di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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sabato 26 ottobre 2013

Proverbi dal futuro (o da antiche ere passate).

Chi va lontano, va sano e contromano.

Tanto cresce l'erba nel prato, che mi ci sdraio.

Tanto vanno i gatti nella notte a zonzo, che esco anch'io.

Can che abbaia t'aiuta a non demordere.

Can che abbaia morde la sfortuna.

Can che non abbaia è depresso.

Can che è depresso, aiutalo a mordere la morte!

Can che t'ama, che t'ama a fare  se non sei anche te un po' n'animale?

Passato passa, futuro fugge, presente non sa niente.

Lascia stare la gatta che va al lardo: ti benedirà col suo zampino.

Musica non mente. In vino musica. Buon sangue scongiura la mediocrità fetente.

Niente scompare. Se vuoi scampare alla morte, tracanna questa verità e abbandona il niente.

Sincronizza il tuo orologio interiore con la pulsazione del ritmo del cuore della Terra. Arriverai sempre in tempo.

Chi incontra un nano, e va piano e lo saluta, e non muta, e muta il suo accento in allegria gentile, e non mente, e organizza la sua mente in nuove dimensioni, e non s'incanta in paranoie stantie, e s'incanta davanti al suo cane, o a un gatto randagio o a un cielo prodigio, inganna la morte, e va sano e lontano.


lunedì 14 ottobre 2013

LETTERA A MADRE TERRA






Terra, Madre,

ti scrivo questa lettera perchè è tanto che non parliamo.






Mi è presa una nostalgia folle di te, del tuo corpo,

dei tuoi odori,

una smania di mangiare pane e fichi selvatici,

correre nell’erba,

rotolarmi in un prato,



sentire sentire che ci sei ancora, che ancora esisti,

che ancora il tuo cuore batte sotto di noi, attorno a noi,

che ci abbraccia,


che ci accarezza, che non ci odi tutti quanti,

che hai ancora hai ancora frutti per noi, frutti di amore,



di bellezza di pianto di allegria, di pienezza,



di materia, di vita,

che non ti hanno ancora uccisa,



che respiri,

che respiri ancora dentro ognuno di noi,





 

che canti, che ridi, che soffri, che speri, che gioisci, che parli, che t’innamori.









Ho bisogno di immergere le mie mani

nella tua terra,


ho bisogno di materia, di materia non quella no non quella però colorata-plastificata-codificata-
                                                       [etichettata



Prevedibile-meccanica-robotica-virtuale

Perfetta-confezionata-incellophanata-piana-asettica-lucida-stroboscopica-industriale






quella fango e germogli, foglie sassi erba corteccia humus rami fiori



quella con vermi, con locuste, con larve con

coccinelle con talpe con formiche con porcellini


d’india con lumache con lucciole con radici con emozioni con istinti





feroci con amore con amore di pancia, con amore vero, con





amore di viscera, con amore bestiale, con essere, essere,




con essere, ho voglia

 

di smettere di pensare,

piantarla di strapiroettarmi fra apparenze e parole

e immergermi

nel tuo cuore

nella tua materia viva,

nel tuo essere abissale,

nel tuo cupo cantare mormorante,



nella tua pancia taumaturgica




nella tua caverna oscura infinita



cavità apotropaica di Dea-della-Vita,




cuore-centro-della-vita,



centro-di-essere,



vita vita vita vita



che ama



altre forme di vita,


in una rete-della-vita,




di alleanze pre-logiche




in cui risprofondare





in arcaiche, antiche, oscure








pre-mentali assolutezze ctonie di co-essere.







                                                      (Diogene senza l'anima?)










sabato 7 settembre 2013

SE NON-


"SE NON RESPIRI IL CORPO MUORE; SE NON AMI, MUORE L'ANIMA." (OSHO)






AGGIUNGO: SE NON MUOVI ALMENO OGNI TANTO IL TUO CORPO AL RITMO DELLA MUSICA, MUOIONO SIA LA MENTE CHE IL CORPO!











https://www.youtube.com/watch?v=sgMAmkVtug0



















martedì 13 agosto 2013

Su donu.



"Una leggenda sarda, molto suggestiva, attribuisce a Dio lo strano nome di Eu-su-primu-cantende, Io-il-primo-che-canta, stabilendo esplicitamente un legame diretto tra il canto e l'atto divino della creazione."



                                                                     (Michela Murgia, Viaggio in Sardegna)

"Dopo aver parlottato e sputato al centro del cerchio per un paio di minuti, attaccavano il preludio con una specie di accompagnamento cupo: un suono come di cornamusa, con un tocco di calore profondo; a volte mi ricorda il suono dell'organo in chiesa. Dopo un po' il solista sembrava aver trovato l'ispirazione e cominciava la canzone vera e propria. In genere era un baritono o un tenore, con una bella voce vibrante. Ma tra i sardi la voce, per quanto apprezzata, non è la cosa più essenziale. Il cantadore deve possedere prima di tutto su donu, quel qualcosa che gli consente di trascinare gli altri quando è portato dallo spirito della canzone."

                                   (Amelie Posse Brazdova, Interludio di Sardegna, citato nel libro della Murgia)
















venerdì 22 marzo 2013

W. Herzog: Dove sognano le Formiche Verdi-

Un film sul Silenzio.

Il Silenzio della Fine.

Il silenzio del Deserto, della Terra spaccata dalla nostra dinamite, dai nostri ascensori, dai nostri supermercati, dai nostri cellulari, dal nostro rumore, dalle nostre chiacchere inutili.

Il Silenzio della Terra, che si prepara a deflagrare per annientare i suoi carnefici.

Il Silenzio delle Formiche Verdi, che hanno smesso di Sognare, e, sveglie, volano a sciami enormi, giganteschi, oscurando il cielo, per distruggerci, per distruggere chi ha ferito mortalmente la Terra e dissacrato i suoi Luoghi Sacri.





