di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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giovedì 29 maggio 2014

LASCIAR SCOMPARIRE L'ARTE PER LASCIAR RIEMERGERE LA REALTA', LA VITA, IL GIOCO, LA LIBERTA', LA NATURA, IL SELVATICO


(disegno di Dem Dem, riprodotto qui con il suo consenso, da me richiesto. Il sito di Dem Dem )


Ritrarsi, dissolversi, spaccare la scatola dell'ordine simbolico dato, la rete del linguaggio stesso, gli inganni dell'arte, la Maya ammaliante e perfida della fanfara multimediale, per lasciare spazio al gioco, alla vita libera istante per istante, alla creatività senza opere, all'azione per il piacere dell'azione, per tornare alla natura, alla realtà caotica vitale e indecifrabile oltre questa Matrix subdola, al selvatico ignoto, al nostro esistere reale come corpi liberi istintivi in uno spazio aperto senza determinazioni, risultati, scopi, oggetti reificati, codici convenzionali, e senza tempo. "Un punto di incredibile densità. Bisogna imparare a rallentare il tempo, a vivere la passione permanente dell'esperienza immediata."



 Due articoli di John Zerzan, filosofo anarchico primitivista.


Il primo è contro l'arte:


Critica primitivista all'arte e al mondo dei simboli


Il secondo è contro il tempo:


Critica anarchica alla costruzione sociale del tempo



Nel primo articolo, Zerzan sostiene che nel Paleolitico, all'epoca in cui eravamo nomadi cacciatori-raccoglitori, non c'era nè religione nè arte, e neanche un linguaggio inteso come lo intendiamo noi, una rete di simboli codificati e condivisi. E non c'era la divisione del lavoro, erano piccole bande nomadi egualitarie.

Non c'erano i simboli, l'uomo era un animale immerso nella vita della natura, libero, reale, istintivo, immediato, senza mediazioni artificiali.

Col Neolitico, e il passaggio a una società stanziale, basata sull'agricoltura e su un'organizzazione sociale più complessa nasce la gerarchia sociale, la divisione del lavoro, la religione e il linguaggio. E con tutto questo l'alienazione.

E la separazione dalla natura, l'unità perduta con la quale - dopo questa caduta - è surrogata dai paradisi artificiali della religione, dell'arte e del linguaggio simbolico.

Già gli sciamani delle religioni più antiche erano legati a una struttura sociale differenziata, con ruoli assegnati, gerarchia definita e un mondo mitologico-simbolico sostituto dell'originaria indifferenziazione nella natura, perduta.

Poi, in estrema sintesi, col cristianesimo antropocentrico prima, e quindi con la società moderna, le cose sono andate sempre peggio, fino all'attuale società completamente alienata, separata ermeticamente dalla natura, asettica, mortuaria, virtuale, sempre più distruttiva e irrispettosa verso la natura e verso il selvatico l'autentico e il genuinamente istintuale e creativo, unico, libero, originale, singolare, singolo, non-conformato in noi.

In tutto questo, l'arte ha sempre avuto la stessa funzione della religione: legittimare l'ordine sociale alienato e permettere fugaci ascese a attimi di pace estasi o bellezza, surrogati della felicità naturale permanente. L'estetica è anestetica: anestetizza e intorpidisce, obnubila i nostri sensi, e estetizza la nostra percezione e interazione col mondo, comprimendola in una scatola simbolica sintetica, principalmente visuale, astratta, artificiale, deformante, selettiva, sostitutiva, basata su una presa di distanza, una separazione dal mondo, dal corpo, dal selvatico, dalla natura, dall'istinto: abitiamo il mondo della rappresentazione, invece di abitare il mondo, la terra, le foreste, in un rapporto spontaneo, immediato, istintivo, cinestesico, ricco di scambi attivi, con esso, una percezione e una comunicazione con la realtà nuda, vuota, sgombra, diretta, un gioco creativo libero in cui tutti i nostri sensi potrebbero essere realmente risvegliati e messi in gioco radicalmente e felicemente.


                                               (Renée Magritte, La condizione umana)

DADA ha messo oggetti qualunque in un museo con l'intenzione di scardinare tutto questo: rompere il muro tra arte - collezione di oggetti reificati e idolatrati da spettatori passivi - e vita, realtà, mondo: una ruota di bicicletta è fonte di percezione e gioco liberi quanto un quadro di Van Gogh.

Il surrealismo voleva far irrompere il Sogno e l'inconscio nella vita, nella società, gli esperimenti più coraggiosi degli anni 70, performances, happenings, etc., come il surrealismo volevano anche violentemente cercare di rivoluzionare la società attraverso l'arte, precipitare un vortice di libertà creazione gioco follia nelle strade, nella vita.

