LASCIA TUTTO, E SEGUITI! (F. Battiato) Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (Guido Ceronetti)

di-segno di Sacrilegio Tempesta
?
pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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lunedì 9 dicembre 2013
Una poesia di Wislawa Szymborska
UTOPIA
Isola dove tutto si chiarisce.
Qui ci si può fondare su prove.
L'unica strada è quella d'accesso.
Gli arbusti fin si piegano sotto le risposte.
Qui cresce l'albero della Giusta Ipotesi
con rami districati da sempre.
Di abbagliante linearità è l'albero del Senno
presso la fonte detta Ah Dunque E' Così.
Più ti addentri nel bosco, più si allarga
la Valle dell'Evidenza.
Se sorge un dubbio, il vento lo disperde.
L'eco prende la parola senza che la si desti
e chiarisce volenterosa i misteri dei mondi.
A destra una grotta in cui giace il senso.
A sinistra il lago della Profonda Convinzione.
Dal fondo si stacca la verità e lieve viene a galla.
Domina sulla valle la Certezza Incrollabile.
Dalla sua cima si spazia sull'Essenza delle Cose.
Malgrado le sue attrattive l'isola è deserta,
e le tenui orme visibili sulle rive
sono tutte dirette verso il mare.
Come se da qui si andasse soltanto via,
immergendosi irrevocabilmente nell'abisso.
Nella vita inconcepibile.
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Wislawa Szymborska
mercoledì 17 luglio 2013
Haiku della Stazione Centrale.
Skates e birra, demoni e passanti.
La giovane tossica urla. Chiede rispetto.
Silenzio nel cielo.
(Diogene senza l'anima?)
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giovedì 6 giugno 2013
Idee chiare e distinte.
Dalla con-fusione nasce la creatività, e quindi la creazione di Nuove Forme.
Dalla dis-tinzione nasce la paralisi, la separazione, l'interruzione delle connessioni sinaptiche, l'accecamento, il credere a una forma data, la pietrificazione, l'adorare una verità congelata, la frammentazione, la scissione, la repressione e il ribaltamento del naturale percepire, l'irrigidimento della molteplicità, la mutilazione del pensiero, il raggelamento dell'essere, la confusione.
Foto: Forme nella Tempesta, di Diogene senza l'anima?.
Foto: Le Forme dopo la Tempesta, di Diogene senza l'anima?.
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lunedì 8 aprile 2013
Vedendosi, di spalle partire-
Le anime belle e salve che cantava De Andrè.
(Marlene Kuntz)
http://www.youtube.com/watch?v=3sLAMUAHIBs
(Marlene Kuntz)
http://www.youtube.com/watch?v=3sLAMUAHIBs
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mercoledì 20 marzo 2013
Un frammento di Epitteto.
"Ciò che è nostro, che è noi stessi, non sono le idee o le rappresentazioni, ma l'uso di esse." (Epitteto. Frammento trovato sul retro dell'album prog "Abbiamo tutti un blues da piangere" dei Perigeo, del 1973)
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giovedì 14 marzo 2013
14/03/2013 - L'inutilità del giocare con l'idiozia massmediatica.
La mia prima stroncatura: "Fratto X" di Antonio Rezza e Flavia Mastrella.
Mi piacerebbe poter scrivere che è uno spettacoletto comico da quattro soldi, che non fa molto ridere, accolto da un tripudio di risate e giubili estasiati, da risata televisiva programmata, a comando, automatica, a bacchetta, meccanica, acefala, servile, ubbidiente, isterica, da un pubblico di intellettuali di sinistra e di fighetti alternativi - con la coscienza a posto perchè "Uè, è Rezza!".
Mi piacerebbe scriverlo, e in effetti l'ho scritto. E, in effetti, lo spettacolo è in parte proprio questo.
Tuttavia non sarebbe onesto affermare che lo spettacolo sia solo questo.
Alcune parti dello spettacolo sono un potente, spiazzante delirio grottesco surrealista, felicemente senza senso, oppure una farsa amara dell'assurdo in cui personaggi folli, ma a cui l'essere umano di oggi assomiglia, si muovono in scene disperate o esasperatamente violente, ma l'insieme dell'azione scenica restituisce una deflagrazione schizofrenica dell'identità e delle interazioni umane, in cui i registri collassano, e nel corso di una scena tremendamente drammatica viene involontariamente d'un tratto da scoppiare in uno sghignazzo disperato, amaro o assurdo.
Fin qui tutto bene.
La reazione del pubblico però è inquietante.
Le risate, forse per incapacità di tollerare l'assurdo in cui tragedia farsa e delirio convivono, sono continue, isteriche, iper-compiacenti, acclamatorie, automatiche, esagerate in maniera spropositata, osannanti, convulse - sembrano in tutto e per tutto le risate televisive programmate e ipertrofiche del pubblico di Zelig, Striscia la Notizia o Drive In - la gente ride come Rezza compare in scena, come apre bocca, qualsiasi cosa dica (per non parlare di quando ripete una semplice battuta) ride di cose tragiche, di cose senza senso che non hanno nessuna comicità ma un semplice aspetto di nonsenso dadaista, più inquietante che comico. Di più: ride quando viene insultata, contenta, quando viene trattata da pubblico coglione decerebrato, quando viene violentata, derisa, umiliata (su tutte la scena peggiore in questo senso è l'ultima) dall'attore-leader-showman-personaggio carismatico di turno - reagisce anzi con un ancora maggiore tripudio festante, inneggiante, una forma di masochismo autolesionista da veri e propri schiavi, scimmiette ammaestrate della società dello spettacolo di massa.
