di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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venerdì 6 dicembre 2013

poesia.










scarno disincarnato aforisma di suono,

tetra neniuccia, onda tellurica,

dolce frastuono.

aroma di niente,

armonia del tuono.



profumo del muschio nel vento selvaggio

annusato nel colmo di segnetti sonori.



vuota astratta trasparenza con microscopici fori neri.



Se un quadro è qualcosa, se puoi toccarne i colori

Se un quadro è una cosa, una cosa che si fa, materia da plasmare

la poesia è un amaro divertente nonsense di niente in rima,

trasparenza bianca astratta con qualche vapore opaco effimero

che s’avvicina

e già sfuma

e già è tornato nel nulla che è sempre stato:

fantasmi, spettri, simboli

evanescenti come sogni al mattino,




durevoli un attimo



















e della consistenza della brina.

lunedì 2 settembre 2013

"La paesologia come rivoluzione erotica e viandante"


Jaspere Diaspro, sul suo blog, nel post "le città di oggi piacciono?" si interroga sulla città contemporanea, su questa giungla crudele d'asfalto, indifferenza, rumore e plastica, e si chiede come possa davvero a qualcuno piacere.

"Rimanendo fermi alle regole dell' evoluzione, arrivati ad un certo punto non poteva che competere con se stesso per migliorarsi. L'uomo è la specie più adattabile che si trova in natura. Sopravvive ovunque, sia nella giungla verde che in quella di cemento, nei deserti,nelle oasi..... Mi domando se tutto questo non sia insito in noi come una macchia scura, siamo cooperativi certo. Ma siamo anche competitivi e non trovando nessun altro sul pianeta con cui competere, competiamo tra noi!"

(dal post di Jaspere: http://animadidiaspro.weebly.com/1/post/2013/08/le-citt-di-oggi-piacciono.html )

Rispondo su Facebook così:

A me piacerebbero dei paesi immersi nella natura, ma culturalmente, artisticamente e 

spiritualmente vivi, e certo, in cui si possa recuperare il senso della comunità cooperativa.

Paesi con le radici nella propria tradizione storica ma in cui nascano nuove forme di vitalità 

e socialità aperte, creative.



Poi oggi trovo questo splendido articolo sul blog "Comunità provvisorie", il blog della 

paesologia.


Cito:



"Quando si pensa alla rivoluzione si pensa ai cortei, alle urla e invece la rivoluzione si può fare anche a bassa voce, è un compito per gli angoli bui della giornata, una faccenda intima prima che corale. La rivoluzione forse si può fare con mitezza, uscire dal mondo delle merci poco alla volta, con le forze che abbiamo, senza arroganze, senza proclami, uscire fuori e salutare chi arriva e chi parte, guardare la morte e la bellezza, usare il silenzio e la parola, farlo con calma e con urgenza, c’è ancora tempo, ad Aliano c’è ancora tempo.
Venite ad Aliano per “un eros vago, lontano, come una stretta di mano”.
La paesologia è camminare nei paesi. Camminare fa bene quindi fanno bene anche i paesi. Se gli italiani andassero in giro per i paesi, se camminassero tre ore al giorno la farmacie e i medici guadagnerebbero assai meno. Un governo occidentale oggi dovrebbe come prima cosa far camminare le persone."

(...)

"Aliano dice all’Italia fatti dolce e lontana e silenziosa, torna agli ulivi, al grano, al fazzoletto pieno di sudore quando la giornata era una cosa sola: serpente fischio pianto sole e non il mosaico di plastica che c’è adesso. Aliano dice all’Italia che molto abbiamo perso, forse l’essenziale, e dobbiamo sentirlo e piangere e ridere e tornare davvero alla nostra terra, stare davvero qui dov’eravamo.
La modernità incivile ha ancora i suoi fanatici, la miseria spirituale dilaga. Chi è in esilio, chi è orfano, chi è a disagio deve trovare compagnia alla sua solitudine, non deve buttarla. L’idea della morte non si può diluire col divertimento o con l’orgia delle merci. L’idea della morte si sostiene con la poesia, con l’esposizione di quel che siamo. E se esponiamo la nostra paura o il nostro delirio o la nostra ossessione, se esponiamo il gioco profondo che ci muove, dobbiamo incontrarci nello squarcio, non sulla vernice fresca del compiacimento e del conformismo. Ad Aliano io penso a una comunità di squarci, a una comunità delle fessure, a un abbraccio degli orli. Dunque un festival del bilico, una cerimonia dei sensi che all’improvviso si verticalizza, si fa notturna, metafisica. Dal vuoto dei calanchi al vuoto della luna. Un festival lieto e dolente, per chi non vuole dissolvere misteri con l’abbaglio della ragione, per chi non vuole irrigare il mondo con le proprie opinioni, ma vuole solo guardarlo."

