LASCIA TUTTO, E SEGUITI! (F. Battiato) Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (Guido Ceronetti)

di-segno di Sacrilegio Tempesta
?
pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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lunedì 9 dicembre 2013
Una poesia di Wislawa Szymborska
UTOPIA
Isola dove tutto si chiarisce.
Qui ci si può fondare su prove.
L'unica strada è quella d'accesso.
Gli arbusti fin si piegano sotto le risposte.
Qui cresce l'albero della Giusta Ipotesi
con rami districati da sempre.
Di abbagliante linearità è l'albero del Senno
presso la fonte detta Ah Dunque E' Così.
Più ti addentri nel bosco, più si allarga
la Valle dell'Evidenza.
Se sorge un dubbio, il vento lo disperde.
L'eco prende la parola senza che la si desti
e chiarisce volenterosa i misteri dei mondi.
A destra una grotta in cui giace il senso.
A sinistra il lago della Profonda Convinzione.
Dal fondo si stacca la verità e lieve viene a galla.
Domina sulla valle la Certezza Incrollabile.
Dalla sua cima si spazia sull'Essenza delle Cose.
Malgrado le sue attrattive l'isola è deserta,
e le tenui orme visibili sulle rive
sono tutte dirette verso il mare.
Come se da qui si andasse soltanto via,
immergendosi irrevocabilmente nell'abisso.
Nella vita inconcepibile.
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Wislawa Szymborska
venerdì 22 novembre 2013
Alcuni Icaros amazzonici -
http://www.youtube.com/watch?v=3BKFdwekV0E
http://www.youtube.com/watch?v=hXWnngIJA28
http://www.youtube.com/watch?v=bVTIC6XkBAQ
Abrete Corazon
Abrete Sentimiento
Abrete Entendimiento
Deja a un lado la razon
y deja brillar el Sol
escondido en tu Interior
abrete Memoria Antigua
escondida en la Tierra
http://www.youtube.com/watch?v=cGykpSisDJo
http://www.youtube.com/watch?v=7aX0seKrKOo
http://www.youtube.com/watch?v=jQB-E-xIcTA
http://www.youtube.com/watch?v=EaM2tuc4YFw
http://www.youtube.com/watch?v=-WHr4BLIjaE
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lunedì 19 agosto 2013
Poesia e Paesologia-
Splendida poesia di Franco Arminio. Poeta e paesologo.
Il Sud Italia, la devastazione di territori squassati e sradicati, preda della modernità più dis-animata, calvario inebetito di smog e rumore, traffico e cemento.
I paesi e la loro cultura abbandonati o uccisi.
" (...)
Prima ogni posto aveva un suo respiro
e per vederlo salivi le scale,
ogni luogo era una stanza intima,
lingua cupa, mandibola
feroce. Ora in giro c’è un’aria
di sconfitta, un rosario di facce
innervosite da una smania senza fondo.
(...)"
(Franco Arminio)
Qui la poesia completa:
http://comunitaprovvisorie.wordpress.com/2013/08/11/limpero-romano-alla-rovescia/#comment-3642
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mercoledì 17 luglio 2013
Haiku della Stazione Centrale.
Skates e birra, demoni e passanti.
La giovane tossica urla. Chiede rispetto.
Silenzio nel cielo.
(Diogene senza l'anima?)
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mercoledì 5 giugno 2013
Un ottimo articolo contro il grillismo.
Un ottimo articolo contro Grillo e il grillismo sul blog http://www.quitthedoner.com.
Chiaro, efficace e ben argomentato.
Da far leggere a chiunque sia entrato nel tunnel della cieca adesione al grillo parlante.
Ecco il link:
http://www.quitthedoner.com/?p=1268
Un breve estratto:
"Grillo in questi anni ha detto tutto e il contrario di tutto, ha distrutto sul palco dei computer poi ha esaltato la rete come panacea di tutti i mali. Come diceva Daniele Luttazzi (...) quando la gente applaude Grillo non applaude il contenuto applaude la foga. I cani pastore e Mario Monti obbediscono a chi dà ordini in tedesco, gli italiani invece danno ragione a chi urla di più, deve essere una specie di riflesso genetico. Qualsiasi cazzata detta con convinzione e movimento delle mani sufficientemente concitato fa nascere nell’italiano il sospetto che diventa in fretta una certezza che quello che sta ascoltando abbia un senso.
Altrimenti perché quel tizio urlerebbe così tanto?
Se ti fa ridere, sotto sotto almeno una piccola parte di te è convinta che il fascismo non fosse proprio tutto da buttare. Magari sei uno di quello che ripete le solite fregnacce dei treni in orario e le bonifiche. Tutte cose che di solito nascondono il sottotesto “non riesco ad avere un’erezione decente se non appoggio la mia virilità su una sovrastruttura politica totalitaria che mentre mi annulla come essere umano mi dà l’illusione di avere un senso all’interno di un progetto più ampio che mi trascende, nel tempo e nello spazio, e sul quale non ho alcun controllo reale”. "
(dall'articolo:
http://www.quitthedoner.com/?p=1268 )
Chiaro, efficace e ben argomentato.
Da far leggere a chiunque sia entrato nel tunnel della cieca adesione al grillo parlante.
Ecco il link:
http://www.quitthedoner.com/?p=1268
Un breve estratto:
"Grillo in questi anni ha detto tutto e il contrario di tutto, ha distrutto sul palco dei computer poi ha esaltato la rete come panacea di tutti i mali. Come diceva Daniele Luttazzi (...) quando la gente applaude Grillo non applaude il contenuto applaude la foga. I cani pastore e Mario Monti obbediscono a chi dà ordini in tedesco, gli italiani invece danno ragione a chi urla di più, deve essere una specie di riflesso genetico. Qualsiasi cazzata detta con convinzione e movimento delle mani sufficientemente concitato fa nascere nell’italiano il sospetto che diventa in fretta una certezza che quello che sta ascoltando abbia un senso.
Altrimenti perché quel tizio urlerebbe così tanto?
Questa è una cosa che ha scoperto Mussolini e per provarla ai suoi amici metteva dentro i suoi discorsi cose assurde. Prendiamo ad esempio il discorso dopo la conquista dell’Etiopia nel 1936
Mussolini: Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente
Popolo: yeahhh
Mussolini (girato verso i suoi gerarchi): Visto?
Quando Grillo dice “Italiani!” alla maniera del duce non fa satira, mostra per un istante quello che vorrebbe essere veramente. Chi è allenato alle discipline satiriche lo aveva capito da subito, per un semplicissimo motivo: quella gag non fa ridere, fa accapponare la pelle.Se ti fa ridere, sotto sotto almeno una piccola parte di te è convinta che il fascismo non fosse proprio tutto da buttare. Magari sei uno di quello che ripete le solite fregnacce dei treni in orario e le bonifiche. Tutte cose che di solito nascondono il sottotesto “non riesco ad avere un’erezione decente se non appoggio la mia virilità su una sovrastruttura politica totalitaria che mentre mi annulla come essere umano mi dà l’illusione di avere un senso all’interno di un progetto più ampio che mi trascende, nel tempo e nello spazio, e sul quale non ho alcun controllo reale”. "
(dall'articolo:
http://www.quitthedoner.com/?p=1268 )
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lunedì 13 maggio 2013
credere che non si sta credendo-
"La credenza che la realtà che ognuno vede sia l'unica realtà è la più pericolosa di tutte le illusioni."
Paul Watzlawick
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mercoledì 20 marzo 2013
Un frammento di Epitteto.
"Ciò che è nostro, che è noi stessi, non sono le idee o le rappresentazioni, ma l'uso di esse." (Epitteto. Frammento trovato sul retro dell'album prog "Abbiamo tutti un blues da piangere" dei Perigeo, del 1973)
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giovedì 14 marzo 2013
14/03/2013 - L'inutilità del giocare con l'idiozia massmediatica.
La mia prima stroncatura: "Fratto X" di Antonio Rezza e Flavia Mastrella.
Mi piacerebbe poter scrivere che è uno spettacoletto comico da quattro soldi, che non fa molto ridere, accolto da un tripudio di risate e giubili estasiati, da risata televisiva programmata, a comando, automatica, a bacchetta, meccanica, acefala, servile, ubbidiente, isterica, da un pubblico di intellettuali di sinistra e di fighetti alternativi - con la coscienza a posto perchè "Uè, è Rezza!".
Mi piacerebbe scriverlo, e in effetti l'ho scritto. E, in effetti, lo spettacolo è in parte proprio questo.
Tuttavia non sarebbe onesto affermare che lo spettacolo sia solo questo.