E, fin qui, in un certo senso, si potrebbe accusare il pubblico e la sua idiozia, più che lo spettacolo in sè.
Tuttavia, se l'ultima volta che avevo visto uno spettacolo di Rezza/Mastrella mi era sembrato di trovarmi di fronte a una intelligente forma di riflessione meta-comunicativa sulla società dello spettacolo e la sua decerebratezza leader-centrica, questa volta l'impressione è stata di trovarmi di fronte, per molti versi, a uno dei tanti esempi di spettacolo da baraccone di massa in cui questa decerebratezza viene sfruttata, rafforzata, incoraggiata, inculcata, imposta, eccitata, esaltata.
Il confine fra meta-comunicazione sull'idiozia massmediatica e l'idiozia massmediatica stessa può essere sottile, può essere facile inciampare e scivolare dalla prima verso la seconda.
In questo caso, questo confine viene incurantemente divelto con una leggerezza che rende questo spettacolo identico, per molti versi, alla peggiore tv-spazzatura.
La ragione per cui dico questo, è che se nell'altro spettacolo questo porsi come personaggio carismatico in maniera grottesca, era percepibile chiaramente come una provocazione, e ben riuscita anche, in questo caso il continuo giocare con il pubblico e le sue reazioni isteriche/acclamatorie risulta eccessivo, ripetitivo, banale, scontato alla lunga, autocompiaciuto, la battuta contro il pubblico non serve più a far riflettere e a spiazzare, ma semplicemente a confermare questo gioco idiota al massacro - un gioco facile per il mattatore di turno, in cui ha facilmente il coltello dalla parte del manico, e in cui sembra tautologicamente sguazzare felice - sembra non più una provocazione ma una effettiva, semplice, banale, inutile affermazione dell'ego dell'attore, così come in politica fanno Berlusconi e Grillo o in televisione, chessò, Pippo Baudo (non so, esiste ancora Pippo Baudo?).
Mi chiedo che senso, anzi, che non-senso, abbia tutto questo, e rimpiango di non essere rimasto in casa a vedere per la seconda volta Dove sognano le Formiche Verdi, un film fatto sostanzialmente di silenzi.
P.s.: Ho scritto questo articolo a caldo, sotto l'effetto di una reazione di notevole fastidio. A freddo, mi sento di dover ribadire quanto già detto verso inizio articolo: numerose scene dello spettacolo sono comunque d'un surrealismo molto efficace.
E non solo, anche ricco di spunti di riflessione.
Spunti che si potrebbero riassumere con queste domande:
Chi è chi?
Chi è cosa?
Noi siamo chi?
Cosa è noi?
Chi parla in noi quando parliamo?
Cosa afferma qualcosa quando affermiamo qualcosa?
Chi agisce quando agiamo?
Chi ride in noi quando ridiamo?
Chi, o che cosa, pensa?
Parliamo, agiamo, ridiamo e pensiamo in maniera libera, autentica, spontanea, autonoma, o per paura, conformismo, costrizione, un essere mossi meccanicamente da forze estranee manipolatorie più che un agire o un pensare o un dire?
Di più: il pensiero è possibile?
E' possibile, in assoluto, un pensiero realmente autonomo, libero, autentico, spontaneo - che non sia quindi semplicemente la copia di cose diverse prese a prestito qua e là?
Oppure, il vero, reale, autentico pensiero nasce dalla assurda, contraddittoria scoperta dell'impossibilità di sè stesso?
"Le contraddizioni contro cui urta lo spirito: sole realtà, criterio del reale. Nessuna contraddizione nell'immaginario. La contraddizione è la prova della necessità." (Simone Weil)
La contraddizione, insolubile, l'impossibilità di affermare una cosa qualsiasi, di formulare un pensiero credendoci, di avere un'opinione, una posizione su qualcosa, l'impossibilità di pensare, perchè pensare è fare da portavoce alla voce delle auctoritates, dei leader, dei geni, dei grandi, di chi ci sembra in grado di pensare, lui sì (mentre in realtà è nelle nostre stesse condizioni) - questa chiara e assoluta impasse, l'impossibilità di uscirne, l'impossibilità di costruire un pensiero che non sia solamente una parziale, relativa, soggettiva, presa a prestito, enfatizzazione di alcuni aspetti del reale rispetto ad altri, non percepiti - questa impossibilità, restare dentro questa impossibilità ci permette forse di sperimentare un pensiero libero, non schizofrenico, autentico e proprio perchè vuoto, senza centri di gravità, senza nessun appiglio, nel precipizio, nell'abisso. In questa lucida vertigine, qualcosa che possa essere un effettivo, reale pensiero non-appiccicato a simulacri pre-esistenti compare, nasce, vive, si espande.
