di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

martedì 23 ottobre 2012

"MA CHISSENEFREGA!!!!!"

Ho imparato sulla mia pelle che, in certi momenti, l'unica possibile risposta sana e vitale è imparare a dire "Maccchissenenefrega!!!!!!!".

E' una strategia mentale non solo utile ma indispendabile, soprattutto per chi scandaglia i fondali della verità. Non si può restare per troppo tempo a contemplare un  abisso.

Il desiderio di esprimersi è insopprimibile nell'essere umano, e per fortuna!

Perciò, in barba a nichilismo e società del'automatizzazione tecnica, dico "Chissenefrega!!!!" e posto 'sta roba.

E' un mio quadro di quest'estate.

Diogene senza l'anima?, Luna impazzita blu in campo verde, tecnica mista su cartone, 2012.








Foto realizzate da me e dalla mia ragazza (Felpata Fanny) di un mio quadro, riprodotte in base alla licenza Creative Commons che prevede, in caso di riproduzione delle opere:

1. l'obbligo di citare l'autore (e il link del post su questo blog);
2. il divieto di utilizzo commerciale;
3. il divieto di modificare una mia opera o di crearne un'altra a partire dalla mia.




In più, chiedo a chi volesse riprodurre mie opere o opere della mia ragazza Felpata Fanny - indicata anche come Sacrilegio (vale per tutte le mie o sue opere presenti su questo blog) di comunicarmelo, e chiedermene il permesso. Nel 99,9% dei casi verrà senza problemi accordato.

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Le foto non riproducono benissimo i colori, ma danno un'idea.

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Colonna sonora:






Mi chiedo se possa esistere una modalità espressiva all'interno di un blog, che possa sfuggire alle maglie tritacarne-tritapensiero del pensiero binario.


mah. blog e social network ("rete di lavoro sociale" non è una buona traduzione ma rende bene) continuano a sembrarmi dei pianeti alieni incomprensibili e inospitali. a prescindere dai contenuti, mi sembra che i codici binari divorino qualsiasi cosa nella loro onnivora ansiosa fame di sterilizzazione appiattente trasfigurando tutto in automazione, in catena di montaggio. Evoluzione della comunicazione? Sarà. Io personalmente non mi sono ancora abituato neanche alle mail.

lunedì 15 ottobre 2012

Esibire le atrocità - e - percepire la Bellezza (quasi un proto-abbozzo di manifesto artistico-poetico).


                                                   "Sì, in me, e fuori, vertigine e tenebre.
                                                             Ma in me e fuori
                                                             tanto frutto e vittoria di colori
                                                             che, se anche vuoto

                                                             il mio capo giace sulla pagina
                                                             che reca l'altra luce della luna,
                                                             anche se il cuore turbato ne sente
                                                             le alte porte cadute, ah, tu, clemente
                                                             di fontane, di selve sempre gemmea
                                                             mia terra, tu di crisantemi
                                                             folta, tu che scemi
                                                             in un circolo esile di sogni
                                                             e di sospiri,

                                                             del tuo latte mi sazi, mai sazio,
                                                             e mi riarmi di tutto il tuo spazio
                                                             cui giustamente dà fiore la luna
                                                             nota, e l'altra che ora
                                                             di sé svelata le menti innamora."

                                                                                             (A. Zanzotto, da Palpebra alzata,    
                                                                                              contenuta in IX Ecloghe)




Questo articolo vuole, fra le altre cose, essere una risposta - solo parzialmente polemica - all'articolo "La mostra delle atrocità - James Graham Ballard" di Ettore Fobo - il quale è una recensione dell'omonimo (post-)romanzo di Ballard e anche una riflessione sul destino del romanzo contemporaneo.


L'articolo è molto interessante, perciò rimando direttamente ad esso, sul blog di Ettore Fobo:

http://ettorefobo.blogspot.it/2012/10/la-mostra-delle-atrocita-james-graham.html


Faccio qui soltanto una sintesi brevissima del punto della questione.


"Ha ancora senso il romanzo, come opera artistica, oppure esso è diventato puro consumo 


di storie inutili e di personaggi ridotti a cliché logorati dall'uso?"

Si chiede Ettore Fobo.

"Io personalmente penso che il romanzo oggi conservi la sua potenza espressiva solo nel 

tentativo di superarsi e di deformarsi.", continua.