                                                                                          (Franco Arminio)

Qui lo splendido articolo integrale:


Ho commentato sul blog dei paesologi così: 

Che articolo! Se Pasolini lo potesse leggere, forse metterebbe in dubbio la propria disperazione e le proprie considerazioni sull'inesorabilità del “fascismo realizzato” della società dei consumi. Un incontro di squarci, di abissi in cui la poesia mormora, echeggia, susurra, canta, urla ancora, nel fruscio del vento della solitudine, nei baluccichii nella notte oscura. Peccato non essere riuscito a venire. Ci saranno prossimamente altre eventualità ipotetiche di creare “comunità provvisorie”, per “venire in vacanza intorno a un filo d’erba”?





giovedì 30 maggio 2013

Spruzzo

Il mondo esterno ci opprime, ci schiaccia, ci compressa, ci intristisce, ci riduce il tempo e lo spazio, i movimenti. Le risa sono isteriche, i canti vuoti e sordi assenti. Le musiche sono inscatolate in cubi di tempo spazio razionale senza piacere vero.
I pochi che suonano per piacere sono piantonati, frustati frustrati, con lotte avanzano. I pochi che hanno ancora tempo per vivere non riescono più ad usarlo, sono persi nel vuoto, non riescono più a creare nulla. Raramente ci sentiamo liberi, raramente ci sentiamo utili, raramente ci sentiamo. 

Bloccati da spettri di catene, vogliamo essere sicuri di ciò che ci circonda ma non sappiamo niente di noi stessi.
 
                           (Sacrilegio Tempesta)

lunedì 22 aprile 2013

libero nulla in libero (?) stato della mente-




"... Si è liberi, si ha l'illusione della libertà nei gesti apparenti. Ma in fondo non si è liberi. Tutto ciò che è profondo nega la libertà. C'è una sorta di calamità, di fatalità segreta che dirige ogni cosa.

Il fatto è che chiunque agisca proietta un senso. Attribuisce un senso a ciò che fa, il che è assolutamente inevitabile e increscioso.. il motivo per cui non ho mai agito? Perché non credo nel senso. Attraverso la riflessione e l'esperienza interiore ho scoperto che niente ha senso, che la vita non ha alcun senso. Ciò non toglie che finché ci si industria si proietti un senso. Io stesso sono vissuto in simulacri di senso. Non si può vivere senza farlo. Ma chi agisce crede implicitamente che le sue azioni abbiano senso; altrimenti non si darebbe da fare. La mia esistenza quale essere vivente è in contraddizione con le mie idee. Essendo vivo faccio quello che fanno i vivi, ma non credo in ciò che faccio, eppure un po' ci credo, nonostante tutto; è questa, suppergiù, la mia posizione. La gente non riesce a credere che la storia non abbia un senso. La storia ha un corso, ma non un senso. Tutta la storia universale è così: ogni civiltà a un dato momento è matura per scomparire. Ci si chiede allora che senso abbia questo sviluppo. Ma non c'è senso, c'è sviluppo... Ci si prodiga, si fa qualche cosa, e poi si scompare [...] La negazione (nel senso) della storia è in ultima analisi la filosofia indiana: l'azione considerata insignificante, inutile. Ciò che conta è soltanto la sospensione del tempo... e infatti, se si riflette sulle cose, si dovrebbe smettere di agire, di muoversi... buttarsi per terra e piangere"  (Cioran)


"Lasciare agire in sé la necessità, rinunciando alla propria volontà" (S. Weil)

"Il sistema di controllo cognitivo è un artificio usato dal cervello per sentirsi protetto e libero di decidere autonomamente quale regola seguire o trasgredire.
L’insieme di convinzioni della torre di Babele del Super io, il tribunale mentale, è un’auto-inganno involontario e tramandato dalla notte dei tempi, un trucco evolutivo di sopravvivenza e salvaguardia dai pericoli.
Eliminando il sentimento (concetto) ingannevole del libero arbitrio elimini anche i sensi di colpa (giusto o sbagliato), il senso d’inferiorità ad esso collegato.
La Cura radicale è accettare la natura delle cose… per gli stoici abbiamo solo il potere di accettare o rifiutare quindi farsi trascinare dal nostro destino.
Senza libertà di scelta non hai alcuna colpa ma neppure alcun merito. Questo è un duro fendente per l’Ego, sovente dilaniato tra il complesso di superiorità (prestigio) e d’inferiorità (colpevolezza). Facciamo parte della natura, siamo sottoposti alle leggi che governano l’universo: l’uomo non è in grado di prender decisioni autonomi e indipendenti dalle forze esterne-interne (visibili-invisibili) che ne determinano l’esistenza.
Potenti emozioni, con il diritto di veto sulla ragione, intervengono per mantenere lo status quo psichico che include la certezza (falsata dall’evidenza) di essere o sentirsi liberi e autonomi nel decidere -> avere la presunzione di incidere con la propria volontà personale sul corso degli eventi (cioè sulla volontà della corrente del divenire, fiume della vita su cui galleggiano tutte le creature). Noi possiamo scegliere soltanto ciò che rientra nella nostra particolare (provvisoria, limitata, superficiale) sfera di interesse (benessere estemporaneo)."