A me rimane, dopo questo spettacolo, l'esigenza, la voglia, il bisogno di sottrarmi, abdicare al gioco al massacro degli scontri opinionistici, abdicare all'opinione, al gridare, all'affermare, al criticare, al giudicare, all'analizzare, all'esternare, all'attaccare, all'imporsi, sottrarsi al gioco folle del parlare l'uno sull'altro (con la voce dell'altro magari) e divorare prima di essere divorati tipico della nostra società liberista. Però sottrarmi anche al rumore di ogni polemica, anit-liberista, anti-politica, anti-anti-politica, anti-rezza, anti-qualsiasi cosa, anti-anti, etc....
sottrarsi, rinunciare, tacere, togliere, rilassarsi, lasciar stare, lasciar perdere, lasciare, lascia, lasciar perdere di ridere, entusiasmarsi, disperarsi, giubilare, fare il tifo, mutilarsi, inveire, insultare e obbedire ciecamente.
oscurarsi,
(e abbassare il volume, mormorare, e sorridere di più, è primavera)
Mi piacerebbe poter scrivere che è uno spettacoletto comico da quattro soldi, che non fa molto ridere, accolto da un tripudio di risate e giubili estasiati, da risata televisiva programmata, a comando, automatica, a bacchetta, meccanica, acefala, servile, ubbidiente, isterica, da un pubblico di intellettuali di sinistra e di fighetti alternativi - con la coscienza a posto perchè "Uè, è Rezza!".
Mi piacerebbe scriverlo, e in effetti l'ho scritto. E, in effetti, lo spettacolo è in parte proprio questo.
Tuttavia non sarebbe onesto affermare che lo spettacolo sia solo questo.
Alcune parti dello spettacolo sono un potente, spiazzante delirio grottesco surrealista, felicemente senza senso, oppure una farsa amara dell'assurdo in cui personaggi folli, ma a cui l'essere umano di oggi assomiglia, si muovono in scene disperate o esasperatamente violente, ma l'insieme dell'azione scenica restituisce una deflagrazione schizofrenica dell'identità e delle interazioni umane, in cui i registri collassano, e nel corso di una scena tremendamente drammatica viene involontariamente d'un tratto da scoppiare in uno sghignazzo disperato, amaro o assurdo.
Fin qui tutto bene.
La reazione del pubblico però è inquietante.
Le risate, forse per incapacità di tollerare l'assurdo in cui tragedia farsa e delirio convivono, sono continue, isteriche, iper-compiacenti, acclamatorie, automatiche, esagerate in maniera spropositata, osannanti, convulse - sembrano in tutto e per tutto le risate televisive programmate e ipertrofiche del pubblico di Zelig, Striscia la Notizia o Drive In - la gente ride come Rezza compare in scena, come apre bocca, qualsiasi cosa dica (per non parlare di quando ripete una semplice battuta) ride di cose tragiche, di cose senza senso che non hanno nessuna comicità ma un semplice aspetto di nonsenso dadaista, più inquietante che comico. Di più: ride quando viene insultata, contenta, quando viene trattata da pubblico coglione decerebrato, quando viene violentata, derisa, umiliata (su tutte la scena peggiore in questo senso è l'ultima) dall'attore-leader-showman-personaggio carismatico di turno - reagisce anzi con un ancora maggiore tripudio festante, inneggiante, una forma di masochismo autolesionista da veri e propri schiavi, scimmiette ammaestrate della società dello spettacolo di massa.
E, fin qui, in un certo senso, si potrebbe accusare il pubblico e la sua idiozia, più che lo spettacolo in sè.
Tuttavia, se l'ultima volta che avevo visto uno spettacolo di Rezza/Mastrella mi era sembrato di trovarmi di fronte a una intelligente forma di riflessione meta-comunicativa sulla società dello spettacolo e la sua decerebratezza leader-centrica, questa volta l'impressione è stata di trovarmi di fronte, per molti versi, a uno dei tanti esempi di spettacolo da baraccone di massa in cui questa decerebratezza viene sfruttata, rafforzata, incoraggiata, inculcata, imposta, eccitata, esaltata.
Il confine fra meta-comunicazione sull'idiozia massmediatica e l'idiozia massmediatica stessa può essere sottile, può essere facile inciampare e scivolare dalla prima verso la seconda.
In questo caso, questo confine viene incurantemente divelto con una leggerezza che rende questo spettacolo identico, per molti versi, alla peggiore tv-spazzatura.
La ragione per cui dico questo, è che se nell'altro spettacolo questo porsi come personaggio carismatico in maniera grottesca, era percepibile chiaramente come una provocazione, e ben riuscita anche, in questo caso il continuo giocare con il pubblico e le sue reazioni isteriche/acclamatorie risulta eccessivo, ripetitivo, banale, scontato alla lunga, autocompiaciuto, la battuta contro il pubblico non serve più a far riflettere e a spiazzare, ma semplicemente a confermare questo gioco idiota al massacro - un gioco facile per il mattatore di turno, in cui ha facilmente il coltello dalla parte del manico, e in cui sembra tautologicamente sguazzare felice - sembra non più una provocazione ma una effettiva, semplice, banale, inutile affermazione dell'ego dell'attore, così come in politica fanno Berlusconi e Grillo o in televisione, chessò, Pippo Baudo (non so, esiste ancora Pippo Baudo?).