Ma tutto questo per Zerzan ha fallito perchè l'arte è strutturalmente parte del sistema sociale alienato e gerarchico, e del suo appartarsi dalla natura in un iperuranio sintetico di simboli, segni, linguaggi, finzioni.


Da qui la morte dell'arte, le sue forme sempre più svuotate, provocatorie in maniera fine a sè stessa, le tele nere, le tele bianche, le tele squarciate di Fontana e la loro angoscia desertica, la merda d'artista, la musica contemporanea colta sempre più incomprensibile fino a teorizzare il silenzio o i rumori casuali, i romanzi con pagine da comporre a piacimento, libri con pagine bianche, la Pop Art che fa equivalere arte e prodotti industriali o immagini pubblicitarie, poesia sempre più sperimentale fino a includere equazioni matematiche nel testo, e infine una stanchezza sempre maggiore e quindi il nostro presente, in cui una multimedialità spettacolare quanto sterile, ripetitiva, ma onnipotente, onnipervasiva e onnipresente fa schizzare immagini suoni e slogan ovunque, caos babelico in cui tutto equivale a tutto, ogni input è buono in quanto input, può essere Pessoa o la Coca Cola, non importa. "Mi piace". Un perfetto mondo di segni che richiamano segni in una Matrix autoreferenziale che rimanda continuamente a sè stessa, la perfetta realizzazione di arte e religione, secondo Zerzan, una bolla che ci esclude dalla realtà, dalla natura, e ci riduce a pedine di un gioco preordinato in cui è sottratta la libertà singolare e la libera creatività del singolo.



La tesi di Zerzan può essere forse eccessiva.

Tuttavia è esperienza penso di tutti, in particolare di chi crea arte, poesia, musica, etc... la sensazione di tradimento e nientificazione che si prova di fronte all'opera d'arte reificata in qualcosa di concluso.

Leggo o scrivo una poesia: è un frammento di eternità, un particolare non contestualizzabile, una scheggia che mi apre una scintilla non mediabile nè paragonabile, che potrebbe essere forse la chiave d'accesso a un intero universo. Un'emozione unica e irripetibile, indicibile, singolare, un differire imprevisto, incatalogabile, dalla continuità dell'obsoleto automatico, situata nell'attimo. Un salto.

Poi resta il cadavere, sua farsesca caricatura.

Ogni opera è la maschera mortuaria dell'idea, scriveva Benjamin.

Di fronte alla nascita di un universo di Alterità, all'iniziazione a una foresta sperduta immensa incommensurabile e intricata in cui si potrebbero trovare sentieri che conducono a tesori di mistero o a templi dimenticati ermetici di illuminazione numinosa da decifrare, resta "E' bello", il giudizio, il corpo morto.



E allora lasciamo scomparire l'arte, per aprire le porte al libero gioco continuo, alla libera creatività permanente, senza steccati. Posso continuare a disegnare o a scrivere, ma è qualcosa di equivalente (di "egualmente artistico", se volete) a guardare una nuvola che passa, pigiare dei bottoni su un computer mentre lavoro, dormire, giocare con dei sassi, far fischiare un filo d'erba, buttare un legnetto in un torrente, stare a vedere dove va, interrogare l'essenza metafisica di un lichene, parlare con le roccie, invocare il vento, prendere il sole, correre, arrampicarmi su un albero, fare castelli di sabbia, tentare ritmi percussivi su un tronco o su un tavolo, accorgermi di una foglia che cade, di un corvo che passa, di un'aquila in alto nel cielo, appena visibile, disporre foglie a caso o non a caso su un prato, grattarmi la schiena, accarezzare un gatto, giocare con un cane, creare strane forme di fango e poi distruggerle, fare un caos di foglie fiori legni sassi  terra erba ossa peli di scoiattolo ghiande pezzi di corteccia e poi fotografarlo, oppure non fotografarlo, disfarlo, oppure lasciarlo lì nel bosco, e tornare a vedere com'è dopo due anni, o non tornarci più, o tornarci e costruire con ciò che è rimasto un totem-fauno talismano che sorvegli la foresta, fischiettare, danzare liberamente e selvaggiamente con gli elementi, stare fermi, chiudere gli occhi e ascoltare cosa c'è, con curiosità, senza aspettative, riaprirli, osservare, osservare le cose, tutte le cose come qualcosa di bizzarro, inedito, singolare, irripetibile - giocare con questo, giocarci da soli, insieme ad altri, cantare o fare suoni o versi, o preghiere senza nome e senza parole, o invocazioni a spiriti inconoscibili, sperimentare maniere diverse di fare le cose, divertirsi a fare cose inutili, fare anche le cose utili come se fossero gratuite e imprevedibili, osservare ancora, quanto tutto questo è strano e singolare e magico, anche la noia, anche la sofferenza, anche l'angoscia.

