di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
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martedì 27 maggio 2014

ANCIENT SHAMANIC ROCK-


IL COMPITO DELL'ARTISTA E' SALVARE L'ANIMA DELL'UMANITA'

SE GLI ARTISTI NON TROVANO LA VIA, LA VIA NON PUO' ESSERE TROVATA.

(Terence Mc Kenna)




(Immagine: Paintbrush Warrior, di Mark Henson, riprodotta con l'esplicito consenso - da me richiesto - dell'autore. Tutti i diritti riservati. Per altri quadri di questo pittore che rappresenta l'oggi in maniera caoticamente visionaria, tra realtà socio-politica violenta tremenda ipertecnologica antropocentrica e sogno incantato spirituale, vedi il suo sito)

(Image: Paintbrush Warrior, by Mark Henson, reproduced with explicit ageement - asked by me - of the author. All rights protected by copyright. If you want to see other paintings by this painter who represent the present in a chaotic, visionary way, between tremendous violent hypertecnological anthropocentric socio-political reality and spiritual enchanted dream, go to his website)








Dire che l'arte (musica, poesia, etc...) debba servire a qualcosa è una bestemmia.

Ciò che caratterizza l'arte è esattamente un essere-fine-a-sé-stessa, un fare libero, un gioco liberato, tremendamente serio ma tremendamente autosufficiente, un fare completamente libero da scopi, un non-fare che ha nel proprio manifestarsi la sua autosufficente ragione di essere.

Tuttavia l'arte ha delle conseguenze (a cui non bisogna pensare nell'atto della libera espressione o della libera fruizione - due cose che poi sono la stessa).

L'arte, il canto, la danza, il proto-teatro, la musica, la poesia sono sempre state nelle culture antiche e nelle culture tribali maniere di curare, non nel senso strumentale di oggi, ma nel senso di riconnettere le identità spezzate e separate degli individui con un'Unità, divina, naturale, spirituale, emotiva, corporea, istintiva, che senza queste storie sacre, questi canti sacri, queste danze, musiche, rituali, simboli, immagini, colori, suoni, rischiava di essere perduta.

Per gli aborigeni d'Australia addirittura la Terra-di-Sogno è tenuta in vita e continuamente ri-creata proprio da rituali artistici in cui in luoghi sacri ciclicamente venivano ridipinte scene di storie mitologiche. Senza questo atto di ri-dipingere la realtà divina, la stessa realtà divina rischiava di estinguersi.

L'arte, la poesia, la musica sono sciamanesimo, ancora oggi, sono la vera più potente forma di sciamanesimo. Non servono a curare, a far star bene, perché non sono serve, ma imperatrici, ma curano, perché fanno vivere, fanno rivivere l'eroe dai mille volti che si contorce dentro di noi e grida per esprimersi, per essere ascoltato, ridanno vita alle parti più nascoste e abissali e profonde e viscerali e paradossali e luminose o oscure e selvatiche di noi stessi, ci riconsegnano alla nostra libertà.

Se la pizzica è (era, o è ancora) un rituale di esorcismo, così lo può essere il rock più selvaggio e autentico o una jam session di percussioni.

Se la danza balinese è una maniera di richiamare e rendere presente, fisico, davanti agli occhi il divino, il mito, reale, ora, qui - così può farci entrare nella stessa dimensione rituale esatta e assoluta, gioiosa o terrificante, la migliore poesia o il migliore teatro d'avanguardia.

Certo, esistono differenze, e radicali, tra un'arte propriamente rituale inserita in un quadro cosmologico, mitologico e religioso definito, condiviso unanimemente da una società o una tribù, e l'impresa individuale di un artista o un poeta che si avventura nella terra di nessuno della notte dell'anima, del caos danzante interiore, avendo come alleati e come rete di simboli solo un deserto squassato di una cultura dilaniata, disorientata, dispersa, cinica, materialista, economicista, idolatrante l'utile la convenienza, la misurazione la quantità l'osservabile lo strumentale tecnico il gioco di un potere abbrutito edonismo dell'illimite con ragnatele di brandelli di sensi di colpa atavici post-cristiani.

Ma in realtà l'artista, come lo sciamano, è sempre stato solo.