Mi chiedo che senso, anzi, che non-senso, abbia tutto questo, e rimpiango di non essere rimasto in casa a vedere per la seconda volta Dove sognano le Formiche Verdi, un film fatto sostanzialmente di silenzi.
P.s.: Ho scritto questo articolo a caldo, sotto l'effetto di una reazione di notevole fastidio. A freddo, mi sento di dover ribadire quanto già detto verso inizio articolo: numerose scene dello spettacolo sono comunque d'un surrealismo molto efficace.
E non solo, anche ricco di spunti di riflessione.
Spunti che si potrebbero riassumere con queste domande:
Chi è chi?
Chi è cosa?
Noi siamo chi?
Cosa è noi?
Chi parla in noi quando parliamo?
Cosa afferma qualcosa quando affermiamo qualcosa?
Chi agisce quando agiamo?
Chi ride in noi quando ridiamo?
Chi, o che cosa, pensa?
Parliamo, agiamo, ridiamo e pensiamo in maniera libera, autentica, spontanea, autonoma, o per paura, conformismo, costrizione, un essere mossi meccanicamente da forze estranee manipolatorie più che un agire o un pensare o un dire?
Di più: il pensiero è possibile?
E' possibile, in assoluto, un pensiero realmente autonomo, libero, autentico, spontaneo - che non sia quindi semplicemente la copia di cose diverse prese a prestito qua e là?
Oppure, il vero, reale, autentico pensiero nasce dalla assurda, contraddittoria scoperta dell'impossibilità di sè stesso?
"Le contraddizioni contro cui urta lo spirito: sole realtà, criterio del reale. Nessuna contraddizione nell'immaginario. La contraddizione è la prova della necessità." (Simone Weil)
La contraddizione, insolubile, l'impossibilità di affermare una cosa qualsiasi, di formulare un pensiero credendoci, di avere un'opinione, una posizione su qualcosa, l'impossibilità di pensare, perchè pensare è fare da portavoce alla voce delle auctoritates, dei leader, dei geni, dei grandi, di chi ci sembra in grado di pensare, lui sì (mentre in realtà è nelle nostre stesse condizioni) - questa chiara e assoluta impasse, l'impossibilità di uscirne, l'impossibilità di costruire un pensiero che non sia solamente una parziale, relativa, soggettiva, presa a prestito, enfatizzazione di alcuni aspetti del reale rispetto ad altri, non percepiti - questa impossibilità, restare dentro questa impossibilità ci permette forse di sperimentare un pensiero libero, non schizofrenico, autentico e proprio perchè vuoto, senza centri di gravità, senza nessun appiglio, nel precipizio, nell'abisso. In questa lucida vertigine, qualcosa che possa essere un effettivo, reale pensiero non-appiccicato a simulacri pre-esistenti compare, nasce, vive, si espande.
A me rimane, dopo questo spettacolo, l'esigenza, la voglia, il bisogno di sottrarmi, abdicare al gioco al massacro degli scontri opinionistici, abdicare all'opinione, al gridare, all'affermare, al criticare, al giudicare, all'analizzare, all'esternare, all'attaccare, all'imporsi, sottrarsi al gioco folle del parlare l'uno sull'altro (con la voce dell'altro magari) e divorare prima di essere divorati tipico della nostra società liberista. Però sottrarmi anche al rumore di ogni polemica, anit-liberista, anti-politica, anti-anti-politica, anti-rezza, anti-qualsiasi cosa, anti-anti, etc....
sottrarsi, rinunciare, tacere, togliere, rilassarsi, lasciar stare, lasciar perdere, lasciare, lascia, lasciar perdere di ridere, entusiasmarsi, disperarsi, giubilare, fare il tifo, mutilarsi, inveire, insultare e obbedire ciecamente.
oscurarsi,
(e abbassare il volume, mormorare, e sorridere di più, è primavera)
Figura antitetica, tratta da Hypnerotomachia Poliphili, libro del 1499.
P.p.s.: Chiedo scusa se nella prima parte dell'articolo posso essere risultato offensivo per qualcuno. Mi riferisco ai giudizi sul pubblico. Prendete ciò che ho scritto con le pinze. Sono semplicemente delle provocazioni, dallo stile estremamente virulento perché scritte in un momento di forte vis polemica. Alla fine, la reazione a uno spettacolo è la cosa più soggettiva di questo mondo, e io non sono nessuno per giudicare, attraverso la mia personale soggettività, la soggettività degli altri.
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mercoledì 13 marzo 2013
13/03/2013 - sentire un prete cantare De Andrè -
Novate, 13/03/2013
In effetti Don Gallo non ha cantato De Andrè, ma è come se lo avesse fatto. Ha citato numerose volte Faber, in particolare i versi sugli emarginati e gli sbandati, le vittime, gli ultimi, i drogati, etc...
Ha addirittura dedicato una lunga parte conclusiva a spiegare perchè secondo lui bisognerebbe aggiungere un quinto vangelo ai quattro canonici: un Vangelo composto dalle canzoni di De Andrè.
Un vangelo che aggiunge secondo Gallo questi fondamentali elementi rispetto ai canonici: la poesia, la musica, la non-violenza, l'anti-fascismo, l'anti-capitalismo, e, infine "una spruzzata d'anarchia!".