(dal blog di Anima Libera:

http://obiettivi.wordpress.com/2013/03/26/sfatare-il-mito-del-libero-arbitrio/   )



Tutto ciò che facciamo è necessario.


Non esiste alcuna scelta.


Nel renderci conto di questo, possiamo anche renderci conto del fatto che anche questa nostra riflessione è necessaria, esattamente come sono e saranno necessari tutti i momenti in cui ci siamo e ci saremo considerati liberi e capaci di scegliere.

Quindi, che utilità ha questa riflessione? Nessuna, è semplicemente necessaria.

Ma anche credere di essere liberi, nei momenti in cui lo crediamo, è necessario.

Quindi, che valore ha qualsiasi riflessione, che senso ha affannarsi a cercare una verità, dato che ogni singolo momento dell'attività delle nostre sinapsi è comunque necessario, determinato, inevitabile?

Ma questa ulteriore riflessione è strettamente necessaria, esattamente come i nostri momenti in cui disperatamente andiamo alla ricerca di una qualche verità filosofica ultima o i momenti di oblio e incoscienza.

Dunque, non possiamo neanche decidere se smettere di affannarci filosoficamente o meno, come non siamo liberi di credere di essere liberi o meno.

"Quindi, tanto vale lasciar le cose andare per il loro verso, rilassarsi, senza intervenire!"

Ma tu dimentichi che già dicendo così stai cercando di intervenire sul naturale corso delle cose, e che in realtà tu non sei libero di lasciare andare le cose per il loro verso in maniera rilassata o di affannarti a cercare di modificare il corso spontaneo delle cose.

Se il corso naturale delle cose ti spinge a cercare di affermare il tuo libero arbitrio e cercare di modificare il corso delle cose, così farai, e ti affannerai disperatamente nel cercare di farlo, se il corso naturale delle cose ti spingerà a "lasciare andare", così farai. Ma "lasciare andare" cosa? Le cose già "vanno".

Dunque l'atteggiamento di chi pratica l'accettazione del presente, del necessario, di ciò che è, cercando di eliminare in sè il rifiuto, il volere selezionare, il volere intervenire, il volere modificare, è massimamente un "volere intervenire, volere modificare".

Mentre l'atteggiamento di chi vive semplicemente la propria naturale tensione, sforzo di ottenere, realizzare, modificare, compiere, selezionare è in realtà un'accettazione di "ciò che è" molto più completa.

Ma è un'accettazione che ci porta alla spontanea tendenza verso il rifiuto, verso la non accettazione.

E questo produce sofferenza.

Quindi cerchiamo e troviamo ancora dei momenti di più serena "accettazione".

Ma questo ci porta a "voler modificare", "non voler accettare" la nostra naturale, o comunque difficilmente evitabile, tensione verso il futuro, la fame di Altro, la nostra insoddisfazione verso il presente.

Esperti di meditazione Zen che si infuriano contro sè stessi perchè "ancora si innervosiscono, si arrabbiano, si scompongono", diventano isterici per niente. Non solo il nervosismo, ma in più la furia contro sè stessi perchè il nervosismo non dovrebbe esserci.

Quindi, "volendo modificare" l'incapacità di accettare, viviamo nella non-accettazione, sempre e comunque.

Le stesse parole dei saggi taoisti, tantrici o Zen che dicono cose tipo: "Non pensare che la spiritualità sia la ricerca di modificare, migliorare o realizzare qualcosa. La Via è semplicemente Essere Ciò che E', non c'è niente da modificare, migliorare, realizzare. Rilassati!" potrebbero apparire in questa luce come un ulteriore tentativo di modificare, migliorare o realizzare qualcosa. 


Perciò, qualsiasi azione, affermazione e riflessione è equivalente, in quanto è nulla. 


Perciò, davvero non c'è niente da dire o affermare.


Ma noi non siamo neanche liberi di scegliere di non affermare o di affermare.


La nostra attività sinaptica è necessaria, non ne siamo padroni, perciò come possono essere i suoi risultati attendibili?

E che significato ha poi, a questo punto, "attendibile" o "non attendibile"? 


Perciò non possiamo neanche affermare di essere non liberi, esattamente come non possiamo affermare di essere liberi, esattamente come non possiamo affermare di potere o meno affermare qualcosa.


Quindi, che senso ha tutto questo?

Nessuno.



Ma non ha neanche senso affermare che non abbia nessun senso.






https://www.youtube.com/watch?v=qQ9xzi0HebI&list=LLH4TIDkE6UAer03OXoRLrpg

















http://www.youtube.com/watch?v=zLckHHc25ww