di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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lunedì 9 dicembre 2013

renzi=berlusconi=grillo.

Incoscienza subliminalista populista massmediatica = Incoscienza subliminalista populista massmediatica = Incoscienza subliminalista populista massmediatica.

mercoledì 17 luglio 2013

domenica 30 giugno 2013

REPORTAGE FOTOGRAFICO DA VIA DELL'IRONIA, MILANO./2




Seconda puntata del reportage fotografico da Via dell'Ironia, Milano.

Tutte le foto di Diogene senza l'anima?, tranne quelle (dove indicato) di Sacrilegio Tempesta.

Tutti i diritti riservati.

















I volantini con poesie sono firmati con sigle. Su tutti compare come sito di riferimento:



















La foto qui sopra è di Sacrilegio Tempesta.


La foto qui sopra è di Sacrilegio Tempesta.


La foto qui sopra è di Sacrilegio Tempesta.


La foto qui sopra è di Sacrilegio Tempesta.













mercoledì 5 giugno 2013

Un ottimo articolo contro il grillismo.

 Un ottimo articolo contro Grillo e il grillismo sul blog http://www.quitthedoner.com.

Chiaro, efficace e ben argomentato.

Da far leggere a chiunque sia entrato nel tunnel della cieca adesione al grillo parlante.

Ecco il link:


http://www.quitthedoner.com/?p=1268


Un breve estratto:


"Grillo in questi anni ha detto tutto e il contrario di tutto, ha distrutto sul palco dei computer poi ha esaltato la rete come panacea di tutti i mali. Come diceva Daniele Luttazzi (...) quando la gente applaude Grillo non applaude il contenuto applaude la foga. I cani pastore e Mario Monti obbediscono a chi dà ordini in tedesco, gli italiani invece danno ragione a chi urla di più, deve essere una specie di riflesso genetico. Qualsiasi cazzata detta con convinzione e movimento delle mani sufficientemente concitato fa nascere nell’italiano il sospetto che diventa in fretta una certezza che quello che sta ascoltando abbia un senso.
Altrimenti perché quel tizio urlerebbe così tanto?
Questa è una cosa che ha scoperto Mussolini e per provarla ai suoi amici metteva dentro i suoi discorsi cose assurde. Prendiamo ad esempio il discorso dopo la conquista dell’Etiopia nel 1936
Mussolini: Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente
Popolo: yeahhh
Mussolini (girato verso i suoi gerarchi): Visto?
Quando Grillo dice “Italiani!” alla maniera del duce non fa satira, mostra per un istante quello che vorrebbe essere veramente. Chi è allenato alle discipline satiriche lo aveva capito da subito, per un semplicissimo motivo: quella gag non fa ridere, fa accapponare la pelle.
Se ti fa ridere, sotto sotto almeno una piccola parte di te è convinta che il fascismo non fosse proprio tutto da buttare. Magari sei uno di quello che ripete le solite fregnacce dei treni in orario e le bonifiche. Tutte  cose che di solito nascondono il sottotesto “non riesco ad avere un’erezione decente se non appoggio la mia virilità su una sovrastruttura politica totalitaria che mentre mi annulla come essere umano mi dà l’illusione di avere un senso all’interno di un progetto più ampio che mi trascende, nel tempo e nello spazio, e sul quale non ho alcun controllo reale”. "


(dall'articolo:

http://www.quitthedoner.com/?p=1268 )


giovedì 30 maggio 2013

I partiti, il diavolo e il PARTITO 5 stelle.

I partiti e il diavolo
"Quando in un Paese esistono i partiti,
ne risulta prima o poi uno stato delle
cose tale che diventa impossibile
intervenire efficacemente negli affari
pubblici senza entrare a far parte di un
partito e stare al gioco. Chiunque si
interessi alla cosa pubblica desidera
interessarsene efficacemente. Così,
chiunque abbia un'inclinazione a
interessarsi al bene pubblico o rinuncia a
pensarci e si rivolge ad altro, o passa dal
laminatoio dei partiti. Anche in questo
caso sarà preso da preoccupazioni che
escludono quella per il bene pubblico. I
partiti sono un meraviglioso meccanismo
in virtù del quale, in tutta l'estensione di
un Paese, non uno spirito dedica la sua
attenzione allo sforzo di discernere, negli
affari pubblici, il bene, la giustizia, la
verità. Ne risulta che - eccezion fatta per
un piccolo numero di coincidenze fortuite
- vengono decise e intraprese soltanto
misure contrarie al bene pubblico, alla
giustizia e alla verità. Se si affidasse al
diavolo l'organizzazione della vita
pubblica, non saprebbe immaginare
nulla di più ingegnoso". Simone Weil,
Manifesto per la soppressione dei partiti
politici 


Una splendida citazione di Simone Weil sul blog di Beppe Grillo.........

......peccato però che la spietata disamina della Weil sulla inevitabile parzialità ed utilitarismo dei partiti, che per loro natura mirano all'interesse del partito, a vincere, ad avere potere, a prendere il potere..

.....e quindi non possono mirare al bene comune, perchè tutte le loro parole e decisioni saranno condizionati dalla "linea" del partito, dalle opinioni ufficialmente appoggiate dal partito, dalla difesa delle dichiarazioni dei leader del partito, dall'interesse del partito...........