Deve partire per il suo viaggio da solo e affrontare il gioco di specchi e labirinti senza soluzione possibile apparente, affrontare i demoni nella prateria dei simboli dove infuriano venti inumani, attraversare il deserto della nientificazione, inerpicarsi su vette rocciose inospitali ed aliene, pericolose, a volte ammalianti, a volte meravigliose, seguire il sentiero avventuroso del suo mito personale, e dipanare forme-talismano con lo scalpello della propria sensibilità, con la lama della propria autenticità, poi deve sapersi rilassare, ridere di tutto questo e di sè stesso, semplificare, alleggerire, togliere importanza, rasserenare, sciogliersi in un lago placido specchio oggettivo del mondo, evaporare in una nuvola bianca che si lascia trasportare dal vento, o un profumo di legna bruciata, o fumo fugace che scompare in pochi secondi, sciogliere il nodo dell'impossibile in una pozzanghera di niente, in una goccia di pioggia che si frantuma nella terra ingravidandola di vuoto fertile, disegnare miniature e arabeschi nell'aria, riagganciare il centro esatto del cuore, farlo rinascere, lasciarlo gridare, cantare, pulsare battere potentemente il proprio vasto Petto-Tamburo, perdersi in un frammento inutile e indescrivibile, poi ribaltare tutto, dimenticare tutto, annientare tutto, perdere di nuovo tutto, e ricominciare da capo da un altro punto di vista, inventare linguaggi strumenti musicali codici preghiere parole magiche ritmi percussivi completamente inediti, e così potrà tornare con in mano una valigia di visioni, sogni, assurde asce sciamaniche disintegra-finzioni, fantascientifiche ali immaginarie impermanenti e orologi a molla sputa-meraviglia da donare ai suoi simili, perché anch'essi trovino le proprie buone piste.

Gli artisti, insieme ai pochi testimoni rimasti di culture orientate da divinità profondamente diverse dal Moloch della Ragione Tecnico-Economica, sono gli unici alchimisti rimasti ancora in grado di riconnetterci con la Ragnatela Cosmica della Vita, con il ventre gravido della Madre Terra, col nostro istinto sano e naturale, saggio, potente di uomini e donne selvatici.

Gli artisti, come gli sciamani, esprimono e aiutano a riprendere contatto con parti di noi o dell'inconscio collettivo rimosse, emozioni represse, dimenticate, negate, cancellate, imprigionate, oscurate, genocidizzate, incatenate, azzittite, schiacciate, mandate al confino, segregate, immobilizzate, paralizzate, uccise, ridicolizzate, annientate, svuotate, desertificate - o con realtà della società e della vita magari violentemente evidenti ma nascoste e messe a tacere - che il poeta, il musicista o il pittore aiutano ad urlare profeticamente la propria innegabilità.

L'arte cioè per esempio può essere la versione contemporanea della caccia all'anima della cultura sciamanica, in cui gli sciamani "cacciavano" pezzi di anima che la persona da curare aveva perso per strada, che erano rimasti impigliati in altrove, altre dimensioni o epoche in seguito a traumi, ferite, sofferenze incapaci di esprimersi.

Mi viene in mente per esempio quel che dice Igor Sibaldi sulle nostre età sconfitte: l'archetipo contemporaneo del Capo Indiano sconfitto, quelle fotografie terribili di questi volti disperatamente tristi e sconvolti, eppure che conservano una dignità assoluta, indiscutibile, non alterabile, impassibile, statuaria, a volte immersa in una sconsolazione infinita ma ancora perfettamente saggia, a volte che guardano nell'obiettivo ancora con sfida, sprezzo guerriero pieno di rabbia e dignità - rappresenterebbero per Sibaldi, nel nostro immaginario, le nostre età sconfitte: infanzia e adolescenza, tutti i loro sogni dimenticati e messi a tacere, messi in riga dal realismo adulto, dal pragmatismo deluso e cinico. L'Arte ci rimette di fronte, se il nostro cuore non è inaridito, con il mondo incantato, popolato da elfi fate gnomi miracoli magie alberi parlanti meraviglia stupore emozioni primordiali capacità innocente di credere all'incredibile e lo spirito eternamente ciclico e atemporale, sognante del Gioco - che appartenevano alla nostra infanzia - e allo spirito guerriero ribelle sognante indomito, non inquadrabile, indomabile, inquieto, impossibile da collocare in confini angusti pensieri dogmatici e ruoli assegnati, capace di spaccare tutto e lottare per i Sogni che pulsano selvaggi nel proprio cuore - che appartenevano alla nostra adolescenza.