Un margine, è lasciato, per sognare, la possibilità, che oltre l'orizzonte, oltre la Fine, nel Silenzio, nuovi Inizi - stanno incubando nella Terra del Sogno.








Ma ovunque regna e regnerà il Silenzio.

Le chiacchere non bastano più a coprire l'assordante frastuono del suo enigma, quel frastuono che riempie di terrore di disperazione e di abisso i volti degli aborigeni australiani in questo film, volti scavati nella roccia, nella terra, nell'orrore di chi questo Abisso lo percepisce chiaramente, perchè è da sempre connesso con la terra, le radici della Visione sprofondate nell'Anima del Deserto.

Sguardi persi nella Visione dell'Apocalissi.



Guardiani del Tempio.



Immobili seduti a guardare in silenzio la Fine che avanza, cercando di difendere lo Spazio Sacro, la Terra Sacra fuori e dentro di loro-




Guardiani inerti, inermi, con le mani incatenate-






-O forse non tanto-


Guardiani che sapranno difendere il Cuore della Terra, il Sogno, attraversando l'Apocalissi verso la terra oltre l'orizzonte dove sono volate le Formiche Verdi.




-traghettatori, forse-

-Forse solo apparentemente impotenti-


-



-Intanto, le parole si inceppano, gli ascensori si fermano, gli orologi digitali cominciano a squillare all'improvviso, la Macchina si spacca, gli ingranaggi vanno in tilt, il sistema economico impazzisce, l'Automa collassa, e appare sempre più evidente che ogni parola, ogni discorso, ogni azione sono completamente inutili e fuori luogo, nel moltiplicarsi fragoroso del Silenzio che si approssima.








"Ma allora è tutto inutile?" commenta a fine film Sacrilegio.



Dopo un po' di titubazione, nell'inquietudine estrema che lascia questo film, con poc voglia di parlare, di dire una cosa qualsiasi, provo a mormorare il detto ebraico: "Chi salva una vita salva il mondo intero."





-Risuona incerto questo filo di speranza.








Ma forse, nel prenderci cura di un cane, una persona o una pianta, nel coltivare piccoli Sogni con la nostra piccola, attenta, microscopica passione, possiamo - io spero - farci simili ai Guardiani delle Formiche Verdi, inamovibili moniti sacri con il cuore sprofondato nel Cuore della Terra. Custodi esili. Sacerdoti minimi. Silenziosi strambi sacerdoti del piccolo.


"Anche per Dostoevskij [oltre che per Nietzsche] la prognosi è ottimistica; egli non vede nel nichilismo la fase ultima, mortale, ma anzi lo ritiene guaribile e, precisamente, guaribile attraverso il dolore. Il destino di Raskol'nikov fa vedere, prefigurandola, la grande trasformazione che coinvolgerà milioni di uomini. Anche qui si ha l'impressione che il nichilismo sia concepito come fase necessaria all'interno di un movimento orientato a scopi ben precisi.

(...)

L'ottimismo, come anche il pessimismo, di questa risposta, si abbarbica, è vero, alle prove, ma non si fonda su di esse. Si tratta di ordini diversi; ciò che conferisce forza di persuasione all'ottimismo è la profondità, alla prova è la chiarezza. L'ottimismo può raggiungere strati in cui il futuro, ancora assopito, viene fecondato. In tal caso lo si incontra come un sapere che raggiunge profondità maggiori che non la forza dei fatti - che addirittura può suscitarli. Il suo fulcro è più nel carattere che nel mondo. Un ottimismo fondato su queste basi va apprezzato in se stesso, dal momento che proprio la volontà la speranza e la stessa prospettiva futura devono dare a chi lo professa la forza di resistere nel mutevole corso della storia e dei suoi pericoli. Molte cose dipendono da questo." (E. Junger, Oltre la linea [scritto del 1950], in E. Junger - M. Heidegger, Oltre la linea. Sottolineatura in corsivo mia.)




P.S.: Chiedo scusa per essermi permesso di scrivere questo breve articolo nella quasi totale ignoranza sulla cultura degli Aborigeni d'Australia.

Chiedo scusa se, come è probabile, le mie parole non sono coerenti con queste Tradizioni.

Questo articolo vuole solo esprimere le mie suggestioni emotivo-analogiche di fronte alla visione di questo film, che comunque penso abbia anche un valore e un linguaggio universali.








martedì 29 gennaio 2013

Sperimentazioni maieutiche/2.

Poco prima dell'ultimo Natale Ettore Fobo ha pubblicato questo post:

http://ettorefobo.blogspot.it/2012/12/il-natale-oggi-secondo-umberto.html#comments

Ho risposto così:

http://de-crea-zione.blogspot.it/2012/12/natale-e-deserto.html

Successivamente il dialogo è continuato come commenti al suo post.

Qui riporto lo scambio di idee, perchè mi è sembrato molto proficuo e interessante.


Mi piace immaginarlo come una specie di dialogo socratico post-moderno fra lo spettro di un eroe ormai terrorizzato dal rumore senza anima che sente dappertutto, rumore di macchine in cui non riesce più a riconoscere la voce degli Dei, e il fantasma di un filosofo radicale, anticonformista, eudaimonista, ludico, menefreghista, amico degli animali e nemico delle menzogne, di ogni cosa non strettamente necessaria e di ogni artificio, che non riesce a ritrovare la sua dimensione naturale, spontanea, semplice - la sua anima.

Questo eroe senza Dei e questo cinico senza anima e Natura se ne stanno come ectoplasmi al margine estremo del mondo, osservando la nostra società e commentando con voci fra l'incuriosito e l'attonito le stranezze che ivi vi scorgono - paragonandole a cose antiche e da lungo tempo dimenticate.