Alcune parti dello spettacolo sono un potente, spiazzante delirio grottesco surrealista, felicemente senza senso, oppure una farsa amara dell'assurdo in cui personaggi folli, ma a cui l'essere umano di oggi assomiglia, si muovono in scene disperate o esasperatamente violente, ma l'insieme dell'azione scenica restituisce una deflagrazione schizofrenica dell'identità e delle interazioni umane, in cui i registri collassano, e nel corso di una scena tremendamente drammatica viene involontariamente d'un tratto da scoppiare in uno sghignazzo disperato, amaro o assurdo.
Fin qui tutto bene.
La reazione del pubblico però è inquietante.
Le risate, forse per incapacità di tollerare l'assurdo in cui tragedia farsa e delirio convivono, sono continue, isteriche, iper-compiacenti, acclamatorie, automatiche, esagerate in maniera spropositata, osannanti, convulse - sembrano in tutto e per tutto le risate televisive programmate e ipertrofiche del pubblico di Zelig, Striscia la Notizia o Drive In - la gente ride come Rezza compare in scena, come apre bocca, qualsiasi cosa dica (per non parlare di quando ripete una semplice battuta) ride di cose tragiche, di cose senza senso che non hanno nessuna comicità ma un semplice aspetto di nonsenso dadaista, più inquietante che comico. Di più: ride quando viene insultata, contenta, quando viene trattata da pubblico coglione decerebrato, quando viene violentata, derisa, umiliata (su tutte la scena peggiore in questo senso è l'ultima) dall'attore-leader-showman-personaggio carismatico di turno - reagisce anzi con un ancora maggiore tripudio festante, inneggiante, una forma di masochismo autolesionista da veri e propri schiavi, scimmiette ammaestrate della società dello spettacolo di massa.
E, fin qui, in un certo senso, si potrebbe accusare il pubblico e la sua idiozia, più che lo spettacolo in sè.
Tuttavia, se l'ultima volta che avevo visto uno spettacolo di Rezza/Mastrella mi era sembrato di trovarmi di fronte a una intelligente forma di riflessione meta-comunicativa sulla società dello spettacolo e la sua decerebratezza leader-centrica, questa volta l'impressione è stata di trovarmi di fronte, per molti versi, a uno dei tanti esempi di spettacolo da baraccone di massa in cui questa decerebratezza viene sfruttata, rafforzata, incoraggiata, inculcata, imposta, eccitata, esaltata.
Il confine fra meta-comunicazione sull'idiozia massmediatica e l'idiozia massmediatica stessa può essere sottile, può essere facile inciampare e scivolare dalla prima verso la seconda.
In questo caso, questo confine viene incurantemente divelto con una leggerezza che rende questo spettacolo identico, per molti versi, alla peggiore tv-spazzatura.
La ragione per cui dico questo, è che se nell'altro spettacolo questo porsi come personaggio carismatico in maniera grottesca, era percepibile chiaramente come una provocazione, e ben riuscita anche, in questo caso il continuo giocare con il pubblico e le sue reazioni isteriche/acclamatorie risulta eccessivo, ripetitivo, banale, scontato alla lunga, autocompiaciuto, la battuta contro il pubblico non serve più a far riflettere e a spiazzare, ma semplicemente a confermare questo gioco idiota al massacro - un gioco facile per il mattatore di turno, in cui ha facilmente il coltello dalla parte del manico, e in cui sembra tautologicamente sguazzare felice - sembra non più una provocazione ma una effettiva, semplice, banale, inutile affermazione dell'ego dell'attore, così come in politica fanno Berlusconi e Grillo o in televisione, chessò, Pippo Baudo (non so, esiste ancora Pippo Baudo?).
Mi chiedo che senso, anzi, che non-senso, abbia tutto questo, e rimpiango di non essere rimasto in casa a vedere per la seconda volta Dove sognano le Formiche Verdi, un film fatto sostanzialmente di silenzi.
P.s.: Ho scritto questo articolo a caldo, sotto l'effetto di una reazione di notevole fastidio. A freddo, mi sento di dover ribadire quanto già detto verso inizio articolo: numerose scene dello spettacolo sono comunque d'un surrealismo molto efficace.
E non solo, anche ricco di spunti di riflessione.
Spunti che si potrebbero riassumere con queste domande:
Chi è chi?
Chi è cosa?
Noi siamo chi?
Cosa è noi?
Chi parla in noi quando parliamo?
Cosa afferma qualcosa quando affermiamo qualcosa?
Chi agisce quando agiamo?
Chi ride in noi quando ridiamo?
Chi, o che cosa, pensa?
Parliamo, agiamo, ridiamo e pensiamo in maniera libera, autentica, spontanea, autonoma, o per paura, conformismo, costrizione, un essere mossi meccanicamente da forze estranee manipolatorie più che un agire o un pensare o un dire?
Di più: il pensiero è possibile?
E' possibile, in assoluto, un pensiero realmente autonomo, libero, autentico, spontaneo - che non sia quindi semplicemente la copia di cose diverse prese a prestito qua e là?
Oppure, il vero, reale, autentico pensiero nasce dalla assurda, contraddittoria scoperta dell'impossibilità di sè stesso?
"Le contraddizioni contro cui urta lo spirito: sole realtà, criterio del reale. Nessuna contraddizione nell'immaginario. La contraddizione è la prova della necessità." (Simone Weil)
La contraddizione, insolubile, l'impossibilità di affermare una cosa qualsiasi, di formulare un pensiero credendoci, di avere un'opinione, una posizione su qualcosa, l'impossibilità di pensare, perchè pensare è fare da portavoce alla voce delle auctoritates, dei leader, dei geni, dei grandi, di chi ci sembra in grado di pensare, lui sì (mentre in realtà è nelle nostre stesse condizioni) - questa chiara e assoluta impasse, l'impossibilità di uscirne, l'impossibilità di costruire un pensiero che non sia solamente una parziale, relativa, soggettiva, presa a prestito, enfatizzazione di alcuni aspetti del reale rispetto ad altri, non percepiti - questa impossibilità, restare dentro questa impossibilità ci permette forse di sperimentare un pensiero libero, non schizofrenico, autentico e proprio perchè vuoto, senza centri di gravità, senza nessun appiglio, nel precipizio, nell'abisso. In questa lucida vertigine, qualcosa che possa essere un effettivo, reale pensiero non-appiccicato a simulacri pre-esistenti compare, nasce, vive, si espande.
A me rimane, dopo questo spettacolo, l'esigenza, la voglia, il bisogno di sottrarmi, abdicare al gioco al massacro degli scontri opinionistici, abdicare all'opinione, al gridare, all'affermare, al criticare, al giudicare, all'analizzare, all'esternare, all'attaccare, all'imporsi, sottrarsi al gioco folle del parlare l'uno sull'altro (con la voce dell'altro magari) e divorare prima di essere divorati tipico della nostra società liberista. Però sottrarmi anche al rumore di ogni polemica, anit-liberista, anti-politica, anti-anti-politica, anti-rezza, anti-qualsiasi cosa, anti-anti, etc....
sottrarsi, rinunciare, tacere, togliere, rilassarsi, lasciar stare, lasciar perdere, lasciare, lascia, lasciar perdere di ridere, entusiasmarsi, disperarsi, giubilare, fare il tifo, mutilarsi, inveire, insultare e obbedire ciecamente.
oscurarsi,
(e abbassare il volume, mormorare, e sorridere di più, è primavera)
Mi piacerebbe poter scrivere che è uno spettacoletto comico da quattro soldi, che non fa molto ridere, accolto da un tripudio di risate e giubili estasiati, da risata televisiva programmata, a comando, automatica, a bacchetta, meccanica, acefala, servile, ubbidiente, isterica, da un pubblico di intellettuali di sinistra e di fighetti alternativi - con la coscienza a posto perchè "Uè, è Rezza!".
Mi piacerebbe scriverlo, e in effetti l'ho scritto. E, in effetti, lo spettacolo è in parte proprio questo.
Tuttavia non sarebbe onesto affermare che lo spettacolo sia solo questo.
Alcune parti dello spettacolo sono un potente, spiazzante delirio grottesco surrealista, felicemente senza senso, oppure una farsa amara dell'assurdo in cui personaggi folli, ma a cui l'essere umano di oggi assomiglia, si muovono in scene disperate o esasperatamente violente, ma l'insieme dell'azione scenica restituisce una deflagrazione schizofrenica dell'identità e delle interazioni umane, in cui i registri collassano, e nel corso di una scena tremendamente drammatica viene involontariamente d'un tratto da scoppiare in uno sghignazzo disperato, amaro o assurdo.
Fin qui tutto bene.
La reazione del pubblico però è inquietante.
