LASCIA TUTTO, E SEGUITI! (F. Battiato) Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (Guido Ceronetti)

di-segno di Sacrilegio Tempesta
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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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venerdì 7 febbraio 2014
Lama Gyurme & Jean-Philippe Rykiel
Mantra tradizionali del Buddhismo Tibetano, accompagnati da bellissima musica elettronica.
Una musica che ti fa fermare. A riflettere, ad ascoltare, a rilassarsi, a essere, a meditare sul senso delle cose.
A meditare e ad ascoltare l'armonia e la Pace che si può trovare al di sotto, o al di sopra, o comunque al di là delle frenesia quotidiana. Mantra che, rilassando, accendono, fanno baluginare, svegliano anche l'attenzione e la capacità più-che-egoica di guardare al di là della propria piccola visuale abitudinariamente soggettiva, ascoltare e osservare con equanimità tutto ciò che si presenta alla coscienza, e interrogarsi sul senso e sulla direzione da dare alle nostre vite.
https://www.youtube.com/watch?v=vDvEt2qSFbU&list=PL0ABDC60F3FC58C7D
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venerdì 22 marzo 2013
Manifesto del contadino impazzito
Amate pure il guadagno facile,
l'aumento annuale di stipendio, le ferie pagate.
Chiedete più cose prefabbricate,
abbiate paura di conoscere i vostri prossimi e di morire.
Quando vi vorranno far comprare qualcosa
vi chiameranno.
Quando vi vorranno far morire per il profitto,
ve lo faranno sapere.
Ma tu, amico,
ogni giorno fa qualcosa che non possa essere misurato.
Ama la vita. Ama la terra.
Conta su quello che hai e resta povero.
Ama chi non se lo merita.
Non ti fidare del governo, di nessun governo.
E abbraccia gli esseri umani:
nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica.
Approva nella natura quello che non capisci,
perché ciò che l'uomo non ha compreso non ha distrutto.
Fai quelle domande che non hanno risposta.
Investi nel millennio... pianta sequoie.
Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai seminato,
e che non vivrai per raccogliere.
Poni la tua fiducia nei cinque centimetri di humus
Che crescono sotto gli alberi ogni mille anni.
Finché la donna non ha molto potere,
dai retta alla donna più che all'uomo.
Domandati se quello che fai
potrà soddisfare la donna che è contenta di avere un bambino.
Domandati se quello che fai
disturberà il sonno della donna vicina a partorire.
Vai con il tuo amore nei campi.
Riposati all'ombra.
Quando vedi che i generali e i politicanti
riescono a prevedere i movimenti del tuo pensiero,
abbandonalo.
Lascialo come un segnale della falsa pista,
quella che non hai preso.
Fai come la volpe, che lascia molte più tracce del necessario,
diverse nella direzione sbagliata.
Pratica la resurrezione.
W E N D E L L B E R R Y
traduzione di Giannozzo Pucci
(trovato sul bel blog del mio amico Jasper:
sabato 26 gennaio 2013
BELIEVE, OR EXPLODE!
(pATTI SmITH)
(pATTI SmITH)
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martedì 8 gennaio 2013
"La Bottega dei Suicidi" e l'eresia dell'entusiasmo di vivere.
"La bottega dei suicidi", ultimo film di Patrice Leconte - e suo primo film d'animazione - è chiaramente un film jodorowskyano.
Non certo perché assomigli ai film di Alejandro Jodorowsky, ma perché è una chiara, superba esemplificazione delle sue teorie psicologiche.
In una metropoli contemporanea (Parigi? Milano?) tutto ormai è grigio, spento, senza senso: i suoi abitanti, tristi larve svuotate di esseri umani, si trascinano stancamente per le sue strade buie senza un reale motivo, senza uno straccio di sogno o entusiasmo, senza nessuna voglia di vivere o respirare, i volti incavati segnati da paure prive ormai di un oggetto, esili fantocci sconfitti schiacciati da fantasmi senza nome, trafitti da una rassegnazione esausta, oltre il nichilismo verso il semplice incenerimento di qualsiasi desiderio o slancio o sussulto anche casuale di vita, verso la putrefazione dell'anima, il completo oblio di un qualsiasi ricordo di un lontano senso.
