di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

martedì 4 settembre 2012

a tratti percepisco tra indistinto brusio -



Dove c'è conoscenza, ci sono credenze. Dove ci sono credenze, non c'è amore, né realtà, né verità, nè vita.

Dove c'è conoscenza, c'è desiderio, volontà di modificare, realizzare qualcosa, raggiungere qualcosa, risolvere, costringere, concludere, chiudere, imporre, manipolare, definire, dominare, domare, arrivare a, essere qualcosa, dimostrare qualcosa. Aspettativa. Volontà che sia in un qualche determinato modo - affezionamento a questo desiderio e a questa aspettativa di conformità del reale al desiderio. Affezionamento a un essere, a un modo di essere, a una identità. Una immagine che proietto e espando imperialmente sul dato, casuale. Costringendolo nella mia idea. Avere idee o credenze o nozioni o conoscenze è aggraparmi a un simulacro, scelto a caso o imposto dalle condizioni esterne, dentro cui rifugiarmi, appartarmi, isolarmi dalla realtà nella sua nuda semplice caotica vuotezza, datità, gettatezza, per sentirmi al sicuro. Una casa, un nido, una camicia di forza per lo spirito.


Dove compaiono amore, realtà, verità, vita che straripa dalle categorie - non ci sono credenze né conoscenza.

(sono concetti di Jiddu Krishnamurti riformulati in gran parte usando parole mie e in parte da me interpretati ) -


e con l'attaccamento al non attaccamento come la mettiamo?

e con la fede nell'inutilità di ogni fede e credenza?

con il conoscere che è inutile la conoscenza?

l'assenza di ogni tipo di credenza non è un tipo fra i tanti di credenza?

è possibile non avere fedi?

è utile?

è utile - per esempio nel caso dei seguaci di J. Krishnamurti - avere una ideologia del non avere nessun tipo di ideologia?

e le credenze per il solo fatto di comparire e affermarsi nella mente non hanno una loro realtà (e forse un loro valore)?

muoiono tutti gli idoli - tutte le verità assolute, religiose, politiche, ideologiche, metafisiche.

cosa resta?

tabula rasa? realtà scrostata da ogni illusione?

O forse simulacri, illusioni che non hanno più lo statuto di verità assolute, certezze sistematiche, ma non per questo perdono la loro forza, anzi. Se tutto è simulacro, immagine, semplice convenzione - dove a un contenuto si può sostituire un qualsiasi altro contenuto perché qualsiasi cosa può essere vera o falsa - i simulacri non sono smascherati, ma diventano sempre più potenti - perché sono tutto ciò che è rimasto.


Ma in questo gioco di specchi, a tratti compare, si vive qualcosa di inedito che per intensità, semplicità e bellezza spezza gli ingranaggi di quell'orizzonte esistenziale limitato, arroccato, solo mentale e ripetitivo in cui siamo soliti rifugiarci - per paura della libertà, direbbe Krishnamurti.


Ecco, questa è una cosa in cui credo: l'inesauribile, irriducibile, imprevedibile, incontenibile ricchezza del reale.


(ps: il titolo è una citazione dalla canzone dei Csi "A tratti")