Le risate, forse per incapacità di tollerare l'assurdo in cui tragedia farsa e delirio convivono, sono continue, isteriche, iper-compiacenti, acclamatorie, automatiche, esagerate in maniera spropositata, osannanti, convulse - sembrano in tutto e per tutto le risate televisive programmate e ipertrofiche del pubblico di Zelig, Striscia la Notizia o Drive In - la gente ride come Rezza compare in scena, come apre bocca, qualsiasi cosa dica (per non parlare di quando ripete una semplice battuta) ride di cose tragiche, di cose senza senso che non hanno nessuna comicità ma un semplice aspetto di nonsenso dadaista, più inquietante che comico. Di più: ride quando viene insultata, contenta, quando viene trattata da pubblico coglione decerebrato, quando viene violentata, derisa, umiliata (su tutte la scena peggiore in questo senso è l'ultima) dall'attore-leader-showman-personaggio carismatico di turno - reagisce anzi con un ancora maggiore tripudio festante, inneggiante, una forma di masochismo autolesionista da veri e propri schiavi, scimmiette ammaestrate della società dello spettacolo di massa.
E, fin qui, in un certo senso, si potrebbe accusare il pubblico e la sua idiozia, più che lo spettacolo in sè.
Tuttavia, se l'ultima volta che avevo visto uno spettacolo di Rezza/Mastrella mi era sembrato di trovarmi di fronte a una intelligente forma di riflessione meta-comunicativa sulla società dello spettacolo e la sua decerebratezza leader-centrica, questa volta l'impressione è stata di trovarmi di fronte, per molti versi, a uno dei tanti esempi di spettacolo da baraccone di massa in cui questa decerebratezza viene sfruttata, rafforzata, incoraggiata, inculcata, imposta, eccitata, esaltata.
Il confine fra meta-comunicazione sull'idiozia massmediatica e l'idiozia massmediatica stessa può essere sottile, può essere facile inciampare e scivolare dalla prima verso la seconda.
In questo caso, questo confine viene incurantemente divelto con una leggerezza che rende questo spettacolo identico, per molti versi, alla peggiore tv-spazzatura.
La ragione per cui dico questo, è che se nell'altro spettacolo questo porsi come personaggio carismatico in maniera grottesca, era percepibile chiaramente come una provocazione, e ben riuscita anche, in questo caso il continuo giocare con il pubblico e le sue reazioni isteriche/acclamatorie risulta eccessivo, ripetitivo, banale, scontato alla lunga, autocompiaciuto, la battuta contro il pubblico non serve più a far riflettere e a spiazzare, ma semplicemente a confermare questo gioco idiota al massacro - un gioco facile per il mattatore di turno, in cui ha facilmente il coltello dalla parte del manico, e in cui sembra tautologicamente sguazzare felice - sembra non più una provocazione ma una effettiva, semplice, banale, inutile affermazione dell'ego dell'attore, così come in politica fanno Berlusconi e Grillo o in televisione, chessò, Pippo Baudo (non so, esiste ancora Pippo Baudo?).
Mi chiedo che senso, anzi, che non-senso, abbia tutto questo, e rimpiango di non essere rimasto in casa a vedere per la seconda volta Dove sognano le Formiche Verdi, un film fatto sostanzialmente di silenzi.
P.s.: Ho scritto questo articolo a caldo, sotto l'effetto di una reazione di notevole fastidio. A freddo, mi sento di dover ribadire quanto già detto verso inizio articolo: numerose scene dello spettacolo sono comunque d'un surrealismo molto efficace.
E non solo, anche ricco di spunti di riflessione.
Spunti che si potrebbero riassumere con queste domande:
Chi è chi?
Chi è cosa?
Noi siamo chi?
Cosa è noi?
Chi parla in noi quando parliamo?
Cosa afferma qualcosa quando affermiamo qualcosa?
Chi agisce quando agiamo?
Chi ride in noi quando ridiamo?
Chi, o che cosa, pensa?
Parliamo, agiamo, ridiamo e pensiamo in maniera libera, autentica, spontanea, autonoma, o per paura, conformismo, costrizione, un essere mossi meccanicamente da forze estranee manipolatorie più che un agire o un pensare o un dire?
Di più: il pensiero è possibile?
E' possibile, in assoluto, un pensiero realmente autonomo, libero, autentico, spontaneo - che non sia quindi semplicemente la copia di cose diverse prese a prestito qua e là?
Oppure, il vero, reale, autentico pensiero nasce dalla assurda, contraddittoria scoperta dell'impossibilità di sè stesso?
"Le contraddizioni contro cui urta lo spirito: sole realtà, criterio del reale. Nessuna contraddizione nell'immaginario. La contraddizione è la prova della necessità." (Simone Weil)
La contraddizione, insolubile, l'impossibilità di affermare una cosa qualsiasi, di formulare un pensiero credendoci, di avere un'opinione, una posizione su qualcosa, l'impossibilità di pensare, perchè pensare è fare da portavoce alla voce delle auctoritates, dei leader, dei geni, dei grandi, di chi ci sembra in grado di pensare, lui sì (mentre in realtà è nelle nostre stesse condizioni) - questa chiara e assoluta impasse, l'impossibilità di uscirne, l'impossibilità di costruire un pensiero che non sia solamente una parziale, relativa, soggettiva, presa a prestito, enfatizzazione di alcuni aspetti del reale rispetto ad altri, non percepiti - questa impossibilità, restare dentro questa impossibilità ci permette forse di sperimentare un pensiero libero, non schizofrenico, autentico e proprio perchè vuoto, senza centri di gravità, senza nessun appiglio, nel precipizio, nell'abisso. In questa lucida vertigine, qualcosa che possa essere un effettivo, reale pensiero non-appiccicato a simulacri pre-esistenti compare, nasce, vive, si espande.
A me rimane, dopo questo spettacolo, l'esigenza, la voglia, il bisogno di sottrarmi, abdicare al gioco al massacro degli scontri opinionistici, abdicare all'opinione, al gridare, all'affermare, al criticare, al giudicare, all'analizzare, all'esternare, all'attaccare, all'imporsi, sottrarsi al gioco folle del parlare l'uno sull'altro (con la voce dell'altro magari) e divorare prima di essere divorati tipico della nostra società liberista. Però sottrarmi anche al rumore di ogni polemica, anit-liberista, anti-politica, anti-anti-politica, anti-rezza, anti-qualsiasi cosa, anti-anti, etc....
sottrarsi, rinunciare, tacere, togliere, rilassarsi, lasciar stare, lasciar perdere, lasciare, lascia, lasciar perdere di ridere, entusiasmarsi, disperarsi, giubilare, fare il tifo, mutilarsi, inveire, insultare e obbedire ciecamente.
oscurarsi,
(e abbassare il volume, mormorare, e sorridere di più, è primavera)
Figura antitetica, tratta da Hypnerotomachia Poliphili, libro del 1499.
P.p.s.: Chiedo scusa se nella prima parte dell'articolo posso essere risultato offensivo per qualcuno. Mi riferisco ai giudizi sul pubblico. Prendete ciò che ho scritto con le pinze. Sono semplicemente delle provocazioni, dallo stile estremamente virulento perché scritte in un momento di forte vis polemica. Alla fine, la reazione a uno spettacolo è la cosa più soggettiva di questo mondo, e io non sono nessuno per giudicare, attraverso la mia personale soggettività, la soggettività degli altri.
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mercoledì 20 febbraio 2013
Da "Psicologia di massa del fascismo" di Wilhelm Reich.
"Secondo il significato caratteriale "il fascismo" è l'atteggiamento emozionale fondamentale dell'uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanistico-mistica della vita. Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea i partiti fascisti e non viceversa. (...) Le mie esperienze analitico-caratteriali mi convinsero invece che oggi non esiste assolutamente nessuno che non porti in sè gli elementi del modo di pensare e sentire fascista. Il fascismo come movimento politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene sostenuto e diffuso dalle masse umane. Mi rendo perfettamente conto dell'enorme responsabilità che deriva da simili affermazioni. Augurerei, nell'interesse del nostro mondo tormentato, che le masse lavoratrici si rendessero conto con altrettanta chiarezza della loro responsabilità per quanto riguarda il fascismo. (...) Poichè il fascismo si manifesta sempre e ovunque come un movimento sorretto dalle masse umane, tradisce tutti i tratti e tutte le contraddizioni della struttura caratteriale delle masse umane: non è, come si crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie.
Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di "andare a fondo a tutte le cose" ("radicale" - "radix" - "radice") e di migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità.
Il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. (...)
L'ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell'uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell'ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. (...)
La mentalità fascista è la mentalità dell'"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un'autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell'ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma del fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. (...)
Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando l'amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
(...)
Ciò che è vivo non può "prendere il potere con la violenza" perchè non saprebbe che farsene del potere. Forse questa conclusione significa che la vita sarà per sempre vittima e martire del gangsterismo politico e che il politicante continuerà a succhiare per sempre il suo sangue?