Ettore Fobo:

 Questa è un’epoca di passaggio. Nuovi valori devono essere creati e i vecchi valori vanno definitivamente sepolti. Come dici tu, non possiamo più riconnetterci con i culti antichi e il cristianesimo è ormai pressoché privo di vita. Non so se sia un effetto di quello che tu chiami il Moloch dei consumi o se il consumismo abbia preso il posto già lasciato vuoto dalla crisi del cristianesimo. Però questa condizione di impasse non può essere eterna, finito un ciclo della storia ce ne sarà un altro con nuove idee e nuovi valori. E’ solo questione di tempo. Come in tutte le epoche di crisi, ci sono profezie di catastrofi imminenti che sono il segno che un mondo sta finendo e un altro mondo sta emergendo. Ormai è chiaro che sarà la Tecnica a determinare questa trasformazione, da qui il pessimismo di molti filosofi, tra cui Galimberti, secondo cui l’uomo non è più il vero soggetto della Storia ma mero funzionario degli apparati della Tecnica. Io non so e come tutti sono in attesa.

Diogene senza l'anima?:

O forse, in fondo, come diceva De Andrè in un'intervista (riporto in parte con parole mie il concetto): nonostante questa apparenza di cambiamento così rapido, radicale, omnipervasivo, "io credo che i problemi fondamentali dell'essere umano resteranno sempre gli stessi, immutati, ancora per molti secoli - e forse per sempre."
...Ah, ecco, mi ricordo le parole esatte:  "Io credo che l'uomo potrà anche conquistare le stelle, ma penso d'altra parte che le sue problematiche fondamentali sono destinate a rimanere le stesse per molto tempo, se non addirittura per sempre."

Ettore Fobo:

I problemi dell’uomo saranno gli stessi, ma mai come in quest’epoca essi possono essere ridefiniti attraverso la tecnologia e la scienza (penso soprattutto alla chimica). In proposito la neurologa Susan Greenfield ha scritto un saggio eloquente, “Gente di domani”, in cui descrive un mondo a venire per noi impensabile e forse inquietante. Da più parti si pensa che la tecnologia possa modificare l’umano nella sostanza. Chissà, magari è solo un sogno, di sicuro
per ora la frase di De André non può essere smentita.

Diogene senza l'anima?:

Sicuramente siamo in un periodo di mutazione. Ma gran parte della filosofia insiste sulla fenomenicità apparente di ogni mutamento. L'essenza non muta. Perciò neanche l'essenzialmente umano. L'essere è - come direbbe Parmenide - il divenire è non essere. Perciò l'apparenza di un cambiamento radicale non può che essere un fantasma passeggero. "Allora non si crederà più, come fa l'uomo del volgo, che il tempo possa generare qualcosa di veramente nuovo e di veramente importante; che nel tempo e per via del tempo qualcosa possa attingere ad una realtà assoluta; non si attribuirà più al tempo, come a un tutto, un principio e una fine, un disegno e uno svolgimento; né, seguendo il concetto volgare, si assegnerà come fine allo scorrere del tempo il più alto perfezionamento del genere umano. (A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, libro III, paragrafo 35).

Ettore Fobo:

Bello, Diogene, mi hai convinto. L’essenza non muta, ma superficialmente i cambiamenti avvengono. I valori per esempio, nulla di sostanziale, fenomeni passeggeri ma importanti in una data epoca. Maschere se vogliamo, necessarie per la nostra finzione. Cito Oscar Wilde, a memoria: “Le verità della metafisica sono maschere “. Dietro la maschera, che cambia a seconda dei tempi, l’immutabile essenza.

Diogene senza l'anima?:

Fantastico, l'aforisma di Wilde e la tua conclusione sono esattamente in sintonia con quello che volevo aggiungere. La metafisica con Nietszche crolla, e con Heidegger definitivamente l'essere diventa storico, perchè l'essere è linguaggio. Da qui muove l'ermeneutica, orizzonte nel quale a occhio e croce direi si potrebbe probabilmente inscrivere il discorso di Galimberti, e così tutti i discorsi filosofici, che fanno Heidegger e tantissimi altri filosofi, sul destino della Metafisica, il destino del Nichilismo, il destino della nostra civiltà occidentale, il destino del cristianesimo, il destino della Tecnica. Tuttavia, da quello che ho capito, l'autentico pensiero di Heidegger non è riducibile a questa concezione dei suoi epigoni dell'ermeneutica. A me sembra che tutti i grandi filosofi, Heidegger incluso, si siano sempre mossi, nonostante l'estrema varietà e l'estremo variare storico delle "maschere", all'interno di un orizzonte di tipo parmenideo. Anche in Heidegger, il linguaggio e l'essere storici, pur nelle ceneri della Metafisica e dei sistemi, affondano le loro radici in qualcosa di indefinibile, che, sia a livello di Essere, che forse in un certo senso anche a livello di Linguaggio, è Eterno. I valori e le maschere metafisiche mutano, il nocciolo dell'Essere permane eterno nel suo inaccessibile mistero. Mi esprimo in termini generici perchè non conosco in maniera approfondita il secondo Heidegger, ma questa è l'idea che mi sono fatto.

Ettore Fobo:

E’ l’idea che mi sono fatto anch’io Diogene: nessun filosofo, neanche Nietzsche, che è quello che forse ci è andato più vicino, è riuscito a superare la metafisica, gli orizzonti parmenidei rimangono immacolati. Un filosofo contemporaneo molto interessante, che sta provando a superare la metafisica, è John Gray. Ne ho parlato in questo blog a proposito del suo libro “Cani di paglia”. E’ un tentativo di uscire dall’incubo metafisico e antropocentrico. C’è molto da pensare ancora, oltre l’uomo e oltre i suoi orizzonti metafisici. La filosofia è appena iniziata.