I suicidi aumentano ogni giorno.
Ma perfino suicidarsi, in questa cupa Metropoli del Dover-Essere, del Vietato Essere, è vietato.
O, perlomeno, suicidarsi in pubblico. L'Apparenza - Ciò Conta - dev'essere salvaguardata, e chi si suicida per strada - molti, moltissimi - ricevono come unica reazione dell'apparato pubblico una multa ficcata a forza nella bocca del suicida da una volante subito accorsa - e che subito si dilegua.
Per risolvere i problemi di questi cittadini stanchi di vivere ma che giustamente preferirebbero evitare multe postume, né certo vorrebbero intralciare il traffico, c'è la Bottega dei Suicidi: un negozio fornitissimo, assolutamente legale, anzi fornito di regolare licenza, dove si può trovare qualsiasi strumento - dai più ordinari ai più originali - per liberarsi definitivamente di una vita percepita ormai come un peso inutile - ma rispettando pur sempre doverosamente il comune senso del pudore, ponendo fine ai propri giorni nel proprio privato alveo, nascosto agli occhi di chi, pur condividendo magari l'assunto filosofico di base del suicida, potrebbe trovare sconveniente una morte violenta in pubblico, sotto un'auto o giù da un ponte. La vita non ha senso, ma le forme, almeno quelle, per Dio! - non vanno assolutamente dimenticate - siamo o non siamo pur sempre un continente civile???!?
I clienti si aggirano attoniti, incuriositi, affascinati fra le moltissime chincaglierie letali del fortunatissimo esercizio, molto alla moda. Alcuni acquistano la prima cosa che gli viene proposta dai gestori, tutto gli sembra indifferente - altri invece sembrano affascinati dall'abilità dialettico-commerciale della coppia proprietaria dell'attività, e seguono con interesse e quasi con occhi che brillano i loro discorsi sul "veleno, che è una scelta molto femminile - tutto sommato assomiglia a un profumo, no?" o sulla katana giapponese che "è molto virile", sull'estetica dei prodotti, alcuni incisi a mano, sull'essere "all'ultima moda" di alcune soluzioni. L'apparenza e il consumismo seguono le persone fino al loro salto nel buio. Tutti poi si preoccupano del prezzo: "Mah, mi sembra un po' caro..." ma sono rincuorati dallo slogan "Trapassati o rimborsati!".
Ma ecco l'elemento psicogenalogico, o jodorowskyano.
Cosa meglio di una famiglia, una coppia che, anche con l'aiuto dei figli, un bambino e una bambina, gestisce un'attività il cui core-business è la negazione della vita, la disperazione, e fa questo perché segue una tradizione familiare inaugurata da un bisnonno che aprì il negozio nell'ottocento, venerato come una specie di santo - una famiglia che ha fatto dell'assioma che la vita è triste, disperata, senza senso non solo il fulcro, il centro dell'ideologia familiare, della religione familiare - ma addirittura lo scopo di tutta la vita, anche professionale, un assunto da promuovere e difendere nel mondo, alla cui fortuna è legata la stessa fortuna materiale della famiglia; cosa, dunque, più di questo, può rappresentare il concetto jodorowskyano di albero genealogico, cioè il fatto che ogni individuo eredita molto di più che non semplicemente geni e influenza ambientale dalla famiglia, ma un'intero intreccio di malattie, nevrosi, sogni imposti, demoni nel sangue, superstizioni, blocchi, follie, paure, angosce, imposizioni, ammonizioni, plagi, false ambizioni, paranoie immaginarie, mostri psichici di vario tipo, divieti, sabotaggi, valori da venerare, idoli, pesi millenari, millenarie sconfitte che si ripetono sempre identiche nella storia dell'albero genealogico, oppressioni, ceppi, catene psichiche, ragnatele psichiche, offuscamenti, credenze obbligatorie, incapacità compiaciute, miserie ereditarie che vanno al di là dell'influenza di genitori e altri parenti effettivamente conosciuti, ma si ereditano misteriosamente anche da antenati vissuti secoli prima?