Allora ogni attimo può sfuggire al gigantesco mostruoso abnorme Orologio Digitale Cosmico che misura il tempo, che crea il tempo e che divora livella e schiaccia le nostre vite, le nostre libertà, le nostre libere capacità di gioco libero, ognuna diversa e irriducibile - e divenire un frammento non omologabile, un istante di libertà indomita e selvatica in cui siamo chi siamo e non un fantoccio costruito dagli specchi deformanti della società.







(Opera di Andy Goldsworthy)






Liber Pater: un cortometraggio sul selvatico dionisiaco









(Dreaming of yesterday, di blue-a - immagine riprodotta con il consenso dell'autrice - vedi questo link per altre sue opere )



suoni singolari



domenica 1 settembre 2013

MI BASTA (JAM SESSION TERRIGNALUNARETERICANIMALFORESTICAUMBRATILEPULSANTETREMANTEINNAMORATACONNESSARADICATAVISCERALESILVESTRECOSMICOMICATELLURICADIAFANARADICATASOLIDAFORTERADICALEPROFONDAVEGETALECORPOREAMUSCHIATACORIACEAMINERALEIMMENSA)















A ME COME RELIGIONE MI BASTA LA TERRA,

ESATTA CENTRATURA SMISURATA

SELVAGGIA ESPLOSIONE LUSSUREGGIANTE

FIORITURA PULLULANTE VITA

PULSANTE DA OGNI PARTE,

STRARIPANTE DANZA DISTESA

VORTICANTE PROFUMATA TERRIGNA

BRULICANTE TERAPEUTICA SOGNANTE OMBROSA UMBRATILE SOLARE

CANTO DILAGARE IN OGNI DIREZIONE

ALL'INFINITO MAGMA FERTILE

SMISURATO TREMORE CIRCONDATO

STO DA OGNI PARTE ASSEDIATO

DA SUONI ODORI TREMITI

CANTI SOGNI PROFUMI VERSI RUMORI

VIBRAZIONI CONVULSE

PULSAZIONE COSTANTE

CORTECCIA INDISTRUTTIBILE

TRASMISSIONE ELETTRICA SOTTILE

MUSICALE,

SINFONICA

POLIFONICA

MULTIARMONICA

ROCK!!!

VULCANICA

ALCHEMICA

ANIMICA

ANIMISTA

FENOMENICA

ANIMALE

TELLURICA

STREPITANTE

STROKE!

BEAT!

STONE!

THUNDER!!!!!!

STORM!!!!!!!!

SBANG!!!!!

SKRAK!!!!!!!!

VEGETAL THRONE!!!!

VISIONE TATTILE MULTIFORME MULTICOLOREVORTICEVITACOMICASACRASELVATICAAMARA

BENEFICATRISTEALLEGRATOTEMICADILAGANTEINTREPIDACONVULSATREMITASAPIDASANARUDEFORTESOLIDAFISICAISTINTUALESELVAGGIASTRARIPANTETERICAEROTICAAFFERMATIVATELLURICAESPLOSIVASTUPEFACENTEMAGICAVIVA,

 LUMINOSA BENEDIZIONE OSCURA E BUONA.

domenica 10 febbraio 2013

UN AFORISMA DI NIETZSCHE CONTRO IL FASCISMO ONTOLOGICO.


"Solo quando l'uomo si distoglierà da sè stesso, salterà al di là della sua stessa ombra e, davvero, nel suo sole." (F. Nietzsche)











Un frammento mi pare quasi induista.

Non certo in un senso dogmatico-religioso-moralistico sicuramente, ma un invito al superamento dell'ego e dei suoi attaccamenti in un senso più viscerale, radicale, ontologico.

Un'esortazione al superamento di quello che io chiamerei fascismo ontologico.




Come già accennato nel post contro il fascismo musicale, fascismo non è solo un'ideologia politica ben determinata, autoritaria e violenta. Fascismo è anche l'impostazione filosofica, ideologica di tutta la nostra maniera di pensare, di essere.

Definisco fascismo ontologico tutta l'impostazione di pensiero fondata sul principio di non-contraddizione, che da Aristotele ha dominato la filosofia e il pensiero occidentali, e che forse non è stato ancora superato, nonostante le innumerevoli critiche a questo principio che a partire da Nietzsche sono state fatte da numerosissimi filosofi.