.........E', IN MANIERA SEMPRE PIU' CHIARA ED INEQUIVOCABILE, VALIDA PIENAMENTE ED ANZI IN MANIERA ESPONENZIALE, PER IL CASO SPECIFICO DEL PARTITO 5 STELLE.


lunedì 20 maggio 2013

Happenings happen-

"Lo spazio espositivo non mi soddisfaceva più. Pensai che sarebbe stato molto più interessante uscire dalla galleria e far fluttuare l'ambiente che avevo creato nella vita di tutti i giorni, per eliminare ogni tipo di divisione (...). L'evento deve terminare prima che sopraggiunga l'abitudine. L'artista compie un happening e vive il più puro dei melodrammi. La sua opera è una perfetta rappresentazione del mito del Non Successo, perchè gli happening non possono essere venduti o portati a casa, ma solo incoraggiati. Inoltre, a causa della loro natura fluttuante, solo poche persone possono seguirli: Rimangono un evento isolato e orgoglioso. Chi li crea è un vero avventuriero, perchè gran parte di quello che fa è assolutamente imprevedibile. Chi li fa è un vero truffatore." (Allan Kaprow)

"- L'happening non è arte, l'arte è happening.

- Può accadere anche a te.

- Sta accadendo qui e adesso.

- L'happening risponde a tutte le domande!

- L'happening risponde a ogni tuo desiderio.

- ogni parola è un happening.

- ogni persona è un happening.

- Accadi ora, sii umano!

- Le persone sono un happening ben accetto.

- Diventa un happening rispondendo immediatamente alla domanda:

CHE COS'E' UN HAPPENING?"

  (Simon Vinkenoog)


Tutta la vita è un immenso happening teatrale-artistico-dadaista improvvisato e interattivo.

Dunque, perchè fare un happening? Che senso ha? Cosa aggiunge?

Oppure: dunque, perchè non fare happenings tutti i giorni?

Oppure: dunque, perchè non sedersi su una panchina e osservare lo spettacolo più divertente, surrealista, drammatico, autentico, viscerale, esplosivo e potente che ci sia, il mondo, invece di pagare un biglietto per un banalissimo cinema?

Oppure: dunque, perchè non divertirci, cambiare, creare, vitalizzare, deserializzare, deseriosizzare, de-diserotizzare, de-raggelare, dedepressizzare, deconsuetudinare, dedisanimare, demeccanizzare, deabituare, deappiattizzare, dedisinnescare, dedecolorare, decontrarre, destereotipare, deazzerare, demistificare, smascherare, derumororizzare, de-alienare, deinimicizzare, de-dividere, de-disperare, de-livellare, de-rinunciare, de-costruire, de-creare, inventare, decontestualizzare, rianimare, spiazzare, improvvisare un po' di più, visto che siamo in un happening?

oppure: va bene così com'è.

Ma fra l'altro: che cos'è un happening?





Mancanza.

"Per mancanza di intraprendenza e fede gli uomini sono ciò che sono, impegnati a comprare e vendere, e passando la vita come servi." (Henry David Thoreau)


https://www.youtube.com/watch?v=Ig124dG9E2c 


P.s.: grazie a Jasper per la citazione di Thoreau e per avermi ricordato la faccenda del 432 Hz. 





domenica 12 maggio 2013

José Angelo Gaiarsa: FAME D'ARIA!!!!


"Nessuna costituzione
E nessuna rivoluzione
Mai hanno pensato di garantire agli uomini
Il Diritto di Respirare.



Nessun diritto è più necessario,
in quanto viviamo tutto il tempo soffocandoci gli uni con gli altri,

Tu mi soffochi:


  • Ogni volta che non posso dire a te quel che faccio quel che sento e quel che penso.

  • Ogni volta che devo controllare la mia voce e i miei gesti, per far sì che tu non percepisca le mie intenzioni.

  • Ogni volta che devo giustificare ciò che faccio dinanzi al mio Giudice  interiore – che sei tu.

  • Ogni volta che reprimo i miei desideri perché tutti vigilano su tutti, perché nessuno faccia quel che tutti vorrebbero fare e che sarebbe bene che tutti facessero: amare, cantare, ballare…
La mia vendetta è fare lo stesso con te.

Per questo viviamo tutti soffocandoci,
   e mai si è pensato di garantire a tutti il diritto di respirare.
            Noi ci neghiamo il più fondamentale dei diritti: il diritto di vivere.
            Per questo viviamo soffocati, angosciati, infelici.


            È necessario rinascere, è possibile rinascere."








(dalla quarta di copertina di “Respirazione angoscia e rinascita” di José Angelo Gaiarsa, psichiatra e psicoanalista decisamente eretico, che ha messo a punto una psicologia che è una sintesi tra psicologia simbolica del profondo Junghiana e analisi corporea Reichiana.