L'arte, per concludere dà voce a ciò che nella nostra società e in noi non ha voce: al selvatico, agli animali, al fantastico, all'irreale, al profetico, a ciò che sta sotto il sottile velo della realtà socialmente e politicamente precostituita e accettata, al paradossale, alla sofferenza, alle contraddizioni laceranti della nostra società e all'urlo ribelle dell'urgenza di trovare vie alternative; al misterioso, all'enigmatico, all'impossibile, a tutto ciò che non ha risposta, a tutto ciò che non può essere detto in un linguaggio quotidiano, all'angoscia del vivere in una società irregimentata in maschere e finzioni e costrizioni rigide, oppressive e iper-razionali; alla gioia del semplice essere vivi come animali, con un corpo, un sano istinto, una vocazione alla libertà, un'Anima tribale guerriera sanguigna e sognante; alla Terra e al sentirci suoi figli; all'antico, al non attuale, a logiche incomprensibili per la mentalità imperante del pensiero unico; alla capacità di creare, esprimersi liberamente, e inventare sentieri e logiche extra-ordinarie, assurde, paradossali, nuove, impensate, folli per vivere e affrontare questo caotico presente e tracciare piste imprevedibili e non catalogabili, non inquadrabili dal pensiero binario, per il futuro.


P.s.: per esempio, Mark Henson (vedi quadro sopra) riesce sia a rappresentare espressionisticamente il caos violento e insensato, infetto, distruttivo, cinico, nichilista, ingiusto in cui viviamo ( vedi qui  o qui ) oppure l'aspetto folle avido e catastrofico, antropocentricamente distruttore del progresso ( "La marcia del progresso"  ) ma anche a dare Visioni serene, sognanti, utopiche del futuro ( bellissimo questo "Risanare il futuro"  oppure  "Nuovi pionieri" ) ma mira in altri quadri direttamente al cuore del Sogno spirituale, irrelato da condizionamenti sociali ( "Viaggiatori di luce"  o questo splendido quadro sull'archetipo del volo) o a una visione magica, animista della natura (per esempio qui ).



Di questo abbiamo bisogno in questi tempi caotici: di riconnetterci col Sogno con la Terra, anche in maniere selvagge nuove e impensate - "Tempi furiosi richiedono danze furiose", e Visioni lucide, e desideri folli, e creazioni coraggiose e inedite, e musica potente e indomita, e una Poesia che travalichi la logica e la rassegnazione.

Come dice Patti Smith: BELIEVE, OR EXPLODE!!!!


Ancient shamanic rock/1

Ancient shamanic rock/2


Contemporary shamanic rock/1


Contemporary shamanic rock/2


Contemporary shamanic rock/3


Contemporary shamanic rock/4


Contemporary shamanic rock/5



ipnosi sciamanica




 Riti guerrieri di purificazione




leggere nenie di sottili flauti arcani




Lo Spirito della Danza si s-catena




again






Celebrazione conclusiva




















martedì 29 gennaio 2013

Sperimentazioni maieutiche/2.

Poco prima dell'ultimo Natale Ettore Fobo ha pubblicato questo post:

http://ettorefobo.blogspot.it/2012/12/il-natale-oggi-secondo-umberto.html#comments

Ho risposto così:

http://de-crea-zione.blogspot.it/2012/12/natale-e-deserto.html

Successivamente il dialogo è continuato come commenti al suo post.

Qui riporto lo scambio di idee, perchè mi è sembrato molto proficuo e interessante.


Mi piace immaginarlo come una specie di dialogo socratico post-moderno fra lo spettro di un eroe ormai terrorizzato dal rumore senza anima che sente dappertutto, rumore di macchine in cui non riesce più a riconoscere la voce degli Dei, e il fantasma di un filosofo radicale, anticonformista, eudaimonista, ludico, menefreghista, amico degli animali e nemico delle menzogne, di ogni cosa non strettamente necessaria e di ogni artificio, che non riesce a ritrovare la sua dimensione naturale, spontanea, semplice - la sua anima.