Il principio di non-contraddizione si può riassumere così: una cosa o è oppure non è in una determinata maniera. Le due cose si escludono. Oppure: una cosa o è sè stessa o è il suo contrario. O ancora: è impossibile che un cosa sia al contempo sè stessa e il suo contrario. Oppure ancora: il soggetto A ha la proprietà X, oppure non ce l'ha. O infine: A per definizione non può essere non-A. In tutti i casi in cui è vera la sentenza K, è falsa la sentenza non-K (la sua negazione) e viceversa. La sentenza K, o è vera o è falsa. La somma dei casi in cui è vera e di quelli in cui è falsa, dà la totalità dei casi, e fra i due insiemi non esistono intersezioni. L'ambito in cui questo principio è più evidentemente falso, grottesco e assurdo, è l'ambito psicologico: o sei triste, o sei allegro. O anche: o sei introverso, o sei estroverso, o sei intelligente o sei stupido, o sei forte o sei debole, o sei razionale o sei emotivo, etc...

Altri aspetti del fascismo ontologico sono: la teoria gnoseologica fondata sull'immagine dello specchio, sempre di matrice aristotelica, e il riduzionismo incasellante cartesiano che riduce tutto l'esistente a due categorie rigidamente separate e distinte: la res cogitans, o anima, e la res extensa, o materia. Il materialismo è poi un'ulteriore degradamento riduzionistico di questa teoria.

Il primo aspetto afferma che le facoltà conoscitive non fanno altro che rispecchiare oggettivamente la realtà.

Il secondo aspetto, strettamente correlato al primo, afferma che qualsiasi cosa esista può essere classificata, in maniera rigidamente esclusiva, nelle due categorie di mente e materia, categorie nettamente contrapposte e non interscambiabili, mai sfocianti una nell'altra, mai contaminantesi, mai mescolate, mai interrelate se non sulla base del principio rigido di causa e effetto.

La conseguenza più immediatamente criticabile di quest'ultimo principio è la - innumerevoli volte criticata da moltissimi filosofi del '900 - separazione netta fra soggetto e oggetto, messi l'uno di fronte all'altro come due campi distinti e connessi esclusivamente da una forma di conoscenza oggettivante.

Infine, altri due aspetti: il principio di ragion sufficiente, alla base per esempio di tutta la filosofia di Schopenhauer, in base al quale tutto è connesso solo in base a precisi nessi di causa ed effetto; e di nuovo il cartesiano cogito ergo sum, criticatissimo dai filosofi del '900 sia perchè afferma la dipendenza dell'esistere dal pensiero (mentre a partire da Nietzsche, poi per esempio anche da Freud, l'esistere precede il pensiero) sia perchè afferma la sostanzialità, una, indivisibile e nettamente separata dal resto del mondo e degli altri soggetti, del soggetto.




Ma torniamo al frammento di Nietzsche.


Distogliersi da sè stessi.

Saltare al di là della propria ombra.








Cioè, a me sembra: voltarsi rispetto alla propria immagine, rispetto allo sguardo incentrato, concentrato in sè stessi. Voltarsi e andare oltre. Nel mondo così com'è. Nel proprio sole.




Voltarsi verso il mondo, lasciandosi dietro di sè tutte le fissazioni, le ossessioni, i tic, le nevrosi, i pensieri continuamente rimuginati, le idee fisse, le opinioni, le lamentele, gli auto-vittimismi, le auto-narrazioni di grandezza e di superiorità, i mentalismi iper-analitici sterili, gli abbattimenti svuotati, gli auto-eccitamenti di esaltazioni narcisistiche, le definizioni, gli attaccamenti ideologici, pessimismi lamentosi, ottimismi forzati - tutto quello che si potrebbe chiamare un'ontologia, una maniera di esistere definita, una personalità definita, un essere statico, stagnante, auto-oppresso perchè continuamente auto-rivolto su sè stesso e sui propri pensieri-caselle attraverso cui si filtra il mondo, sè stessi, gli altri, tutte cose che così se ne restano in realtà lontane, distanti anni-luce, indifferenti, oggettificate, irrigidite, agghiacciate, conosciute solo attraverso lenti deformanti, attraverso filtri di schemi ideologici iper-mentali, pre-esperienziali, e mai vissuti direttamente, così come sono, così come si presentano al nostro esistere, parte stessa co-originaria di noi stessi, del nostro essere, pre-esistenti al nostro pensiero, co-sostanziali in uno stesso processo di vita-vite-spirito-spiriti-cose-desiderio-desideri-passione-passioni-azioni-emozioni-pensieri-storie-cuore-progetti-corpo-muscoli-nervi-corpi-percezioni-sentimenti-sensazioni-associazioni-simboli-segni-frammenti-intuizioni-nessi-esperienze-immagini-atomi-parole-interpretazioni-frammenti-sentieri-attimi in cui tutto è strettamente intrecciato e co-ontologico.