Le seguenti citazioni sono tratte dall'eccellente articolo di Virginia Salles su Gaiarsa al link:



http://www.artiterapielecce.it/index.php?option=com_content&task=view&id=298&Itemid=155




(p.s.: l'articolo a questo link non è firmato, ma si vede che è un articolo di Virginia Salles a questi due altri link, con estratti più brevi, firmati:



 http://www.virginiasalles.it/pag_estr_fame.php


http://www.centrostudipsicologiaeletteratura.org/arsal1.html 








"Nelle sue opere Gaiarsa compie una sintesi, una vera e propria congiunzione di opposti tra la “psicologia del profondo” di C. G. Jung e quella “del corpo” di W. Reich offrendo una visione dell’uomo più completa. I libri di Gaiarsa sono allo stesso tempo l’esposizione di una teoria e la storia di questa teoria. In essi l’autore, con un linguaggio molto spontaneo, frasi scherzose, racconta fatti personali, peculiarità della propria vita, le sue battaglie esistenziali lungo un difficile e travagliato percorso evolutivo. Nel capitolo intitolato“Io e il mio cuore” Gaiarsa si racconta: “Prima di approfondire lo studio della respirazione, parlo di me e del mio cuore. Sono stato un angosciato cronico durante la metà della mia vita, e tutto ciò che è scritto qui  proviene dal mio sentire e dal mio soffrire…”. “Ho vissuto con questa oppressione per molti anni, sembrava una ferita aperta dolente e sempre sanguinante, ed io tiravo la spalla sinistra sul corpo nell’intenzione di proteggere il cuore. Non percepivo che nel proteggerlo lo stringevo ancora di più. Ma io dovevo trattenere quello che nel mio petto voleva espandersi… La mia vita, l’aria respirata che si diffondeva dentro di me, il sangue che si espandeva nel mio corpo. Questo è ciò che si può sentire come vita. Questo io lo so adesso che ho 70 anni…Allora non stavo vivendo, stavo morendo…”.   “Ma la paura continuava, di morire di cuore. Era profonda. Era quasi desiderio. Vivere male fa venire la voglia di morire…”. “Molti, molti anni fa, quasi morii il giorno in cui mi sentii felice. Il petto ha iniziato a espandersi tanto che ho avuto paura che quella cosa, la felicità, il mio petto non la contenesse. Erano sentimenti, sensazioni nel petto, e li ho trattenuti, è chiaro…è molto difficile imparare a lasciarsi andare. È molto difficile sentirsi felice, non ci è permesso, non siamo abituati, è proibito…voler espandere il petto, sentire il cuore che galoppa come il cavallo del cavaliere errante di desiderio, di ricerca, di eroismo, di fuoco, di vita piena, densa, forte…voler amare è questo…”."



"Già dai tempi più remoti le parole relazionate con l’aria, l’atmosfera, o la   “respirazione” sono le stesse usate per descrivere concetti religiosi. Per esempio, in alcune lingue antiche come il greco o il latino le parole aria, vento, soffio, sono le stesse che esprimono idee come Vita, Spirito, Dio… Gaiarsa ci propone alcune analogie: l’atmosfera come Dio è infinita, l’aria, così come Dio sta misteriosamente in tutti i posti allo stesso tempo, è onnipresente. Dio vede tutto, è il Trasparente e il Luminoso per eccellenza: è luce. Le parole camminano nell’aria che le contiene tutte: è onnisciente. Gli uomini hanno sempre fatto la guerra per tutto ciò che esiste di concreto, immaginario o simbolico che sia… Ma non hanno mai lottato tra loro per l’aria che respirano, aria che esiste in abbondanza per tutti: i buoni e i cattivi. Quindi l’aria come Dio è amore."


"Le parole di Durckheim: "Nella respirazione partecipiamo inconsciamente alla Vita più grande",  e quelle di Lowen: "Attraverso la respirazione diveniamo consapevoli della pulsante vitalità del nostro corpo e sentiamo di essere una sola cosa con tutte le creature pulsanti in un universo pulsante"  ci ricordano la visione orientale secondo la quale l'Atman, l'individualità, il piccolo spirito contenuto nel profondo del nostro petto è lo stesso Grande Spirito che soffia la vita nell'universo. Quest'universalizzazione del singolo si avvicina ad alcune riflessioni di Jung che sottolinea l'aspetto terapeutico dell'allargamento della prospettiva individuale verso una dimensione più ampia e universale. I buddisti esprimono l’idea che la realtà ultima, Sunyata (vuoto o vacuo), è un vuoto vivo che genera tutte le forme del mondo dei fenomeni. Lao Tse utilizza varie metafore per illustrare questo vuoto, comparando il Tao a un vaso permanentemente vuoto che contiene un’infinità di cose. Quindi per gli orientali la Divinità è un Vuoto Creatore, il che ci fa pensare al vuoto polmonare, senza il quale non esisterebbero né vita né parola.Il polmone non è un organo in senso attivo, cioè nel senso che fa qualcosa, è piuttosto un luogo o un vuoto. I polmoni non “fanno” la respirazione, appena permettono che questa avvenga (un passaggio dell’ossigeno attraverso le membrane dell’alveolo polmonare). La sua funzione respiratoria è quindi quella di essere un vuoto e niente più, ed è da questo vuoto che nascono tutti i processi vitali! Da questo punto di vista, secondo Gaiarsa, il vuoto creatore sono i polmoni. La respirazione non è soltanto una funzione interna all’organismo; è soprattutto un atto di “relazione”: relazione con il mondo, con l’atmosfera, relazione  con gli altri attraverso la voce/parola, relazione con se stessi."