Ha poi letto una commovente lettera che ha scritto insieme alle persone della sua comunità (una comunità composta da "puttane, drogati, impiccati, barboni, emarginati, adolescenti sbandati, bambini impazziti per la guerra atomica", cito a braccio, ma sono sicuro dell'esattezza o della quasi esattezza dell'espressione, da vero poeta Beat, "bambini impazziti per la guerra atomica") per salutare De Andrè nel '99 al suo funerale.
Ha invece cantato, dopo aver dichiarato che è la sua principale preghiera, Bella Ciao, accompagnato da noi del pubblico, è la prima cosa che ha fatto salito sul palco.
Anche questo è stato molto emozionante, mi ha colpito, non solo per il naturale carisma di quest'uomo di 84 anni, che ha cantato bella ciao marciando furiosamente e allegramente da una parte all'altra del palco in maniera decisamente coinvolgente, ma anche per il fatto che questa persona è un prete.
Colpisce molto l'inconscio profondo, sentire un prete (un prete!) cantare Bella Ciao, citare in maniera appassionata e poetica De Andrè, dire che la sua assistente principale è una transessuale, e che fra le sue preghiere più frequenti ci sono i primi 12 articoli della Costituzione. Ah, dimenticavo: e che il suo teologo di riferimento è Paolo Rossi, perchè una volta l'ha visto con su una maglietta con su scritto:
DIO C'E'
NON SEI TU
RASSEGNATI!
Se non esistessero preti così, bisognerebbe creare performances artistiche che creino questo tipo di shock culturale, ma comunque la presenza di una persona reale di fronte, che in carne ed ossa nella vita reale porta avanti da sempre le sue idee cercando di applicarle e restando ai margini della Chiesa, è sicuramente diverso e molto più potente.
Don Gallo ha idee decisamente laiche, repubblicane e democratiche (è stato partigiano), direi filo-socialiste, libertarie, anti-fasciste e anti-autoritarie (e quindi anche contro l'autoritarismo delle gerarchie cattoliche) anti-maschiliste (e quindi anche contro il maschilismo della Chiesa) per i diritti delle donne (e quindi se ho capito bene, ma mi è sembrato abbastanza chiaro, anche per il sacerdozio femminile) contro le norme imposte nella vita sessuale e medica, ma soprattutto due cose: per un cristianesimo povero, dalla parte dei poveri, dei derelitti, degli emarginati, etc... (che secondo Gallo è l'unico vero cristianesimo); e per una religione in cui al centro sta la libertà di coscienza di fronte a Dio, con cui nessuno può interferire.
Ha usato parole feroci contro le ricchezze vaticane, contro la banca vaticana ("Gesù ha mai parlato di banche????") ma soprattutto contro l'ipocrisia di chi vive la religione come un perbenista forma borghese di moralismo normativo, autoritario, giudicante ed escludente - escludente moltissimi: gli emarginati, le prostitute, i suicidi, i divorziati-risposati-preti sposati-i separati, etc... e che in realtà è lontanissima anche dalle persone a cui dovrebbe essere più vicina, i poveri.
"Ma chi sei tu per dire chi può stare dentro la Chiesa e chi no???? Chi sei per dire che un divorziato dev'essere escluso o un suicida non può avere un funerale??????? chi sei??????? Dio????????"
Una delle aspettative del pubblico, e anche mia, era un commento su Papa Francesco, eletto la sera stessa. Prendendomi in contropiede, Gallo ha dimostrato entusiasmo verso questo nuovo papa che si è voluto chiamare come San Francesco e che non ha benedetto la folla ma ha chiesto ad essa di benedirlo.
Anch'io avevo avuto un attimo di entusiasmo, un'ora prima, a sentire in televisione quel nome, "Francesco". Ma poi avevo subito pensato ad un'operazione di facciata per arginare il crollo della Chiesa Cattolica.
Il fatto che uno come Don Gallo invece abbia dimostrato entusiasmo e consideri questo Papa una persona con reali intenzioni riformiste mi dà più speranza, anche se lo stesso Gallo ha subito aggiunto che il compito è impervio e le istituzioni e le logiche di potere ostacoli enormi.
Che dire? Vedremo.
A me personalmente resta la strana sensazione che ho provato, per circa un minuto, a conclusione della serata. Io, non credente, o per meglio dire libero pensatore/libero "sentitore" eretico, mi sono ritrovato alla fine della conferenza in una situazione che mi è parsa un breve istante di reale "comunione", nello spirito semplice e gioioso dei primi cristiani (per come io lo immagino almeno): Don Gallo e noi del pubblico, abbiamo intonato per due volte un semplicissimo, appassionante coro che consisteva nella ripetizione per quattro-cinque volte di una stessa misteriosa parola (non so neanche se una parola cristiana o appartentente a qualche altra tradizione) in un climax crescente, con Gallo che tremante sollevava in alto un bicchiere di plastica pieno a metà di acqua, come fosse il Graal dei poveri.
In quel momento mi sono sentito realmente "unito" a quel gruppo di gente, un misto di credenti e non credenti accomunati forse solo da una certa sensibilità verso gli ultimi della Terra.
Il fatto di aver sperimentato questo proprio questa sera, resta per me personalmente una specie di segno, indecifrabile ma comunque bello.