La stessa Bottega mi sembra una magnifica rappresentazione dell'albero genealogico: una casa/negozio molto grande, e piena zeppa di ogni sorta di orrore, paccottiglia mortifera di ogni tipo, catalogata, messa in bella mostra su scaffali immensi, un Museo degli Orrori ricchissimo e estremamente vario, di cui però andare fieri, messo come diaframma fra la casa e il mondo.
Bellissima anche la scena in cui una rapida carrellata mostra una parete infinita con le foto grottesche e disperate dei clienti già trapassati. Ad un livello simbolico profondo, mi sembra che invece questa parete rappresenti proprio gli antenati dell'albero.
E anche qui - in questa famiglia così ortodossamente ligia ai suoi doveri di disperazione - arriva la pecora nera: che è come dice Jodorowsky, la persona che nasce in un albero genealogico ma è diversa: non si allinea, non accetta i dogmi familiari, si ribella, e lo fa perché qualcosa di più forte, e non minimizzabile, incoercibile, incontenibile, lo divora e gli impedisce di conformarsi: un artista in una famiglia di ragionieri o di banchieri, un rockettaro in una famiglia di benpensanti che hanno la musica classica e l'opera come culto, un filosofo radicale in una famiglia estremamente cattolica, o chessò, un genio della boxe in una famiglia di intellettuali sedentari che detestano attività fisica e qualsiasi cosa che richiami anche di lontano una forma di lotta e di violenza, o un poeta in una famiglia di fisici teorici, o un fisico teorico in una famiglia di letterati.
Nel caso del film, nasce un bambino felice. Un tipo allegro, che ride sempre, ha sempre voglia di giocare e divertirsi, vede sempre tutto in positivo, nonostante l'ambiente in cui è nato.
I genitori sono sconsolati: non sopportano l'allegria e l'ottimismo di questo bambino "disobbediente alle leggi del branco" (De Andrè) e lo rimproverano e mortificano continuamente, creando spesso una forte delusione nel bambino, che però non si arrende e ogni volta si tira su, pensa a qualcosa di bello e continua a cercare di portare allegria in questa famiglia di venditori-di-morte.
Il bambino cresce e la sua vergognosa diversità non accenna a diminuire: è sempre più allegro, anche se ha dei momenti di profondo sconforto per la immodificabile, rassegnata tristezza della sua famiglia (e della sua città).
Ma non si arrende, non vuole, non si può arrendere. Il suo dàimon, direbbe James Hillman, glie lo impedisce.
Anche questo mi sembra molto jodoroskyano: la pecora nera non sceglie semplicemente la via della ribellione, del seguire un'altra strada (via che rischia di finire per riprodurre semplicemente le stesse identiche cose in un altro paese, o in un'altra veste ideologica) ma sceglie una via molto più impegnativa e risolutiva: quella dell'affrontare i problemi nella famiglia, non allontanandosi dalla famiglia.
Il bambino, coraggioso e determinato, non vuole arrendersi all'evidenza, e decide che, insieme ai suoi amici, deve assolutamente far qualcosa per cambiare la sua famiglia e la sua città.
La soluzione è semplice ma efficacissima: insieme ai suoi amici, e con l'aiuto dello zio di uno di loro, che fa il meccanico, portano davanti al negozio un'auto dotata di un impianto stereo ultra-professionale con casse esterne potentissime: molto semplicemente, le nostre teppe ribelli accendono un'assordante musica da discoteca, fragorosa vitale ma con chitarre elettriche arrabbiatissime, di fronte al negozio, a tutto volume.
Questa è la scena più geniale del film, dal punto di vista simbolico, psicogenealogico: la casa trema, a ritmo, sembra poter crollare da un momento all'altro, i clienti assordati non capiscono cosa succede, la madre urla impazzita, la sorella adolescente prima sbalordita poi invece comincia a ballare con un ragazzo sconosciuto, di cui si innamora. Le boccette di veleno, gli acquari con i piranas e tutte le altre preziosissime chincaglierie nichiliste cadono da tutte le parti, sfracellandosi a terra. Alla fine, il negozio è ancora in piedi, ma tutta la merce è completamente distrutta.