"Tutti noi soffriamo una dissociazione più o meno grave tra quello che abbiamo appreso dall’esterno, dagli altri, e quello che percepiamo interiormente, quello che in un certo senso “apprendiamo” dalla nostra esperienza non verbale di vita. È verbale quasi tutto l’“insegnamento” che riceviamo dal mondo. Da piccoli ascoltiamo dalle autorità una serie di regole e “verità” a volte molto discutibili, che ci vengono presentate come verità sacre. Queste “verità” hanno a loro favore l’adesione di quasi tutti, che in coro ripetono sempre le stesse cose (Gaiarsa parla di “voce del coro”); essere plasmati da questo insegnamento trasmesso tramite parole, significa perdersi nel collettivo, cioè “vivere secondo i precetti del super-io”. Nello stesso tempo noi viviamo le nostre esperienze di vita, sentiamo, vediamo, sperimentiamo, godiamo e soffriamo sulla nostra pelle, particolari sensazioni, stati d’animo, percezioni corporee alle quali spesso non viene data voce e che quindi rimangono la maggior parte delle volte inconsce. Infatti “cosciente” vuole dire soprattutto verbale; “inconscio” significa principalmente non verbale: sensazioni fisiche, smorfie o contrazioni viscerali, suoni vocali, relazioni e forme che non hanno un nome. Tutti noi abbiamo tratto, da questa esperienza vissuta non verbale, una certa personale filosofia di vita, più o meno inconscia, che si esprime attraverso la nostra voce interiore. Abbiamo però paura di ascoltarla, perché questa voce della nostra esperienza molto spesso  contraddice la “voce del coro” che sentiamo tutti i giorni,  non solo intorno a noi ma anche dentro di noi (interiorizzata), e che è più rassicurante. Abbiamo paura della nostra voce, della nostra intima verità perché diverge dalla opinione collettiva: seguirla ci potrebbe portare alla solitudine o ad essere vittime del pettegolezzo, dell’ostracismo. Le vittime dello Spirito del Coro trascorrono la vita nella continua e penosa sensazione che qualcosa li soffoca, tutta la vita aspettando un momento di respirazione libera, con l’anelito di espandersi e con la paura di farlo; respirare sino in fondo significa abbandonare lo Spirito del Coro e rimanere soli. Nella pratica psicoterapeutica è importante riconoscere la voce dello Spirito del Coro (lo spirito di tutti), secondo Gaiarsa il più pericoloso di tutti i demoni che possono possedere un essere umano. Una volta interiorizzato esso ci “parla” da dentro”, la sua musica è diversa dalla musica della voce autentica. Secondo le differenti intonazioni, modulazioni, inflessioni e ritmo della voce si può percepire “chi” o “cosa” sta parlando in ogni momento."





"Il pensiero come la respirazione può essere volontario, ma generalmente non lo è. Come ci “vengono” i pensieri in testa? Sembra che i nostri antenati, ignorando da dove arrivassero la parola e il pensiero, attribuissero all’aria la proprietà di portarli fino a loro. I nostri pensieri allora “ci arrivano” come la respirazione. “Ci arrivano” attraverso l’aria che inaliamo, generando in noi idee, immagini, poemi… È un processo molto somigliante all’invisibile a cui aspiriamo e che in noi si concretizza in vita. In questo caso si potrebbe dire, con Gaiarsa, che quello che ispira il poeta sia l’aria che lui inspira.Così il nostro vuoto creatore sembra contenere idee, messaggi, trasportati dalla respirazione. Idee, messaggi e pensieri che “ci vengono” in mente dall’aria che inaliamo e che poi escono, tramutate in parole, formate dallo stesso invisibile che ci ha ispirato.  Il “pensiero” quindi galleggia nell’aria, sta nell’invisibile che mi dà vita, se io me ne approprio. È come se ci fosse un grande spirito fuori di noi e un equivalente di questo grande spirito dentro di noi (Jung lo chiama inconscio collettivo) che ci trascende e in un certo senso ci governa, indipendente dalla nostra volontà e dalle nostre intenzioni. Analogamente esistono tante parole dentro di noi quante ne esistono fuori di noi, molte dalle quali aleggiano nell’aria…in attesa di essere pronunciate. Nell’“inspirazione” il polmone viene assimilato alla testa, dove “le idee arrivano” misteriosamente, così come misterioso è lo spirito."


"Per il neonato espirare tutta l’aria è morire, quindi è costantemente minacciato di asfissia e riesce ad evitarla attraverso uno sforzo continuo contro il “collasso dei polmoni” che significa soffocamento e morte. È questo movimento espansivo della muscolatura toracica che in un certo senso “fabbrica” i polmoni. Il movimento respiratorio è eseguito da muscoli obbedienti alle nostre intenzioni e, nel realizzarsi, provoca sensazioni sia nella muscolatura sia nei propri polmoni. È attraverso questo movimento che secondo Gaiarsa, il neonato indifferenziato “si fa ego”.  Il proto-ego del neonato quindi si fa e si disfa a ogni movimento respiratorio. Le sensazioni più fondamentali dell’ego sarebbero quindi quelle di formarsi e fondersi, integrarsi e disintegrarsi. Il timore di lasciare andare l’espirazione “fino in fondo” e quindi “morire” sussiste, secondo Reich, in tutte le nevrosi. L’espirazione è un fenomeno passivo, significa “lasciarsi andare”, è il momento della resa, del “non io”, dell’abbandono,   dell’incoscienza, non viene fatta, ma semplicemente “accade”, mentre l’ispirazione è attiva, è espansione, autoaffermazione, è un “darsi la vita”. Per questo la definizione fondamentale di nevrosi è il controllo, la rigidezza di comportamento, il non lasciarsi mai andare. Il contrario della nevrosi, in termini positivi, sarebbe allora “arrendersi” e “pulsare”, vivere in quanto trasformazione, oscillare sempre tra ispirazione e espirazione, tra creazione e distruzione. Ogni volta che ci vogliamo “controllare”, che non vogliamo fare emergere un’emozione, respiriamo in modo insufficiente fino all’apnea. È trattenendo la respirazione che, già da molto piccoli, iniziamo a controllare le nostre emozioni e i nostri sentimenti.  Dalla libertà respiratoria nasce invece la sensazione di essere vivi, in comunione con il Tutto, e questo vissuto può essere talmente intenso e dilagante che può sfociare persino nel delirio di onnipotenza, nella sensazioni di magia e di potere eccezionale."


