori, tutto gli sembra indifferente - altri invece sembrano affascinati dall'abilità dialettico-commerciale della coppia proprietaria dell'attività, e seguono con interesse e quasi con occhi che brillano  i loro discorsi sul "veleno, che è una scelta molto femminile - tutto sommato assomiglia a un profumo, no?" o sulla katana giapponese che "è molto virile", sull'estetica dei prodotti, alcuni incisi a mano, sull'essere "all'ultima moda" di alcune soluzioni. L'apparenza e il consumismo seguono le persone fino al loro salto nel buio. Tutti poi si preoccupano del prezzo: "Mah, mi sembra un po' caro..." ma sono rincuorati dallo slogan "Trapassati o rimborsati!".

Ma ecco l'elemento psicogenalogico, o jodorowskyano.

Cosa meglio di una famiglia, una coppia che, anche con l'aiuto dei figli, un bambino e una bambina, gestisce un'attività il cui core-business è la negazione della vita, la disperazione, e fa questo perché segue una tradizione familiare inaugurata da un bisnonno che aprì il negozio nell'ottocento, venerato come una specie di santo - una famiglia che ha fatto dell'assioma che la vita è triste, disperata, senza senso non solo il fulcro, il centro dell'ideologia familiare, della religione familiare - ma addirittura lo scopo di tutta la vita, anche professionale, un assunto da promuovere e difendere nel mondo, alla cui fortuna è legata la stessa fortuna materiale della famiglia; cosa, dunque, più di questo, può rappresentare il concetto jodorowskyano di albero genealogico, cioè il fatto che ogni individuo eredita molto di più che non semplicemente geni e influenza ambientale dalla famiglia, ma un'intero intreccio di malattie, nevrosi, sogni imposti, demoni nel sangue, superstizioni, blocchi, follie, paure, angosce, imposizioni, ammonizioni, plagi, false ambizioni, paranoie immaginarie, mostri psichici di vario tipo, divieti, sabotaggi, valori da venerare, idoli, pesi millenari, millenarie sconfitte che si ripetono sempre identiche nella storia dell'albero genealogico, oppressioni, ceppi, catene psichiche, ragnatele psichiche, offuscamenti, credenze obbligatorie, incapacità compiaciute, miserie ereditarie che vanno al di là dell'influenza di genitori e altri parenti effettivamente conosciuti, ma si ereditano misteriosamente anche da antenati vissuti secoli prima?

La stessa Bottega mi sembra una magnifica rappresentazione dell'albero genealogico: una casa/negozio molto grande, e piena zeppa di ogni sorta di orrore, paccottiglia mortifera di ogni tipo, catalogata, messa in bella mostra su scaffali immensi, un Museo degli Orrori ricchissimo e estremamente vario, di cui però andare fieri, messo come diaframma fra la casa e il mondo.

Bellissima anche la scena in cui una rapida carrellata mostra una parete infinita con le foto grottesche e disperate dei clienti già trapassati. Ad un livello simbolico profondo, mi sembra che invece questa parete rappresenti proprio gli antenati dell'albero.

E anche qui - in questa famiglia così ortodossamente ligia ai suoi doveri di disperazione - arriva la pecora nera: che è come dice Jodorowsky, la persona che nasce in un albero genealogico ma è diversa: non si allinea, non accetta i dogmi familiari, si ribella, e lo fa perché qualcosa di più forte, e non minimizzabile, incoercibile, incontenibile, lo divora e gli impedisce di conformarsi: un artista in una famiglia di ragionieri o di banchieri, un rockettaro in una famiglia di benpensanti che hanno la musica classica e l'opera come culto, un filosofo radicale in una famiglia estremamente cattolica, o chessò, un genio della boxe in una famiglia di intellettuali sedentari che detestano attività fisica e qualsiasi cosa che richiami anche di lontano una forma di lotta e di violenza, o un poeta in una famiglia di fisici teorici, o un fisico teorico in una famiglia di letterati.