In effetti Don Gallo non ha cantato De Andrè, ma è come se lo avesse fatto. Ha citato numerose volte Faber, in particolare i versi sugli emarginati e gli sbandati, le vittime, gli ultimi, i drogati, etc...
Ha addirittura dedicato una lunga parte conclusiva a spiegare perchè secondo lui bisognerebbe aggiungere un quinto vangelo ai quattro canonici: un Vangelo composto dalle canzoni di De Andrè.
Un vangelo che aggiunge secondo Gallo questi fondamentali elementi rispetto ai canonici: la poesia, la musica, la non-violenza, l'anti-fascismo, l'anti-capitalismo, e, infine "una spruzzata d'anarchia!".
Ha poi letto una commovente lettera che ha scritto insieme alle persone della sua comunità (una comunità composta da "puttane, drogati, impiccati, barboni, emarginati, adolescenti sbandati, bambini impazziti per la guerra atomica", cito a braccio, ma sono sicuro dell'esattezza o della quasi esattezza dell'espressione, da vero poeta Beat, "bambini impazziti per la guerra atomica") per salutare De Andrè nel '99 al suo funerale.
Ha invece cantato, dopo aver dichiarato che è la sua principale preghiera, Bella Ciao, accompagnato da noi del pubblico, è la prima cosa che ha fatto salito sul palco.
Anche questo è stato molto emozionante, mi ha colpito, non solo per il naturale carisma di quest'uomo di 84 anni, che ha cantato bella ciao marciando furiosamente e allegramente da una parte all'altra del palco in maniera decisamente coinvolgente, ma anche per il fatto che questa persona è un prete.
Colpisce molto l'inconscio profondo, sentire un prete (un prete!) cantare Bella Ciao, citare in maniera appassionata e poetica De Andrè, dire che la sua assistente principale è una transessuale, e che fra le sue preghiere più frequenti ci sono i primi 12 articoli della Costituzione. Ah, dimenticavo: e che il suo teologo di riferimento è Paolo Rossi, perchè una volta l'ha visto con su una maglietta con su scritto:
DIO C'E'
NON SEI TU
RASSEGNATI!
Se non esistessero preti così, bisognerebbe creare performances artistiche che creino questo tipo di shock culturale, ma comunque la presenza di una persona reale di fronte, che in carne ed ossa nella vita reale porta avanti da sempre le sue idee cercando di applicarle e restando ai margini della Chiesa, è sicuramente diverso e molto più potente.
Don Gallo ha idee decisamente laiche, repubblicane e democratiche (è stato partigiano), direi filo-socialiste, libertarie, anti-fasciste e anti-autoritarie (e quindi anche contro l'autoritarismo delle gerarchie cattoliche) anti-maschiliste (e quindi anche contro il maschilismo della Chiesa) per i diritti delle donne (e quindi se ho capito bene, ma mi è sembrato abbastanza chiaro, anche per il sacerdozio femminile) contro le norme imposte nella vita sessuale e medica, ma soprattutto due cose: per un cristianesimo povero, dalla parte dei poveri, dei derelitti, degli emarginati, etc... (che secondo Gallo è l'unico vero cristianesimo); e per una religione in cui al centro sta la libertà di coscienza di fronte a Dio, con cui nessuno può interferire.
Ha usato parole feroci contro le ricchezze vaticane, contro la banca vaticana ("Gesù ha mai parlato di banche????") ma soprattutto contro l'ipocrisia di chi vive la religione come un perbenista forma borghese di moralismo normativo, autoritario, giudicante ed escludente - escludente moltissimi: gli emarginati, le prostitute, i suicidi, i divorziati-risposati-preti sposati-i separati, etc... e che in realtà è lontanissima anche dalle persone a cui dovrebbe essere più vicina, i poveri.
"Ma chi sei tu per dire chi può stare dentro la Chiesa e chi no???? Chi sei per dire che un divorziato dev'essere escluso o un suicida non può avere un funerale??????? chi sei??????? Dio????????"
Una delle aspettative del pubblico, e anche mia, era un commento su Papa Francesco, eletto la sera stessa. Prendendomi in contropiede, Gallo ha dimostrato entusiasmo verso questo nuovo papa che si è voluto chiamare come San Francesco e che non ha benedetto la folla ma ha chiesto ad essa di benedirlo.
Anch'io avevo avuto un attimo di entusiasmo, un'ora prima, a sentire in televisione quel nome, "Francesco". Ma poi avevo subito pensato ad un'operazione di facciata per arginare il crollo della Chiesa Cattolica.
Il fatto che uno come Don Gallo invece abbia dimostrato entusiasmo e consideri questo Papa una persona con reali intenzioni riformiste mi dà più speranza, anche se lo stesso Gallo ha subito aggiunto che il compito è impervio e le istituzioni e le logiche di potere ostacoli enormi.
Che dire? Vedremo.
A me personalmente resta la strana sensazione che ho provato, per circa un minuto, a conclusione della serata. Io, non credente, o per meglio dire libero pensatore/libero "sentitore" eretico, mi sono ritrovato alla fine della conferenza in una situazione che mi è parsa un breve istante di reale "comunione", nello spirito semplice e gioioso dei primi cristiani (per come io lo immagino almeno): Don Gallo e noi del pubblico, abbiamo intonato per due volte un semplicissimo, appassionante coro che consisteva nella ripetizione per quattro-cinque volte di una stessa misteriosa parola (non so neanche se una parola cristiana o appartentente a qualche altra tradizione) in un climax crescente, con Gallo che tremante sollevava in alto un bicchiere di plastica pieno a metà di acqua, come fosse il Graal dei poveri.