Questa conclusione sarebbe errata."
(Wilhelm Reich, "Psicologia di massa del fascismo - Come nasce e perchè si diffonde il misticismo organizzato", evidenziazioni in corsivo mie)
Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di "andare a fondo a tutte le cose" ("radicale" - "radix" - "radice") e di migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità.
Il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. (...)
L'ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell'uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell'ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. (...)
La mentalità fascista è la mentalità dell'"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un'autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell'ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma del fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. (...)
Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando l'amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
(...)
Ciò che è vivo non può "prendere il potere con la violenza" perchè non saprebbe che farsene del potere. Forse questa conclusione significa che la vita sarà per sempre vittima e martire del gangsterismo politico e che il politicante continuerà a succhiare per sempre il suo sangue?
Questa conclusione sarebbe errata."
(Wilhelm Reich, "Psicologia di massa del fascismo - Come nasce e perchè si diffonde il misticismo organizzato", evidenziazioni in corsivo mie)
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martedì 15 gennaio 2013
UTOPIA RANDAGIA-
"Nell'evoluzione di tutti gli artisti, il germe delle opere successive è sempre contenuto nelle prime. Il nucleo intorno al quale l'intelletto dell'artista costruisce la propria opera è il suo io. L'unica influenza che io abbia mai avuto sono io stesso." (Edward Hopper)
"Gli adolescenti avvertono dentro di sè una segreta e speciale grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore: non è un indizio significativo?" (Joseph Chilton Pearce, Evolutions End)
"E' dunque questo che chiamiamo vocazione: la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?" (Josephine Baker)
"Io non mi evolvo: io sono." (Pablo Picasso)
(tutti citati in: James Hillman, Il codice dell'anima)
Un discorso analogo a quanto scritto qui sotto sulla musica, vale per qualsiasi ambito educativo, e in generale per qualsiasi ambito dell'arte, del sapere, delle innumerevoli attività umane.
"Tout ce que le monde a fait de meilleur/ca vien de là, juste pour le plaisir", "tutto ciò che il mondo ha fatto di migliore/viene da qui, giusto per il piacere", cantavano un bel po' di anni fa gli Zebda, gruppo franco-algerino, in una canzone contro ogni forma di fondamentalismo o di fanatismo.
Mi sembra il principio fondamentale di ogni successo, di ogni buona e utile attività umana, di ogni progetto destinato a produrre qualcosa di buono, il segreto di ogni forma di genio, di ogni grande artista, o in generale di chiunque abbia fatto qualcosa di significativo nella storia del genere umano.
La scuola ci insegna il Dovere -imparare a memoria elenchi infiniti di nozioni di cui ci sfugge il significato ultimo, imparare meccanicamente teorie a pappagallo - o imparare altrettanto meccanicamente e a pappagallo a copiare, a fare cose che non sfiorano neanche di lontano la sete infinita di Vita, di autenticità, di vero, di viscerale bellezza che rode la nostra anima.
E così, nella maggior parte dei casi è la vita adulta: ci sovrasta il Dover Essere, la Competizione, il dover dimostrare di valere di fronte agli occhi del Giudice esteriore o interiore, la Performatività, il Dover-raggiungere-standard-di-Produzione "adeguati". Produci-consuma-crepa-
ma il genio che è in ognuno di noi in questa maniera viene schiacciato, incatenato, azzittito, messo in punizione in un cantuccio e lasciato a morire d'inedia, assiderato, dimenticato, abbandonato, negato, picchiato.
il genio cresce ovunque l'individuo sia lasciato libero di fare nient'altro che quello che gli dà piacere, con i suoi modi, i suoi ritmi, le sue forme e la sua forma specifica di follia, direbbe Hillman, cioè d'ispirazione, anche con le stranezze, le ossesioni e le specifiche manie che sono parte integrante di questa ispirazione, il suo speciale linguiaggio magico, la sua maniera di esistere, unica, irripetibile e geniale. "Il suo marchio speciale di speciale disperazione", direbbe Faber, ma non necessariamente ha da essere disperato, 'sto canto irriducibile della nostra Anima!
L'Arte, per esempio, è necessariamente un'esperienza bastarda, randagia, al di fuori di un codice predefinito, un inseguire un destino di cui solo l'individuo conosce i segreti, un destino strappato all'anonimia meccanica dalla potenza, dalla prepotenza del dàimon dell'artista, che lo chiama, lo sfida, lo tormenta, gli impedisce di allinearsi a codici non suoi, imposti dall'esterno, gli impedisce di acquietarsi e rinunciare al proprio enigma, lo chiama, lo trascina, lo ferisce, lo dilania fino a far nascere il fiore del suo Genio.
Ma mi piace seguire un filo associativo che neanch'io so dove va a parare, perciò, a proposito di bastardi e randagi, voglio scrivere qualche riga su una splendida conferenza che ho sentito ieri sulle dinamiche e la comunicazione nei branchi di cani randagi, con il vago presentimento che qualcosa c'entri.
Splendida conferenza, dal titolo appunto Esperienza randagia, tenuta da Michele Minunno, educatore cinofilo, che ha studiato da vicino e ripreso numerosi branchi di cani randagi nel sud Italia, dove il fenomeno è comune.
Più di tutto mi ha colpito il discorso di Minunno a favore dei branchi randagi, chiaramente nel caso che non mettano in pericolo sè stessi o altri. Nella maggior parte dei casi, queste "famiglie" di cani sono perfettamente adattate al territorio e ai suoi abitanti, umani e canini, e si gestiscono perfettamente, sono molto tranquilli - se incontrano altri cani sanno perfettamente come regolarsi: sono i nostri cani d'appartamento e di città, che hanno parzialmente perso la capacità di comunicare e di confrontarsi liberamente con gli altri, e per questo sono così aggressivi, iper-eccitati, e riproducono l'ansia dei loro padroni innervosendosi, spesso, all'incontro con altri cani sconosciuti.
I cani liberi sono diversi: se incontrano cani sconosciuti, mettono in gioco le loro sviluppatisime capacità comunicative: si studiano, s'abbaiano un po', si annusano, si allontanano, sbadigliano, marchiano il terriorio, si riallontanano, si riavvicinano, finchè trovano un equilibrio. Sono molto più tranquilli dei nostri cani, e sanno sempre come regolarsi, seguendo sapientemente codici di comportamento e di comunicazione istintivi che portano al naturale "ordinamento", fluido, spontaneo e non imposto, di ogni individuo. Minunno possiede un cane che è stato per cinque anni "capo" di un branco di randagi: è un cane eccezionale, su cui non funziona nessuna forma di controllo, non sa fare nemmeno il "seduto" - eppure in questo caso il controllo è completamente inutile, perchè si tratta di un cane capace di adattarsi con estrema tranquillità e grandissima funzionalità a qualsiasi situazione, da solo, spontaneamente.
I cosiddetti "capobranco" non hanno comportamenti aggressivi, è sufficiente la loro presenza e la loro autorevolezza per creare ordine e affiatamento nel branco.
I cosiddetti "cani dominanti", invece - detti così dalla nostra ignorante cultura nevrotica cittadina - cioè cani aggressivi, sempre tesi alla competizione, sempre iper-eccitati, mettono in atto un comportamento da cane adolescente, che deve sempre dimostrare di valere di più in quanto insicuro - e se questo comportamento è presente in cani adulti è indice di una profonda insicurezza, debolezza, sofferenza, carenza di capacità comunicative "adeguate".
I personaggi più divertenti, comici di questi filmati sono: un lupo cecoslovacco adolescente, non randagio, che si trova sempre comicamente in bilico fra bisogno adolescenziale di fare il gradasso, e il confronto con questi cani randagi, molto più sgamati di lui, che, anche se spesso di taglia molto più piccola, finiscono sempre per fargli abbassare la cresta. E poi: quello che Minunno chiama il "vice-sindaco" del paesino dove sono stati girati i filmati: un piccolo simpatico bassotto, che si fa rispettare da tutti, e "gestisce" l'intera vita sociale canina del paese, a cui tutti chiedono di "metterci una buona parola" se hanno bisogno di qualcosa, che se ne scorrazza sempre da una parte all'altra del paese per i suoi innumerevoli impegni sociali. La cosa che colpisce è che il "vice-sindaco" è un cane sempre tranquillo, rilassato, che non si tende , non si stressa mai per niente e si adatta a qualsiasi interlocutore, e deve il suo ruolo alle sue abilità sociali e comunicative, estremamente affinate, alla sua estroversione, simpatia e socievolezza, si potrebbe dire, e non certo alla sua aggressività.