Il romanzo, nella sua forma classica ottocento-novecentesca (ma proprio nel novecento
 
questa forma è entrata in crisi, pur seguitando a dare alcuni isolati straordinari risultati)


è morto. Seguitano su quella strada, sostiene Fobo, solo gli scribacchini.

Il romanzo invece è vivo, secondo Ettore, nel momento in cui "interroga la forma romanzo e

la porta consapevolmente al limite", "riscrivendo il modello di romanzo a cui siamo 

abituati", frantumandolo, "superandolo criticamente", disintegrandolo e ricomponendolo in
 
nuove impensate forme attraverso la sperimentazione.



O, almeno, l'esempio in questione, il libro di Ballard, sicuramente è (stando all'articolo: io 

non l'ho letto perciò sospendo ogni giudizio) una forma estrema di disintegrazione e 

ricomposizione sperimentale della struttura e della stessa sostanza del romanzo.

In questo (post-)romanzo, stando all'articolo, la stessa narrazione unitaria, la stessa storia

come anche l'identità del protagonista, che cambia continuamente insieme al suo nome,

collassano in una disgregazione schizofrenica, che è al tempo stesso una sperimentazione 

stilistica che decompone i modelli letterari prestabiliti, e una testimonianza della 

disgregazione nichilista della società "pornografica" e implosa, dalle certezze frantumate, in 

cui viviamo.







Fin qui l'articolo sul blog Strani giorni.



Ma io voglio portare un contro-esempio.






Nel 2011, a 83 anni, Guido Ceronetti scrive In un amore felice, suo primo romanzo.


Lo sto leggendo.

Non ha niente di sperimentale. E' un romanzo classico. La scrittura è cesellata con 

dettagliata precisione lirica, come un manoscritto miniato intarsiato di elaboratissimi 

iper-particolareggiati geroglifici, ora divenendo vera e propria poesia in prosa, ora scorrendo 

rapida ad incalzare e sostenere il ritmo della storia. E la storia, nel complesso, appunto 

scorre, è avvincente, appassionante, la si divora, la segui col fiato sospeso volendo sapere 

cosa succede dopo, come si addice a una "semplice" storia, come si addice a un romanzo 

classico, come si addice a un bel romanzo.

E' "semplicemente" una storia d'amore (nonostante tutto, nonostante il mondo, 

estremamente ottimista); una "semplice" storia di fantascienza, con tanto di alieni, 

suspence, misteri da svelare; ma anche un romanzo filosofico, filosofico-poetico, 

fantascientifico-simbolico, filosofico-ermetico.

Uno sguardo sull'Enigma senza soluzione della vita e dell'Universo.

Eppure lo sto leggendo con la stessa immedesimazione immediata, emozionata, con la 

stessa trepidante partecipazione con cui da bambino leggevo Salgari o il Ciclo della 

Fondazione di Isaac Asimov.

Non posso che sospendere il giudizio perché non l'ho ancora finito, ma per il momento mi 

sembra un romanzo stupendo, una storia avvincente e semplice nel suo sviluppo

coinvolgente, come per un bambino la fiaba - seppure trascini con sè e ponga sul tavolo 

questioni filosofiche e spirituali profondissime, dentro il mistero delle quali scruta con 

sapienza abissale. Ma lo fa con una storia d'amore, una storia di fantascienza che nel suo 

sviluppo è, dal punto di vista narrativo, estremamente classica.



E se ciò che avesse esaurito i suoi giorni fosse invece lo sperimentalismo d'avanguardia 

novecentesco, con la sua famelica ansia - certo nel novecento necessaria e vitale - di 

sovvertire e distruggere a tutti i costi regole e codici?





Ho visto di recente Lisbon Story di Wenders.



Uno dei personaggi, regista cinematografico, andato a Lisbona per girare un film sulla città 

con una cinepresa a manovella dei primi del novecento, gradualmente mentre comincia le 

riprese sente che ciò che sta facendo non ha senso: le immagini non catturano nulla della 

città. La città invece sembra ritrarsi, quasi ferita, di fronte allo sguardo della sua cinepresa. 

Perciò decide di abbandonare il suo progetto originale, e optare per quella che gli sembra 

l'unica maniera di preservare uno sguardo "puro", un'immagine "pura", nell'età della 

compravendita delle immagini, del consumo onnipresente delle immagini, della diffusione 

massificata onnipresente dei video e delle immagini, della stereotipizzazione banalizzante, 

meccanica e depauperante - pubblicitaria, televisiva, holliwoodiana - delle immagini e delle 

storie raccontate per immagini.