Diogene senza l'anima?:

Ho letto l'articolo su Gray. Mi richiama il mio articolo del 29 novembre sullo shivaismo tantrico del kashmir (smettere di avere scopi). In comune, il filo-taoista Gray e l'insegnante di shivaismo tantrico in questione nel mio articolo (Nathalie Delay) hanno questo: l'invito a lasciar perdere, lasciar cadere qualsiasi scopo metafisico, religioso o ideologico; qualsiasi senso. L'incubo, di qualsiasi senso, della ricerca mai soddisfatta, perennemente insoddisfatta, e perciò distruttiva, violenta, nel suo voler a tutti i costi affermare qualcosa. Trovo questo lasciar perdere Dio, scopi, Sensi, visioni chiare e definite, velleità di miglioramento del reale, volontà precise, ispirazioni salvifiche, molto rasserenante. Resta, direbbe Nathalie Delay, la vita, la vita sensibile, "il cuore pulsante della nostra insensatezza" come dici nel tuo post, il fluiresenzaunsensoprecisomapullulantedistorieincidentipersonaggifattiintuizioniombrelucicontraddizionispiraliemotivepensierimicropoesie della vita quotidiana, con la sua noia, la sua sofferenza, le sue emozioni, i suoi preziosi istanti di magia priva di un dio o un disegno - gratuiti.

Ettore Fobo:

Ho riletto il tuo post. Parli della contraddizione fondamentale di un certo pensiero orientale, penso a Krishnamurti: essere un maestro che dice che non ci sono maestri. Però il nocciolo è proprio lì: smettere di proiettare su qualcuno, di essere un seguace, di inseguire speranze trascendenti. Mi sembra che nella semplice accettazione delle vita hic et nunc ci sia abbastanza saggezza.

Diogene senza l'anima?:

Certo. In un certo senso è forse il tema di tutto il mio blog. Ma questa antinomia si estende anche alla filosofia. Anche John Gray è un filosofo che teorizza la fine delle verità filosofiche. Questo è analogo a Krishnamurti che teorizza, da maestro, la fine della sensatezza di seguire un maestro. E' una questione molto sottile. Anche tu rilevi una contraddizione fra una critica radicale al concetto di guru, e più in generale al fatto di accodarsi a una serie di dogmi, riti, credenze - appartenenza religiosa di clan che per Krishnamurti offusca stravolge e compromette in maniera completa le capacità della mente di essere un campo aperto, semplicemente ricettivo, equanime, privo di pregiudizi o preferenze - radar imparziale del reale, una pista aperta sugli indizi della verità, in ricerca viscerale sulla base di una percezione autenticamente scevra da pre-idee e di un esame radicalmente libero (in maniera analoga a quello che diceva Simone Weil quando affermava che appartenere a un qualsiasi partito politico impedisce una sincera analisi del reale e una onesta presa di posizione su di esso; o quando diceva che aderire a qualsiasi religione, filosofia o semplicemente idea, vuol dire chiudere la partita della propria ricerca della verità: si può aderire a un'idea, diceva la Weil, solo in maniera parziale, relativa, limitatamente a quegli aspetti che al proprio esame risultano effettivamente veri; e sempre con la consapevolezza che si tratta solo di un passo parziale e momentaneo della propria ricerca, che quindi bisogna in ogni istante essere pronti a mettere tutto in discussione, sulla base del proprio libero e continuamente, vigilantemente critico esame - quindi qualsiasi "adesione" in senso stretto a una idea qualsiasi, qualsiasi "convincimento", qualsiasi "assenso" a una teoria o una prassi è da rifiutare in quanto uccide la verità) e il porsi comunque di Krishnamurti a suo modo come maestro.
Ma questo chiaramente si estende anche alla filosofia: anche quello di Gray, per esempio, è pur sempre un sistema di pensiero, con un contenuto preciso, un insieme organizzato di idee che richiede un'adesione, un assenso. Non è semplicemente il vivere nell'hic et nunc (del resto anche "vivere nell'hic et nunc" è un preciso concetto filosofico, con una precisa storia): è una filosofia, con concetti inevitabilmente precisi di riferimento, contenuti teorici filosofici che si possono mettere a confronto con qualsiasi altro contenuto filosofico, e possono essere discussi a livello filosofico, ma che non sono il semplice hic et nunc, sono una filosofia precisa con concetti filosofici precisi, collocabili in un contesto filosofico-culturale preciso.

E allora, da un certo punto di vista, che differenza c'è, fra aderire al sistema filosofico di Platone e aderire al "sistema" filosofico di Gray? E' la stessa cosa. E' un assenso a una teoria, della quale ci lasciamo convincere. Le diverse teorie possono essere confrontate e dibattute a livello filosofico, ma sono tutte egualmente "metafisiche", sono tutte, alla pari, delle costruzioni teoriche filosofiche, analizzabili a livello concettuale, o magari filosofico-intuitivo, ma non riducibili all'"accettazione dell'hic et nunc". Qualsiasi filosofia, qualsiasi discorso, qualsiasi concetto è già un'interpretazione.

Come un maestro che critica i maestri è contraddittorio, così è contraddittorio un filosofo che critica le "certezze metafisiche" e si proclama, ma sempre facendo una precisa teoria filosofica, come difensore e garante della semplice vita al di là di qualsiasi senso astratto. Ma anche il suo invece è un senso astratto, concettuale, filosofico, metafisico, e il suo presentarsi come extra o meta-metafisco è contraddittorio e in un certo senso può essere visto anche come un imbroglio.

Sulla base di queste riflessioni, tutte le filosofie della demistificazione, della dissacrazione e della demitizzazione - dall'illuminismo, poi il positivismo, fino a Nietszche, Krishnamurti, Gray e moltissimi altri, potrebbero forse assumere l'inquietante profilo di supreme ingannatrici: proprio in quanto pretendono di insegnare a svelare gli inganni - ma, proprio nel fare questo, si pongono come nuovi Simulacri/Dogmi a cui aderire. Del resto, il caso dell'illuminismo, del positivismo e in generale di tutta la filosofia moderna razionalistica è emblematico: basta vedere cosa ha prodotto.

Ettore Fobo:

Grazie Diogene, bellissima disamina, molto chiara ed esaustiva. Non posso che essere d’accordo. Soprattutto quando scrivi che filosofi come Nietzsche hanno finito per erigere nuovi idoli, laddove cercavano di abbattere credenze (penso al mito dell’oltreuomo). Questa tendenza è avvertibile anche in John Gray, in Heidegger, in Cioran e in tutti i grandi becchini della tradizione filosofica occidentale.