Nel caso del film, nasce un bambino felice. Un tipo allegro, che ride sempre, ha sempre voglia di giocare e divertirsi, vede sempre tutto in positivo, nonostante l'ambiente in cui è nato.

I genitori sono sconsolati: non sopportano l'allegria e l'ottimismo di questo bambino "disobbediente alle leggi del branco" (De Andrè) e lo rimproverano e mortificano continuamente, creando spesso una forte delusione nel bambino, che però non si arrende e ogni volta si tira su, pensa a qualcosa di bello e continua a cercare di portare allegria in questa famiglia di venditori-di-morte.

Il bambino cresce e la sua vergognosa diversità non accenna a diminuire: è sempre più allegro, anche se ha dei momenti di profondo sconforto per la immodificabile, rassegnata tristezza della sua famiglia (e della sua città).
Ma non si arrende, non vuole, non si può arrendere. Il suo dàimon, direbbe James Hillman, glie lo impedisce.

Anche questo mi sembra molto jodoroskyano: la pecora nera non sceglie semplicemente la via della ribellione, del seguire un'altra strada (via che rischia di finire per riprodurre semplicemente le stesse identiche cose in un altro paese, o in un'altra veste ideologica) ma sceglie una via molto più impegnativa e risolutiva: quella dell'affrontare i problemi nella famiglia, non allontanandosi dalla famiglia.

Il bambino, coraggioso e determinato, non vuole arrendersi all'evidenza, e decide che, insieme ai suoi amici, deve assolutamente far qualcosa per cambiare la sua famiglia e la sua città.

La soluzione è semplice ma efficacissima: insieme ai suoi amici, e con l'aiuto dello zio di uno di loro, che fa il meccanico, portano davanti al negozio un'auto dotata di un impianto stereo ultra-professionale con casse esterne potentissime: molto semplicemente, le nostre teppe ribelli accendono un'assordante musica da discoteca, fragorosa vitale ma con chitarre elettriche arrabbiatissime, di fronte al negozio, a tutto volume.

Questa è la scena più geniale del film, dal punto di vista simbolico, psicogenealogico: la casa trema, a ritmo, sembra poter crollare da un momento all'altro, i clienti assordati non capiscono cosa succede, la madre urla impazzita, la sorella adolescente prima sbalordita poi invece comincia a ballare con un ragazzo sconosciuto, di cui si innamora. Le boccette di veleno, gli acquari con i piranas e tutte le altre preziosissime chincaglierie nichiliste cadono da tutte le parti, sfracellandosi a terra. Alla fine, il negozio è ancora in piedi, ma tutta la merce è completamente distrutta.

Il finale: la Bottega viene trasformata in una creperia "Au Bons Vivants"! La persone della famiglia cambiano, cominciano a ridere di più, ad avere voglia di vivere, a non vedere tutto nero. La figlia sposa il ragazzo conosciuto durante il "crollo", che è bravissimo a fare le crepes.

Il nostro eroe è più felice che mai.

Anche la conclusione è jodorowskyana.

Si tratta del tema dell'albero luminoso.

Cioè del fatto che nell'albero genealogico, oltre agli spettri, malattie, blocchi, etc... di cui sopra, vengono tramandate anche capacità, talenti, forme di genio, di creatività, di amore, segreti positivi appannaggio dell'albero in base ai quali è possibile avere successo, sogni, utopie, luce, speranza, coraggio, passioni, saggezza, determinazione, sapienza, sostegno per la realizzazione di sé stessi e della propria unicità.

Mi viene da dire: la maniera per neutralizzare l'albero dell'oppressione millenaria e far emergere invece l'albero luminoso non può che essere - e qui mi richiamo a Jodorowsky ma soprattutto a Hillman - una sola: ascoltare quello che Hillman chiama il proprio dàimon: e cioè la propria diversità, la propria irriducibile, non-omologabile, unica, irripetibile forma specifica di ispirazione, di sogno, di visione, di talento, di scopo dello stare al mondo. E' uno scopo che - direbbe Hillman - è già contenuto nella ghianda della tua anima fin da prima della tua nascita.