Distogliersi da qualsiasi scacco logico, qualsiasi loop cerebrale, corto-circuito esperienziale-vitale.


Lasciare perdere tutto e inoltrarsi nella vita, così com'è, inoggettivo flusso aperto, indeterminato essere in divenire.


Lasciare perdere tutte le cazzate in cui ci perdiamo, gli specchietti per le allodole che ci fabbrichiamo da soli per auto-immolarci, auto-ingabbiarci in templi-prigioni sacri alla negazione della vita, alla celebrazione del nulla, di simulacri, di inutili fissazioni mentali, ripetizioni inerti dell'eternamente identico per sottrarci alla Vita nella sua assurda, contradittoria, regale, lussureggiante, fragorosa, inquietante, strabordante, fitta, selvaggia, espansiva, meravigliosa, spaventosa ricchezza: infinito divenire sempre imprevedibile, magico, eruttante, infinito oceano in tempesta di pienezza contraddittoria e ridente, mai definibile.


Un esempio pratico: qualcuno è convinto di essere stonato.


Pensiero non-contraddittorio depresso-pessimista: "Sono stonato. Non c'è niente da fare."


Il positive-thinking proporrebbe a questa persona: mettiti davanti allo specchio, guardati bene negli occhi, e dì ad alta voce: "IO SONO UN GRANDISSIMO CANTANTE!!!!!!! IO SONO IL PIU' GRANDE CANTANTE DI TUTTI I TEMPI!!!!!!! IO SONO UN CANTANTE ECCEZIONALE, HO UNA VOCE ECCEZIONALE, SPLENDIDA, E TUTTI MI AMMIRANO PER QUESTO!!!!!!!!!"


Ora, non nego che questo tipo di esercizio possa, in certi casi, anche funzionare e dare dei risultati.



Tuttavia, il punto non è questo.

Facendo così, rimani nel principio di non-contraddizione.

Rimani sempre ingabbiato in un essere definito, una casella.


Pensiero non contraddittorio-positive thinking: "Io sono intonato." O meglio: "Io sono intonato!!!!!!"


Invece, distogliersi da sè stessi e saltare al di là della propria ombra significa: Dimentica di essere stonato! Dimentica di essere intonato! Dimentica ogni maniera pre-definita di essere, e comincia a VIVERE, ad inoltrarti nello spazio aperto della vita! Cioè: CREA!!!!! Emetti suoni, rumori, versi, sussurri, grida, vocalizzazioni, nenie, mantra, parole, bestemmie, canzoni, poesie, rantoli, ansimi, strepiti, note, gorgheggi, quello che ti viene!!!!! Se ti muovi al di fuori delle costrizioni dell'essere precostituito, definito, e ti inoltri nel mare aperto del non-essere, o essere libero, spontaneo, assurdo, creatore, affermativo, se affermi la vita senza nessun contenuto e crei cose mai viste sulla faccia della terra perchè semplicemente sgorganti spontaneamente dall'attimo libero in divenire inedito che vivi, quella è già Arte!!!! E' già Musica, nel suo senso più sublime, al di là dei risultati, al di là delle tecniche, al di là dell'essere musicale costituito coi suoi stereotipi!!!!!

L'arte nasce dove cessa di esistere il principio di non-contraddizione. Il resto è tecnica, ripetizione, esecuzioni ammaestrate.

L'arte è l'atteggiamento di chi invece di descrivere, ripetere, lamentarsi, elencare, inveire, reagire, puntualizzare, recriminare, incolpare, ribattere, sottolineare, indottrinare, affermare, ribadire, convertirsi, aizzare, discutere, battibeccare, attaccare, azzannare, perdersi in chiacchere, analizzare, pensare, criticare, giudicare, soppesare, valutare, conoscere, definire, esitare, sapere, CREA inedite, inesistenti, irripetibili, inesatte, imprecise, menefreghiste, allegre, affermative esperienze inclassificabili secondo i già noti dualismi contrappositivi: o così - oppure - così - principio di non contraddizione: il creatore - non certo semplice "creativo" - s'inventa invece una logica radicalmente diversa grazie alla quale vengono alla luce sulla Terra alternative nuove, mai pensate, non previste nè etichettabili - in questa maniera decreando l'esistente e aprendolo a nuove possibilità, che lui/lei afferma con gioia fregandosene delle caselline interpretative precostituite, delle credenze, superstizioni, definizioni logiche -