"Tutte le scuole di psicologia condividono il valore e l’importanza di vivere e sentire il presente, il “qui e ora” che scaturisce dal contatto profondo con se stessi, con le proprie emozioni. Un’emozione è sempre accompagnata da un’alterazione viscerale e motoria che avviene spontaneamente e molto rapidamente ogni volta che ci troviamo dinanzi ad un ostacolo, una minaccia o una promessa, dinanzi a qualsiasi situazione affettivamente significativa. I primi segnali di emozione/desiderio sono l’accelerazione cardiaca e la variazione respiratoria. Se tratteniamo il respiro, senza l’ossigeno, viene a mancare al desiderio la forza della passione. Le emozioni toraciche sono perciò i segnalatori più sensibili e più veloci della repressione o liberazione emotiva. “Non esiste”, afferma Reich, “repressione senza restrizione respiratoria”. Noi civilizzati respiriamo molto al di sotto delle nostre potenzialità respiratorie, e quindi sentiamo molto meno delle nostre potenzialità emotive. È come se avessimo  perso il contatto con la vita che pulsa dentro di noi. A volte non percepiamo ne’anche di essere vivi e che la  vita è emozione; preferiamo il controllo e la sicurezza. Preferiamo, come sostiene Gaiarsa, la routine, che è “l’incoscienza o la coscienza di ‘tutto uguale’ e ‘sempre uguale’. È la vita a livello automatico. È essere senza percepire. È stare con il cadavere qui e la mente non so dove. È trovarsi a reagire nei confronti delle persone come se fossero altre, o nate per rispondere ai miei desideri e timori… È  un passare senza guardare, un guardare senza vedere, un passare senza percepire e un vivere senza sentire…” . È bello il volto di una persona triste, è vivo e ha una sua pienezza. La tristezza è un’emozione e così come la rabbia ha la sua dignità e autenticità. Qualsiasi emozione (anche un’emozione “negativa”) in un modo o nell’altro ci rende più vivi, più che in quei momenti in cui “non sentiamo niente”. “Se sono vivo, sono quindi emozione, movimento, creazione continua, instabilità totale, incertezza permanente”.


"Qualcosa ci stringe e ci angoscia quando siamo limitati, stretti nelle nostre possibilità di espressione; quando ci vengono imposti modelli, formule o principi, quando è ristretta la libertà. Parole come anelito, struggimento, logorio…significano “un desiderio che non respira bene”, un desiderio “che stringe”, un desiderio imprigionato…un’ispirazione impedita. Come già diceva Freud tutte le aspirazioni contenute così come tutti i desideri che non si realizzano si trasformano in “una stretta”, cioè in ansietà o angoscia. Tutta l’angoscia nasce da un desiderio o da una necessità di compiere un’azione, prendere una decisione o assumere un atteggiamento, che io non compio, non prendo, non assumo; può essere comparata alla situazione di un automobilista che simultaneamente affonda i piedi nell’acceleratore e nel freno. Non posso (o non devo) fuggire, scappare via, piangere, esprimere la mia rabbia o il mio amore. La preparazione organica si blocca, e le contrazioni muscolari e viscerali che accompagnano questa preparazione dell’organismo all’azione si irrigidiscono. È così che nascono le corazze muscolari del carattere descritte da Reich…e il cuore rimane stretto, chiuso, oppresso…e accelera per alimentare una grande risposta organica che non avviene. È questo il fondamento di tutta la patologia psicosomatica. Non conosciamo la causa della maggior parte dell’ansietà e dell’angoscia che proviamo: essa viene rimossa dai pregiudizi."


(...)

"L’educazione diventa qualcosa di perverso quando, invece di controllare il comportamento, si controlla l’emozione: invece di un “non puoi fare…questo o quello”, un “non puoi sentire…”. Ci sono alcune emozioni che “non si debbono sentire”. Come sostiene Gaiarsa “tutti vigilano e controllano tutti…questa è l’ansietà del mondo, quella di tutti e di ognuno”.Esempi di alcune malattie interpretate da Gaiarsa dal punto di vista psicosomatico: ( un’ipotesi che  non esclude altre interpretazioni) Ulcera: (mordere dentro), dato che non posso mordere l’altro veramente.
Cancro: dopo anni di imprigionamento, la persona si fa, si trasforma in prigione. Rinuncia a vivere perché vivere non vale la pena.
Diarrea: “lasciami fare almeno qualcosa…”.
Vomito: “lasciami liberare di questa amarezza, disperazione, voler fare e non poter fare”.
Infiammazione della gola: “Non posso dire ciò che vorrei, né gridare”.
I casi clinici dimostrano che la respirazione può subire alterazioni considerevoli a causa di situazioni relazionali oppressive o esperienze infelici e traumatiche, molte disfunzioni respiratorie croniche hanno questa base. Queste esperienze il più delle volte sono vissute nell’ambito delle relazioni familiari, essendo la famiglia la più frequente e potente causa di stress e inibizioni respiratorie, ambito della “lunga durata” e dal quale molto spesso non si può fuggire. All’interno della famiglia alcuni si esprimono troppo, altri troppo poco e altri ancora non si esprimono mai e vivono in uno stato di apnea perenne.  Secondo Gaiarsa si può e si deve parlare di repressione respiratoria."