Il finale: la Bottega viene trasformata in una creperia "Au Bons Vivants"! La persone della famiglia cambiano, cominciano a ridere di più, ad avere voglia di vivere, a non vedere tutto nero. La figlia sposa il ragazzo conosciuto durante il "crollo", che è bravissimo a fare le crepes.
Il nostro eroe è più felice che mai.
Anche la conclusione è jodorowskyana.
Si tratta del tema dell'albero luminoso.
Cioè del fatto che nell'albero genealogico, oltre agli spettri, malattie, blocchi, etc... di cui sopra, vengono tramandate anche capacità, talenti, forme di genio, di creatività, di amore, segreti positivi appannaggio dell'albero in base ai quali è possibile avere successo, sogni, utopie, luce, speranza, coraggio, passioni, saggezza, determinazione, sapienza, sostegno per la realizzazione di sé stessi e della propria unicità.
Mi viene da dire: la maniera per neutralizzare l'albero dell'oppressione millenaria e far emergere invece l'albero luminoso non può che essere - e qui mi richiamo a Jodorowsky ma soprattutto a Hillman - una sola: ascoltare quello che Hillman chiama il proprio dàimon: e cioè la propria diversità, la propria irriducibile, non-omologabile, unica, irripetibile forma specifica di ispirazione, di sogno, di visione, di talento, di scopo dello stare al mondo. E' uno scopo che - direbbe Hillman - è già contenuto nella ghianda della tua anima fin da prima della tua nascita.
Mi sembra probabile.
Jodorowsky penso aggiungerebbe: se ascolti e segui il tuo dàimon, in maniera inesorabile, mai arresa, inarrestabile, viscerale, se ti affidi a lui completamente, allora i tuoi antenati da nemici diventeranno misteriosamente i tuoi più potenti alleati.
p.s.: splendide le canzoncine!!!! In puro stile Nightmare before Christmas!!!! Direi dello stesso livello. E ottimamente tradotte e cantate anche in italiano!!!!!!!!
P.s.: In realtà Jodorowsky, da quello che ho capito, non consiglia necessariamente la soluzione dei problemi nella famiglia, ma dice che - nella famiglia o per conto proprio - bisogna affrontare e risolvere blocchi e nodi irrisolti andando alla radice: invece il semplice scegliere una "ideologia", un "gusto", un insieme di opinioni o di abitudini contrapposte a quelle della famiglia di origine non è risolutivo. Traduco in termini miei, filo-Hillmaniani: non è necessario neanche fare chissà quali strani e costosi seminari di terapia psicogenealogica: basta ascoltare il proprio dàimon - e non la semplice contrapposizione a tutti i costi allo "stile" familiare: il proprio dàimon ha uno "stile" suo, unico nella storia dell'universo, segue la sua via, inesorabile e incondizionato: che poi questa via sia più o meno - in apparenza - lontana o vicina allo stile della famiglia, è completamente irrilevante.
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lunedì 31 dicembre 2012
fuori dai cortei/dalla burocrazia/fuori dalle chiese dentro ai formicai.
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giovedì 27 dicembre 2012
altre risa di Dioniso in forma di musica.
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martedì 24 luglio 2012
Il Vecchio Rimpianto di una Antica Era (esercizi di scollegamento e connessione/3)
Farmacia. Il cane m'ha leccato un'occhio e mi s'è gonfiato. Chiedo un collirio naturale - anticipatamente stizzito verso la diffidenza prevenuta della farmacista - e infatti trovo naturale ovvia conferma: "Io le consiglierei un farmaco."-
Il mio pre-nervosismo risaputo traballa indeciso-imbarazzato-dissimulatamentenontantoaggressivo-in effetti l'occhio è parecchio gonfio. Rifletto in una manciata di eterni-secondi - lo sguardo accasciato obliquo accovacciato in un angolo verso il basso, senza degnare d'un minimo segnale fatico la - pur presente - suddetta. Sono un pronto a mordere - ma anche il mio occhio, abbisogna d'un osso di sollievo.
