di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

giovedì 22 maggio 2014

Per un'etica impura, impolitica, della resistenza alla politica. (ripubblicazione)

  Ripubblico un vecchio post (Marzo 2013) che mi sembra quanto mai (in)attuale.



Non intorno a chi inventa nuovi rumori; intorno a chi inventa nuovi valori gira il mondo; impercettibile esso gira.
(F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)




"Ogni forma di intossicazione è un male, non importa se si tratti di alcool, morfina, o idealismo. Dobbiamo guardarci dal considerare male e bene come due opposti." (Carl G. Jung)

La stessa cosa vale naturalmente per il concetto di onestà, o, a maggior ragione, per quello di purezza.

Una cosa è essere onesti, un'altra cosa, completamente diversa, è sbandierare l'"onestà" come un vessillo sufficente a dimostrare una presunta diversità e superiorità ontologica rispetto agli altri.

Con questo passaggio, apparentemente non fondamentale, solo "di forma", si passa da una giusta esigenza di etica, impercettibilmente verso quel "desiderio di purezza" che ha creato i progrom, i gulag, i campi di concentramento, i roghi di "streghe" e di "eretici", le guerre sante, e ogni forma di persecuzione violenta del diverso e del non allineato.

Veramente "puro" è solo ciò che è morto e quindi è statico, non ha difetti. Chi si autodichiara "puro" invece è solo un moralista.

Etica e moralismo, da sempre, sono nemici giurati.

Sono d'accordo con l'esigenza di combattere la corruzione, cercare di raddrizzare quest'italietta del clientelarismo e della mafia. Questo va combattutto, completamente d'accordo. E capisco l'averne fin sopra i capelli.

Tuttavia quando da questo si passa a toni fanatici da crociati puri in lotta contro le forze del male, si passa dalla padella nella brace.

...ma rilassiamoci un po' tutti!


 un "cambiamento", in positivo, non è mai possibile accendendo toni millenaristici infuocati e apocalittici. rilassiamoci, voliamo basso... il "cambiamento" passa per le piccole cose e per i progetti studiati con attenzione, calma, cautela, analisi lucida, serenità, assenza di faziosità e di lotta di una parte contro tutto, ma concentrandosi sulla costruzione democratica di progetti concreti, positivi, approfondendo i temi invece di perdersi nell'adesione ad un capo che comanda una crociata...

...nè perdersi in qualsiasi altra forma di imbizzarrimento di parte.


La salvezza non sta nè nella politica nè nell'antipolitica. 

La salvezza sta nell'"impoliticità", nello starsene tranquillamente e serenamente, decisamente impolitici.

Non apolitici, menefreghisti. Ma, sostanzialmente, di fondo, impolitici. 

Cioè, rifiutarsi di lasciarsi catturare da qualsiasi ingranaggio, logica della politica, che è, sempre, in ogni caso, una logica di potere: sono logiche alienanti in cui perdiamo il nostro semplice "essere umani", "restare umani", e quindi capaci, sempre, a priori, molto prima di qualsiasi ragionamento "politico", di rimanere ancorati alla nostra autenticità e spontaneità interiori, e non spodestati, sbalestrati verso un alienante Astrazione politica - e quindi essere anche sempre capaci di riconoscere sempre negli altri esseri umani dei simili, senza lasciarci accecare dai furori "di parte". 

Essere impolitici non significa non dire ciò che si pensa, non criticare, anche radicalmente, non prendere posizione, ma significa che, molto prima e molto più in profondità di questo, "restiamo umani", restiamo saldamente ancorati nel cuore del nostro essere, del nostro essere individui umani col loro unico e irripetibile pensiero, con le loro emozioni uniche e irripetibili, e con la salda certezza che questo viene prima ed è molto più importante di qualsiasi adesione a "partiti". 

L'"ignavia" era in passato la peggiore delle codardie. 

Oggi il "non prendere partito" (che non significa, ripeto, non prendere posizione) mi sembra l'unica forma di coraggiosa, intelligente, saggia, umana resistenza, in quest'epoca di moti emotivi di massa meccanici evocati artificialmente dai media che svuotano chi si lascia irretire (in una qualsiasi "parte") della sua umanità e della sua intelligenza critica. 

Ancora più che contro Beppe Grillo, sono soprattutto contro ogni forma di impazzimento socio-politico che possa frammettersi fra gli esseri umani e dividerli. Il movimento 5 stelle è sicuramente una forma di impazzimento socio-politico, ma, tanto per dire, anche l'essere contro Beppe Grillo potrebbe esserlo o diventarlo. 

Io vedo il rischio di spaventosi fenomeni di caos sociale, a rischio di guerra civile. 