"Quando si respira più del solito, l’inconscio guadagna forza ed invade la muscolatura allo scopo di muovere la persona nella direzione del desiderio (anche se paradossalmente molto spesso, nella clinica, si osserva un’intensificazione dell’inibizione). Questa modalità respiratoria agisce in senso contrario a ciò che facciamo abitualmente con le nostre emozioni, provoca un decongelamento emozionale, apre le porte chiuse e libera i vissuti emotivi rimossi, facilitando così non solo il ricordo ma la “ri-esperienza” e il conseguente “scioglimento” delle esperienze traumatiche, l’emergenza degli archetipi, la riattivazione di forme istintive di comportamento. Possiamo dire che, in un certo senso, ciò ci permette di attraversare il tunnel dell’angoscia viva ed uscirne fuori, appunto “rinati”. È impressionante, per chi non ha dimestichezza con certe manifestazioni, l’aspetto di “patio dei miracoli” o “terreiro de macumba” dell’insieme delle esteriorizzazioni dei vissuti che emergono durante questo tipo di esperienza. Alla metodologia iniziale di questo tipo di terapia sono stati aggiunti molti elementi importanti tratti dalla psicologia reichiana. La psicologia di Reich è quella che meglio ci permette di comprendere le manifestazioni osservate quando si respira volontariamente, più del necessario, durante molti minuti, così come il parallelo tra queste manifestazioni e i conflitti inconsci relazionati ai complessi familiari. La sintesi del pensiero reichiano sulla respirazione potrebbe essere così espressa: la più vitale delle repressioni è quella respiratoria e a questa si associano tutte le altre, come se questa fosse il fulcro del groviglio delle nostre catene. Quel che avviene in realtà durante questo tipo di esperienza è un’inibizione dell’inibitore: “é proibito proibire”. Da un lato inibisce tutte le esigenze sociali (la voce del coro, il collettivo) che ci sono impresse nell’anima dall’educazione, e dall’altro potenzia, dà forza al bambino interiore, al primitivo, alla nostra parte istintuale. Forse in certi momenti della vita la salvezza sta proprio nel ritornare bambini, come viene detto in un brano del vangelo. Quindi “disimparare”, liberarci di tutto ciò che ci è stato insegnato o imposto. Educazione nel nostro mondo a volte può significare repressione, controllo, restrizione del movimento, dell’affetto e persino dell’intelligenza. Riassumendo, possiamo dire che, attraverso il respiro, possiamo da una parte ridurre i nostri condizionamenti sociali, il nostro adulto (il normopata, il morto-vivo, come lo chiama Gaiarsa), attenuare la forza delle parole sulla coscienza, e la forza di tutti su ognuno, dall’altra possiamo sperimentare “l’esistere senza parole”, uno dei passi fondamentali della meditazione. Alcuni autori insistono sul raggiungimento dell’estasi o l’illuminazione,  esperienze definite da Grof “transpersonali”. Phil Laut e Jim Leonard, collaboratori di Orr e autori del libro Rinascimento, la scienza del Piacere Totale, affermano: “In verità solo il piacere e la felicità (l’estasi) sono repressi. Basta vedere animali salutari per capire che essere vivo è la felicità, il che rende comprensibile la leggenda del paradiso perduto”. È importante cogliere il significato delle varie posture e modalità respiratorie. Secondo Reich, A. Lowen, Gaiarsa, tutte le posture sono psicosomatiche e sono allo stesso tempo una posizione fisica e  psicologica, un “modo di stare nel mondo”, un “punto di vista”. Il male degli uomini è il “petto chiuso”, rigido, espressione, allo stesso tempo relativa sia alla postura sia ai sentimenti, che esprime, con forza, inaccessibilità emozionale, durezza, implacabilità. Diversamente il petto aperto e i polmoni pieni suggeriscono che “sono pronto per accogliere, espongo il mio cuore, mi abbandono, sono aperto, ho fiducia…”. È essenziale che la muscolatura respiratoria si mantenga elastica. La morbidezza e fluidità respiratoria favoriscono il sentire, il percepire e il vivere le emozioni, le più variate, le più forti e travolgenti e le più delicate.  Essere veramente vivi significa sperimentarsi, aprirsi, esporsi senza timore, interamente al flusso delle proprie emozioni. Siamo abituati a vivere a pezzi, separati dal fluire della vita; divisi dentro di noi e tra noi, siamo abituati alla paura di vivere e di sentire. Saper respirare, essere consapevole della propria respirazione, favorisce il collegamento con la vita interiore, produce un risveglio spirituale e una notevole vivacità dei sentimenti d’amore in senso ampio. Favorisce l’apertura del petto, nel  profondo significato umano di questa espressione."



(dall'articolo di Virginia Salles  a questo link:

 http://www.rivistaartiterapie.it/anno-i-numero-7/82-fame-d%E2%80%99aria-la-psicologia-di-jos%C3%A9-angelo-gaiarsa-tra-il-corpo-e-lo-spirito.html

giovedì 14 marzo 2013

14/03/2013 - L'inutilità del giocare con l'idiozia massmediatica.