" "Mi sembra che tu abbia cattive intenzioni, si potrebbe credere che tu voglia rovinare l'uomo" - dissi una volta al dio Dioniso. "Forse" rispose il dio "ma solo in modo che ne venga fuori qualcosa per lui." - "E cosa mai?" domandai io curioso. - "Chi mai, dovresti chiedere". Così parlò Dioniso, tacendo poi al modo che gli è proprio, ossia con aria tentatrice. Avreste dovuto vederlo! - Era primavera e tutti gli alberi erano gonfi di giovane linfa. " (F. Nietzsche, Frammenti postumi)












martedì 15 gennaio 2013

UTOPIA RANDAGIA-

"Nell'evoluzione di tutti gli artisti, il germe delle opere successive è sempre contenuto nelle prime. Il nucleo intorno al quale l'intelletto dell'artista costruisce la propria opera è il suo io. L'unica influenza che io abbia mai avuto sono io stesso."        (Edward Hopper)

"Gli adolescenti avvertono dentro di sè una segreta e speciale grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore: non è un indizio significativo?" (Joseph Chilton Pearce, Evolutions End)

"E' dunque questo che chiamiamo vocazione: la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?" (Josephine Baker)

"Io non mi evolvo: io sono." (Pablo Picasso)

(tutti citati in: James Hillman, Il codice dell'anima)

 Un discorso analogo a quanto scritto qui sotto sulla musica, vale per qualsiasi ambito educativo, e in generale per qualsiasi ambito dell'arte, del sapere, delle innumerevoli attività umane.

"Tout ce que le monde a fait de meilleur/ca vien de là, juste pour le plaisir", "tutto ciò che il mondo ha fatto di migliore/viene da qui, giusto per il piacere", cantavano un bel po' di anni fa gli Zebda, gruppo franco-algerino, in una canzone contro ogni forma di fondamentalismo o di fanatismo.

Mi sembra il principio fondamentale di ogni successo, di ogni buona e utile attività umana, di ogni progetto destinato a produrre qualcosa di buono, il segreto di ogni forma di genio, di ogni grande artista, o in generale di chiunque abbia fatto qualcosa di significativo nella storia del genere umano.

La scuola ci insegna il Dovere -imparare a memoria elenchi infiniti di nozioni di cui ci sfugge il significato ultimo, imparare meccanicamente teorie a pappagallo - o imparare altrettanto meccanicamente e a pappagallo a copiare, a fare cose che non sfiorano neanche di lontano la sete infinita di Vita, di autenticità, di vero, di viscerale bellezza che rode la nostra anima.

E così, nella maggior parte dei casi è la vita adulta: ci sovrasta il Dover Essere, la Competizione, il dover dimostrare di valere di fronte agli occhi del Giudice esteriore o interiore, la Performatività, il Dover-raggiungere-standard-di-Produzione "adeguati". Produci-consuma-crepa-

ma il genio che è in ognuno di noi in questa maniera viene schiacciato, incatenato, azzittito, messo in punizione in un cantuccio e lasciato a morire d'inedia, assiderato, dimenticato, abbandonato, negato, picchiato.

il genio cresce ovunque l'individuo sia lasciato libero di fare nient'altro che quello che gli dà piacere, con i suoi modi, i suoi ritmi, le sue forme e la sua forma specifica di follia, direbbe Hillman, cioè d'ispirazione, anche con le stranezze, le ossesioni e le specifiche manie che sono parte integrante di questa ispirazione, il suo speciale linguiaggio magico, la sua maniera di esistere, unica, irripetibile e geniale. "Il suo marchio speciale di speciale disperazione", direbbe Faber, ma non necessariamente ha da essere disperato, 'sto canto irriducibile della nostra Anima!

L'Arte, per esempio, è necessariamente un'esperienza bastarda, randagia, al di fuori di un codice predefinito, un inseguire un destino di cui solo l'individuo conosce i segreti, un destino strappato all'anonimia meccanica dalla potenza, dalla prepotenza del dàimon dell'artista, che lo chiama, lo sfida, lo tormenta, gli impedisce di allinearsi a codici non suoi, imposti dall'esterno, gli impedisce di acquietarsi e rinunciare al proprio enigma, lo chiama, lo trascina, lo ferisce, lo dilania fino a far nascere il fiore del suo Genio.