Questo progetto registico alternativo consiste nel mettersi una videocamera nascosta dietro 

le spalle e girare a piedi per la città, senza pensare alla videocamera, dimenticandosene, 

senza scegliere cosa riprendere né successivamente selezionare il girato - e infine - arriva a 

questa conclusione: le immagini prodotte dalla videocamera, per restare "pure", non

dovranno essere mai guardate da nessuno. Neanche da lui. 

Forse in una lontana era futura qualcuno le avrebbe guardate come misteriosi, 

incontaminati reperti archeologici del nostro tempo.

Il protagonista, fonico cinematografico, arrivato a Lisbona per lavorare con lui al primo 

progetto (cioè per fare i suoni al film "muto" girato con cinepresa anni '20), dopo alcune 

settimane passate a cercarlo inutilmente (ormai il regista vagava giorno e notte per le 

strade con la sua videocamera dietro le spalle) e a registrare suoni di tutti i tipi per le strade 

della città, alla fine lo trova e riesce a convincerlo a tornare a lavorare insieme a lui al primo

progetto.

Gli dice - registrando la sua voce sul nastro di una videocassetta: "il cinema è ancora in 

grado di raccontare attraverso le immagini storie che commuovono." (più o meno, non sono 

le parole testuali).


Storie.


Immagini.


Due delle cose che la letteratura e l'arte del novecento hanno coscientemente distrutto - 

perchè le percepivano come una fetida gabbia stantia ormai putrefatta.


Warhol ha girato nel 1964 un film, Empire, consistente in una inquadratura fissa in bianco 

e nero, in slow motion, dell'Empire State Building di New York - neanche tanto bella, quasi 

inquadrata a caso, o comunque senza nessuna ricerca o pretesa estetica - della durata di 

8 ore e 5 minuti.


Tutta l'arte contemporanea ha distrutto le immagini, la bellezza in immagini, l'arte 

rappresentativa, prima, poi anche la bellezza astratta, perché nel deserto nichilista in cui 

viviamo, nella società dei consumi in cui viviamo, dove tutto è prodotto pubblicitario 

riproducibile in maniera massificata, le ha percepite come false.


Fontana ha squarciato le sue tele, e quale potenza espressionista, quale tragica forza emana da quelle tele!


Esprimono lo squarcio del presente, il niente del deserto, la morte di Dio, il silenzio angosciato dell'assenza di risposte, il mistero assoluto di fronte al quale non abbiamo punti di riferimento.

Gran parte della letteratura del novecento ha fatto lo stesso con i modelli letterari, ma anche proprio con il concetto di storia, con le storie, con la narrazione.

L'esempio più divertente (che coinvolge stravolgimento di narrazione, di struttura, perfino della lingua, della grammatica, dell'ortografia e del vocabolario) è I fiori blu di Queneau: un capolavoro post-surrealista di puro gioco linguistico, puro nonsense, dove storia e significato scompaiono nel puro piacere divertito, gioioso, della glossolalia narrativa.
Ma anche Se una notte d'inverno un viaggiatore di Calvino (che però in realtà sembra esprimere una grandissima passione, e una grandissima nostalgia, per le storie).

Esempi estremi, fra gli altri, sono le varie sperimentazioni letterarie che prevedono la possibilità di leggere le parti di un romanzo in ordini diversi, casuali o decisi dal lettore (per esempio Composizione n. 1 di Marc Saporta è un romanzo - come altri romanzi sperimentali - in cui le pagine sono sparse e non hanno un ordine: il lettore decide in quale ordine leggerle).

La musica ha fatto lo stesso con la melodia e l'armonia, prima con la dodecafonia, che ha fatto a pezzi l'armonia e la melodia classiche, fino ad arrivare a Cage e Stockhausen, che teorizzano il rumore casuale come musica.

Imaginary landscape no. 4, del 1951, è una composizione di Cage per dodici radio. Ogni radio è controllata da due esecutori, uno sintonizza la frequenza, l'altro cambia il volume, seguendo le indicazioni della partitura. I risultati sono sempre differenti e imprevedibili.
Nel 1952 invece Cage compone 4'33”, composizione per qualsiasi strumento. L'opera consiste nel non suonare lo strumento.
Battiato, nel '78, compone un pezzo per piano, L'Egitto prima delle sabbie, che consiste nella ripetizione di una rapida scala - sempre uguale. Varia solo l'intervallo di pausa fra le scale identiche e gli effetti di risonanza dovuti all'uso dei pedali. Fra l'altro è un brano bellissimo, pur non avendo in pratica una vera e propria melodia riesce ad avere una grandissima evocatività lirica.