Con l’espressione hic et nunc, ne sono consapevole, sottintendevo una visione (filosofica) del mondo che escludesse l’orizzonte della speranza in un aldilà.

Per quanto riguarda l’illuminismo e il positivismo, penso che la loro tendenza dogmatica sia veramente inquietante e non cessa di gettare la sua ombra sul nostro presente, in cui la scienza ha sostituito la religione come narcotico per le masse. La nostra epoca iper razionale ha molti scheletri nell’armadio, molti orrori ha prodotto e continua a produrre.

Vedo con sospetto e sgomento l’imporsi di un pensiero calcolante, attento unicamente all’utile, la crescente mania dell’efficienza, il mito stesso del progresso, idolo fra i più pericolosi, l’enorme potere conferito all’economia, scienza malefica; cresce la confusione e si fatica a orizzontarsi. Come Ceronetti, il filosofo ignoto, penso che la filosofia possa e debba essere una luce in questo buio che ha tutti i contorni della pazzia.

Cerco così, come tutti, forse, di vivere la mia vita fra le rovine della religione e le nuove cattedrali della scienza. Entrambe mi sembrano fragili, prossime al crollo … Sento inoltre che questo crollo, oltre che catastrofico, può anche essere liberatorio.






P.s.: a parte il dettaglio che è alquanto bizzarro e un po' grottesco immaginare che due spettri possano avere un blog, mi pare che per il resto il dialogo, se immaginato come avvenente fra questi due personaggi post-mitologici, spettri antichi che osservano il mondo d'oggi, sia tutto sommato stranamente coerente, estremamente divertente, e infine, mi sembra che i significati e le interpretazioni messe in gioco nel dialogo assumano un peso e un'aura diverse, un tono più inquietante ma allo stesso tempo più distaccato. Il tutto diventa una specie di semi-coerente racconto filosofico enigmatico.


sabato 26 gennaio 2013

martedì 15 gennaio 2013

UTOPIA RANDAGIA-

"Nell'evoluzione di tutti gli artisti, il germe delle opere successive è sempre contenuto nelle prime. Il nucleo intorno al quale l'intelletto dell'artista costruisce la propria opera è il suo io. L'unica influenza che io abbia mai avuto sono io stesso."        (Edward Hopper)

"Gli adolescenti avvertono dentro di sè una segreta e speciale grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore: non è un indizio significativo?" (Joseph Chilton Pearce, Evolutions End)

"E' dunque questo che chiamiamo vocazione: la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?" (Josephine Baker)

"Io non mi evolvo: io sono." (Pablo Picasso)

(tutti citati in: James Hillman, Il codice dell'anima)

 Un discorso analogo a quanto scritto qui sotto sulla musica, vale per qualsiasi ambito educativo, e in generale per qualsiasi ambito dell'arte, del sapere, delle innumerevoli attività umane.

"Tout ce que le monde a fait de meilleur/ca vien de là, juste pour le plaisir", "tutto ciò che il mondo ha fatto di migliore/viene da qui, giusto per il piacere", cantavano un bel po' di anni fa gli Zebda, gruppo franco-algerino, in una canzone contro ogni forma di fondamentalismo o di fanatismo.

Mi sembra il principio fondamentale di ogni successo, di ogni buona e utile attività umana, di ogni progetto destinato a produrre qualcosa di buono, il segreto di ogni forma di genio, di ogni grande artista, o in generale di chiunque abbia fatto qualcosa di significativo nella storia del genere umano.

La scuola ci insegna il Dovere -imparare a memoria elenchi infiniti di nozioni di cui ci sfugge il significato ultimo, imparare meccanicamente teorie a pappagallo - o imparare altrettanto meccanicamente e a pappagallo a copiare, a fare cose che non sfiorano neanche di lontano la sete infinita di Vita, di autenticità, di vero, di viscerale bellezza che rode la nostra anima.

E così, nella maggior parte dei casi è la vita adulta: ci sovrasta il Dover Essere, la Competizione, il dover dimostrare di valere di fronte agli occhi del Giudice esteriore o interiore, la Performatività, il Dover-raggiungere-standard-di-Produzione "adeguati". Produci-consuma-crepa-

ma il genio che è in ognuno di noi in questa maniera viene schiacciato, incatenato, azzittito, messo in punizione in un cantuccio e lasciato a morire d'inedia, assiderato, dimenticato, abbandonato, negato, picchiato.

il genio cresce ovunque l'individuo sia lasciato libero di fare nient'altro che quello che gli dà piacere, con i suoi modi, i suoi ritmi, le sue forme e la sua forma specifica di follia, direbbe Hillman, cioè d'ispirazione, anche con le stranezze, le ossesioni e le specifiche manie che sono parte integrante di questa ispirazione, il suo speciale linguiaggio magico, la sua maniera di esistere, unica, irripetibile e geniale. "Il suo marchio speciale di speciale disperazione", direbbe Faber, ma non necessariamente ha da essere disperato, 'sto canto irriducibile della nostra Anima!

L'Arte, per esempio, è necessariamente un'esperienza bastarda, randagia, al di fuori di un codice predefinito, un inseguire un destino di cui solo l'individuo conosce i segreti, un destino strappato all'anonimia meccanica dalla potenza, dalla prepotenza del dàimon dell'artista, che lo chiama, lo sfida, lo tormenta, gli impedisce di allinearsi a codici non suoi, imposti dall'esterno, gli impedisce di acquietarsi e rinunciare al proprio enigma, lo chiama, lo trascina, lo ferisce, lo dilania fino a far nascere il fiore del suo Genio.

Ma mi piace seguire un filo associativo che neanch'io so dove va a parare, perciò, a proposito di bastardi e randagi, voglio scrivere qualche riga su una splendida conferenza che ho sentito ieri sulle dinamiche e la comunicazione nei branchi di cani randagi, con il vago presentimento che qualcosa c'entri.