Ma mi piace seguire un filo associativo che neanch'io so dove va a parare, perciò, a proposito di bastardi e randagi, voglio scrivere qualche riga su una splendida conferenza che ho sentito ieri sulle dinamiche e la comunicazione nei branchi di cani randagi, con il vago presentimento che qualcosa c'entri.

Splendida conferenza, dal titolo appunto Esperienza randagia, tenuta da Michele Minunno, educatore cinofilo, che ha studiato da vicino e ripreso numerosi branchi di cani randagi nel sud Italia, dove il fenomeno è comune.

Più di tutto mi ha colpito il discorso di Minunno a favore dei branchi randagi, chiaramente nel caso che non mettano in pericolo sè stessi o altri. Nella maggior parte dei casi, queste "famiglie" di cani sono perfettamente adattate al territorio e ai suoi abitanti, umani e canini, e si gestiscono perfettamente, sono molto tranquilli - se incontrano altri cani sanno perfettamente come regolarsi: sono i nostri cani d'appartamento e di città, che hanno parzialmente perso la capacità di comunicare e di confrontarsi liberamente con gli altri, e per questo sono così aggressivi, iper-eccitati, e riproducono l'ansia dei loro padroni innervosendosi, spesso, all'incontro con altri cani sconosciuti.

I cani liberi sono diversi: se incontrano cani sconosciuti, mettono in gioco le loro sviluppatisime capacità comunicative: si studiano, s'abbaiano un po', si annusano, si allontanano, sbadigliano, marchiano il terriorio, si riallontanano, si riavvicinano, finchè trovano un equilibrio. Sono molto più tranquilli dei nostri cani, e sanno sempre come regolarsi, seguendo sapientemente codici di comportamento e di comunicazione istintivi che portano al naturale "ordinamento", fluido, spontaneo e non imposto, di ogni individuo. Minunno possiede un cane che è stato per cinque anni "capo" di un branco di randagi: è un cane eccezionale, su cui non funziona nessuna forma di controllo, non sa fare nemmeno il "seduto" - eppure in questo caso il controllo è completamente inutile, perchè si tratta di un cane capace di adattarsi con estrema tranquillità e grandissima funzionalità a qualsiasi situazione, da solo, spontaneamente.

I cosiddetti "capobranco" non hanno comportamenti aggressivi, è sufficiente la loro presenza e la loro autorevolezza per creare ordine e affiatamento nel branco.

I cosiddetti "cani dominanti", invece - detti così dalla nostra ignorante cultura nevrotica cittadina - cioè cani aggressivi, sempre tesi alla competizione, sempre iper-eccitati, mettono in atto un comportamento da cane adolescente, che deve sempre dimostrare di valere di più in quanto insicuro - e se questo comportamento è presente in cani adulti è indice di una profonda insicurezza, debolezza, sofferenza, carenza di capacità comunicative "adeguate".

I personaggi più divertenti, comici di questi filmati sono: un lupo cecoslovacco adolescente, non randagio, che si trova sempre comicamente in bilico fra bisogno adolescenziale di fare il gradasso, e il confronto con questi cani randagi, molto più sgamati di lui, che, anche se spesso di taglia molto più piccola, finiscono sempre per fargli abbassare la cresta. E poi: quello che Minunno chiama il "vice-sindaco" del paesino dove sono stati girati i filmati: un piccolo simpatico bassotto, che si fa rispettare da tutti, e "gestisce" l'intera vita sociale canina del paese, a cui tutti chiedono di "metterci una buona parola" se hanno bisogno di qualcosa, che se ne scorrazza sempre da una parte all'altra del paese per i suoi innumerevoli impegni sociali. La cosa che colpisce è che il "vice-sindaco" è un cane sempre tranquillo, rilassato, che non si tende , non si stressa mai per niente e si adatta a qualsiasi interlocutore, e deve il suo ruolo alle sue abilità sociali e comunicative, estremamente affinate, alla sua estroversione, simpatia e socievolezza, si potrebbe dire, e non certo alla sua aggressività.

Ne conseguono due cose: 1) nella maggior parte dei casi, è assurdo prendere questi cani, perfettamente inseriti nel territorio e con i "vicini" canini e umani - e rinchiuderli in un canile, un lager in cui probabilemte resteranno rinchiusi tutta la vita;

2) comicissimamente appare, chiara e limpida, l'analogia fra la società dei cani e la società degli esseri umani.

