di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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giovedì 29 maggio 2014

LASCIAR SCOMPARIRE L'ARTE PER LASCIAR RIEMERGERE LA REALTA', LA VITA, IL GIOCO, LA LIBERTA', LA NATURA, IL SELVATICO


(disegno di Dem Dem, riprodotto qui con il suo consenso, da me richiesto. Il sito di Dem Dem )


Ritrarsi, dissolversi, spaccare la scatola dell'ordine simbolico dato, la rete del linguaggio stesso, gli inganni dell'arte, la Maya ammaliante e perfida della fanfara multimediale, per lasciare spazio al gioco, alla vita libera istante per istante, alla creatività senza opere, all'azione per il piacere dell'azione, per tornare alla natura, alla realtà caotica vitale e indecifrabile oltre questa Matrix subdola, al selvatico ignoto, al nostro esistere reale come corpi liberi istintivi in uno spazio aperto senza determinazioni, risultati, scopi, oggetti reificati, codici convenzionali, e senza tempo. "Un punto di incredibile densità. Bisogna imparare a rallentare il tempo, a vivere la passione permanente dell'esperienza immediata."



 Due articoli di John Zerzan, filosofo anarchico primitivista.


Il primo è contro l'arte:


Critica primitivista all'arte e al mondo dei simboli


Il secondo è contro il tempo:


Critica anarchica alla costruzione sociale del tempo



Nel primo articolo, Zerzan sostiene che nel Paleolitico, all'epoca in cui eravamo nomadi cacciatori-raccoglitori, non c'era nè religione nè arte, e neanche un linguaggio inteso come lo intendiamo noi, una rete di simboli codificati e condivisi. E non c'era la divisione del lavoro, erano piccole bande nomadi egualitarie.

Non c'erano i simboli, l'uomo era un animale immerso nella vita della natura, libero, reale, istintivo, immediato, senza mediazioni artificiali.

Col Neolitico, e il passaggio a una società stanziale, basata sull'agricoltura e su un'organizzazione sociale più complessa nasce la gerarchia sociale, la divisione del lavoro, la religione e il linguaggio. E con tutto questo l'alienazione.

E la separazione dalla natura, l'unità perduta con la quale - dopo questa caduta - è surrogata dai paradisi artificiali della religione, dell'arte e del linguaggio simbolico.

Già gli sciamani delle religioni più antiche erano legati a una struttura sociale differenziata, con ruoli assegnati, gerarchia definita e un mondo mitologico-simbolico sostituto dell'originaria indifferenziazione nella natura, perduta.

Poi, in estrema sintesi, col cristianesimo antropocentrico prima, e quindi con la società moderna, le cose sono andate sempre peggio, fino all'attuale società completamente alienata, separata ermeticamente dalla natura, asettica, mortuaria, virtuale, sempre più distruttiva e irrispettosa verso la natura e verso il selvatico l'autentico e il genuinamente istintuale e creativo, unico, libero, originale, singolare, singolo, non-conformato in noi.

In tutto questo, l'arte ha sempre avuto la stessa funzione della religione: legittimare l'ordine sociale alienato e permettere fugaci ascese a attimi di pace estasi o bellezza, surrogati della felicità naturale permanente. L'estetica è anestetica: anestetizza e intorpidisce, obnubila i nostri sensi, e estetizza la nostra percezione e interazione col mondo, comprimendola in una scatola simbolica sintetica, principalmente visuale, astratta, artificiale, deformante, selettiva, sostitutiva, basata su una presa di distanza, una separazione dal mondo, dal corpo, dal selvatico, dalla natura, dall'istinto: abitiamo il mondo della rappresentazione, invece di abitare il mondo, la terra, le foreste, in un rapporto spontaneo, immediato, istintivo, cinestesico, ricco di scambi attivi, con esso, una percezione e una comunicazione con la realtà nuda, vuota, sgombra, diretta, un gioco creativo libero in cui tutti i nostri sensi potrebbero essere realmente risvegliati e messi in gioco radicalmente e felicemente.


                                               (Renée Magritte, La condizione umana)

DADA ha messo oggetti qualunque in un museo con l'intenzione di scardinare tutto questo: rompere il muro tra arte - collezione di oggetti reificati e idolatrati da spettatori passivi - e vita, realtà, mondo: una ruota di bicicletta è fonte di percezione e gioco liberi quanto un quadro di Van Gogh.

Il surrealismo voleva far irrompere il Sogno e l'inconscio nella vita, nella società, gli esperimenti più coraggiosi degli anni 70, performances, happenings, etc., come il surrealismo volevano anche violentemente cercare di rivoluzionare la società attraverso l'arte, precipitare un vortice di libertà creazione gioco follia nelle strade, nella vita.

Ma tutto questo per Zerzan ha fallito perchè l'arte è strutturalmente parte del sistema sociale alienato e gerarchico, e del suo appartarsi dalla natura in un iperuranio sintetico di simboli, segni, linguaggi, finzioni.


Da qui la morte dell'arte, le sue forme sempre più svuotate, provocatorie in maniera fine a sè stessa, le tele nere, le tele bianche, le tele squarciate di Fontana e la loro angoscia desertica, la merda d'artista, la musica contemporanea colta sempre più incomprensibile fino a teorizzare il silenzio o i rumori casuali, i romanzi con pagine da comporre a piacimento, libri con pagine bianche, la Pop Art che fa equivalere arte e prodotti industriali o immagini pubblicitarie, poesia sempre più sperimentale fino a includere equazioni matematiche nel testo, e infine una stanchezza sempre maggiore e quindi il nostro presente, in cui una multimedialità spettacolare quanto sterile, ripetitiva, ma onnipotente, onnipervasiva e onnipresente fa schizzare immagini suoni e slogan ovunque, caos babelico in cui tutto equivale a tutto, ogni input è buono in quanto input, può essere Pessoa o la Coca Cola, non importa. "Mi piace". Un perfetto mondo di segni che richiamano segni in una Matrix autoreferenziale che rimanda continuamente a sè stessa, la perfetta realizzazione di arte e religione, secondo Zerzan, una bolla che ci esclude dalla realtà, dalla natura, e ci riduce a pedine di un gioco preordinato in cui è sottratta la libertà singolare e la libera creatività del singolo.