Ne conseguono due cose: 1) nella maggior parte dei casi, è assurdo prendere questi cani, perfettamente inseriti nel territorio e con i "vicini" canini e umani - e rinchiuderli in un canile, un lager in cui probabilemte resteranno rinchiusi tutta la vita;
2) comicissimamente appare, chiara e limpida, l'analogia fra la società dei cani e la società degli esseri umani.
Le società moderne metropolitane sono società di adolescenti insicuri, tutti tesi e stressati dall'idea di competizione, tutti terrorizzati dall'idea di poter non "valere" agli occhi degli altri, tutti sempre iper-eccitati (e in più, frenetici), tutti costantemente, meccanicamente incastrati nella modalità aggressiva, nervosa, cinica come modalità di base nel proprio rapporto col mondo e con gli altri (iper-aggressivi, e in più anche repressi).
Un lupo adulto non abbaia mai. E' un verso da lupo cucciolo, o adolescente, insicuro, che ha bisogno di fare la voce grossa per richiamare l'aiuto del branco. Un lupo adulto non ne ha bisogno, non ha bisogno di dimostrare la sua forza, proprio perchè è estremamente sicuro della sua forza.
La società degli esseri umani di oggi è invece una società di adolescenti che abbaiano in continuazione, senza fermarsi un attimo, senza una pausa di rilassamento realmente umano in cui ricominicare a tirare un reale respiro, senza un momento di una risata realmente franca, realmente affratellante, lasciando perdere le cazzate, lo stress e la competizione ininterrotti, inutili.
Dietro alle facce sgargianti di top-manager, modelle-vamp, impiegati cinici, alternativi fighetti, pompati cocainomani palestrati, o donne in carriera senza scrupoli, si apre l'abisso di anime perse, alla deriva, senza un perchè, senza una filo di poesia che gli sgorghi a fiotti imprevisto dal cuore, persone che hanno perso il contatto con la propria Anima, il proprio dàimon.
Al mondo serve un'utopia randagia!
- che ci liberi dalle catene del Dover-Apparire e ci permetta di reincontrarci, nel mondo, con lo sguardo libero da pregiudizi e la sapienza trasparente, serena, tranquilla, rilassata, aperta alla comunicazione, di anime randagie, bastarde, senza niente da dimostrare, senza tic da imporre o ideologie da difendere, senza gabbie-doveri in cui auto-immolarsi o con cui schiavizzare altri, senza stress meccanico da propagandare come "forza" (hahahahahahhaah!!!!!!!!) con niente da perdere e tutto da guadagnare nello stare al mondo insieme agli altri, seguendo ciò che ad ognuno dà piacere, gioia, allegria, divertimento, benessere, realizzazione, felicità, aritmica soddisfazione bastarda non-allineata, ognuno a stretto contatto fedele col proprio istinto, libero, sano, forte, vivo, rilassato, e con la voce della propria anima, liberata da fardelli di iper-razionalità e dal peso oppressivo di dover squadrare sempre da ogni lato in maniera mutilante l'enigma inquieto del proprio esserci indefinibile.
Gli animali, questi fratelli oscuri e leali di mistero, possono essere i migliori maestri per questo.
Foto: Sacrilegio, "Nel nonpensiero/del suo bel muso nero"
Nella foto: Sgrinchomannus.
Il titolo della foto sono due versi di una poesia di Diogene senza l'anima?
"Gli adolescenti avvertono dentro di sè una segreta e speciale grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore: non è un indizio significativo?" (Joseph Chilton Pearce, Evolutions End)
"E' dunque questo che chiamiamo vocazione: la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?" (Josephine Baker)
"Io non mi evolvo: io sono." (Pablo Picasso)
(tutti citati in: James Hillman, Il codice dell'anima)
Un discorso analogo a quanto scritto qui sotto sulla musica, vale per qualsiasi ambito educativo, e in generale per qualsiasi ambito dell'arte, del sapere, delle innumerevoli attività umane.
"Tout ce que le monde a fait de meilleur/ca vien de là, juste pour le plaisir", "tutto ciò che il mondo ha fatto di migliore/viene da qui, giusto per il piacere", cantavano un bel po' di anni fa gli Zebda, gruppo franco-algerino, in una canzone contro ogni forma di fondamentalismo o di fanatismo.
Mi sembra il principio fondamentale di ogni successo, di ogni buona e utile attività umana, di ogni progetto destinato a produrre qualcosa di buono, il segreto di ogni forma di genio, di ogni grande artista, o in generale di chiunque abbia fatto qualcosa di significativo nella storia del genere umano.
La scuola ci insegna il Dovere -imparare a memoria elenchi infiniti di nozioni di cui ci sfugge il significato ultimo, imparare meccanicamente teorie a pappagallo - o imparare altrettanto meccanicamente e a pappagallo a copiare, a fare cose che non sfiorano neanche di lontano la sete infinita di Vita, di autenticità, di vero, di viscerale bellezza che rode la nostra anima.
E così, nella maggior parte dei casi è la vita adulta: ci sovrasta il Dover Essere, la Competizione, il dover dimostrare di valere di fronte agli occhi del Giudice esteriore o interiore, la Performatività, il Dover-raggiungere-standard-di-Produzione "adeguati". Produci-consuma-crepa-
ma il genio che è in ognuno di noi in questa maniera viene schiacciato, incatenato, azzittito, messo in punizione in un cantuccio e lasciato a morire d'inedia, assiderato, dimenticato, abbandonato, negato, picchiato.
il genio cresce ovunque l'individuo sia lasciato libero di fare nient'altro che quello che gli dà piacere, con i suoi modi, i suoi ritmi, le sue forme e la sua forma specifica di follia, direbbe Hillman, cioè d'ispirazione, anche con le stranezze, le ossesioni e le specifiche manie che sono parte integrante di questa ispirazione, il suo speciale linguiaggio magico, la sua maniera di esistere, unica, irripetibile e geniale. "Il suo marchio speciale di speciale disperazione", direbbe Faber, ma non necessariamente ha da essere disperato, 'sto canto irriducibile della nostra Anima!
L'Arte, per esempio, è necessariamente un'esperienza bastarda, randagia, al di fuori di un codice predefinito, un inseguire un destino di cui solo l'individuo conosce i segreti, un destino strappato all'anonimia meccanica dalla potenza, dalla prepotenza del dàimon dell'artista, che lo chiama, lo sfida, lo tormenta, gli impedisce di allinearsi a codici non suoi, imposti dall'esterno, gli impedisce di acquietarsi e rinunciare al proprio enigma, lo chiama, lo trascina, lo ferisce, lo dilania fino a far nascere il fiore del suo Genio.
Ma mi piace seguire un filo associativo che neanch'io so dove va a parare, perciò, a proposito di bastardi e randagi, voglio scrivere qualche riga su una splendida conferenza che ho sentito ieri sulle dinamiche e la comunicazione nei branchi di cani randagi, con il vago presentimento che qualcosa c'entri.
Splendida conferenza, dal titolo appunto Esperienza randagia, tenuta da Michele Minunno, educatore cinofilo, che ha studiato da vicino e ripreso numerosi branchi di cani randagi nel sud Italia, dove il fenomeno è comune.
Più di tutto mi ha colpito il discorso di Minunno a favore dei branchi randagi, chiaramente nel caso che non mettano in pericolo sè stessi o altri. Nella maggior parte dei casi, queste "famiglie" di cani sono perfettamente adattate al territorio e ai suoi abitanti, umani e canini, e si gestiscono perfettamente, sono molto tranquilli - se incontrano altri cani sanno perfettamente come regolarsi: sono i nostri cani d'appartamento e di città, che hanno parzialmente perso la capacità di comunicare e di confrontarsi liberamente con gli altri, e per questo sono così aggressivi, iper-eccitati, e riproducono l'ansia dei loro padroni innervosendosi, spesso, all'incontro con altri cani sconosciuti.
I cani liberi sono diversi: se incontrano cani sconosciuti, mettono in gioco le loro sviluppatisime capacità comunicative: si studiano, s'abbaiano un po', si annusano, si allontanano, sbadigliano, marchiano il terriorio, si riallontanano, si riavvicinano, finchè trovano un equilibrio. Sono molto più tranquilli dei nostri cani, e sanno sempre come regolarsi, seguendo sapientemente codici di comportamento e di comunicazione istintivi che portano al naturale "ordinamento", fluido, spontaneo e non imposto, di ogni individuo. Minunno possiede un cane che è stato per cinque anni "capo" di un branco di randagi: è un cane eccezionale, su cui non funziona nessuna forma di controllo, non sa fare nemmeno il "seduto" - eppure in questo caso il controllo è completamente inutile, perchè si tratta di un cane capace di adattarsi con estrema tranquillità e grandissima funzionalità a qualsiasi situazione, da solo, spontaneamente.