Il Dadaismo mette una ruota su un piedistallo e il Nuovo Realismo degli anni '70 usa la realtà come materiale artistico, per esempio strappando pezzi di cartelloni pubblicitari per riappiccicarli in maniera creativa, o rivestendo monumenti di teli di plastica.
Warhol fa arte con le foto di Mao, colorandole di fosforescenti toni pubblicitari.
Un'altra opera di Warhol, Oxidation Painting, del 1978, è una tela verniciata su cui Warhol e amici hanno urinato, producendo ossidazione e quindi cambiamento di colore nei punti colpiti.

Tutto è arte.

Anche i barattoli di salsa Campbells.

(E anche la merda d'artista, commenterebbe sarcastico Piero Manzoni).

Tutto è arte.

Non solo ciò che è stato tradizionalmente codificato come tale e come "bello" secondo canoni di bellezza ormai percepiti come decrepite illusioni cadaveriche.

L'Arte esce dai musei, diventa per esempio performance, ma distrugge anche consapevolmente modelli estetici percepiti come finti e asfissianti, o comunque superati, morti. Ma facendo questo ha forse ucciso, o contribuito ad uccidere, la Bellezza. O quantomeno, non l'ha resuscitata.

Alla stessa maniera, anche il Rumore è musica, e un grattacielo ripreso per otto ore con inquadratura fissa è cinema (o arte, cambia poco).

Per quanto riguarda invece la narrazione cinematografica, la trama dell'angosciante capolavoro di Antonioni Blow Up consiste tutta nell'indagine del protagonista sull'irrealtà della realtà, l'irrealtà dei fatti, l'irrealtà e la disgregazione quindi anche delle storie.

Anche in poesia i canoni sono sovvertiti, la stessa musicalità dei versi è spesso avvertita 

come obsolescente, dai futuristi alle cose più sperimentali di Zanzotto è tutto un continuo

rompere, spaccare ritmi conosciuti, dilaniare le melodie classiche del verso per ottenere 

una lirica che sia una secca ma autentica testimonianza della vita contemporanea, della 

vita nelle "giungle delle città d'asfalto".



Le immagini sono false, le storie sono false, l'armonia e la melodia sono false, le rime sono 

false.


Sono tutte varianti della morte di Dio, espressioni del deserto di vuoto siderale in cui 

esistiamo.


Eppure, le storie davvero non sono più possibili?


Certo, sono da reinventare, ma davvero le storie e i romanzi, le storie-storie, con una 

narrazione coerente e unitaria, con protagonisti-personaggi-trama-sviluppo-ostacoli-

antagonisti etc... sono morte?



Il romanzo-romanzo di Ceronetti, voce antica, voce vecchia, voce inattuale, promette 

decisamente bene.

 Alla stessa maniera in cui Lisbon Story, pur reinventando il cinema, pur essendo 

decisamente innovativo e originale, anzi decisamente - in tutto e per tutto: strano, anche 

estraniato, enigmatico - a tratti alienato e alienante - eppure nonostante questo è un film

classico e un omaggio al cinema classico, una avvincente storia per immagini, anche se

non succede quasi niente. Ha la freschezza, la purezza, la vitalità, la bellezza 

del cinema dei primordi e di quello dei grandi maestri classici come Fellini, a cui il film è 

dedicato.

La fotografia di Lisbon Story è fatta di straordinari dipinti.

Nel film non succede quasi nulla, eppure l'effetto di identificazione con la storia (per 

quanto sui generis), col protagonista (in certi momenti ti sembra di essere lì a Lisbona) è 

perfettamente riuscito.














Forse, chiunque oggi si dedichi a creare Arte, cinema, Poesia, Musica, letteratura, ha il 

compito - non più di distruggere statici codici ormai trapassati nell'inutile - questo è già 

stato fatto - e ampiamente anche - ma di ricostruire, reinventandole, storie, versi, immagini, 

melodie - che sappiano essere testimoni della verità viscerale di chi le crea e del tempo in 

cui vive, con i suoi orrori, le sue atrocità, la sua assenza di senso, la sua grottesca 

assurdità - ma che sappiano anche di nuovo riconvocarci al luogo meravigliato 

del dovere più grande: percepire la Bellezza.