In quel momento mi sono sentito realmente "unito" a quel gruppo di gente, un misto di credenti e non credenti accomunati forse solo da una certa sensibilità verso gli ultimi della Terra.
Il fatto di aver sperimentato questo proprio questa sera, resta per me personalmente una specie di segno, indecifrabile ma comunque bello.
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lunedì 11 marzo 2013
Meta-gnomica.
Ricordo che
verso la fine dell'università, dopo diversi anni a studiare filosofia, entrai
in polemica con l'esistenzialismo e l'Heidegger di Essere e tempo, entrambe filosofie
che ruotano attorno al concetto di possibilità,
e quindi all'apertura al possibile per eccellenza, l'essere per la morte;
e in cui le cose del mondo, le semplici
presenze sono una specie di
nulla per l'Esserci che è
l'essere umano, che è un essere-per-le-possibilità, per il quale quindi le cose
in quanto tali non hanno alcun valore. Entrai contemporaneamente in polemica
anche con la teologia di Simone Weil, in cui il mondo è soltanto un magma senza
senso dominato dalla forza della pesantezza,
cioè della cieca e più bassa volontà di vita, incapace di un'etica e di un
senso; in cui l'unico senso possibile arriva dalla Grazia, che è una luce che
arriva da un Dio radicalmente trascendente, radicalmente estraneo alla logica
del mondo, che ci salva facendoci fare un salto, una trasfigurazione che ci toglie alla pesantezza mondana; e in cui perciò, di nuovo, il
mondo è una specie di nulla.
Immaginai che potesse esistere una forma di pensiero anti-metafisico, ma anche estraneo alle altrettanto astratte filosofie laiche; un pensiero anti-filosofico, anti-teologico che invece si occupasse dei volti, dei luoghi, dei personaggi, dei crocicchi, degli eventi irripetibili che si incontrano nel mondo.
Un pensiero-mappa del mondo, empirista ma irriducibile ai riduzionismi del pensiero scientifico moderno e anche dell'empirismo filosofico, che si occupasse delle singole stranezze, delle singole unicità che si incontrano vagando nelle vie del mondo, degli individui, delle case, delle strade, dei boschi, dei lampioni, dei gatti randagi, dei vicoli, degli angoli bui, delle crepe del mondo, dei sentieri, dei cani, dei cuculi, dei luoghi e delle loro energie, aure, delle cose insolite, irripetibili, dei monstra, degli angeli, delle persone e delle loro storie, disegnando mappe che sono anche bestiari, racconti, disegni. Codici che contengono gli eventi, le persone, gli animali, le piante, i luoghi e le cose viste nella loro unicità, strappati a ogni generalizzazione, ma non per questo ridotti a una concatenazione meccanica di fatti successivi inanellati dal principio di causa e effetto, ma connessi anche da associazioni misteriose, nessi invisibili, analogie intuitive.
Una mappa-pensiero in cui si incontrano brandelli di narrazioni e di idee differenti, irriducibili l'una all'altra, a volte non comunicanti, non traducibili, non accostabili, lingue diverse, segni, simboli, storie senza un sostrato filosofico comune.
Immaginai che potesse essere esistito un pensiero di questo tipo soprattutto nei ghetti ebraici, lontani dalle scuole di filosofia principali, ma in pensatori non strettamente legati neanche alle metafisiche e alla mistica ebraiche, sebbene magari le conoscessero bene, e neppure ai vari filosofi ebrei. Un pensiero più vicino ai vicoli alle ombre ai personaggi e alle storie del ghetto, e a tutte le possibili riflessioni associazioni e interpetazioni su di esse, che non a una qualsiasi metafisica definita.
Un pensiero a metà fra empirismo radicale e interrogazioni metafisiche. Interrogazioni senza risposte.
Un pensiero-mappa del mondo infinito, senza una fine, ma in cui ogni singolo volto di persona, animale, luogo, pianta o cosa
appare come un unicum, una sorta di miracolo irripetibile e inspiegabile, e in cui tutte le singole cose sono avvolte nel mistero, ma anche collegate da intrecci e nessi più o meno rappresentabili.
Un pensiero del mondo, mondano, ma non materialista.
Un pensiero del frammento incompleto: tutto è frammento, sentieri interrotti si diramano dalle crepe di ogni cosa, ogni cosa ogni volta la si incontra come per la prima volta, eppure tutto è storia. Anzi, storie.
Un pensiero-letteratura-antropologia-sociologia-contraddizione-enigma-scienza naturale-metafisica-aneddoto-geografia-filosofia-fiaba-osservazione-fisica-tragedia-farsa-azione-silenzio-storia-poesia-fisiognomica-alchimia-metamorfosi-ipotesi-dubbio-analisi-ottimismo-etica-etnica-pathos-patafisica-intuizione-associazione-mito-religione-leggende-scetticismo-simboli-sentimento-emozioni-racconto-pittura-biologia-esegesi-ermeneutica-fenomenologia-esistenza-magia-fatto-barzelletta-teatro-cinema-chiacchera.