La tesi di Zerzan può essere forse eccessiva.

Tuttavia è esperienza penso di tutti, in particolare di chi crea arte, poesia, musica, etc... la sensazione di tradimento e nientificazione che si prova di fronte all'opera d'arte reificata in qualcosa di concluso.

Leggo o scrivo una poesia: è un frammento di eternità, un particolare non contestualizzabile, una scheggia che mi apre una scintilla non mediabile nè paragonabile, che potrebbe essere forse la chiave d'accesso a un intero universo. Un'emozione unica e irripetibile, indicibile, singolare, un differire imprevisto, incatalogabile, dalla continuità dell'obsoleto automatico, situata nell'attimo. Un salto.

Poi resta il cadavere, sua farsesca caricatura.

Ogni opera è la maschera mortuaria dell'idea, scriveva Benjamin.

Di fronte alla nascita di un universo di Alterità, all'iniziazione a una foresta sperduta immensa incommensurabile e intricata in cui si potrebbero trovare sentieri che conducono a tesori di mistero o a templi dimenticati ermetici di illuminazione numinosa da decifrare, resta "E' bello", il giudizio, il corpo morto.



E allora lasciamo scomparire l'arte, per aprire le porte al libero gioco continuo, alla libera creatività permanente, senza steccati. Posso continuare a disegnare o a scrivere, ma è qualcosa di equivalente (di "egualmente artistico", se volete) a guardare una nuvola che passa, pigiare dei bottoni su un computer mentre lavoro, dormire, giocare con dei sassi, far fischiare un filo d'erba, buttare un legnetto in un torrente, stare a vedere dove va, interrogare l'essenza metafisica di un lichene, parlare con le roccie, invocare il vento, prendere il sole, correre, arrampicarmi su un albero, fare castelli di sabbia, tentare ritmi percussivi su un tronco o su un tavolo, accorgermi di una foglia che cade, di un corvo che passa, di un'aquila in alto nel cielo, appena visibile, disporre foglie a caso o non a caso su un prato, grattarmi la schiena, accarezzare un gatto, giocare con un cane, creare strane forme di fango e poi distruggerle, fare un caos di foglie fiori legni sassi  terra erba ossa peli di scoiattolo ghiande pezzi di corteccia e poi fotografarlo, oppure non fotografarlo, disfarlo, oppure lasciarlo lì nel bosco, e tornare a vedere com'è dopo due anni, o non tornarci più, o tornarci e costruire con ciò che è rimasto un totem-fauno talismano che sorvegli la foresta, fischiettare, danzare liberamente e selvaggiamente con gli elementi, stare fermi, chiudere gli occhi e ascoltare cosa c'è, con curiosità, senza aspettative, riaprirli, osservare, osservare le cose, tutte le cose come qualcosa di bizzarro, inedito, singolare, irripetibile - giocare con questo, giocarci da soli, insieme ad altri, cantare o fare suoni o versi, o preghiere senza nome e senza parole, o invocazioni a spiriti inconoscibili, sperimentare maniere diverse di fare le cose, divertirsi a fare cose inutili, fare anche le cose utili come se fossero gratuite e imprevedibili, osservare ancora, quanto tutto questo è strano e singolare e magico, anche la noia, anche la sofferenza, anche l'angoscia.

Allora ogni attimo può sfuggire al gigantesco mostruoso abnorme Orologio Digitale Cosmico che misura il tempo, che crea il tempo e che divora livella e schiaccia le nostre vite, le nostre libertà, le nostre libere capacità di gioco libero, ognuna diversa e irriducibile - e divenire un frammento non omologabile, un istante di libertà indomita e selvatica in cui siamo chi siamo e non un fantoccio costruito dagli specchi deformanti della società.







(Opera di Andy Goldsworthy)






Liber Pater: un cortometraggio sul selvatico dionisiaco









(Dreaming of yesterday, di blue-a - immagine riprodotta con il consenso dell'autrice - vedi questo link per altre sue opere )



suoni singolari



martedì 27 maggio 2014

ANCIENT SHAMANIC ROCK-


IL COMPITO DELL'ARTISTA E' SALVARE L'ANIMA DELL'UMANITA'

SE GLI ARTISTI NON TROVANO LA VIA, LA VIA NON PUO' ESSERE TROVATA.

(Terence Mc Kenna)




(Immagine: Paintbrush Warrior, di Mark Henson, riprodotta con l'esplicito consenso - da me richiesto - dell'autore. Tutti i diritti riservati. Per altri quadri di questo pittore che rappresenta l'oggi in maniera caoticamente visionaria, tra realtà socio-politica violenta tremenda ipertecnologica antropocentrica e sogno incantato spirituale, vedi il suo sito)

(Image: Paintbrush Warrior, by Mark Henson, reproduced with explicit ageement - asked by me - of the author. All rights protected by copyright. If you want to see other paintings by this painter who represent the present in a chaotic, visionary way, between tremendous violent hypertecnological anthropocentric socio-political reality and spiritual enchanted dream, go to his website)








Dire che l'arte (musica, poesia, etc...) debba servire a qualcosa è una bestemmia.

Ciò che caratterizza l'arte è esattamente un essere-fine-a-sé-stessa, un fare libero, un gioco liberato, tremendamente serio ma tremendamente autosufficiente, un fare completamente libero da scopi, un non-fare che ha nel proprio manifestarsi la sua autosufficente ragione di essere.

Tuttavia l'arte ha delle conseguenze (a cui non bisogna pensare nell'atto della libera espressione o della libera fruizione - due cose che poi sono la stessa).