La mia prima stroncatura: "Fratto X" di Antonio Rezza e Flavia Mastrella.

Mi piacerebbe poter scrivere che è uno spettacoletto comico da quattro soldi, che non fa molto ridere, accolto da un tripudio di risate e giubili estasiati, da risata televisiva programmata, a comando, automatica, a bacchetta, meccanica, acefala, servile, ubbidiente, isterica, da un pubblico di intellettuali di sinistra e di fighetti alternativi - con la coscienza a posto perchè "Uè, è Rezza!".

Mi piacerebbe scriverlo, e in effetti l'ho scritto. E, in effetti, lo spettacolo è in parte proprio questo.

Tuttavia non sarebbe onesto affermare che lo spettacolo sia solo questo.

Alcune parti dello spettacolo sono un potente, spiazzante delirio grottesco surrealista, felicemente senza senso, oppure una farsa amara dell'assurdo in cui personaggi folli, ma a cui l'essere umano di oggi assomiglia,  si muovono in scene disperate o esasperatamente violente, ma l'insieme dell'azione scenica restituisce una deflagrazione schizofrenica dell'identità e delle interazioni umane, in cui i registri collassano, e nel corso di una scena tremendamente drammatica viene involontariamente d'un tratto da scoppiare in uno sghignazzo disperato, amaro o assurdo.

Fin qui tutto bene.

La reazione del pubblico però è inquietante.

Le risate, forse per incapacità di tollerare l'assurdo in cui tragedia farsa e delirio convivono, sono continue, isteriche, iper-compiacenti, acclamatorie, automatiche, esagerate in maniera spropositata, osannanti, convulse - sembrano in tutto e per tutto le risate televisive programmate e ipertrofiche del pubblico di Zelig, Striscia la Notizia o Drive In - la gente ride come Rezza compare in scena, come apre bocca, qualsiasi cosa dica (per non parlare di quando ripete una semplice battuta) ride di cose tragiche, di cose senza senso che non hanno nessuna comicità ma un semplice aspetto di nonsenso dadaista, più inquietante che comico. Di più: ride quando viene insultata, contenta, quando viene trattata da pubblico coglione decerebrato, quando viene violentata, derisa, umiliata (su tutte la scena peggiore in questo senso è l'ultima) dall'attore-leader-showman-personaggio carismatico di turno - reagisce anzi con un ancora maggiore tripudio festante, inneggiante, una forma di masochismo autolesionista da veri e propri schiavi, scimmiette ammaestrate della società dello spettacolo di massa.

E, fin qui, in un certo senso, si potrebbe accusare il pubblico e la sua idiozia, più che lo spettacolo in sè.

Tuttavia, se l'ultima volta che avevo visto uno spettacolo di Rezza/Mastrella mi era sembrato di trovarmi di fronte a una intelligente forma di riflessione meta-comunicativa sulla società dello spettacolo e la sua decerebratezza leader-centrica, questa volta l'impressione è stata di trovarmi di fronte, per molti versi, a uno dei tanti esempi di spettacolo da baraccone di massa in cui questa decerebratezza viene sfruttata, rafforzata, incoraggiata, inculcata, imposta, eccitata, esaltata.

Il confine fra meta-comunicazione sull'idiozia massmediatica e l'idiozia massmediatica stessa può essere sottile, può essere facile inciampare e scivolare dalla prima verso la seconda.

In questo caso, questo confine viene incurantemente divelto con una leggerezza che rende questo spettacolo identico, per molti versi, alla peggiore tv-spazzatura.

La ragione per cui dico questo, è che se nell'altro spettacolo questo porsi come personaggio carismatico in maniera grottesca, era percepibile chiaramente come una provocazione, e ben riuscita anche, in questo caso il continuo giocare con il pubblico e le sue reazioni isteriche/acclamatorie risulta eccessivo, ripetitivo, banale, scontato alla lunga, autocompiaciuto, la battuta contro il pubblico non serve più a far riflettere e a spiazzare, ma semplicemente a confermare questo gioco idiota al massacro - un gioco facile per il mattatore di turno, in cui ha facilmente il coltello dalla parte del manico, e in cui sembra tautologicamente sguazzare felice - sembra non più una provocazione ma una effettiva, semplice, banale, inutile affermazione dell'ego dell'attore, così come in politica fanno Berlusconi e Grillo o in televisione, chessò, Pippo Baudo (non so, esiste ancora Pippo Baudo?).

Mi chiedo che senso, anzi, che non-senso, abbia tutto questo, e rimpiango di non essere rimasto in casa a vedere per la seconda volta Dove sognano le Formiche Verdi, un film fatto sostanzialmente di silenzi.






 P.s.: Ho scritto questo articolo a caldo, sotto l'effetto di una reazione di notevole fastidio. A freddo, mi sento di dover ribadire quanto già detto verso inizio articolo: numerose scene dello spettacolo sono comunque d'un surrealismo molto efficace.

E non solo, anche ricco di spunti di riflessione.

Spunti che si potrebbero riassumere con queste domande:

Chi è chi?

Chi è cosa?

Noi siamo chi?

Cosa è noi?

Chi parla in noi quando parliamo?

Cosa afferma qualcosa quando affermiamo qualcosa?

Chi agisce quando agiamo?

Chi ride in noi quando ridiamo?