I cosiddetti "capobranco" non hanno comportamenti aggressivi, è sufficiente la loro presenza e la loro autorevolezza per creare ordine e affiatamento nel branco.
I cosiddetti "cani dominanti", invece - detti così dalla nostra ignorante cultura nevrotica cittadina - cioè cani aggressivi, sempre tesi alla competizione, sempre iper-eccitati, mettono in atto un comportamento da cane adolescente, che deve sempre dimostrare di valere di più in quanto insicuro - e se questo comportamento è presente in cani adulti è indice di una profonda insicurezza, debolezza, sofferenza, carenza di capacità comunicative "adeguate".
I personaggi più divertenti, comici di questi filmati sono: un lupo cecoslovacco adolescente, non randagio, che si trova sempre comicamente in bilico fra bisogno adolescenziale di fare il gradasso, e il confronto con questi cani randagi, molto più sgamati di lui, che, anche se spesso di taglia molto più piccola, finiscono sempre per fargli abbassare la cresta. E poi: quello che Minunno chiama il "vice-sindaco" del paesino dove sono stati girati i filmati: un piccolo simpatico bassotto, che si fa rispettare da tutti, e "gestisce" l'intera vita sociale canina del paese, a cui tutti chiedono di "metterci una buona parola" se hanno bisogno di qualcosa, che se ne scorrazza sempre da una parte all'altra del paese per i suoi innumerevoli impegni sociali. La cosa che colpisce è che il "vice-sindaco" è un cane sempre tranquillo, rilassato, che non si tende , non si stressa mai per niente e si adatta a qualsiasi interlocutore, e deve il suo ruolo alle sue abilità sociali e comunicative, estremamente affinate, alla sua estroversione, simpatia e socievolezza, si potrebbe dire, e non certo alla sua aggressività.
Ne conseguono due cose: 1) nella maggior parte dei casi, è assurdo prendere questi cani, perfettamente inseriti nel territorio e con i "vicini" canini e umani - e rinchiuderli in un canile, un lager in cui probabilemte resteranno rinchiusi tutta la vita;
2) comicissimamente appare, chiara e limpida, l'analogia fra la società dei cani e la società degli esseri umani.
Le società moderne metropolitane sono società di adolescenti insicuri, tutti tesi e stressati dall'idea di competizione, tutti terrorizzati dall'idea di poter non "valere" agli occhi degli altri, tutti sempre iper-eccitati (e in più, frenetici), tutti costantemente, meccanicamente incastrati nella modalità aggressiva, nervosa, cinica come modalità di base nel proprio rapporto col mondo e con gli altri (iper-aggressivi, e in più anche repressi).
Un lupo adulto non abbaia mai. E' un verso da lupo cucciolo, o adolescente, insicuro, che ha bisogno di fare la voce grossa per richiamare l'aiuto del branco. Un lupo adulto non ne ha bisogno, non ha bisogno di dimostrare la sua forza, proprio perchè è estremamente sicuro della sua forza.
La società degli esseri umani di oggi è invece una società di adolescenti che abbaiano in continuazione, senza fermarsi un attimo, senza una pausa di rilassamento realmente umano in cui ricominicare a tirare un reale respiro, senza un momento di una risata realmente franca, realmente affratellante, lasciando perdere le cazzate, lo stress e la competizione ininterrotti, inutili.
Dietro alle facce sgargianti di top-manager, modelle-vamp, impiegati cinici, alternativi fighetti, pompati cocainomani palestrati, o donne in carriera senza scrupoli, si apre l'abisso di anime perse, alla deriva, senza un perchè, senza una filo di poesia che gli sgorghi a fiotti imprevisto dal cuore, persone che hanno perso il contatto con la propria Anima, il proprio dàimon.
Al mondo serve un'utopia randagia!
- che ci liberi dalle catene del Dover-Apparire e ci permetta di reincontrarci, nel mondo, con lo sguardo libero da pregiudizi e la sapienza trasparente, serena, tranquilla, rilassata, aperta alla comunicazione, di anime randagie, bastarde, senza niente da dimostrare, senza tic da imporre o ideologie da difendere, senza gabbie-doveri in cui auto-immolarsi o con cui schiavizzare altri, senza stress meccanico da propagandare come "forza" (hahahahahahhaah!!!!!!!!) con niente da perdere e tutto da guadagnare nello stare al mondo insieme agli altri, seguendo ciò che ad ognuno dà piacere, gioia, allegria, divertimento, benessere, realizzazione, felicità, aritmica soddisfazione bastarda non-allineata, ognuno a stretto contatto fedele col proprio istinto, libero, sano, forte, vivo, rilassato, e con la voce della propria anima, liberata da fardelli di iper-razionalità e dal peso oppressivo di dover squadrare sempre da ogni lato in maniera mutilante l'enigma inquieto del proprio esserci indefinibile.
Gli animali, questi fratelli oscuri e leali di mistero, possono essere i migliori maestri per questo.
Foto: Sacrilegio, "Nel nonpensiero/del suo bel muso nero"
Nella foto: Sgrinchomannus.
Il titolo della foto sono due versi di una poesia di Diogene senza l'anima?
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lunedì 31 dicembre 2012
fuori dai cortei/dalla burocrazia/fuori dalle chiese dentro ai formicai.
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giovedì 6 dicembre 2012
Articolo/testimonianza/racconto interessante sugli Usa oggi.
Articolo interessante e soprattutto godibilmente narrato, a metà fra inchiesta da inviato e testimonianza personale/racconto letterario, ben scritto e con un ritmo che porta facilmente all'identificazione vivida nel vissuto del narratore.
Parla degli Stati Uniti e delle più importanti vicende lì recentemente successe.
Ha un tono per quanto mi riguarda apologetico fino a tratti al ridicolo - e ugualmente eccessiva e retorica mi sembra l'apologia di Obama e dei Democratici - e, tuttavia, in quanto testimonianza/racconto, rimane godibilissimo ed estremamente interessante. Niente di particolarmente nuovo, nè dal punto di vista informativo nè da quello descrittivo/sociologico, cose sentite e risentite, sui giornali, nei libri, nei film.
Ma tuttavia, resta la freschezza vivida del vissuto dell'autore, resa con la sua ottima scrittura narrativo-giornalistica, grazie alla quale riesce - forse - a farci fare un breve viaggio negli Usa attraverso i suoi occhi - senza dover prendere un aereo e passare dall'ufficio doganale.
http://rinabrundu.com/2012/11/29/guido-mattioni-da-sandy-alla-star-and-stripes-vi-racconto-la-mia-america/
Parla degli Stati Uniti e delle più importanti vicende lì recentemente successe.
Ha un tono per quanto mi riguarda apologetico fino a tratti al ridicolo - e ugualmente eccessiva e retorica mi sembra l'apologia di Obama e dei Democratici - e, tuttavia, in quanto testimonianza/racconto, rimane godibilissimo ed estremamente interessante. Niente di particolarmente nuovo, nè dal punto di vista informativo nè da quello descrittivo/sociologico, cose sentite e risentite, sui giornali, nei libri, nei film.
Ma tuttavia, resta la freschezza vivida del vissuto dell'autore, resa con la sua ottima scrittura narrativo-giornalistica, grazie alla quale riesce - forse - a farci fare un breve viaggio negli Usa attraverso i suoi occhi - senza dover prendere un aereo e passare dall'ufficio doganale.
http://rinabrundu.com/2012/11/29/guido-mattioni-da-sandy-alla-star-and-stripes-vi-racconto-la-mia-america/
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martedì 4 settembre 2012
a tratti percepisco tra indistinto brusio -
Dove c'è conoscenza, ci sono credenze. Dove ci sono credenze, non c'è amore, né realtà, né verità, nè vita.
Dove c'è conoscenza, c'è desiderio, volontà di modificare, realizzare qualcosa, raggiungere qualcosa, risolvere, costringere, concludere, chiudere, imporre, manipolare, definire, dominare, domare, arrivare a, essere qualcosa, dimostrare qualcosa. Aspettativa. Volontà che sia in un qualche determinato modo - affezionamento a questo desiderio e a questa aspettativa di conformità del reale al desiderio. Affezionamento a un essere, a un modo di essere, a una identità. Una immagine che proietto e espando imperialmente sul dato, casuale. Costringendolo nella mia idea. Avere idee o credenze o nozioni o conoscenze è aggraparmi a un simulacro, scelto a caso o imposto dalle condizioni esterne, dentro cui rifugiarmi, appartarmi, isolarmi dalla realtà nella sua nuda semplice caotica vuotezza, datità, gettatezza, per sentirmi al sicuro. Una casa, un nido, una camicia di forza per lo spirito.
Dove compaiono amore, realtà, verità, vita che straripa dalle categorie - non ci sono credenze né conoscenza.