Le società moderne metropolitane sono società di adolescenti insicuri, tutti tesi e stressati dall'idea di competizione, tutti terrorizzati dall'idea di poter non "valere" agli occhi degli altri, tutti sempre iper-eccitati (e in più, frenetici), tutti costantemente, meccanicamente incastrati nella modalità aggressiva, nervosa, cinica come modalità di base nel proprio rapporto col mondo e con gli altri (iper-aggressivi, e in più anche repressi).

Un lupo adulto non abbaia mai. E' un verso da lupo cucciolo, o adolescente, insicuro, che ha bisogno di fare la voce grossa per richiamare l'aiuto del branco. Un lupo adulto non ne ha bisogno, non ha bisogno di dimostrare la sua forza, proprio perchè è estremamente sicuro della sua forza.

La società degli esseri umani di oggi è invece una società di adolescenti che abbaiano in continuazione, senza fermarsi un attimo, senza una pausa di rilassamento realmente umano in cui ricominicare a tirare un reale respiro, senza un momento di una risata realmente franca, realmente affratellante, lasciando perdere le cazzate, lo stress e la competizione ininterrotti, inutili.

Dietro alle facce sgargianti di top-manager, modelle-vamp, impiegati cinici, alternativi fighetti, pompati cocainomani palestrati, o donne in carriera senza scrupoli, si apre l'abisso di anime perse, alla deriva, senza un perchè, senza una filo di poesia che gli sgorghi a fiotti imprevisto dal cuore, persone che hanno perso il contatto con la propria Anima, il proprio dàimon.







Al mondo serve un'utopia randagia!

 

 - che ci liberi dalle catene del Dover-Apparire  e ci permetta di reincontrarci, nel mondo, con lo sguardo libero da pregiudizi e la sapienza trasparente, serena, tranquilla, rilassata, aperta alla comunicazione, di anime randagie, bastarde, senza niente da dimostrare, senza tic da imporre o ideologie da difendere, senza gabbie-doveri in cui auto-immolarsi o con cui schiavizzare altri, senza stress meccanico da propagandare come "forza" (hahahahahahhaah!!!!!!!!) con niente da perdere e tutto da guadagnare nello stare al mondo insieme agli altri, seguendo ciò che ad ognuno dà piacere, gioia, allegria, divertimento, benessere, realizzazione, felicità, aritmica soddisfazione bastarda non-allineata, ognuno a stretto contatto fedele col proprio istinto, libero, sano, forte, vivo, rilassato, e con la voce della propria anima, liberata da fardelli di iper-razionalità e dal peso oppressivo di dover squadrare sempre da ogni lato in maniera mutilante l'enigma inquieto del proprio esserci indefinibile.

Gli animali, questi fratelli oscuri e leali di mistero, possono essere i migliori maestri per questo.






























Foto: Sacrilegio, "Nel nonpensiero/del suo bel muso nero"

Nella foto: Sgrinchomannus.

Il titolo della foto sono due versi di una poesia di Diogene senza l'anima?

mercoledì 27 giugno 2012

panteismo pànico.

"Rido di te, di me, di tutto ciò che di mortale c'è -

- e che mi piace!" (Jovannotti)

Mi piacciono tutte le razze, tutti i credo religiosi e tutte le loro infinite declinazioni opinionistico-personali; tutte le opinioni ideologiche, tutte, anche le più bizzarre, formulazioni esistenzial-spiritual-filosofico-ateo-agnostico-superstizioso-fideistico-radical-conservatore-qualunquistico-rivoluzionarie, come anche gli atteggiamenti personali più diversi che se ne possono trarre, e qualsiasi altra particolarissima forma di idiosincrasia nevrotica parziale e selettiva.

Indagare i meandri sottotraccia di tutte queste infinite coniugazioni, sintesi e costruzioni dell'animo umano, sempre mutevoli, imprevedibili, sorprendenti, inesauribili - voler comprendere con intelligenza emotiva partecipe, non con semplice sguardo di analisi intellettuale, tutti questi innumerevoli fantasmi, è l'avventura filosofica più incredibile e affascinante che si possa concepire.

E allo stesso tempo, anche la più grande, totale, colossale perdita di tempo.

Io rido di tutto questo, rido di ognuna di queste cose, della loro indefinibile somma, rido del mio ridere e della serietà con cui rido del mio ridere.




E, allo stesso tempo, riconosco in tutto ciò un germe di Vita.









"Nessuno è perso, nell'infinito. Terribile è perdersi, sentire di essere persi, nel finito." Guido Ceronetti

















"Quando conferiamo al comune un senso più elevato, all'ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un'apparenza infinita allora io lo romanticizzo." (Novalis