L'arte, il canto, la danza, il proto-teatro, la musica, la poesia sono sempre state nelle culture antiche e nelle culture tribali maniere di curare, non nel senso strumentale di oggi, ma nel senso di riconnettere le identità spezzate e separate degli individui con un'Unità, divina, naturale, spirituale, emotiva, corporea, istintiva, che senza queste storie sacre, questi canti sacri, queste danze, musiche, rituali, simboli, immagini, colori, suoni, rischiava di essere perduta.

Per gli aborigeni d'Australia addirittura la Terra-di-Sogno è tenuta in vita e continuamente ri-creata proprio da rituali artistici in cui in luoghi sacri ciclicamente venivano ridipinte scene di storie mitologiche. Senza questo atto di ri-dipingere la realtà divina, la stessa realtà divina rischiava di estinguersi.

L'arte, la poesia, la musica sono sciamanesimo, ancora oggi, sono la vera più potente forma di sciamanesimo. Non servono a curare, a far star bene, perché non sono serve, ma imperatrici, ma curano, perché fanno vivere, fanno rivivere l'eroe dai mille volti che si contorce dentro di noi e grida per esprimersi, per essere ascoltato, ridanno vita alle parti più nascoste e abissali e profonde e viscerali e paradossali e luminose o oscure e selvatiche di noi stessi, ci riconsegnano alla nostra libertà.

Se la pizzica è (era, o è ancora) un rituale di esorcismo, così lo può essere il rock più selvaggio e autentico o una jam session di percussioni.

Se la danza balinese è una maniera di richiamare e rendere presente, fisico, davanti agli occhi il divino, il mito, reale, ora, qui - così può farci entrare nella stessa dimensione rituale esatta e assoluta, gioiosa o terrificante, la migliore poesia o il migliore teatro d'avanguardia.

Certo, esistono differenze, e radicali, tra un'arte propriamente rituale inserita in un quadro cosmologico, mitologico e religioso definito, condiviso unanimemente da una società o una tribù, e l'impresa individuale di un artista o un poeta che si avventura nella terra di nessuno della notte dell'anima, del caos danzante interiore, avendo come alleati e come rete di simboli solo un deserto squassato di una cultura dilaniata, disorientata, dispersa, cinica, materialista, economicista, idolatrante l'utile la convenienza, la misurazione la quantità l'osservabile lo strumentale tecnico il gioco di un potere abbrutito edonismo dell'illimite con ragnatele di brandelli di sensi di colpa atavici post-cristiani.

Ma in realtà l'artista, come lo sciamano, è sempre stato solo.

Deve partire per il suo viaggio da solo e affrontare il gioco di specchi e labirinti senza soluzione possibile apparente, affrontare i demoni nella prateria dei simboli dove infuriano venti inumani, attraversare il deserto della nientificazione, inerpicarsi su vette rocciose inospitali ed aliene, pericolose, a volte ammalianti, a volte meravigliose, seguire il sentiero avventuroso del suo mito personale, e dipanare forme-talismano con lo scalpello della propria sensibilità, con la lama della propria autenticità, poi deve sapersi rilassare, ridere di tutto questo e di sè stesso, semplificare, alleggerire, togliere importanza, rasserenare, sciogliersi in un lago placido specchio oggettivo del mondo, evaporare in una nuvola bianca che si lascia trasportare dal vento, o un profumo di legna bruciata, o fumo fugace che scompare in pochi secondi, sciogliere il nodo dell'impossibile in una pozzanghera di niente, in una goccia di pioggia che si frantuma nella terra ingravidandola di vuoto fertile, disegnare miniature e arabeschi nell'aria, riagganciare il centro esatto del cuore, farlo rinascere, lasciarlo gridare, cantare, pulsare battere potentemente il proprio vasto Petto-Tamburo, perdersi in un frammento inutile e indescrivibile, poi ribaltare tutto, dimenticare tutto, annientare tutto, perdere di nuovo tutto, e ricominciare da capo da un altro punto di vista, inventare linguaggi strumenti musicali codici preghiere parole magiche ritmi percussivi completamente inediti, e così potrà tornare con in mano una valigia di visioni, sogni, assurde asce sciamaniche disintegra-finzioni, fantascientifiche ali immaginarie impermanenti e orologi a molla sputa-meraviglia da donare ai suoi simili, perché anch'essi trovino le proprie buone piste.

Gli artisti, insieme ai pochi testimoni rimasti di culture orientate da divinità profondamente diverse dal Moloch della Ragione Tecnico-Economica, sono gli unici alchimisti rimasti ancora in grado di riconnetterci con la Ragnatela Cosmica della Vita, con il ventre gravido della Madre Terra, col nostro istinto sano e naturale, saggio, potente di uomini e donne selvatici.

Gli artisti, come gli sciamani, esprimono e aiutano a riprendere contatto con parti di noi o dell'inconscio collettivo rimosse, emozioni represse, dimenticate, negate, cancellate, imprigionate, oscurate, genocidizzate, incatenate, azzittite, schiacciate, mandate al confino, segregate, immobilizzate, paralizzate, uccise, ridicolizzate, annientate, svuotate, desertificate - o con realtà della società e della vita magari violentemente evidenti ma nascoste e messe a tacere - che il poeta, il musicista o il pittore aiutano ad urlare profeticamente la propria innegabilità.

L'arte cioè per esempio può essere la versione contemporanea della caccia all'anima della cultura sciamanica, in cui gli sciamani "cacciavano" pezzi di anima che la persona da curare aveva perso per strada, che erano rimasti impigliati in altrove, altre dimensioni o epoche in seguito a traumi, ferite, sofferenze incapaci di esprimersi.