Mi scanta dall'imbambolo para-polemico la voce vecchia d'un vecchio - gravevetustasimpaticoseriaarrabbiatogracchiante.
"Ah, finalmente un sorriso!" sta dicendo alla farmacista "Che bel sorriso! Qui non ride più nessuno! Tutti nervosi, indifferenti, a tutti sembra gli dia fastidio perfino salutare!"
La farmacista effettivamente sta facendo un gran sorriso al vecchio - "vecchio", gran bella parola - "anziano" - che - sbocco.
Mi volto verso il non-anziano-ma-vecchio e gli dico convinto - con un mezzo sorriso incerto stampato in b/n sulla faccia - i cui muscoli si sono almeno riattivati - "ha ragione!"-
La mia espressione e il mio precedente imbambolamento rigidoparadrammaticorigidoottusochiusotimidoaggressivocomico non sono forse la perfetta esemplificazione pratica della teoria a cui ho aderito in quel secondo.
continua, la voce, vecchia: "Una volta tutti si sorrideva, tutti si parlavano, tutti ci si salutava. Entravi in un bar e ti mettevi a parlare, come va?, come non va?, adesso sembra che gli dai quasi fastidio..."
"E' vero" assicuro il mio accordo, mentre i muscoli della faccia contratta diventano un po' più rilassati e il sorriso comincia quasi a sembrare naturale (intanto ho scelto il collirio naturale) "Cioè non so comera una volta, ma adesso è così. Poi tutti che si lamentano di tutto..." lamento.
Intanto la farmacista s'inserisce "Senta, le ho battuto 23 euro invece di 8 sul bancomat, mi stava parlando la collega dell'altro cliente, mi sono sbagliata, le dò il resto..." - Ci mettiamo tutti a ridere mentre io dico che non è un problema "anzi, almeno ho un po' di contante.."
"Io lo so perchè ho lavorato per 50 anni dietro un bancone, l'ho visto il cambiamento in tutti questi anni." Continua la voce del Testimone di un'Altra Era - alieno in questa.
"E' così cambiato?"
"Totalmente. Sembra di vivere in un altro mondo."
Io, e la farmacista siamo-ora-mai parte, viva della sua ferita, e un clima di serenità complice s'è steso sui nostri volti, è stato così semplice sciogliere le tensioni di "aggressività preventiva", è così senza senso, disumano l'atteggiamento considerato "normale" oggi... e le mie ideologie rivoluzionarie naturaliste in campo medico m'hanno solo servito da alibi per la solita alienazione meccanico-anonima-svuotata-indifferente...
Scambiamo ancora qualche allegra parola di polemica verso l'oggi abituale e saluto con vera cordialità la farmacista e il Vecchio.
Vado al bancomat e poi alla Coop.
Post Scriptum: Poi dopo la spesa torno in farmacia, ho pensato che forse è meglio se prendo anche il collirio - "farmaco", nel caso l'occhio continui a gonfiarsi.
Il vecchio naturalmente non c'è più - io e la farmacista ci salutiamo - i muscoli facciali si misurano in estenuanti esercizi di para-maschere-di-sorriso - prendo l'altro collirio - pago - alla fine ci salutiamo faticando ad essere cordiali.
Il mio pre-nervosismo risaputo traballa indeciso-imbarazzato-dissimulatamentenontantoaggressivo-in effetti l'occhio è parecchio gonfio. Rifletto in una manciata di eterni-secondi - lo sguardo accasciato obliquo accovacciato in un angolo verso il basso, senza degnare d'un minimo segnale fatico la - pur presente - suddetta. Sono un pronto a mordere - ma anche il mio occhio, abbisogna d'un osso di sollievo.
Mi scanta dall'imbambolo para-polemico la voce vecchia d'un vecchio - gravevetustasimpaticoseriaarrabbiatogracchiante.
