di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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martedì 13 agosto 2013

Su donu.



"Una leggenda sarda, molto suggestiva, attribuisce a Dio lo strano nome di Eu-su-primu-cantende, Io-il-primo-che-canta, stabilendo esplicitamente un legame diretto tra il canto e l'atto divino della creazione."



                                                                     (Michela Murgia, Viaggio in Sardegna)

"Dopo aver parlottato e sputato al centro del cerchio per un paio di minuti, attaccavano il preludio con una specie di accompagnamento cupo: un suono come di cornamusa, con un tocco di calore profondo; a volte mi ricorda il suono dell'organo in chiesa. Dopo un po' il solista sembrava aver trovato l'ispirazione e cominciava la canzone vera e propria. In genere era un baritono o un tenore, con una bella voce vibrante. Ma tra i sardi la voce, per quanto apprezzata, non è la cosa più essenziale. Il cantadore deve possedere prima di tutto su donu, quel qualcosa che gli consente di trascinare gli altri quando è portato dallo spirito della canzone."

                                   (Amelie Posse Brazdova, Interludio di Sardegna, citato nel libro della Murgia)
















mercoledì 13 marzo 2013

13/03/2013 - sentire un prete cantare De Andrè -

Novate, 13/03/2013

In effetti Don Gallo non ha cantato De Andrè, ma è come se lo avesse fatto. Ha citato numerose volte Faber, in particolare i versi sugli emarginati e gli sbandati, le vittime, gli ultimi, i drogati, etc...

Ha addirittura dedicato una lunga parte conclusiva a spiegare perchè secondo lui bisognerebbe aggiungere un quinto vangelo ai quattro canonici: un Vangelo composto dalle canzoni di De Andrè.

Un vangelo che aggiunge secondo Gallo questi fondamentali elementi rispetto ai canonici: la poesia, la musica, la non-violenza, l'anti-fascismo, l'anti-capitalismo, e, infine "una spruzzata d'anarchia!".

Ha poi letto una commovente lettera che ha scritto insieme alle persone della sua comunità (una comunità composta da "puttane, drogati, impiccati, barboni, emarginati, adolescenti sbandati, bambini impazziti per la guerra atomica", cito a braccio, ma sono sicuro dell'esattezza o della quasi esattezza dell'espressione, da vero poeta Beat, "bambini impazziti per la guerra atomica") per salutare De Andrè nel '99 al suo funerale.

Ha invece cantato, dopo aver dichiarato che è la sua principale preghiera, Bella Ciao, accompagnato da noi del pubblico, è la prima cosa che ha fatto salito sul palco.

Anche questo è stato molto emozionante, mi ha colpito, non solo per il naturale carisma di quest'uomo di 84 anni, che ha cantato bella ciao marciando furiosamente e allegramente da una parte all'altra del palco in maniera decisamente coinvolgente, ma anche per il fatto che questa persona è un prete.

Colpisce molto l'inconscio profondo, sentire un prete (un prete!) cantare Bella Ciao, citare in maniera appassionata e poetica De Andrè, dire che la sua assistente principale è una transessuale, e che fra le sue preghiere più frequenti ci sono i primi 12 articoli della Costituzione. Ah, dimenticavo: e che il suo teologo di riferimento è Paolo Rossi, perchè una volta l'ha visto con su una maglietta con su scritto:


DIO C'E'

NON SEI TU

RASSEGNATI!


Se non esistessero preti così, bisognerebbe creare performances artistiche che creino questo tipo di shock culturale, ma comunque la presenza di una persona reale di fronte, che in carne ed ossa nella vita reale porta avanti da sempre le sue idee cercando di applicarle e restando ai margini della Chiesa, è sicuramente diverso e molto più potente.

Don Gallo ha idee decisamente laiche, repubblicane e democratiche (è stato partigiano), direi filo-socialiste, libertarie, anti-fasciste e anti-autoritarie (e quindi anche contro l'autoritarismo delle gerarchie cattoliche) anti-maschiliste (e quindi anche contro il maschilismo della Chiesa) per i diritti delle donne (e quindi se ho capito bene, ma mi è sembrato abbastanza chiaro, anche per il sacerdozio femminile) contro le norme imposte nella vita sessuale e medica, ma soprattutto due cose: per un cristianesimo povero, dalla parte dei poveri, dei derelitti, degli emarginati, etc... (che secondo Gallo è l'unico vero cristianesimo); e per una religione in cui al centro sta la libertà di coscienza di fronte a Dio, con cui nessuno può interferire.