Chi, o che cosa, pensa?

Parliamo, agiamo, ridiamo e pensiamo in maniera libera, autentica, spontanea, autonoma, o per paura, conformismo, costrizione, un essere mossi meccanicamente da forze estranee manipolatorie più che un agire o un pensare o un dire?

Di più: il pensiero è possibile?

E' possibile, in assoluto, un pensiero realmente autonomo, libero, autentico, spontaneo - che non sia quindi semplicemente la copia di cose diverse prese a prestito qua e là?







Oppure, il vero, reale, autentico pensiero nasce dalla assurda, contraddittoria scoperta dell'impossibilità di sè stesso?





"Le contraddizioni contro cui urta lo spirito: sole realtà, criterio del reale. Nessuna contraddizione nell'immaginario. La contraddizione è la prova della necessità." (Simone Weil)




 

La contraddizione, insolubile, l'impossibilità di affermare una cosa qualsiasi, di formulare un pensiero credendoci, di avere un'opinione, una posizione su qualcosa, l'impossibilità di pensare, perchè pensare è fare da portavoce alla voce delle auctoritates, dei leader, dei geni, dei grandi, di chi ci sembra in grado di pensare, lui sì (mentre in realtà è nelle nostre stesse condizioni) - questa chiara e assoluta impasse, l'impossibilità di uscirne, l'impossibilità di costruire un pensiero che non sia solamente una parziale, relativa, soggettiva, presa a prestito, enfatizzazione di alcuni aspetti del reale rispetto ad altri, non percepiti - questa impossibilità, restare dentro questa impossibilità ci permette forse di sperimentare un pensiero libero, non schizofrenico, autentico e proprio perchè vuoto, senza centri di gravità, senza nessun appiglio, nel precipizio, nell'abisso. In questa lucida vertigine, qualcosa che possa essere un effettivo, reale pensiero non-appiccicato a simulacri pre-esistenti compare, nasce, vive, si espande.




A me rimane, dopo questo spettacolo, l'esigenza, la voglia, il bisogno di sottrarmi, abdicare al gioco al massacro degli scontri opinionistici, abdicare all'opinione, al gridare, all'affermare, al criticare, al giudicare, all'analizzare, all'esternare, all'attaccare, all'imporsi, sottrarsi al gioco folle del parlare l'uno sull'altro (con la voce dell'altro magari) e divorare prima di essere divorati tipico della nostra società liberista. Però sottrarmi anche al rumore di ogni polemica, anit-liberista, anti-politica, anti-anti-politica, anti-rezza, anti-qualsiasi cosa, anti-anti, etc....
sottrarsi, rinunciare, tacere, togliere, rilassarsi, lasciar stare, lasciar perdere, lasciare, lascia, lasciar perdere di ridere, entusiasmarsi, disperarsi, giubilare, fare il tifo, mutilarsi, inveire, insultare e obbedire ciecamente.

oscurarsi,











  (e abbassare il volume, mormorare, e sorridere di più, è primavera)



Figura antitetica, tratta da Hypnerotomachia Poliphili, libro del 1499.





P.p.s.: Chiedo scusa se nella prima parte dell'articolo posso essere risultato offensivo per qualcuno. Mi riferisco ai giudizi sul pubblico. Prendete ciò che ho scritto con le pinze. Sono semplicemente delle provocazioni, dallo stile estremamente virulento perché scritte in un momento di forte vis polemica. Alla fine, la reazione a uno spettacolo è la cosa più soggettiva di questo mondo, e io non sono nessuno per giudicare, attraverso la mia personale soggettività, la soggettività degli altri.
 

mercoledì 20 febbraio 2013

Da "Psicologia di massa del fascismo" di Wilhelm Reich.

"Secondo il significato caratteriale "il fascismo" è l'atteggiamento emozionale fondamentale dell'uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanistico-mistica della vita. Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea i partiti fascisti e non viceversa. (...) Le mie esperienze analitico-caratteriali mi convinsero invece che oggi non esiste assolutamente nessuno che non porti in sè gli elementi del modo di pensare e sentire fascista. Il fascismo come movimento politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene sostenuto e diffuso dalle masse umane. Mi rendo perfettamente conto dell'enorme responsabilità che deriva da simili affermazioni. Augurerei, nell'interesse del nostro mondo tormentato, che le masse lavoratrici si rendessero conto con altrettanta chiarezza della loro responsabilità per quanto riguarda il fascismo. (...) Poichè il fascismo si manifesta sempre e ovunque come un movimento sorretto dalle masse umane, tradisce tutti i tratti e tutte le contraddizioni della struttura caratteriale delle masse umane: non è, come si crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie.

Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di "andare a fondo a tutte le cose" ("radicale" - "radix" - "radice") e di migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità.

Il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. (...)
L'ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell'uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell'ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. (...)

La mentalità fascista è la mentalità dell'"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un'autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell'ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma del fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. (...)

Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando l'amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
(...)

Ciò che è vivo non può "prendere il potere con la violenza" perchè non saprebbe che farsene del potere. Forse questa conclusione significa che la vita sarà per sempre vittima e martire del gangsterismo politico e che il politicante continuerà a succhiare per sempre il suo sangue?
Questa conclusione sarebbe errata."

(Wilhelm Reich, "Psicologia di massa del fascismo - Come nasce e perchè si diffonde il misticismo organizzato", evidenziazioni in corsivo mie)