"Ah, finalmente un sorriso!" sta dicendo alla farmacista "Che bel sorriso! Qui non ride più nessuno! Tutti nervosi, indifferenti, a tutti sembra gli dia fastidio perfino salutare!"
La farmacista effettivamente sta facendo un gran sorriso al vecchio - "vecchio", gran bella parola - "anziano" - che - sbocco.
Mi volto verso il non-anziano-ma-vecchio e gli dico convinto - con un mezzo sorriso incerto stampato in b/n sulla faccia - i cui muscoli si sono almeno riattivati - "ha ragione!"-
La mia espressione e il mio precedente imbambolamento rigidoparadrammaticorigidoottusochiusotimidoaggressivocomico non sono forse la perfetta esemplificazione pratica della teoria a cui ho aderito in quel secondo.
continua, la voce, vecchia: "Una volta tutti si sorrideva, tutti si parlavano, tutti ci si salutava. Entravi in un bar e ti mettevi a parlare, come va?, come non va?, adesso sembra che gli dai quasi fastidio..."
"E' vero" assicuro il mio accordo, mentre i muscoli della faccia contratta diventano un po' più rilassati e il sorriso comincia quasi a sembrare naturale (intanto ho scelto il collirio naturale) "Cioè non so comera una volta, ma adesso è così. Poi tutti che si lamentano di tutto..." lamento.
Intanto la farmacista s'inserisce "Senta, le ho battuto 23 euro invece di 8 sul bancomat, mi stava parlando la collega dell'altro cliente, mi sono sbagliata, le dò il resto..." - Ci mettiamo tutti a ridere mentre io dico che non è un problema "anzi, almeno ho un po' di contante.."
"Io lo so perchè ho lavorato per 50 anni dietro un bancone, l'ho visto il cambiamento in tutti questi anni." Continua la voce del Testimone di un'Altra Era - alieno in questa.
"E' così cambiato?"
"Totalmente. Sembra di vivere in un altro mondo."
Io, e la farmacista siamo-ora-mai parte, viva della sua ferita, e un clima di serenità complice s'è steso sui nostri volti, è stato così semplice sciogliere le tensioni di "aggressività preventiva", è così senza senso, disumano l'atteggiamento considerato "normale" oggi... e le mie ideologie rivoluzionarie naturaliste in campo medico m'hanno solo servito da alibi per la solita alienazione meccanico-anonima-svuotata-indifferente...
Scambiamo ancora qualche allegra parola di polemica verso l'oggi abituale e saluto con vera cordialità la farmacista e il Vecchio.
Vado al bancomat e poi alla Coop.
Post Scriptum: Poi dopo la spesa torno in farmacia, ho pensato che forse è meglio se prendo anche il collirio - "farmaco", nel caso l'occhio continui a gonfiarsi.
Il vecchio naturalmente non c'è più - io e la farmacista ci salutiamo - i muscoli facciali si misurano in estenuanti esercizi di para-maschere-di-sorriso - prendo l'altro collirio - pago - alla fine ci salutiamo faticando ad essere cordiali.
martedì 10 luglio 2012
Patti Smith canta Neil Young: After the gold rush, testo, traduzione mia, mio commento.
After the gold rush
Well, I dreamed I saw the knights
In armor coming,
Saying something about a queen.
There were peasants singing and
Drummers drumming
And the archer split the tree.
There was a fanfare blowing
To the sun
That was floating on the breeze.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.
I was lying in a burned out basement
With the full moon in my eyes.
I was hoping for replacement
When the sun burst thru the sky.
There was a band playing in my head
And I felt like getting high.
I was thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.
Thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.
Well, I dreamed I saw the silver
Space ships flying
In the yellow haze of the sun,
There were children crying
And colors flying
All around the chosen ones.
All in a dream, all in a dream
The loading had begun.
They were flying Mother Nature's
Silver seed to a new home in the sun.
Flying Mother Nature's
Silver seed to a new home.
Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century,
Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century.
(Neil Young - ultimi quattro versi aggiunti da Patti Smith)
Dopo l'assalto d'oro
Beh, sognai di vedere i cavalieri
che arrivavano con la loro corazza,
dicevano qualcosa a proposito di una regina.