Ha usato parole feroci contro le ricchezze vaticane, contro la banca vaticana ("Gesù ha mai parlato di banche????") ma soprattutto contro l'ipocrisia di chi vive la religione come un perbenista forma borghese di moralismo normativo, autoritario, giudicante ed escludente - escludente moltissimi: gli emarginati, le prostitute, i suicidi, i divorziati-risposati-preti sposati-i separati, etc... e che in realtà è lontanissima anche dalle persone a cui dovrebbe essere più vicina, i poveri.
"Ma chi sei tu per dire chi può stare dentro la Chiesa e chi no???? Chi sei per dire che un divorziato dev'essere escluso o un suicida non può avere un funerale??????? chi sei??????? Dio????????"

Una delle aspettative del pubblico, e anche mia, era un commento su Papa Francesco, eletto la sera stessa. Prendendomi in contropiede, Gallo ha dimostrato entusiasmo verso questo nuovo papa che si è voluto chiamare come San Francesco e che non ha benedetto la folla ma ha chiesto ad essa di benedirlo.
Anch'io avevo avuto un attimo di entusiasmo, un'ora prima, a sentire in televisione quel nome, "Francesco". Ma poi avevo subito pensato ad un'operazione di facciata per arginare il crollo della Chiesa Cattolica.

Il fatto che uno come Don Gallo invece abbia dimostrato entusiasmo e consideri questo Papa una persona con reali intenzioni riformiste mi dà più speranza, anche se lo stesso Gallo ha subito aggiunto che il compito è impervio e le istituzioni e le logiche di potere ostacoli enormi.

Che dire? Vedremo.

A me personalmente resta la strana sensazione che ho provato, per circa un minuto, a conclusione della serata. Io, non credente, o per meglio dire libero pensatore/libero "sentitore" eretico, mi sono ritrovato alla fine della conferenza in una situazione che mi è parsa un breve istante di reale "comunione", nello spirito semplice e gioioso dei primi cristiani (per come io lo immagino almeno): Don Gallo e noi del pubblico, abbiamo intonato per due volte un semplicissimo, appassionante coro che consisteva nella ripetizione per quattro-cinque volte di una stessa misteriosa parola (non so neanche se una parola cristiana o appartentente a qualche altra tradizione) in un climax crescente, con Gallo che tremante sollevava in alto un bicchiere di plastica pieno a metà di acqua, come fosse il Graal dei poveri.

In quel momento mi sono sentito realmente "unito" a quel gruppo di gente, un misto di credenti e non credenti accomunati forse solo da una certa sensibilità verso gli ultimi della Terra.

Il fatto di aver sperimentato questo proprio questa sera, resta per me personalmente una specie di segno, indecifrabile ma comunque bello.














lunedì 24 dicembre 2012

Natale e Deserto.

http://ettorefobo.blogspot.it/2012/12/il-natale-oggi-secondo-umberto.html


Questo il mio commento alle parole di Galimberti sul Natale nella società post-cristiana citate da Ettore Fobo:




Più di tutto mi ha interessato questo aspetto del Natale come catalizzatore, condensatore, provocazione, inceppo, spiazzamento, deragliamento dai soliti binari, che ci riporta volenti o nolenti di fronte a noi stessi, al di fuori della frenesia quotidiana e dalla vita di tutti i giorni, normalmente spesso percepita come ovvia, scontata, come l'orizzonte nel quale ci muoviamo, quotidianità consumistica rassicurante. Il Natale ci porta via dal tran tran quotidiano e ci sposta, ci trasla verso la via della ricerca del senso, quindi anche della consapevolezza dell'assenza di senso, del paesaggio deserto, del vuoto in cui ci ritroviamo senza più niente da dire o da pensare ("Or as, when an underground train, in the tube, stops too long between stations
And the conversation rises and slowly fades into silence
And you see behind every face the mental emptiness deepen
Leaving only the growing terror of nothing to think about", T.S. Eliot, Four Quartets) e degli interrogativi esistenziali a questa connessi. E in questo deserto ci scontriamo anche con l'assenza di nascite miracolose, cioè col tradimento, la totale scomparsa della civiltà cristiana, divorata dal Moloch della civiltà consumistica, alla prima contrapposta. E se proviamo a pensare ale antiche feste pagane del solstizio e della rinascita del Sole (la festa del solstizio di Yule per i Celti, per esempio) può essere certo molto suggestivo, ma ci lascia ancora più distanti da un orizzonte di senso applicabile al nostro presente privo di sogni, al nostro deserto privo di quella che Leopardi definiva la "poesia degli antichi", cioè la poesia fatta di incanto, magia, innocenza. Restiamo qui, fra una cena con parenti che non conosciamo e con cui abbiamo poco da spartire, una corsa all'acquisto ai regali, un panettone, una cena fra amici con più silenzio del solito, una messa per alcuni, un programma natalizio insulso in televisione, il rito ormai automatizzato degli auguri, le preoccupazioni per il lavoro che non c'è o che è precario, un presepe con vecchie statuette mezze rotte, oppure con ciarpame di plastica, un albero di Natale striminzito mezzo rinsecchito, oppure tristemente sintetico. E Babbo Natale? E la magia che doveva esserci nella notte di Natale in una qualsiasi famiglia contadina allargata secoli fa, magia densa di mistero, di silenzio, di enigma, di sacralità, di riti condivisi e ricchissimi di intenso, poetico, visceralmente vissuto significato simbolico, di mito che riviveva ogni anno, realmente si reincarnava nella percezione di tutti, portando gioia, amore, consolazione? "O dark dark dark. They all go into the dark,
The vacant interstellar spaces, the vacant into the vacant,
The captains, merchant bankers, eminent men of letters,
The generous patrons of art, the statesmen and the rulers,
Distinguished civil servants, chairmen of many committees,
Industrial lords and petty contractors, all go into the dark,
And dark the Sun and Moon, and the Almanach de Gotha
And the Stock Exchange Gazette, the Directory of Directors,
And cold the sense and lost the motive of action.
And we all go with them, into the silent funeral,
Nobody's funeral, for there is no one to bury.
I said to my soul, be still, and let the dark come upon you
Which shall be the darkness of God. As, in a theatre,
The lights are extinguished, for the scene to be changed
With a hollow rumble of wings, with a movement of darkness on darkness,
And we know that the hills and the trees, the distant panorama
And the bold imposing facade are all being rolled away-" (T.S. Eliot, Four Quartets).


Ma forse proprio il deserto della crisi, religiosa, esistenziale, filosofica, metafisica, sociale, politica, ora anche economica, è lo scenario in cui possiamo spogliarci di decrepite incrostazioni/simulacri/maschere/corazze da società della finzione e dello spettacolo, e ritrovare, una semplicità e un umano silenzio, e valori di mutuo sostegno e amore, che credevamo uccisi per sempre. Il deserto della crisi è, forse, una nuova mangiatoia, di povertà, mistero, nuda semplicità e umanità, Bellezza.




https://www.youtube.com/watch?v=7b4QY1JWs7I

cometa inquieta - scintilla nella tenebra scavata, smarrita, abissale, nera, fiorita.

A Sacrilegio, mia stella cometa.




http://www.youtube.com/watch?v=QgSihu2QsSU

https://www.youtube.com/watch?NR=1&v=Gvrfwgdj0YU&feature=endscreen


(Molto più bella la versione di Nabil Salameh, ma anche Jovannotti se la cava.)

ps: il titolo del post è una mia poesia di un verso.

giovedì 9 agosto 2012

De-creare.


"Discreazione: far passare qualcosa di creato nell'increato. Distruzione: far passare qualcosa di creato nel nulla. Ersatz [surrogato] colpevole della discreazione."

"La realtà del mondo è fatta da noi, col nostro attaccamento. E' la realtà dell'Io trasportata da noi nelle cose. Non è affatto la realtà esteriore. Questa può essere percepita solo col totale distacco. Quand'anche non rimanesse che un filo, vi sarebbe ancora attaccamento."