Mi viene in mente per esempio quel che dice Igor Sibaldi sulle nostre età sconfitte: l'archetipo contemporaneo del Capo Indiano sconfitto, quelle fotografie terribili di questi volti disperatamente tristi e sconvolti, eppure che conservano una dignità assoluta, indiscutibile, non alterabile, impassibile, statuaria, a volte immersa in una sconsolazione infinita ma ancora perfettamente saggia, a volte che guardano nell'obiettivo ancora con sfida, sprezzo guerriero pieno di rabbia e dignità - rappresenterebbero per Sibaldi, nel nostro immaginario, le nostre età sconfitte: infanzia e adolescenza, tutti i loro sogni dimenticati e messi a tacere, messi in riga dal realismo adulto, dal pragmatismo deluso e cinico. L'Arte ci rimette di fronte, se il nostro cuore non è inaridito, con il mondo incantato, popolato da elfi fate gnomi miracoli magie alberi parlanti meraviglia stupore emozioni primordiali capacità innocente di credere all'incredibile e lo spirito eternamente ciclico e atemporale, sognante del Gioco - che appartenevano alla nostra infanzia - e allo spirito guerriero ribelle sognante indomito, non inquadrabile, indomabile, inquieto, impossibile da collocare in confini angusti pensieri dogmatici e ruoli assegnati, capace di spaccare tutto e lottare per i Sogni che pulsano selvaggi nel proprio cuore - che appartenevano alla nostra adolescenza.

L'arte, per concludere dà voce a ciò che nella nostra società e in noi non ha voce: al selvatico, agli animali, al fantastico, all'irreale, al profetico, a ciò che sta sotto il sottile velo della realtà socialmente e politicamente precostituita e accettata, al paradossale, alla sofferenza, alle contraddizioni laceranti della nostra società e all'urlo ribelle dell'urgenza di trovare vie alternative; al misterioso, all'enigmatico, all'impossibile, a tutto ciò che non ha risposta, a tutto ciò che non può essere detto in un linguaggio quotidiano, all'angoscia del vivere in una società irregimentata in maschere e finzioni e costrizioni rigide, oppressive e iper-razionali; alla gioia del semplice essere vivi come animali, con un corpo, un sano istinto, una vocazione alla libertà, un'Anima tribale guerriera sanguigna e sognante; alla Terra e al sentirci suoi figli; all'antico, al non attuale, a logiche incomprensibili per la mentalità imperante del pensiero unico; alla capacità di creare, esprimersi liberamente, e inventare sentieri e logiche extra-ordinarie, assurde, paradossali, nuove, impensate, folli per vivere e affrontare questo caotico presente e tracciare piste imprevedibili e non catalogabili, non inquadrabili dal pensiero binario, per il futuro.


P.s.: per esempio, Mark Henson (vedi quadro sopra) riesce sia a rappresentare espressionisticamente il caos violento e insensato, infetto, distruttivo, cinico, nichilista, ingiusto in cui viviamo ( vedi qui  o qui ) oppure l'aspetto folle avido e catastrofico, antropocentricamente distruttore del progresso ( "La marcia del progresso"  ) ma anche a dare Visioni serene, sognanti, utopiche del futuro ( bellissimo questo "Risanare il futuro"  oppure  "Nuovi pionieri" ) ma mira in altri quadri direttamente al cuore del Sogno spirituale, irrelato da condizionamenti sociali ( "Viaggiatori di luce"  o questo splendido quadro sull'archetipo del volo) o a una visione magica, animista della natura (per esempio qui ).



Di questo abbiamo bisogno in questi tempi caotici: di riconnetterci col Sogno con la Terra, anche in maniere selvagge nuove e impensate - "Tempi furiosi richiedono danze furiose", e Visioni lucide, e desideri folli, e creazioni coraggiose e inedite, e musica potente e indomita, e una Poesia che travalichi la logica e la rassegnazione.

Come dice Patti Smith: BELIEVE, OR EXPLODE!!!!


Ancient shamanic rock/1

Ancient shamanic rock/2


Contemporary shamanic rock/1


Contemporary shamanic rock/2


Contemporary shamanic rock/3


Contemporary shamanic rock/4


Contemporary shamanic rock/5



ipnosi sciamanica




 Riti guerrieri di purificazione




leggere nenie di sottili flauti arcani




Lo Spirito della Danza si s-catena




again






Celebrazione conclusiva




















giovedì 22 maggio 2014

Per un'etica impura, impolitica, della resistenza alla politica. (ripubblicazione)

  Ripubblico un vecchio post (Marzo 2013) che mi sembra quanto mai (in)attuale.



Non intorno a chi inventa nuovi rumori; intorno a chi inventa nuovi valori gira il mondo; impercettibile esso gira.
(F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)




"Ogni forma di intossicazione è un male, non importa se si tratti di alcool, morfina, o idealismo. Dobbiamo guardarci dal considerare male e bene come due opposti." (Carl G. Jung)

La stessa cosa vale naturalmente per il concetto di onestà, o, a maggior ragione, per quello di purezza.

Una cosa è essere onesti, un'altra cosa, completamente diversa, è sbandierare l'"onestà" come un vessillo sufficente a dimostrare una presunta diversità e superiorità ontologica rispetto agli altri.

Con questo passaggio, apparentemente non fondamentale, solo "di forma", si passa da una giusta esigenza di etica, impercettibilmente verso quel "desiderio di purezza" che ha creato i progrom, i gulag, i campi di concentramento, i roghi di "streghe" e di "eretici", le guerre sante, e ogni forma di persecuzione violenta del diverso e del non allineato.

Veramente "puro" è solo ciò che è morto e quindi è statico, non ha difetti. Chi si autodichiara "puro" invece è solo un moralista.

Etica e moralismo, da sempre, sono nemici giurati.

Sono d'accordo con l'esigenza di combattere la corruzione, cercare di raddrizzare quest'italietta del clientelarismo e della mafia. Questo va combattutto, completamente d'accordo. E capisco l'averne fin sopra i capelli.

Tuttavia quando da questo si passa a toni fanatici da crociati puri in lotta contro le forze del male, si passa dalla padella nella brace.