C'erano contadini che cantavano
e tamburini rullavano il tamburo
e l'arciere fendette l'albero.
C'era una fanfara che zefirava
al sole
che ondeggiava nella brezza.
Guarda, Madre Natura sta scappando
nei millenovecentosettanta
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nei millenovecentosettanta.
Stavo steso in un seminterrato in cenere
con la luna piena nei miei occhi.
Speravo in una sostituzione
quando il sole esplose squarciando il cielo.
C'era una banda che suonava nella mia testa
e mi sentii come se fossi tirato verso l'alto.
Stavo pensando a quello che un
Amico aveva detto
speravo che fosse una menzogna.
Beh, sognai le
navi spaziali d'argento volare
nella coltre gialla del sole,
c'erano bambini che piangevano
e colori che volavano
tutt'attorno agli eletti.
Tutto in un sogno, tutto in un sogno
avevano cominciato a caricare.
Stavano trasportando in volo il seme d'Argento
di Madre Natura verso una nuova casa nel sole.
Guarda, Madre Natura sta scappando
nel secolo ventesimoprimo
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nel secolo ventesimoprimo.
(traduzione mia)
http://www.youtube.com/watch?v=ZSa0QTbtYc4
Well, I dreamed I saw the knights
In armor coming,
Saying something about a queen.
There were peasants singing and
Drummers drumming
And the archer split the tree.
There was a fanfare blowing
To the sun
That was floating on the breeze.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.
Look at Mother Nature on the run
In the nineteen seventies.
I was lying in a burned out basement
With the full moon in my eyes.
I was hoping for replacement
When the sun burst thru the sky.
There was a band playing in my head
And I felt like getting high.
I was thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.
Thinking about what a
Friend had said
I was hoping it was a lie.
Well, I dreamed I saw the silver
Space ships flying
In the yellow haze of the sun,
There were children crying
And colors flying
All around the chosen ones.
All in a dream, all in a dream
The loading had begun.
They were flying Mother Nature's
Silver seed to a new home in the sun.
Flying Mother Nature's
Silver seed to a new home.
Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century,
Look at Mother Nature on the run
in the twentyfirst century.
(Neil Young - ultimi quattro versi aggiunti da Patti Smith)
Dopo l'assalto d'oro
Beh, sognai di vedere i cavalieri
che arrivavano con la loro corazza,
dicevano qualcosa a proposito di una regina.
C'erano contadini che cantavano
e tamburini rullavano il tamburo
e l'arciere fendette l'albero.
C'era una fanfara che zefirava
al sole
che ondeggiava nella brezza.
Guarda, Madre Natura sta scappando
nei millenovecentosettanta
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nei millenovecentosettanta.
Stavo steso in un seminterrato in cenere
con la luna piena nei miei occhi.
Speravo in una sostituzione
quando il sole esplose squarciando il cielo.
C'era una banda che suonava nella mia testa
e mi sentii come se fossi tirato verso l'alto.
Stavo pensando a quello che un
Amico aveva detto
speravo che fosse una menzogna.
Beh, sognai le
navi spaziali d'argento volare
nella coltre gialla del sole,
c'erano bambini che piangevano
e colori che volavano
tutt'attorno agli eletti.
Tutto in un sogno, tutto in un sogno
avevano cominciato a caricare.
Stavano trasportando in volo il seme d'Argento
di Madre Natura verso una nuova casa nel sole.
Guarda, Madre Natura sta scappando
nel secolo ventesimoprimo
Guarda nostra Madre Natura che scappa
nel secolo ventesimoprimo.
(traduzione mia)
http://www.youtube.com/watch?v=ZSa0QTbtYc4
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mercoledì 23 maggio 2012
La Vita è un fenomeno strano, magico, multiforme, contraddittorio, meraviglioso, potente, misterioso, illimitato, a cui si ha accesso al costo di staccare la testa di netto, ogni singolo momento che viviamo, al demone/agnello sacrificale del nostro delirio di onnipotenza. E, cioè, scegliere.
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