"Sospendere continuamente in se stesso il lavoro della immaginazione che colma i vuoti. Se si accetta qualsiasi vuoto, qual colpo del destino può impedire di amare l'universo? Si è certi che, qualunque cosa avvenga, l'universo è pieno."

"La creazione è un atto d'amore ed è perpetua. In ogni istante, la nostra esistenza è amore di Dio per noi. Ma Dio può amare solo se stesso. Il suo amore per noi è amore per se stesso attraverso di noi. Così egli, che ci dà l'essere, ama in noi il consenso a non essere. La nostra esistenza è fatta solo della sua attesa, del nostro consenso a non esistere. Perpetuamente egli mendica da noi l'esistenza che ci dà. Ce la dà per chiedercela in elemosina."

"Le contraddizioni contro cui urta lo spirito: sole realtà, criterio del reale. Nessuna contraddizione nell'immaginario. La contraddizione è la prova della necessità. La contraddizione sperimentata fino in fondo all'essere è lacerazione. E' la croce."

                                                                                                                 (Simone Weil)


De-creare. Cioè: non completare. Lasciare irrisolto. Lasciare il vuoto sconnesso della realtà così com'è. Lasciare nuda la contraddizione.
Lasciare la realtà "frastagliata", asimmetrica, inspiegabile, multipla-

In-creato. Cioè: non obbligato. Casuale. Indifferente. Senza adesione. Non alterato. Lasciato essere. Lasciato non essere. Frattura. Codici. Affermazioni. Vortici. Constatare la misura degli spazi - la contromisura dei moti - inabissandosi nella fedele rapida di cunicoli oscuri labirintici enigmatici magmatici dell'essere momento per momento connesso all'intermittenza molteplice mutevole imprevista.
Senza tracciati, percorro la linea esatta che traccia la non-creabilità.
Restando così, senza volere niente, senza desiderare modificare niente, senza aspettarsi niente, senza scegliere niente, senza alcuna distrazione o fuga, perfettamente aderenti a questo nulla cangiante senza fine senza scopo - il vuoto dell'uragano del reale così come è - forse - leggere crepe potrebbero comparire - accennare a, lasciare, trasparire, accenni-frammenti di bagliori di luce. Spiragli di trascendenza.
O forse no.

Brulicante sbilenco. Sospeso in moto oscillante fermo.

Lascia stare. Lascia cadere. Lascia essere. Lascia che sia semplice.

Creare, trasformare, dare forma diversa alle cose, inusuale modificare, dare vita, sbocciare.

Sono vivo nell'attimo-brulicare casuale in cui dipingo il mio arbitrario-canto - colorato della mia volontà - sulla tela-specchio dell'universo, che scelgo, che apprezzo, che creo, che progetto, per quello che posso in questa porzione di galassia in cui sono gettato.


                                                                                     

martedì 10 luglio 2012

Patti Smith canta Neil Young: After the gold rush, testo, traduzione mia, mio commento.

 After the gold rush

Well, I dreamed I saw the knights
In armor coming,
Saying something about a queen.
There were peasants singing and
Drummers drumming
And the archer split the tree.
There was a fanfare blowing
To the sun
That was floating on the breeze.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.

I was lying in a burned out basement
With the full moon in my eyes.
I was hoping for replacement
When the sun burst thru the sky.
There was a band playing in my head
And I felt like getting high.
I was thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.
Thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.

Well, I dreamed I saw the silver
Space ships flying
In the yellow haze of the sun,
There were children crying
And colors flying
All around the chosen ones.
All in a dream, all in a dream
The loading had begun.
They were flying Mother Nature's
Silver seed to a new home in the sun.
Flying Mother Nature's
Silver seed to a new home.

Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century,
Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century.

(Neil Young - ultimi quattro versi aggiunti da Patti Smith)


Dopo l'assalto d'oro


Beh, sognai di vedere i cavalieri
che arrivavano con la loro corazza,
dicevano qualcosa a proposito di una regina.

C'erano contadini che cantavano
e tamburini rullavano il tamburo
e l'arciere fendette l'albero.

C'era una fanfara che zefirava
al sole
che ondeggiava nella brezza.

Guarda, Madre Natura sta scappando
nei millenovecentosettanta
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nei millenovecentosettanta.