Una grande enciclopedia mistica incompiuta dell'universo nel suo sbilenco, multicentrico, eterogeneo, bizzarro, poliglotta, stralunato, vorticante manifestarsi/brulicare in frammenti sempre diversi, collegati da nessi inspiegabili.
Per citare Pasolini, una forma di empirismo eretico.
Un pensiero in cui il volto di Dio è nascosto, assente, ma in cui indizi del divino, di Dei o di Dio, possono essere osservati in ogni cosa - tracce mute, orme strambe, rumori segreti, suono corale dissonante, polimorfici indizi, enigmi indicibili, segni vitali anarchici, musica storpia, ribollire inquieto, umana inquietudine rimestata nel limite, bellezza intraducibile, squarci-urlo verso Altrovi e polvere di luna trasportata dal vento insieme a voci lontane.
Immaginai che potesse esistere una forma di pensiero anti-metafisico, ma anche estraneo alle altrettanto astratte filosofie laiche; un pensiero anti-filosofico, anti-teologico che invece si occupasse dei volti, dei luoghi, dei personaggi, dei crocicchi, degli eventi irripetibili che si incontrano nel mondo.
Un pensiero-mappa del mondo, empirista ma irriducibile ai riduzionismi del pensiero scientifico moderno e anche dell'empirismo filosofico, che si occupasse delle singole stranezze, delle singole unicità che si incontrano vagando nelle vie del mondo, degli individui, delle case, delle strade, dei boschi, dei lampioni, dei gatti randagi, dei vicoli, degli angoli bui, delle crepe del mondo, dei sentieri, dei cani, dei cuculi, dei luoghi e delle loro energie, aure, delle cose insolite, irripetibili, dei monstra, degli angeli, delle persone e delle loro storie, disegnando mappe che sono anche bestiari, racconti, disegni. Codici che contengono gli eventi, le persone, gli animali, le piante, i luoghi e le cose viste nella loro unicità, strappati a ogni generalizzazione, ma non per questo ridotti a una concatenazione meccanica di fatti successivi inanellati dal principio di causa e effetto, ma connessi anche da associazioni misteriose, nessi invisibili, analogie intuitive.
Una mappa-pensiero in cui si incontrano brandelli di narrazioni e di idee differenti, irriducibili l'una all'altra, a volte non comunicanti, non traducibili, non accostabili, lingue diverse, segni, simboli, storie senza un sostrato filosofico comune.
Immaginai che potesse essere esistito un pensiero di questo tipo soprattutto nei ghetti ebraici, lontani dalle scuole di filosofia principali, ma in pensatori non strettamente legati neanche alle metafisiche e alla mistica ebraiche, sebbene magari le conoscessero bene, e neppure ai vari filosofi ebrei. Un pensiero più vicino ai vicoli alle ombre ai personaggi e alle storie del ghetto, e a tutte le possibili riflessioni associazioni e interpetazioni su di esse, che non a una qualsiasi metafisica definita.
Un pensiero a metà fra empirismo radicale e interrogazioni metafisiche. Interrogazioni senza risposte.
Un pensiero-mappa del mondo infinito, senza una fine, ma in cui ogni singolo volto di persona, animale, luogo, pianta o cosa
appare come un unicum, una sorta di miracolo irripetibile e inspiegabile, e in cui tutte le singole cose sono avvolte nel mistero, ma anche collegate da intrecci e nessi più o meno rappresentabili.
Un pensiero del mondo, mondano, ma non materialista.
Un pensiero del frammento incompleto: tutto è frammento, sentieri interrotti si diramano dalle crepe di ogni cosa, ogni cosa ogni volta la si incontra come per la prima volta, eppure tutto è storia. Anzi, storie.
Un pensiero-letteratura-antropologia-sociologia-contraddizione-enigma-scienza naturale-metafisica-aneddoto-geografia-filosofia-fiaba-osservazione-fisica-tragedia-farsa-azione-silenzio-storia-poesia-fisiognomica-alchimia-metamorfosi-ipotesi-dubbio-analisi-ottimismo-etica-etnica-pathos-patafisica-intuizione-associazione-mito-religione-leggende-scetticismo-simboli-sentimento-emozioni-racconto-pittura-biologia-esegesi-ermeneutica-fenomenologia-esistenza-magia-fatto-barzelletta-teatro-cinema-chiacchera.
Una grande enciclopedia mistica incompiuta dell'universo nel suo sbilenco, multicentrico, eterogeneo, bizzarro, poliglotta, stralunato, vorticante manifestarsi/brulicare in frammenti sempre diversi, collegati da nessi inspiegabili.
Per citare Pasolini, una forma di empirismo eretico.
Un pensiero in cui il volto di Dio è nascosto, assente, ma in cui indizi del divino, di Dei o di Dio, possono essere osservati in ogni cosa - tracce mute, orme strambe, rumori segreti, suono corale dissonante, polimorfici indizi, enigmi indicibili, segni vitali anarchici, musica storpia, ribollire inquieto, umana inquietudine rimestata nel limite, bellezza intraducibile, squarci-urlo verso Altrovi e polvere di luna trasportata dal vento insieme a voci lontane.
(Diogene senza l'anima?)
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