Di fronte a questo rischio, la mia posizione è fondalmente una: restare umani, restare saldamente ancorati a sè stessi, rifiutarsi di alienarsi nell'adesione cieca, fanatica, meccanicamente di massa, a una qualsiasi fazione politica, e ricordarsi sempre, molto prima della politica, del proprio essere-simili-a-tutti-gli-esseri-umani, come direbbe il Dalai Lama.


Il punto di vista del Dalai Lama


Il punto di vista di Virginia Salles, Wilhelm Reich e Josè Angelo Gaiarsa

2 commenti:

  1. Bello citare il Dalai Lama, esempio principe (nel vero senso della parola) del buddismo turistico per ricchi. Capo di una teocrazia nella quale i poveri erano tenuti in semi schiavitù e analfabetismo totale e in un sistema di fanatismo superstizioso. I tibetani sono caduti dalla padella della teocrazia, alla brace del dominio cinese che perlomeno ha fatto circolare un po' di più i soldi che prima erano appannaggio, guarda caso, solo dei lama.
    Ognuno cade preda delle suggestioni che preferisce. Wilhelm Reich parla di "peste rossa" un termine che anche Grillo ha usato (non del tutto a proposito) riferito al PD.
    Restare umani è una bella frase - contenitore. Anche Stalin era umano, come Hitler e Genghis Kahn.
    Quello che occorre è sapere distinguere i fenomeni e le loro implicazioni, cosa che è molto più difficile di quanto sembra.
    Massimo

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  2. Citare una frase o condividere un principio non è equivalente di abbracciare la filosofia di chi la pronuncia. Non è equivalente, tra l'altro, neanche del fatto di avere stima di quella persona. L'autore è ininfluente. Ragionare sui principi e sulle idee non è equivalente a discutere su chi idolatrare e chi disprezzare (mi sembra evidente, ma invece questa equivalenza viene continuamente fatta, mettendo in ombra il ragionamento sulle idee come di secondaria importanza). Mettere in luce gli aspetti negativi (magari anche molto negativi) della vecchia società teocratica tibetana non è in nessuna maniera equivalente a svalutare in toto le diverse forme di spiritualità che in quella terra si sono sviluppate. E' come dire che lo Zen è un'idiozia perchè è nato nel Giappone imperiale, non c'entra niente, sono piani distinti. Promuovere il progresso sociale non è equivalente di invadere una terra, depredarla, instaurarvi un regime totalitario, uccidere e torturare i dissidenti, estirpare pratiche religiose millenarie che possono piacere o no ma sono molto sentite tuttora dal popolo tibetano, dalla gente. Non tutti, certo, ma la maggior parte della gente. Sulle questioni tibetane non mi pronuncio, perchè sono questioni estremamente complesse. Bisognerebbe parlare coi tibetani, studiare (io ho fatto entrambe le cose, ma troppo poco per poter dire di avere un'opinione al riguardo, a parte certo la condanna della colonizzazione evidentemente violenta e annichilente della Cina) approfondire, magari farci un viaggio. I soldi non sono equivalente di maggiore benessere. La peste di cui parla Reich non può essere equivalente a un uso massmediatico, retorico, fazioso, pubblicitario, superficiale di questo concetto (per quanto io non abbia alcuna simpatia per il Pd). La peste è ovunque. E in particolare nella rete, nei massmedia, nelle mode, nei movimenti entusiasti o furiosi delle masse. Essere degli esseri umani non è equivalente di restare umani. Già la mente degli umanoidi si va meccanicizzando, virtualizzando, disanimando, automatizzando. Il consenso della rete non è in nessuna maniera nemmeno lontanamente assimilabile - non dico equivalente - a una consultazione popolare. Essere fedeli a un'idea e a un programma non è equivalente a essere acquiescenti ai diktat di un Capo se non si vuole essere cacciati e messi alla gogna. Le diverse forze e le diverse persone che stanno in Parlamento e non sono M5s sono diverse e non sono equivalenti. Credere in un partito e nella validità delle sue proposte non dovrebbe essere equivalente di considerare corrotti o rinunciatari o disonesti tutti quelli che la pensano diversamente. La giusta rabbia contro l'ingiustizia non dovrebbe essere equivalente a creare un clima da Santa Inquisizione. Credere nella validità di un leader non dovrebbe essere equivalente a idolatrarlo come una specie di Messia con la verità in mano, nè dovrebbe essere equivalente di fidarsi a priori di lui E ritorno all'inizio : ragionare sui principi e sulle idee non è equivalente a discutere su chi idolatrare e chi disprezzare (mi sembra evidente, ma invece questa equivalenza viene continuamente fatta, mettendo in ombra il ragionamento sulle idee come di secondaria importanza). Dunque ti do' ragione: è difficile distinguere i fenomeni. E anche le loro implicazioni.

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