Splendida conferenza, dal titolo appunto Esperienza randagia, tenuta da Michele Minunno, educatore cinofilo, che ha studiato da vicino e ripreso numerosi branchi di cani randagi nel sud Italia, dove il fenomeno è comune.

Più di tutto mi ha colpito il discorso di Minunno a favore dei branchi randagi, chiaramente nel caso che non mettano in pericolo sè stessi o altri. Nella maggior parte dei casi, queste "famiglie" di cani sono perfettamente adattate al territorio e ai suoi abitanti, umani e canini, e si gestiscono perfettamente, sono molto tranquilli - se incontrano altri cani sanno perfettamente come regolarsi: sono i nostri cani d'appartamento e di città, che hanno parzialmente perso la capacità di comunicare e di confrontarsi liberamente con gli altri, e per questo sono così aggressivi, iper-eccitati, e riproducono l'ansia dei loro padroni innervosendosi, spesso, all'incontro con altri cani sconosciuti.

I cani liberi sono diversi: se incontrano cani sconosciuti, mettono in gioco le loro sviluppatisime capacità comunicative: si studiano, s'abbaiano un po', si annusano, si allontanano, sbadigliano, marchiano il terriorio, si riallontanano, si riavvicinano, finchè trovano un equilibrio. Sono molto più tranquilli dei nostri cani, e sanno sempre come regolarsi, seguendo sapientemente codici di comportamento e di comunicazione istintivi che portano al naturale "ordinamento", fluido, spontaneo e non imposto, di ogni individuo. Minunno possiede un cane che è stato per cinque anni "capo" di un branco di randagi: è un cane eccezionale, su cui non funziona nessuna forma di controllo, non sa fare nemmeno il "seduto" - eppure in questo caso il controllo è completamente inutile, perchè si tratta di un cane capace di adattarsi con estrema tranquillità e grandissima funzionalità a qualsiasi situazione, da solo, spontaneamente.

I cosiddetti "capobranco" non hanno comportamenti aggressivi, è sufficiente la loro presenza e la loro autorevolezza per creare ordine e affiatamento nel branco.

I cosiddetti "cani dominanti", invece - detti così dalla nostra ignorante cultura nevrotica cittadina - cioè cani aggressivi, sempre tesi alla competizione, sempre iper-eccitati, mettono in atto un comportamento da cane adolescente, che deve sempre dimostrare di valere di più in quanto insicuro - e se questo comportamento è presente in cani adulti è indice di una profonda insicurezza, debolezza, sofferenza, carenza di capacità comunicative "adeguate".

I personaggi più divertenti, comici di questi filmati sono: un lupo cecoslovacco adolescente, non randagio, che si trova sempre comicamente in bilico fra bisogno adolescenziale di fare il gradasso, e il confronto con questi cani randagi, molto più sgamati di lui, che, anche se spesso di taglia molto più piccola, finiscono sempre per fargli abbassare la cresta. E poi: quello che Minunno chiama il "vice-sindaco" del paesino dove sono stati girati i filmati: un piccolo simpatico bassotto, che si fa rispettare da tutti, e "gestisce" l'intera vita sociale canina del paese, a cui tutti chiedono di "metterci una buona parola" se hanno bisogno di qualcosa, che se ne scorrazza sempre da una parte all'altra del paese per i suoi innumerevoli impegni sociali. La cosa che colpisce è che il "vice-sindaco" è un cane sempre tranquillo, rilassato, che non si tende , non si stressa mai per niente e si adatta a qualsiasi interlocutore, e deve il suo ruolo alle sue abilità sociali e comunicative, estremamente affinate, alla sua estroversione, simpatia e socievolezza, si potrebbe dire, e non certo alla sua aggressività.

Ne conseguono due cose: 1) nella maggior parte dei casi, è assurdo prendere questi cani, perfettamente inseriti nel territorio e con i "vicini" canini e umani - e rinchiuderli in un canile, un lager in cui probabilemte resteranno rinchiusi tutta la vita;

2) comicissimamente appare, chiara e limpida, l'analogia fra la società dei cani e la società degli esseri umani.

Le società moderne metropolitane sono società di adolescenti insicuri, tutti tesi e stressati dall'idea di competizione, tutti terrorizzati dall'idea di poter non "valere" agli occhi degli altri, tutti sempre iper-eccitati (e in più, frenetici), tutti costantemente, meccanicamente incastrati nella modalità aggressiva, nervosa, cinica come modalità di base nel proprio rapporto col mondo e con gli altri (iper-aggressivi, e in più anche repressi).

Un lupo adulto non abbaia mai. E' un verso da lupo cucciolo, o adolescente, insicuro, che ha bisogno di fare la voce grossa per richiamare l'aiuto del branco. Un lupo adulto non ne ha bisogno, non ha bisogno di dimostrare la sua forza, proprio perchè è estremamente sicuro della sua forza.

La società degli esseri umani di oggi è invece una società di adolescenti che abbaiano in continuazione, senza fermarsi un attimo, senza una pausa di rilassamento realmente umano in cui ricominicare a tirare un reale respiro, senza un momento di una risata realmente franca, realmente affratellante, lasciando perdere le cazzate, lo stress e la competizione ininterrotti, inutili.

Dietro alle facce sgargianti di top-manager, modelle-vamp, impiegati cinici, alternativi fighetti, pompati cocainomani palestrati, o donne in carriera senza scrupoli, si apre l'abisso di anime perse, alla deriva, senza un perchè, senza una filo di poesia che gli sgorghi a fiotti imprevisto dal cuore, persone che hanno perso il contatto con la propria Anima, il proprio dàimon.







Al mondo serve un'utopia randagia!