...ma rilassiamoci un po' tutti!


 un "cambiamento", in positivo, non è mai possibile accendendo toni millenaristici infuocati e apocalittici. rilassiamoci, voliamo basso... il "cambiamento" passa per le piccole cose e per i progetti studiati con attenzione, calma, cautela, analisi lucida, serenità, assenza di faziosità e di lotta di una parte contro tutto, ma concentrandosi sulla costruzione democratica di progetti concreti, positivi, approfondendo i temi invece di perdersi nell'adesione ad un capo che comanda una crociata...

...nè perdersi in qualsiasi altra forma di imbizzarrimento di parte.


La salvezza non sta nè nella politica nè nell'antipolitica. 

La salvezza sta nell'"impoliticità", nello starsene tranquillamente e serenamente, decisamente impolitici.

Non apolitici, menefreghisti. Ma, sostanzialmente, di fondo, impolitici. 

Cioè, rifiutarsi di lasciarsi catturare da qualsiasi ingranaggio, logica della politica, che è, sempre, in ogni caso, una logica di potere: sono logiche alienanti in cui perdiamo il nostro semplice "essere umani", "restare umani", e quindi capaci, sempre, a priori, molto prima di qualsiasi ragionamento "politico", di rimanere ancorati alla nostra autenticità e spontaneità interiori, e non spodestati, sbalestrati verso un alienante Astrazione politica - e quindi essere anche sempre capaci di riconoscere sempre negli altri esseri umani dei simili, senza lasciarci accecare dai furori "di parte". 

Essere impolitici non significa non dire ciò che si pensa, non criticare, anche radicalmente, non prendere posizione, ma significa che, molto prima e molto più in profondità di questo, "restiamo umani", restiamo saldamente ancorati nel cuore del nostro essere, del nostro essere individui umani col loro unico e irripetibile pensiero, con le loro emozioni uniche e irripetibili, e con la salda certezza che questo viene prima ed è molto più importante di qualsiasi adesione a "partiti". 

L'"ignavia" era in passato la peggiore delle codardie. 

Oggi il "non prendere partito" (che non significa, ripeto, non prendere posizione) mi sembra l'unica forma di coraggiosa, intelligente, saggia, umana resistenza, in quest'epoca di moti emotivi di massa meccanici evocati artificialmente dai media che svuotano chi si lascia irretire (in una qualsiasi "parte") della sua umanità e della sua intelligenza critica. 

Ancora più che contro Beppe Grillo, sono soprattutto contro ogni forma di impazzimento socio-politico che possa frammettersi fra gli esseri umani e dividerli. Il movimento 5 stelle è sicuramente una forma di impazzimento socio-politico, ma, tanto per dire, anche l'essere contro Beppe Grillo potrebbe esserlo o diventarlo. 

Io vedo il rischio di spaventosi fenomeni di caos sociale, a rischio di guerra civile. 

Di fronte a questo rischio, la mia posizione è fondalmente una: restare umani, restare saldamente ancorati a sè stessi, rifiutarsi di alienarsi nell'adesione cieca, fanatica, meccanicamente di massa, a una qualsiasi fazione politica, e ricordarsi sempre, molto prima della politica, del proprio essere-simili-a-tutti-gli-esseri-umani, come direbbe il Dalai Lama.


Il punto di vista del Dalai Lama


Il punto di vista di Virginia Salles, Wilhelm Reich e Josè Angelo Gaiarsa

sabato 19 aprile 2014

Un convalescente scampato alla morte parla



Amatevi, il tempo è breve.



Potrebbe anche darsi il caso che sia lungo, ma è comunque limitato.



Osate, i giorni sono contati.



Potrebbero essere anche molte migliaia, ma sono comunque contati.



Potrebbero anche non essere contati,



Può darsi che i bivi della vita portino a diversi esiti,



Che si possa rimandare la fine,



Ma in ogni caso la fine



Prima o poi arriverà.



Non rimandate. Fate ciò che sentite. Parlate, dite ciò che vi preme, non aspettate domani,



La sera arriva presto, e potrebbe non ripetersi l’attimo.



CARPE DIEM!



Fate quella telefonata, rispondete a quell’annuncio, fate una passeggiata a piedi nudi nel parco



Non lasciate che le chiacchiere della gente vi blocchino, vi limitino in nessuna maniera!



Perchè è la vostra vita, e solo voi ne siete responsabili!



Solo voi soffrite e gioite della vostra vita!



Perciò sganciate gli ormeggi!



Fregatevene!



Salpate verso il largo!



Verso nuovi continenti inesplorati, nuove avventure!



Siate come un fiume! Un fiume in piena!



Rompete ogni indugio!



Imparate a suonare la chitarra, riprendete quel clarinetto buttato in un armadio per anni tra la polvere,



comportatevi ancora come quindicenni



ma con lucida responsabilità!



Sognate, urlate, danzate, amate, ridete, osate, sbagliate, chiedete perdono, perdonate, fate tentativi, imparate, esplorate, cogliete qualche fiore, riempitevi gli occhi e le narici di tutti gli altri, parlate con la luna, pregate con i vostri piedi la terra, amate molte persone, lasciate perdere quelle che non vi amano, lottate con ogni atomo del vostro essere e delle vostre viscere per un amore per cui vale la pena vivere, per un libro che dev’essere pubblicato, per una mostra di pittura che la vostra arte merita, per il sogno di una fattoria biodinamica sperimentale, suonate, cantate, divertitevi, non lasciate scappare il tempo senza riempirlo della vostra gioia, della vostra allegria, poesia, tristezza, disperazione, rabbia, volontà di vivere, di vivere di vivere completamente, senza mezze misure, affrontate quel libro difficile che sapete che dovete leggere, affrontate finalmente a viso aperto il vostro capufficio, affrontate la vita con sincerità frontale e pienezza assolute, radicali, ripiantate una piantina sradicata, date da mangiare a un piccione, prendetevi un cane, amatelo, dategli da mangiare, portatelo in giro spesso, respirate, respirate, respirate, a pieni polmoni, amate ogni minuto, ogni secondo ogni secondo riempitelo di coraggio di follia di improvvisazione di libertà di risate di pancia di forza di istinto di vastità di salute spirituale!