(sono concetti di Jiddu Krishnamurti riformulati in gran parte usando parole mie e in parte da me interpretati ) -
e con l'attaccamento al non attaccamento come la mettiamo?
e con la fede nell'inutilità di ogni fede e credenza?
con il conoscere che è inutile la conoscenza?
l'assenza di ogni tipo di credenza non è un tipo fra i tanti di credenza?
è possibile non avere fedi?
è utile?
è utile - per esempio nel caso dei seguaci di J. Krishnamurti - avere una ideologia del non avere nessun tipo di ideologia?
e le credenze per il solo fatto di comparire e affermarsi nella mente non hanno una loro realtà (e forse un loro valore)?
muoiono tutti gli idoli - tutte le verità assolute, religiose, politiche, ideologiche, metafisiche.
cosa resta?
tabula rasa? realtà scrostata da ogni illusione?
O forse simulacri, illusioni che non hanno più lo statuto di verità assolute, certezze sistematiche, ma non per questo perdono la loro forza, anzi. Se tutto è simulacro, immagine, semplice convenzione - dove a un contenuto si può sostituire un qualsiasi altro contenuto perché qualsiasi cosa può essere vera o falsa - i simulacri non sono smascherati, ma diventano sempre più potenti - perché sono tutto ciò che è rimasto.
Ma in questo gioco di specchi, a tratti compare, si vive qualcosa di inedito che per intensità, semplicità e bellezza spezza gli ingranaggi di quell'orizzonte esistenziale limitato, arroccato, solo mentale e ripetitivo in cui siamo soliti rifugiarci - per paura della libertà, direbbe Krishnamurti.
Ecco, questa è una cosa in cui credo: l'inesauribile, irriducibile, imprevedibile, incontenibile ricchezza del reale.
(ps: il titolo è una citazione dalla canzone dei Csi "A tratti")
martedì 21 agosto 2012
"Addio agli anni 70": una mostra. -anzi un mostro. -anzi due.
Monstrum.
Quanto toglie fissità incorniciata alla compiutezza statica del noto - e certezza ferrea alla solidità eterna perpetuamente ri-aderita dell'usuale meccanico - per ri-proporre di-nuovo l'irripetibile inedito manifestarsi dell'unicum, dello stupore - della meraviglia - dell'ignoto. Del decrearsi da cui straripa la creazione.
Monstrum per me è stato questo incontro con opere d'arte degli anni 70 raggruppate, in maniera forse un pò casuale, ma tant'è.
A cominciare dalle pagine fotocopiate all'entrata di numeri di quegli anni della rivista Re Nudo, e altre, appartenenti all'ala più creativo-anarcoide dei movimenti dei 70. Parole coraggiose, non tanto per le posizioni politiche espresse (non si capisce cosa questa telluricità libertaria immaginifica abbia a che spartire, fatti i conti con la storia, con tremendi progetti realizzati di società totalitaria come per esempio quello di Mao, pure ai tempi glorificato dal movimento studentesco), quanto per l'atteggiamento radicale di critica creativa all'esistente - una critica alla società "borghese" - alla falsità, alterazione, raggelamento, irrigidimento, dis-animazione, dilaniazione, costrizione, stritolamento nella meccanizzazione alienata, incatenamento, rigidità, ottusità, ottundimento, ingabbiamento, uccisione, genocidio dell'umano, dell'autentico, della scintilla di libertà e creatività con cui nasce ogni donna o uomo.
Per esempio la scuola e l'apparato "educativo" onnipresente in tutta la società, visto come un addestramento allo starsene addomesticati, una fabbrica di schiavi che aliena e sottomette a logiche estranee all'autenticità libera di ognuno, ma congeniali al Potere, una porzione immensa di conscio e soprattutto inconscio, deprivando ognuno del libero uso di vastissime distese interiori di emozioni, sentimenti, abilità, talenti, coraggio, gentilezza, passione, creatività. L'articolo suggerisce l'uso delle droghe come metodo per esplorare e riappropriarsi di queste zone asportate del mondo interiore, ma di nuovo questo mi sembra un elemento caduco, legato a quei tempi. Quello che rimane valido e attualissimo è la descrizione dell'alienazione e l'invito a riappropriarsi della propria integrità e autenticità profonde.
Poi parole sulla musica, che dovrebbe essere più diffusamente eseguita, nelle case, nelle piazze, nelle strade, anche in maniera dilettantesca (come poi era già in passato) e non così tanto registrata e rinchiusa in perfettamente confezionati prodotti commerciali puliti e asettici-da-ripetere-sempiternamente-uguali-a-sè-stessi, i dischi, bellissimi ma distanti dalla vita.
Parole contro un atteggiamento rivoluzionario classico soltanto esteriore che non riconosce che la "falsità della società" è innanzitutto dentro ognuno di noi.
Parole di Gaber su com'è bello vivere in strada e non sempre e soltanto rinchiusi nelle case come topi.
Della mostra mi ha colpito più di tutto un video sul movimento artistico del Nuovo Realismo, estremamente interessante. Il loro manifesto dichiarava che visto il fallimento più completo di qualsiasi esperienza artistica ad esprimere la realtà o il suo senso, i Nuovi Realisti avrebbero utilizzato direttamente la realtà come terreno, strumento e materiale stesso delle opere. Un artista strappava manifesti dai muri delle città per riincollarli insieme componendo forme dai significati nuovi, o rivelanti urbane nonsensatezze da società dei consumi. Un altro impacchettava monumenti in teli di plastica per esprimere l'angoscia di una società di prigionieri. Infine, appartenevano a questo movimento anche la grandissima coppia di artisti Niki de Sainte-Falle e Jean Tinguely: nel video, il secondo fa bruciare- esplodere un enorme fallo di legno e stoffa sul sagrato del Duomo a Milano, fra fuochi d'artificio. La prima, spara a un teatrino bianco - immacolato con molteplici statuette legate all'iconografia cristiana, in particolare Madonne - tutte bianco - immacolate. Nei punti colpiti, il teatrino immacolato comincia a sanguinare vernice rossa, viola, che sgorga a fiotti sulle statue, con un effetto tragico e orrido.
Poi un Amleto che aizza una folla immaginaria (forse è diventato un segretario di partito) con uno struggente monologo in cui alle parole sono stati sostituiti numeri.
Video di danza eccezionali che simulano la meccanicità alienata e rigida del lavoro (forse anche dello studio?) nella nostra società.
Il capolavoro di Baj sull'omicidio di Pinelli, di fronte al quale lo sguardo rimane rapito e non riesce a staccarsi, shockato da tanta violenza cruenta e informe (i poliziotti e i generali sembrano degli ectoplasmi o degli alieni, sicuramente non sono umani) , insiste sui dettagli per capire, ricostruire i suggerimenti di interpretazione dell'evento, di cui l'autore ha disseminato l'opera. Infine, lo sguardo è ammaliato dall'aura di tragicomica assurda insensatezza, un insensatezza cruenta e delirante, ma questa logica del potere viene mostrata come talmente assurda che fra gli effetti dell'opera c'è anche la voglia di ridere.
Parole immagini simboli video colori segni che evocano una vitalità libertaria diffusa, e una creatività diffusa, lontanissima dalle gabbie-museo e vicinissima all'arte-vita, alla performance quotidiana; infine una socialità aperta, rilassata anche se incazzata, molta voglia di condividere molto più di quanto permetta una "normale" vita "piccolo borghese" - e di vivere in maniera più comunitaria e nello stesso tempo più libera.
Monstrum doppio, dunque. Come ogni mostro - almeno doppio, se non triplice, o centuplice, policefalo con universi interi di teste.
Sicuramente monstrum di creatività artistica vulcanica, eruttante tutto come arte, utilizzando qualsiasi cosa come arte, dilagante l'arte dappertutto, distruggente l'arte per ri-crearla continuamente, ma monstrum anche di un possibile monstrum-osamente diverso modello o anti-modello di socialità.
P.s.: Nella foga della scrittura mi sono totalmente dimenticato di precisare il dove e il quando. Ecco:
"ADDIO AGLI ANNI '70", PALAZZO REALE, MILANO, FINO AL 2 SETTEMBRE, INGRESSO GRATUITO.
Quanto toglie fissità incorniciata alla compiutezza statica del noto - e certezza ferrea alla solidità eterna perpetuamente ri-aderita dell'usuale meccanico - per ri-proporre di-nuovo l'irripetibile inedito manifestarsi dell'unicum, dello stupore - della meraviglia - dell'ignoto. Del decrearsi da cui straripa la creazione.
Monstrum per me è stato questo incontro con opere d'arte degli anni 70 raggruppate, in maniera forse un pò casuale, ma tant'è.