Mi sembra probabile. 

Jodorowsky penso aggiungerebbe: se ascolti e segui il tuo dàimon, in maniera inesorabile, mai arresa, inarrestabile, viscerale, se ti affidi a lui completamente, allora i tuoi antenati da nemici diventeranno misteriosamente i tuoi più potenti alleati.

p.s.: splendide le canzoncine!!!! In puro stile Nightmare before Christmas!!!! Direi dello stesso livello. E ottimamente tradotte e cantate anche in italiano!!!!!!!!









P.s.: In realtà Jodorowsky, da quello che ho capito, non consiglia necessariamente la soluzione dei problemi nella famiglia, ma dice che - nella famiglia o per conto proprio - bisogna affrontare e risolvere blocchi e nodi irrisolti andando alla radice: invece il semplice scegliere una "ideologia", un "gusto", un insieme di opinioni o di abitudini contrapposte a quelle della famiglia di origine non è risolutivo. Traduco in termini miei, filo-Hillmaniani: non è necessario neanche fare chissà quali strani e costosi seminari di terapia psicogenealogica: basta ascoltare il proprio dàimon - e non la semplice contrapposizione a tutti i costi allo "stile" familiare: il proprio dàimon ha uno "stile" suo, unico nella storia dell'universo, segue la sua via, inesorabile e incondizionato: che poi questa via sia più o meno - in apparenza - lontana o vicina allo stile della famiglia, è completamente irrilevante.

giovedì 21 giugno 2012

esercizi di scollegamento e connessione/2

andare a sessanta all'ora sulla tangenziale semideserta, di notte, prendendo il fresco col braccio fuori dal finestrino dopo una giornata di lavoro e di afa estiva, è stata una delle esperienze più rilassanti che mi siano capitate ultimamente.
quasi una vendetta verso questo mondo impazzito, drogato di velocità, frenesia, automatica, rabbiosa isteria collettiva coatta.
mi è sembrato che così dovrebbe essere l'anticonformismo: lento, rilassato, gaudente, sorridente, epicureo.
indifferente a tutto ciò che sfreccia intorno, dotato di una sana dose di menefreghismo, ma proprio per questo capace di reale attenzione a tutto ciò che accade, e capace di reale simpatia e collaborazione con i fratelli, umani, animali, vegetali, minerali.
scollegato, dai circuiti meccanici del pensiero unico.
connesso, con i profumi e le vibrazioni della terra, con le sensazioni, i suoni, le percezioni, il proprio corpo.
fisico, ma di una fisicità sottile, tolta ai nervosismi moderni.
semplice, come solo un animale sa essere.
mentre penso più o meno questo, quasi un segno, in un tratto di strada che per lavori in corso ha una sola corsia percorribile, io e altri autisti ci troviamo piazzato davanti un trasporto eccezionale che va a quaranta all'ora.

Che godimento!

poi, dopo il rilassamento e il piacere (e la soddisfazione) mi accorgo che succede qualcos'altro: i miei neuroni, in seguito al rallentamento, e soprattutto in seguito al rallentamento in quel luogo, in quel contesto, percorso tante volte in preda all'automatismo della velocità, cambiano anche loro marcia: divento estremamente più attento, più lucido, la mia vista e le altre percezioni sono più all'erta e la visuale è più rilassata e più ampia: una volta interrotto l'automatismo, guardo il mondo non più con quel quotidiano atteggiamento di "Sì, lo so già." per cui l'abitudine ci fa smettere di notare le cose, ma con una curiosità e uno spirito d'osservazione che raramente ho.

venerdì 19 agosto 2011

rilassati. spegni la mente. lasciati andare. fai silenzio dentro di te. ascolta il tuo corpo. senti. fluisci. osserva il respiro. lascia andare. lascia andare tutto.......svuotati dei pensieri, butta tutto dalla finestra e affacciati sulla Luce/Ombra segreta della tua Anima..............respira....................dolcemente............lentamente.......rilassati..........dimentica tutto.....ne volete ancora tanti di ordini mentali a cui obbedire?