 

 - che ci liberi dalle catene del Dover-Apparire  e ci permetta di reincontrarci, nel mondo, con lo sguardo libero da pregiudizi e la sapienza trasparente, serena, tranquilla, rilassata, aperta alla comunicazione, di anime randagie, bastarde, senza niente da dimostrare, senza tic da imporre o ideologie da difendere, senza gabbie-doveri in cui auto-immolarsi o con cui schiavizzare altri, senza stress meccanico da propagandare come "forza" (hahahahahahhaah!!!!!!!!) con niente da perdere e tutto da guadagnare nello stare al mondo insieme agli altri, seguendo ciò che ad ognuno dà piacere, gioia, allegria, divertimento, benessere, realizzazione, felicità, aritmica soddisfazione bastarda non-allineata, ognuno a stretto contatto fedele col proprio istinto, libero, sano, forte, vivo, rilassato, e con la voce della propria anima, liberata da fardelli di iper-razionalità e dal peso oppressivo di dover squadrare sempre da ogni lato in maniera mutilante l'enigma inquieto del proprio esserci indefinibile.

Gli animali, questi fratelli oscuri e leali di mistero, possono essere i migliori maestri per questo.






























Foto: Sacrilegio, "Nel nonpensiero/del suo bel muso nero"

Nella foto: Sgrinchomannus.

Il titolo della foto sono due versi di una poesia di Diogene senza l'anima?

sabato 12 gennaio 2013

Ritorneranno le quattro stagioni!

http://www.youtube.com/watch?v=Ia7CNAte3Dw&feature=youtu.be

ps: il titolo è preso a prestito dall'omonimo libro di Mauro Corona, che niente ha a che vedere con l'argomento del video... a parte un comune sentimento di rispetto, amore e venerazione verso la natura, e un sottile filo di speranza (nel caso del video invece un torrente in pienadi speranza) ancorato alla fiducia nell'antica alleanza fra gli uomini e la loro Madre...

venerdì 4 gennaio 2013

Filosofi guerrieri poeti giullari burloni.


“Il cane è una specie di giocoso guerriero che va avanti tra imprese, burla, salvataggi, conquiste, eroismi.” (Antonio Faeti)




Foto: Sacrilegio, Al salvataggio! 

Nella foto: Sgrinchomannus.

giovedì 20 dicembre 2012

Una poesia di Mariangela Gualtieri.

                                                                                             nescio qua dulcedine laetae
                                                                                     allegre di non so che dolcezza
                                                                                                                    VIRGILIO


 Le api tessevano
di miele un'invisibile rete.
Vibravano accese.
Le abbiamo viste palpitare nervose
volarci intorno, attaccare
le nostre mani indiscrete -
frugavamo nelle trame misteriose
dell'alveare. Le api a me parevano
discese dalla mente prodigiosa
d'un animale celeste

a me parevano cantare
una musica di grandi sfere
disegnare il sigillo della voce
che le ha create. Le api sono simili
alle stelle, se le guardo per bene
se le adoro, in quel loro
essere di polvere d'oro, in quella
loro movimentata luce.

                                                                                                          ad Alessandra B.


(dedica dell'autrice).

da Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia, prima parte: Naturale sconosciuto.

martedì 10 luglio 2012

Patti Smith canta Neil Young: After the gold rush, testo, traduzione mia, mio commento.

 After the gold rush

Well, I dreamed I saw the knights
In armor coming,
Saying something about a queen.
There were peasants singing and
Drummers drumming
And the archer split the tree.
There was a fanfare blowing
To the sun
That was floating on the breeze.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.

I was lying in a burned out basement
With the full moon in my eyes.
I was hoping for replacement
When the sun burst thru the sky.
There was a band playing in my head
And I felt like getting high.
I was thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.
Thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.

Well, I dreamed I saw the silver
Space ships flying
In the yellow haze of the sun,
There were children crying
And colors flying
All around the chosen ones.
All in a dream, all in a dream
The loading had begun.
They were flying Mother Nature's
Silver seed to a new home in the sun.
Flying Mother Nature's
Silver seed to a new home.

Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century,
Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century.

(Neil Young - ultimi quattro versi aggiunti da Patti Smith)


Dopo l'assalto d'oro


Beh, sognai di vedere i cavalieri
che arrivavano con la loro corazza,
dicevano qualcosa a proposito di una regina.

C'erano contadini che cantavano
e tamburini rullavano il tamburo
e l'arciere fendette l'albero.

C'era una fanfara che zefirava
al sole
che ondeggiava nella brezza.

Guarda, Madre Natura sta scappando
nei millenovecentosettanta
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nei millenovecentosettanta.

Stavo steso in un seminterrato in cenere
con la luna piena nei miei occhi.
Speravo in una sostituzione
quando il sole esplose squarciando il cielo.
C'era una banda che suonava nella mia testa
e mi sentii come se fossi tirato verso l'alto.
Stavo pensando a quello che un
Amico aveva detto
speravo che fosse una menzogna.

Beh, sognai le
navi spaziali d'argento volare
nella coltre gialla del sole,
c'erano bambini che piangevano
e colori che volavano
tutt'attorno agli eletti.

Tutto in un sogno, tutto in un sogno
avevano cominciato a caricare.

Stavano trasportando in volo il seme d'Argento
di Madre Natura verso una nuova casa nel sole.

Guarda, Madre Natura sta scappando
nel secolo ventesimoprimo
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nel secolo ventesimoprimo.