Post Scriptum: 


Del resto il caso di Ceronetti non è certo l'unico.



Per esempio, Haruki Murakami ha scritto negli ultimi decenni diversi eccezionali romanzi.

Il migliore, fra quelli che ho letto, è sicuramente L'uccello che girava le viti del mondo.

Capolavoro di "realismo magico", o meglio forse quasi "realismo fantasy", è un'epopea 

fantasy che si svolge quasi tutta nello stesso quartiere residenziale di Tokyo negli anni '80. 

Elementi magico-fantastici scivolano gradualmente e in maniera all'inizio impercettibile, poi

completamente naturale e credibile nelle tranquille giornate routinarie di un disoccupato 

giapponese. Vicende fantastiche, che in realtà paradossalmente non si allontanano mai 

veramente dalla realtà quotidiana - con valori simbolici psico-esistenziali, storico-culturali 

(relativi al Giappone contemporaneo) e filosofico-metafisici profondissimi - ma che sono 

innanzitutto avventure, storie coinvolgenti come narrazioni mitologiche - un'odissea 

contemporanea, un percorso in cui il protagonista affronta prove iniziatiche e faticosa 

conquista di sé come in un racconto cavalleresco medievale, una fiaba o una leggenda 

tradizionale.


Un'altro esempio è Neil Gaiman, che, dopo aver scritto Sandman (il Signore del Mondo


dei Sogni, l'unico mondo dove le Storie - nella accezione più tradizionale e archetipica - 

hanno ancora un senso e un valore magico), il fumetto con valore letterario più grande che 

io abbia letto - si è dedicato negli ultimi vent'anni ai romanzi, sia per ragazzi che per adulti.

Io ho letto uno di questi ultimi, Nessun dove.

Anche qui una specie di realismo magico o fantasy.


Universi paralleli coesistono a un passo dal - o dentro al - nostro.


Universi fantastici abitati da simbologie sociologiche e psicologiche, ma innanzitutto da 


storie, sogni, avventure mirabolanti che sono il contraltare della normalità e della piatta 

quotidianità borghesi.

Anche qui un universo magico-fantastico, mitologico, che in realtà non si allontana dalla 


realtà di tutti i giorni, si nasconde fra le sue pieghe, nei suoi angoli bui e nascosti - 

dimenticati.

Le storie di Gaiman sono come il racconto divertito di dei ubriachi o folletti ridanciani - o 


versioni post-moderne di dei e folletti - che ti fanno capire segreti e verità eterne con un 

motto ilare o uno scherzo ben riuscito - dotati di uno sguardo superiore e quindi distaccato 

sul mondo umano, ma contemporaneamente estremamente benevolo e affezionato agli 

esseri umani.

Le vicende vissute dai personaggi di Murakami invece sono più degli incomprensibili 


inquietanti frammenti di enigma, di cui sfugge lo scopo e il senso, ma attraverso le cui 

impenetrabili nebbie si intuiscono comunque sprazzi di significati e di disegni superiori, una 

guerra epica fra Bene e Male su di un campo dove si sono perse certezze metafisiche e 

esistenziali, ma nel buio del quale - anche grazie all'aiuto di strani personaggi-alleati

e di bizzarre, inspiegate coincidenze magiche - si riesce comunque a fiutare la buona pista 

della direzione da prendere per realizzarsi.




Insomma, più ancora del romanzo - nella sua determinata forma storicamente data, di 

matrice ottocentesca - che comunque secondo me ha ancora moltissimo da dire - ciò di cui 

più mi preme sottolineare il valore attualissimo, urgentevivo - è la magia delle Storie, nella 

loro dimensione eterna e archetipica - certamente molto più presente nel romanzo di 

Ceronetti o in quelli di Murakami o di Gaiman, che non in esperimenti principalmente 

intellettual-letterari, figli di una crisi culturale che - anche se profonda, radicale, viscerale, 

sconvolgente, e plurisecolare - è solo un brevissimo incubo destinato ben presto a essere

dimenticato - se rapportata all'Eternità dell'Essere, come scriveva nel 1952 Ernst Jünger.






















http://www.youtube.com/watch?v=o5aBg0CZSJ0&feature=related






http://www.youtube.com/watch?v=mk-gVBmUZJ0