Stavo steso in un seminterrato in cenere
con la luna piena nei miei occhi.
Speravo in una sostituzione
quando il sole esplose squarciando il cielo.
C'era una banda che suonava nella mia testa
e mi sentii come se fossi tirato verso l'alto.
Stavo pensando a quello che un
Amico aveva detto
speravo che fosse una menzogna.

Beh, sognai le
navi spaziali d'argento volare
nella coltre gialla del sole,
c'erano bambini che piangevano
e colori che volavano
tutt'attorno agli eletti.

Tutto in un sogno, tutto in un sogno
avevano cominciato a caricare.

Stavano trasportando in volo il seme d'Argento
di Madre Natura verso una nuova casa nel sole.

Guarda, Madre Natura sta scappando
nel secolo ventesimoprimo
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nel secolo ventesimoprimo.

(traduzione mia)


 http://www.youtube.com/watch?v=ZSa0QTbtYc4








giovedì 5 luglio 2012

mordendo le stelle

"I discorsi di un filosofo devono essere intrisi di quella dolcezza acre che può mordere le umane ferite." (Diogene il Cane)

"Al modo dei cani i cinici mangiavano sulla piazza del mercato. Rifiutavano il cerimoniale del pasto regolato da orari, luoghi appropriati e abitudini. Se trovavano cespugli fornitori di bacche selvatiche, o fontane generose d'acqua chiara e fresca, i cinici si nutrivano a volontà, cogliendo le occasioni.
A chi un giorno lo rimproverava di mangiare sulla piazza del mercato, all'ombra ma sotto gli occhi dei passanti, Diogene rispose: "Nella piazza del mercato ebbi fame." Se l'argomento ad hominem non bastava, ricorreva alla logica o alla retorica, preparandole con l'ironia: "Se far colazione non è strano, neppure nella piazza del mercato è strano. Non è strano far colazione; dunque non è neppure strano fare colazione nella piazza del mercato." (M. Onfray, Cinismo - Principi per un'etica ludica)

"L'autore del Principe teorizza un certo numero di pratiche militari. Nelle sue pagine possiamo leggere anche l'elogio di una tecnica lacedemone della quale i nazisti sfrutteranno tutte le potenzialità: mostrate, dice Machiavelli, i nemici privi dei loro abiti, nudi, dinanzi ai soldati: "come tenne Agesilao spartano, il quale mostrò a' suoi soldati alcuni Persiani ignudi, acciò che, vedute le loro membra dilicate, non avessero cagione di temergli". Si pensi alle lunghe file di corpi nudi sotto il cielo invernale di Germania. In conclusione: le tecniche guerriere, quali che siano le compromissioni tecnologiche che esonerano dal coraggio, sono tutte preistoriche. Poggiano su istinti da rettile, sugli istinti primari. ma le prassi disciplinari bestiali che costituiscono la tradizione degli eserciti vengono sempre prodotte in nome della cultura, della civiltà e della intelligenza.
Il cinismo militare è volgare perchè invita all'uso dei mezzi più barbari (violenza, omicidi, delitti, torture, odio, efferatezze, stupri, saccheggi, sprezzo) per giungere a fini adorni di tutt'altri orpelli: trionfo della civiltà, dell'ordine, della libertà, dell'indipendenza. In nessun altro caso forse il regno dei fini e quello dei mezzi sono tanto distanti, tanto in contrasto. Miliziano della pace, il militare è prima di tutto professionista della morte.
Fra i cultori dell'uniforme e della disciplina marziale troviamo anche i rivoluzionari. Il 1789 inventa l'esercito di coscrizione, il 1917 l'armata rossa...
Il cinismo rivoluzionario insegna che per il progettato ordine nuovo sono leciti tutti i disordini possibili e immaginabili - in attesa del radioso domani...
Leggiamo nelle pagine di uno dei più celebri campioni della rivoluzione la formula classica del cinismo volgare: "Da un punto di vista universale la necessità giustifica il diritto d'agire; il successo giustifica il diritto dell'individuo." Un altro afferma: "Soltanto il fine può giustificare i mezzi." Il primo è Adolf Hitler, il secondo Lev Trockij - cinici volgari emblematici, se mai ve ne furono." (Idem)