A cominciare dalle pagine fotocopiate all'entrata di numeri di quegli anni della rivista Re Nudo, e altre, appartenenti all'ala più creativo-anarcoide dei movimenti dei 70. Parole coraggiose, non tanto per le posizioni politiche espresse (non si capisce cosa questa telluricità libertaria immaginifica abbia a che spartire, fatti i conti con la storia, con tremendi progetti realizzati di società totalitaria come per esempio quello di Mao, pure ai tempi glorificato dal movimento studentesco), quanto per l'atteggiamento radicale di critica creativa all'esistente - una critica alla società "borghese" - alla falsità, alterazione, raggelamento, irrigidimento, dis-animazione, dilaniazione, costrizione, stritolamento nella meccanizzazione alienata, incatenamento, rigidità, ottusità, ottundimento, ingabbiamento, uccisione, genocidio dell'umano, dell'autentico, della scintilla di libertà e creatività con cui nasce ogni donna o uomo.
Per esempio la scuola e l'apparato "educativo" onnipresente in tutta la società, visto come un addestramento allo starsene addomesticati, una fabbrica di schiavi che aliena e sottomette a logiche estranee all'autenticità libera di ognuno, ma congeniali al Potere, una porzione immensa di conscio e soprattutto inconscio, deprivando ognuno del libero uso di vastissime distese interiori di emozioni, sentimenti, abilità, talenti, coraggio, gentilezza, passione, creatività. L'articolo suggerisce l'uso delle droghe come metodo per esplorare e riappropriarsi di queste zone asportate del mondo interiore, ma di nuovo questo mi sembra un elemento caduco, legato a quei tempi. Quello che rimane valido e attualissimo è la descrizione dell'alienazione e l'invito a riappropriarsi della propria integrità e autenticità profonde.
Poi parole sulla musica, che dovrebbe essere più diffusamente eseguita, nelle case, nelle piazze, nelle strade, anche in maniera dilettantesca (come poi era già in passato) e non così tanto registrata e rinchiusa in perfettamente confezionati prodotti commerciali puliti e asettici-da-ripetere-sempiternamente-uguali-a-sè-stessi, i dischi, bellissimi ma distanti dalla vita.
Parole contro un atteggiamento rivoluzionario classico soltanto esteriore che non riconosce che la "falsità della società" è innanzitutto dentro ognuno di noi.
Parole di Gaber su com'è bello vivere in strada e non sempre e soltanto rinchiusi nelle case come topi.
Della mostra mi ha colpito più di tutto un video sul movimento artistico del Nuovo Realismo, estremamente interessante. Il loro manifesto dichiarava che visto il fallimento più completo di qualsiasi esperienza artistica ad esprimere la realtà o il suo senso, i Nuovi Realisti avrebbero utilizzato direttamente la realtà come terreno, strumento e materiale stesso delle opere. Un artista strappava manifesti dai muri delle città per riincollarli insieme componendo forme dai significati nuovi, o rivelanti urbane nonsensatezze da società dei consumi. Un altro impacchettava monumenti in teli di plastica per esprimere l'angoscia di una società di prigionieri. Infine, appartenevano a questo movimento anche la grandissima coppia di artisti Niki de Sainte-Falle e Jean Tinguely: nel video, il secondo fa bruciare- esplodere un enorme fallo di legno e stoffa sul sagrato del Duomo a Milano, fra fuochi d'artificio. La prima, spara a un teatrino bianco - immacolato con molteplici statuette legate all'iconografia cristiana, in particolare Madonne - tutte bianco - immacolate. Nei punti colpiti, il teatrino immacolato comincia a sanguinare vernice rossa, viola, che sgorga a fiotti sulle statue, con un effetto tragico e orrido.
Poi un Amleto che aizza una folla immaginaria (forse è diventato un segretario di partito) con uno struggente monologo in cui alle parole sono stati sostituiti numeri.
Video di danza eccezionali che simulano la meccanicità alienata e rigida del lavoro (forse anche dello studio?) nella nostra società.
Il capolavoro di Baj sull'omicidio di Pinelli, di fronte al quale lo sguardo rimane rapito e non riesce a staccarsi, shockato da tanta violenza cruenta e informe (i poliziotti e i generali sembrano degli ectoplasmi o degli alieni, sicuramente non sono umani) , insiste sui dettagli per capire, ricostruire i suggerimenti di interpretazione dell'evento, di cui l'autore ha disseminato l'opera. Infine, lo sguardo è ammaliato dall'aura di tragicomica assurda insensatezza, un insensatezza cruenta e delirante, ma questa logica del potere viene mostrata come talmente assurda che fra gli effetti dell'opera c'è anche la voglia di ridere.
Parole immagini simboli video colori segni che evocano una vitalità libertaria diffusa, e una creatività diffusa, lontanissima dalle gabbie-museo e vicinissima all'arte-vita, alla performance quotidiana; infine una socialità aperta, rilassata anche se incazzata, molta voglia di condividere molto più di quanto permetta una "normale" vita "piccolo borghese" - e di vivere in maniera più comunitaria e nello stesso tempo più libera.
Monstrum doppio, dunque. Come ogni mostro - almeno doppio, se non triplice, o centuplice, policefalo con universi interi di teste.
Sicuramente monstrum di creatività artistica vulcanica, eruttante tutto come arte, utilizzando qualsiasi cosa come arte, dilagante l'arte dappertutto, distruggente l'arte per ri-crearla continuamente, ma monstrum anche di un possibile monstrum-osamente diverso modello o anti-modello di socialità.
P.s.: Nella foga della scrittura mi sono totalmente dimenticato di precisare il dove e il quando. Ecco:
"ADDIO AGLI ANNI '70", PALAZZO REALE, MILANO, FINO AL 2 SETTEMBRE, INGRESSO GRATUITO.
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mercoledì 27 giugno 2012
panteismo pànico.
"Rido di te, di me, di tutto ciò che di mortale c'è -
- e che mi piace!" (Jovannotti)
Mi piacciono tutte le razze, tutti i credo religiosi e tutte le loro infinite declinazioni opinionistico-personali; tutte le opinioni ideologiche, tutte, anche le più bizzarre, formulazioni esistenzial-spiritual-filosofico-ateo-agnostico-superstizioso-fideistico-radical-conservatore-qualunquistico-rivoluzionarie, come anche gli atteggiamenti personali più diversi che se ne possono trarre, e qualsiasi altra particolarissima forma di idiosincrasia nevrotica parziale e selettiva.
Indagare i meandri sottotraccia di tutte queste infinite coniugazioni, sintesi e costruzioni dell'animo umano, sempre mutevoli, imprevedibili, sorprendenti, inesauribili - voler comprendere con intelligenza emotiva partecipe, non con semplice sguardo di analisi intellettuale, tutti questi innumerevoli fantasmi, è l'avventura filosofica più incredibile e affascinante che si possa concepire.
E allo stesso tempo, anche la più grande, totale, colossale perdita di tempo.
Io rido di tutto questo, rido di ognuna di queste cose, della loro indefinibile somma, rido del mio ridere e della serietà con cui rido del mio ridere.
E, allo stesso tempo, riconosco in tutto ciò un germe di Vita.
- e che mi piace!" (Jovannotti)
Mi piacciono tutte le razze, tutti i credo religiosi e tutte le loro infinite declinazioni opinionistico-personali; tutte le opinioni ideologiche, tutte, anche le più bizzarre, formulazioni esistenzial-spiritual-filosofico-ateo-agnostico-superstizioso-fideistico-radical-conservatore-qualunquistico-rivoluzionarie, come anche gli atteggiamenti personali più diversi che se ne possono trarre, e qualsiasi altra particolarissima forma di idiosincrasia nevrotica parziale e selettiva.
Indagare i meandri sottotraccia di tutte queste infinite coniugazioni, sintesi e costruzioni dell'animo umano, sempre mutevoli, imprevedibili, sorprendenti, inesauribili - voler comprendere con intelligenza emotiva partecipe, non con semplice sguardo di analisi intellettuale, tutti questi innumerevoli fantasmi, è l'avventura filosofica più incredibile e affascinante che si possa concepire.
E allo stesso tempo, anche la più grande, totale, colossale perdita di tempo.
Io rido di tutto questo, rido di ognuna di queste cose, della loro indefinibile somma, rido del mio ridere e della serietà con cui rido del mio ridere.
E, allo stesso tempo, riconosco in tutto ciò un germe di Vita.
"Nessuno è perso, nell'infinito. Terribile è perdersi, sentire di essere persi, nel finito." Guido Ceronetti
"Quando conferiamo al comune un senso più elevato, all'ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un'apparenza infinita allora io lo romanticizzo." (Novalis
"Quando conferiamo al comune un senso più elevato, all'ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un'apparenza infinita allora io lo romanticizzo." (Novalis
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