(traduzione mia)


 http://www.youtube.com/watch?v=ZSa0QTbtYc4








giovedì 5 luglio 2012

mordendo le stelle

"I discorsi di un filosofo devono essere intrisi di quella dolcezza acre che può mordere le umane ferite." (Diogene il Cane)

"Al modo dei cani i cinici mangiavano sulla piazza del mercato. Rifiutavano il cerimoniale del pasto regolato da orari, luoghi appropriati e abitudini. Se trovavano cespugli fornitori di bacche selvatiche, o fontane generose d'acqua chiara e fresca, i cinici si nutrivano a volontà, cogliendo le occasioni.
A chi un giorno lo rimproverava di mangiare sulla piazza del mercato, all'ombra ma sotto gli occhi dei passanti, Diogene rispose: "Nella piazza del mercato ebbi fame." Se l'argomento ad hominem non bastava, ricorreva alla logica o alla retorica, preparandole con l'ironia: "Se far colazione non è strano, neppure nella piazza del mercato è strano. Non è strano far colazione; dunque non è neppure strano fare colazione nella piazza del mercato." (M. Onfray, Cinismo - Principi per un'etica ludica)

"L'autore del Principe teorizza un certo numero di pratiche militari. Nelle sue pagine possiamo leggere anche l'elogio di una tecnica lacedemone della quale i nazisti sfrutteranno tutte le potenzialità: mostrate, dice Machiavelli, i nemici privi dei loro abiti, nudi, dinanzi ai soldati: "come tenne Agesilao spartano, il quale mostrò a' suoi soldati alcuni Persiani ignudi, acciò che, vedute le loro membra dilicate, non avessero cagione di temergli". Si pensi alle lunghe file di corpi nudi sotto il cielo invernale di Germania. In conclusione: le tecniche guerriere, quali che siano le compromissioni tecnologiche che esonerano dal coraggio, sono tutte preistoriche. Poggiano su istinti da rettile, sugli istinti primari. ma le prassi disciplinari bestiali che costituiscono la tradizione degli eserciti vengono sempre prodotte in nome della cultura, della civiltà e della intelligenza.
Il cinismo militare è volgare perchè invita all'uso dei mezzi più barbari (violenza, omicidi, delitti, torture, odio, efferatezze, stupri, saccheggi, sprezzo) per giungere a fini adorni di tutt'altri orpelli: trionfo della civiltà, dell'ordine, della libertà, dell'indipendenza. In nessun altro caso forse il regno dei fini e quello dei mezzi sono tanto distanti, tanto in contrasto. Miliziano della pace, il militare è prima di tutto professionista della morte.
Fra i cultori dell'uniforme e della disciplina marziale troviamo anche i rivoluzionari. Il 1789 inventa l'esercito di coscrizione, il 1917 l'armata rossa...
Il cinismo rivoluzionario insegna che per il progettato ordine nuovo sono leciti tutti i disordini possibili e immaginabili - in attesa del radioso domani...
Leggiamo nelle pagine di uno dei più celebri campioni della rivoluzione la formula classica del cinismo volgare: "Da un punto di vista universale la necessità giustifica il diritto d'agire; il successo giustifica il diritto dell'individuo." Un altro afferma: "Soltanto il fine può giustificare i mezzi." Il primo è Adolf Hitler, il secondo Lev Trockij - cinici volgari emblematici, se mai ve ne furono." (Idem)

"Dobbiamo continuare, e accompagnare Nietzsche più lontano, fino al punto in cui condanna "la generazione imbelle" che "oggi sulle cattedre domina"? Lasciamo perdere i sapienti e le teste sopraffine che tanto contribuiscono alla decadenza della disciplina...
I cinici insegnano a vivere, a pensare, a esistere, a agire alle prese coi frammenti del mondo reale, quando si incontrano la morte, il piacere o il desiderio. Insegnano ad essere insolenti verso tutto ciò che si agghinda con le penne del sacro: la società, gli dèi, la religione, i re, le convenzioni. Con i cinici la filosofia si occupa di quel che ci è prossimo, e scredita tutti i progetti che privilegiano la seriosità.
Dei nuovi cinici potrebbero dirci in cosa siamo ancora pii, saprebbero nuocere alla stupidità, disperare dei luoghi comuni, invitare ala pura singolarità, evitare le imprese gregarie, promuovere la verità dell'individuo. Con loro si scoprirebbe un'alternativa allo spirito di pesantezza, ai mercanti di apocalisse, ai teorici del nichilismo." (Idem)

"Rognoso, errante, amico delle stelle, il cinico fiuta le vie strette che conducono alla virtù." (Idem)

venerdì 19 agosto 2011

Simone Weil e gli Dei

Spogliandoci di tutto, dice Simone, di tutta l'immaginazione, di tutte le passioni, di tutte le attese del futuro, di tutti i rimpianti del passato, di tutta la farneticazione della mente, di tutto il rumore, di qualsiasi identità, di qualsiasi orgoglio e identificazione (soprattutto spirituali) di qualsiasi ricompensa e compiacimento, si produce un vuoto. un vuoto intollerabile, assoluto, che normalmente si riempie, subito, a qualsiasi costo con qualsiasi illusione di qualsiasi tipo, qualsiasi forma di narcisismo, o con l'esercitare potere sugli altri, "espandendosi come un gas" per non restare nel proprio vuoto. Oppure: si resta "immobili e attenti" di fronte a questo vuoto, così com'è, contraddizione che lacera le carni anche del semplice sussistere, deflagrazione di ogni illusione consolatoria. E così si resta. A quel punto, se si è veramente umili e onesti, e se non si cerca assolutamente di ottenere niente, forse, la Grazia soprannaturale riempie quel vuoto.

Ma, mi chiedo, può essere - almeno, può essere, per qualcuno - che sottoponendosi - sottoponendosi con rigore, spietatezza, lucidità esatta, umiltà, verità a questo processo di autodenudamento psicologico interiore, possa comparire, al posto di una Luce mistica cristiana, una Luce che abbia le forme di Passioni, Creatività, Danze di Colori e Vuoto, Voci Antiche, ritmi, sussurri animisti di creature animali-spiriti amici? Tutto il piacere è "inesistente" come dice Simone? O può esistere un piacere puro, che sia nella Grazia? Può esistere un'immaginazione, e quindi un'Arte, che venga veramente - ma veramente, al di là di qualsiasi compiacimento intellettuale o psicologico - dagli Dei, senza mediazione? Esiste veramente qualcosa come un daimon della poesia, a cui il poeta semplicemente ubbidisce sotto dettatura? esiste una musica che sgorghi direttamente dal silenzio del cuore dell'Anima? E se tutto ciò esiste, forse, è solo per un attimo, già a ripensarci l'hai ucciso.