"Dobbiamo continuare, e accompagnare Nietzsche più lontano, fino al punto in cui condanna "la generazione imbelle" che "oggi sulle cattedre domina"? Lasciamo perdere i sapienti e le teste sopraffine che tanto contribuiscono alla decadenza della disciplina...
I cinici insegnano a vivere, a pensare, a esistere, a agire alle prese coi frammenti del mondo reale, quando si incontrano la morte, il piacere o il desiderio. Insegnano ad essere insolenti verso tutto ciò che si agghinda con le penne del sacro: la società, gli dèi, la religione, i re, le convenzioni. Con i cinici la filosofia si occupa di quel che ci è prossimo, e scredita tutti i progetti che privilegiano la seriosità.
Dei nuovi cinici potrebbero dirci in cosa siamo ancora pii, saprebbero nuocere alla stupidità, disperare dei luoghi comuni, invitare ala pura singolarità, evitare le imprese gregarie, promuovere la verità dell'individuo. Con loro si scoprirebbe un'alternativa allo spirito di pesantezza, ai mercanti di apocalisse, ai teorici del nichilismo." (Idem)

"Rognoso, errante, amico delle stelle, il cinico fiuta le vie strette che conducono alla virtù." (Idem)

mercoledì 5 ottobre 2011

Posso resistere a tutto, tranne che a essere d'accordo con questo aforisma.

venerdì 2 settembre 2011

Rincorrere, per poi accorgersi che è passato.

E' un controsenso "sforzarsi", "cercare" di "essere presenti". La presenza c'è già. Il presente è qui. Cosa c'è da cercare? Che sforzi si potranno mai fare, quali misteriose tecniche e complesse strategie per cercare di "produrre" qualcosa che è già qui di fronte a me? Il presente è qui, c'è sempre stato. Dov'è il problema? Come può essere un problema? Che problema può comportare "essere presenti" al presente, dato che siamo già qui di fronte al presente, immersi nel presente, presenti al presente, presenti nel presente, una sola cosa con il presente? Come si può "realizzare" la presenza? "Realizzare"??????????????? Il presente??????????????? E quando??????????????? E perchè? E' forse assente? Bisogna fare l'appello????????????? Chissà, magari non è assente, arriva in ritardo... Bisogna forse rincorrerlo? Crearlo? Produrlo? Fabbricarlo? Realizzarlo????? Connettersi?????? Ricominciare a fluire con esso?????????????? Con cosa, scusa??????? Ah, il presente. Eccolo. E' qui, c'è sempre stato. Presente! E' arrivato anche in perfetto orario. Esercitarsi a "essere presenti" è assurdo: di più: è una contraddizione. La rana si esercita a essere una rana???? Il cielo si esercita a "essere lì adesso con il sole che splende"? La terra si allena a terrigneggiare????? Il vento d'autunno sospira: "Ah, come vorrei essere vento d'autunno"? Chi sta fra le braccia dell'amata sospira: "Ah, come vorrei essere fra le braccia del mio amore......."?????? Il sole si impone una disciplina e recita il mantra: "Io sono il sole e devo soleggiare"??????????? Il cavallo mentre galoppa osserva la propria respirazione - inspiro, espiro - per arrivare, forse un giorno, a realizzare la cavallinità????????????? E la nostra essenza è sparita????????????? Chi l'ha rubata???? La società??????? La famiglia??????? La mente?????????? E se la mente mente, la non - mente si siede nella posizione del loto e socchiude gli occhi per allenarsi a non mentire?????????????????????????????????????????????????

venerdì 19 agosto 2011

cosa ne direbbe Jiddu Krishnamurti? E (...) cosa ne direbbe invece un allievo di Jiddu Krishnamurti?

anni fa. in un centro buddhista. seminario di meditazione concentrativa. consiste, seduti con gli occhi chiusi, nello sforzarsi di restare concentrati solo e soltanto su una immagine, una sola, scelta dal praticante, ma il Lama consiglia di scegliere un'immagine sacra. magari un'immagine di Buddha. svuotare la mente da tutto il resto, e riempirla solo e solamente di quest'immagine.

Il Lama spiega che questa pratica aiuta a indebolire gli attaccamenti della mente.

Un praticante fa questa strana domanda: "...ma se uno ha un attaccamento verso il Buddha e la sua immagine?"

Il Lama non seppe, non volle, o non potè rispondere.