Non aspettate!



Oggi è il giorno!



E domani sarà vera la stessa cosa: oggi è il giorno!



Amate l’attimo, fate molti progetti, realizzateli!









Non lasciatevi scappare la sottile delicata straordinaria vulcanica esplosiva paradossale eclettica selvatica profumata fresca gigantesca granitica fluida libera tellurica temporalesca eco irripetibile del sogno.



fate cose assurde se lo sentite!

fregatevene dei giudizi!


Non perdeten tempo coi rimpianti!






Vivete!




Non barattate un singolo secondo di felicità intensità radicalità gioia allegria pienezza autenticità con niente al mondo!




Amiamo la terra, celebriamo la pulsazione della vita, danziamo l'assurdo splendore dell'essere, non tratteniamo mai le lacrime, crediamo, crediamo, crediamo a tutto, tranne che alle certezze, esploriamo, sperimentiamo, viviamo, viviamo con coraggio, amiamoci, perdoniamoci, lasciamo perdere le complicazioni, le faide, i dubbi, e rilassiamoci in questa splendido flusso della vita in cui si perde ogni centro fino allo smarrimento del dolore, dell'insensatezza, dell'inceppo dell'amore.


giovedì 10 aprile 2014

Questa la ripeto ancora.

L'ho già citata su questo blog ma questa la ripeto ancora:


"La più alta forma di Arte Marziale è il sorriso." (Sensei Morihei Ueshiba)


Il centro di un guerriero è il cuore.










domenica 2 marzo 2014

Neil Gaiman, la decreazione e "Obediah il disinventore"


Neil Gaiman dà - in un certo senso - la sua personale interpretazione, ironica e fantascientifica, del concetto simoneweiliano di decreazione - o discreazione - in un singolare, bizzarro racconto brevissimo tra il fantastico puro e l'umoristico assurdo, fugace visione elettrica che appartiene in tutto e per tutto al genere del mini-racconto di fantascienza, genere tradizionalmente molto basato su colpi di scena, paradossi e imprevisti inaspettati, shockanti o comunque cortocircuiti che ribaltano le prospettive, nell'arco di poche righe o poche pagine.

Qui - in una versione eterea, leggera, ludica di questo genere - divertente nonsense fantastico fine (forse) a sè stesso - un tizio dall'aria stravolta e scarmigliata entra in un pub, ordina un whisky e dichiara di essere un "disinventore". La maggior parte della gente si allontana giudicandolo un matto, qualcuno forse per ammazzare la noia abbocca all'amo e chiede spiegazioni. Mentre lo strano individuo parla, un discreto capannello di gente gli si forma attorno, continuando ad ingrossarsi.

Obediah Polkinghorn - così c'è scritto sul suo biglietto da visita - spiega: il suo lavoro, non facile, estremamente faticoso, è "dis-inventare" tutte le invenzioni che a suo giudizio hanno avuto conseguenze nefaste sulla vita degli esseri umani, a cominciare dagli zaini volanti per andarsene in giro per aria, e dalle macchine volanti, ovviamente. Naturalmente, la "dis-invenzione" è una reale decreazione: "Discreazione: far passare qualcosa di creato nell'increato." (Simone Weil): l'oggetto, tecnica, gadget, servizio, chincaglieria, macchina, apparecchio o mercanzia semplicemente smette di essere mai esistito, e naturalmente ne sparisce anche il ricordo, o meglio forse anche il suo ricordo non è mai esistito. Paradossalmente, il dis-inventore ricorda invece tutto ciò che ha dis-inventato.

Non aggiungo maggiori dettagli perchè vale la pena di andarsi a cercare la raccolta di racconti fs di autori diversi Il fantasma di Laika (tradotto in Italia in Urania Millemondi 64, uscito quest'estate) in cui è contenuto "Obediah il disinventore" e leggerselo (ci sono molti altri bei racconti nella raccolta).



Obediah Polkinghorn si sente molto utile al mondo.



In effetti avrei una lunga lista personale di invenzioni da disinventare da proporgli, se lo incontrassi....... ....per risalire la corrente del divenire fino a un attimo di inconcepibile, magico, atemporale disfarsi dell'irreversibile, dissolvenza comica del necessario in cui ripensare, creare altri mondi possibili, ricreandosi, rilassandosi, liberandosi nel fluire di possibilità d'essere, strutture mentali, possibilità emotive de-rigidificate, de-raggelate, de-create... tornate alla possibilità dell'apertura, dell'invenzione, della creatività, della possibilità di scelta: all'orizzonte verticale, trapezista, imprendibile, insondabile, ignoto, peripeziante, avventuroso, immaginifico, funambolico, aviatore, aliante, deltaplanista, aereo, solare, sognatore, artistico, audace della libertà.







mercoledì 19 febbraio 2014

Cavalli liberi selvaggi e grilli telepredicatori facili-

Grillo a Sanremo: "Non sono mica Cavallo Pazzo."

Hai proprio ragione, caro Grillo, con Cavallo Pazzo non hai proprio niente a che spartire.







Cavallo Pazzo, in inglese Crazy Horse, in lingua lakota Tashunka Uitko o Tashunka Witko o Tȟašúŋke Witkó a seconda delle traslitterazioni, che significa letteralmente il suo cavallo è pazzo (data di nascita sconosciuta, probabilmente nei primi anni 1840 – Fort Robinson, 5 settembre 1877), era un nativo americano della tribù degli Oglala Lakota (Sioux).
In lingua lakota, Cavallo Pazzo, è Tašunka Witko che significa Il suo cavallo è pazzo (giacché il ta- iniziale di Tašunka rappresenta il pronome possessivo "suo") ma ormai è di abitudine, anche negli Stati Uniti, chiamare il condottiero Oglala "Crazy Horse" (Cavallo Pazzo), sebbene la traduzione sia erronea. La giusta traduzione sarebbe stata His Horse Is Crazy.
Personaggio leggendario cui sono attribuite imprese memorabili e fantastiche, come quella che lo voleva invulnerabile ai proiettili o che narrava che il suo spirito aleggiasse ancora tra le tribù dei pellerossa.
Nato nelle Black Hills (Paha Sapa in lingua lakota) si salvò dalla distruzione del proprio villaggio ad opera dei soldati federali. Probabilmente a causa di questo trauma, da adulto, giunto alla guida dei Sioux Oglala, fu molto attivo nella resistenza allo sterminio dei nativi d'America da parte dei soldati federali statunitensi.
Cavallo Pazzo guidò, assieme a Toro Seduto, i 1.200 guerrieri che nella battaglia di Little Bighorn, il 25 giugno 1876, sconfissero i 211 cavalleggeri dell'esercito USA, guidati dal Ten. Col.George A. Custer, riportando pochissime perdite.
Il successo indiano fu però di breve durata: i federali si ripresero subito dal colpo e nello stesso anno registrarono importanti successi. Il 6 maggio 1877 Cavallo Pazzo alla testa di 900 Oglala stremati dalla fame e dalla fuga, si consegnò al tenente Philo Clark comandante di Fort Robinson. Morì poco prima della mezzanotte del 5 settembre 1877, ferito a morte con una baionetta, alla presumibile età di trentasette anni.
Il grido di guerra di Cavallo Pazzo era Hoka Hey! È un buon giorno per morire!, che suona come "Andiamo uomini! È un buon giorno per morire!". A causa di ciò il motto Hoka Hey viene utilizzato, impropriamente, come se fosse la traduzione della seconda parte della frase ad esempio dagli appartenenti all'esercito americano
.
(da Wikipedia)






P.s.: sulla questione Grillo mi sento molto d'accordo con questo articolo:


http://anonimoconiglio.blogspot.it/2014/02/consenso-5-stelle-augias-di-battista-libro-m5s.html#more















giovedì 13 febbraio 2014

mercoledì 12 febbraio 2014

Ibrahim Maalouf, un'esplosione eclettica di musica avida di vita

Un'esplosione lussureggiante, eclettica, potente, notturna di suoni, ritmi, melodie in una giungla sonora pulsante, intricata, rumoreggiante, urlante tra rock, jazz e musica turco-orientale, una musica viscerale avida di vita, di intensità, di divertimento, di libertà, espressione della parte più emancipata della gioventù turca. Note e emozioni telluriche, testimoni di una Istanbul libera, viva, vitale, creativa, laica, nonostante il crescere del fondamentalismo religioso. A tratti invece melodie melanconiche, rarefatte, misteriose, testimonianza forse di una sofferenza antica e di un popolo sensibile profondamente per tradizione al misticismo e alla poesia.




venerdì 7 febbraio 2014

Lama Gyurme & Jean-Philippe Rykiel




Mantra tradizionali del Buddhismo Tibetano, accompagnati da bellissima musica elettronica.
Una musica che ti fa fermare. A riflettere, ad ascoltare, a rilassarsi, a essere, a meditare sul senso delle cose.
A meditare e ad ascoltare l'armonia e la Pace che si può trovare al di sotto, o al di sopra, o comunque al di là delle frenesia quotidiana. Mantra che, rilassando, accendono, fanno baluginare, svegliano anche l'attenzione e la capacità più-che-egoica di guardare al di là della propria piccola visuale abitudinariamente soggettiva, ascoltare e osservare con equanimità tutto ciò che si presenta alla coscienza, e interrogarsi sul senso e sulla direzione da dare alle nostre vite.




https://www.youtube.com/watch?v=vDvEt2qSFbU&list=PL0ABDC60F3FC58C7D

giovedì 6 febbraio 2014

Bill Frisell

Una musica, quella di Bill Frisell, che spesso confina, e sconfina, vasta, indicibile, imprendibile, invisibile, trascendente - col Silenzio - dilagante e immensamente rilassata, oceanica, come una prateria battuta da uno sconfinato, leggero vento mormorante, fischiante, danzante, vorticante. Una musica piena di Armonia, un'armonia che fa pensare a quella della Musica delle Sfere. Un suono confinante con l'impalpabile, l'impercettibile, l'aria, l'etere, il Nulla, spazi siderali smisurati deserti, l'angelico o il fatato, l'immateriale, lo spirituale, l'ignoto, l'enigma, l'inconoscibile. Un suono che, celandosi, si inciela. Sonorità armonica piena di Magia, eco di paesaggi immaginari indefinibili, risonanza di tempi perduti, di templi misteriosi obliati e luoghi inesistenti. Vibrazioni sottili trasparenti, vuote. Spirali di sogno nel Vuoto. Musica di confine, ai margini del sogno, del preconscio, dell'immacolato, dell'enigma, di Eden dimenticati, di sconfinate trascendenze. Una Musica che dà Potere alla Fantasia, colonna sonora per la libertà della mente, per la libertà dalla mente che mente, nella Non-Mente. Musica per volare, per sognare, per pensare, per immaginare, per rilassarsi nelle vastità, per pregare, meditare, correre nelle praterie dell'anima, per danzare con l'anima nei territori immacolati, bianchi, multicolori, della libertà sovrana dello Spirito. Vette da cui guardare il mondo, Cieli in cui tuffarsi ad ali spiegate, nuvole su cui sdraiarsi, Soli nei quali bagnarsi, Oceani in cui galleggiare misteriosamente, immotivatamente, incomprensibilmente felici.










                                 








  
                                                               



               


http://www.billfrisell.com/

giovedì 23 gennaio 2014

Un breve futile forse scontato ragionamento sul concetto di "limite"

Passeggiavo per le vie di Bresso. Risolto ciò che avevo da fare in Comune, avevo preso una strada alternativa per tornare a casa. (beh in realtà mi ero perso).

esploravo una strada che, vivendo da poco qui, non avevo mai visto. Un giardino pubblico sulla destra del marciapiede dove cammino. Noto subito, nel mezzo del prato, qualcosa che mi incuriosisce parecchio: uno di quegli enormi dossi di terra, specie di mini-collinetta, sul quale crescono diversi alberi, a diverse altezze, con enormi radici sporgenti dal terreno: praticamente un enorme dosso in grandissima parte costuituito di radici. "Mi incuriosisce": di più, mi affascina, non solo perchè amo alberi, terra, natura, etc, e sono molto curioso al riguardo, soprattutto quando chessò - la conformazione di una corteccia o di un pezzo di terra è inusuale, ha forme bizzarre - ma c'è qualcosa in più: questo tipo di dosso mi ricorda subito la mia infanzia, in cui correndo in giro in bicicletta adoravo questi dossi alberati: enormi rincorse a tutta velocità, e poi ripide salite, impennate, discese a rottadicollo, salti sulle radici sporgenti: il massimo!!!!!!!!

Mi viene subito l'istinto di salire sul dosso a esplorarlo da vicino, ma ecco la consapevolezza del presente si frappone tra me e il mio desiderio: ho problemi alle ginocchia da un po', le salite ma soprattutto le discese sono rischiose al momento. Chino la testa e con amarezza tiro avanti per la mia strada, con una gran tristezza.

ma ecco che uno sprazzo di intelligenza creativa, di pensiero laterale, di cervello destro risvegliato, mi fa pensare: ma solo perchè ho questo limite, devo per forza chiudere gli occhi paraocchiarmi la vita e tirare avanti a testa china in modo meccanico facendo finta che ciò che ha destato il mio interesse non esista? Certo che no: potevo comunque entrare nel prato e avvicinarmi per osservare il dosso e gli alberi più da vicino, anche se non potevo salirci sopra. e' una banalità, ma all'inizio, richiusomi nel mio bozzolo di automatico pessimismo, nei miei binari di routine meccanica dopo la meraviglia iniziale, non ci avevo pensato. Creatività, attenzione. essere desti e non addormentati, svegli e non assuefatti rinunciatari chiusi nella nostra bolla mentale.

Così faccio: scavalco il basso muretto facendo attenzione a non forzare le ginocchia, entro nel prato, mi avvicino, osservo l'interessantissimo (per me) fenomeno naturale (o più probabilmente creato dall'uomo, ma sempre di natura si tratta, anche se con una forma artificiale). Osservo. Faccio Attenzione. dettagli. poi proseguo sul prato.

Ma ecco, un nuovo problema: alla fine del prato dall'altra parte, per arrivare alla strada, c'è un altro piccolo dosso, e ai lati una siepe che divide dalla strada. devo tornare indietro? ma il pensiero creativo, una volta che è comparso, lo si può richiamare con la volontà. Stavolta lo riattivo subito senza farmi bloccare: non c'è un'uscita (accessibile a me)? C'è? Chissà. Vado, esploro, tento una via, trovo una strada.

Vado, e guardacaso da vicino vedo che c'è un'apertura nella siepe che permette abbastanza comodamente di uscire.


Può sembrare un aneddoto banale: una questione minima senza alcuna importanza: e lo è forse.

ma  questo esempio può anche essere una metafora, e il ragionamento si può estendere a qualsiasi cosa, anche a questioni "importanti".

Mai forzare il proprio limite, rispettarlo, ma mai lasciare che il fantasma del limite ci blocchi. Questo "fantasma" è fatto di paura, di blocco e partendo dal limite reale crea giganti di cartapesta che ci paralizzano, ma che sono solo creazioni della mente che ci offuscano la lucidità. facendo attenzione alla realtà con spirito aperto e ricettivo e attivando la creatività senza lasciarci subito atterrire dai limiti, potremmo accorgerci di possibilità a cui non avevamo mai pensato.

E un'ultima cosa devo dire: ma, in fin dei conti, chi l'ha detto che esistano questioni da nulla e Problemi "Importanti"? Esiste la vita, coi suoi territori da esplorare, da sondare a tastoni, da sperimentare, spesso più sconosciuti di quello che abitualmente diamo per scontato - perfino nella nostra età, in cui tutto sembra noto, conosciuto, etichettato, mappato, catalogato, spiegato, tracciato, didascalizzato: e questa, più che una difficoltà,  a me sembra un'ottima notizia. Perchè se vediamo il mondo e la vita in questa maniera, allora anche il più banale dei problemi può diventare un'avventura appassionante, in cui mettere in moto la nostra intelligenza creativa, in un'apertura di possibilità magari impensata.

Infinita, forse.




domenica 12 gennaio 2014

Karma - Karma - 1994



"La terra respira con te, soffia vita dentro me. La terra vibra con te, scuoti il sangue dentro me. E terra sia, Madre mia. La terra piange con te, Madre piangi con me. La terra muore con te, scende il buio su di me. E terra sia, Madre mia. Il mondo è terra. La terra respira con te, la terra vibra con te, la terra piange, la terra muore, la terra cammina con te. E terra sia, Madre mia. Il mondo è terra."

Jim Morrison sulla propria immagine

"Nessuno ha mai considerato di me il sottofondo ironico. Sono sempre stato preso troppo seriamente, come se gli altri non si fossero resi conto del mio sarcasmo." (Jim Morrison)

I poeti secondo Patti Smith

"Un tempo il poeta era un istrione, poi il filone si è esaurito. Dylan e Allen Ginsberg lo hanno rivitalizzato, ma poi tutto è andato ancora a farsi fottere perchè la gente, invece di imparare da Dylan e Ginsberg che il poeta è un istrione, ha pensato che il poeta fosse uno che protestava contro la società." (Patti Smith, da Show)

Ritmo Tribale - Psychorsonica - 1995





"Per quello che mi importa
per quello che ne so
non sono molto convinto
ma credo che ci riuscirò."