Questo eroe senza Dei e questo cinico senza anima e Natura se ne stanno come ectoplasmi al margine estremo del mondo, osservando la nostra società e commentando con voci fra l'incuriosito e l'attonito le stranezze che ivi vi scorgono - paragonandole a cose antiche e da lungo tempo dimenticate.


Ettore Fobo:

 Questa è un’epoca di passaggio. Nuovi valori devono essere creati e i vecchi valori vanno definitivamente sepolti. Come dici tu, non possiamo più riconnetterci con i culti antichi e il cristianesimo è ormai pressoché privo di vita. Non so se sia un effetto di quello che tu chiami il Moloch dei consumi o se il consumismo abbia preso il posto già lasciato vuoto dalla crisi del cristianesimo. Però questa condizione di impasse non può essere eterna, finito un ciclo della storia ce ne sarà un altro con nuove idee e nuovi valori. E’ solo questione di tempo. Come in tutte le epoche di crisi, ci sono profezie di catastrofi imminenti che sono il segno che un mondo sta finendo e un altro mondo sta emergendo. Ormai è chiaro che sarà la Tecnica a determinare questa trasformazione, da qui il pessimismo di molti filosofi, tra cui Galimberti, secondo cui l’uomo non è più il vero soggetto della Storia ma mero funzionario degli apparati della Tecnica. Io non so e come tutti sono in attesa.

Diogene senza l'anima?:

O forse, in fondo, come diceva De Andrè in un'intervista (riporto in parte con parole mie il concetto): nonostante questa apparenza di cambiamento così rapido, radicale, omnipervasivo, "io credo che i problemi fondamentali dell'essere umano resteranno sempre gli stessi, immutati, ancora per molti secoli - e forse per sempre."
...Ah, ecco, mi ricordo le parole esatte:  "Io credo che l'uomo potrà anche conquistare le stelle, ma penso d'altra parte che le sue problematiche fondamentali sono destinate a rimanere le stesse per molto tempo, se non addirittura per sempre."

Ettore Fobo:

I problemi dell’uomo saranno gli stessi, ma mai come in quest’epoca essi possono essere ridefiniti attraverso la tecnologia e la scienza (penso soprattutto alla chimica). In proposito la neurologa Susan Greenfield ha scritto un saggio eloquente, “Gente di domani”, in cui descrive un mondo a venire per noi impensabile e forse inquietante. Da più parti si pensa che la tecnologia possa modificare l’umano nella sostanza. Chissà, magari è solo un sogno, di sicuro
per ora la frase di De André non può essere smentita.

Diogene senza l'anima?:

Sicuramente siamo in un periodo di mutazione. Ma gran parte della filosofia insiste sulla fenomenicità apparente di ogni mutamento. L'essenza non muta. Perciò neanche l'essenzialmente umano. L'essere è - come direbbe Parmenide - il divenire è non essere. Perciò l'apparenza di un cambiamento radicale non può che essere un fantasma passeggero. "Allora non si crederà più, come fa l'uomo del volgo, che il tempo possa generare qualcosa di veramente nuovo e di veramente importante; che nel tempo e per via del tempo qualcosa possa attingere ad una realtà assoluta; non si attribuirà più al tempo, come a un tutto, un principio e una fine, un disegno e uno svolgimento; né, seguendo il concetto volgare, si assegnerà come fine allo scorrere del tempo il più alto perfezionamento del genere umano. (A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, libro III, paragrafo 35).

Ettore Fobo:

Bello, Diogene, mi hai convinto. L’essenza non muta, ma superficialmente i cambiamenti avvengono. I valori per esempio, nulla di sostanziale, fenomeni passeggeri ma importanti in una data epoca. Maschere se vogliamo, necessarie per la nostra finzione. Cito Oscar Wilde, a memoria: “Le verità della metafisica sono maschere “. Dietro la maschera, che cambia a seconda dei tempi, l’immutabile essenza.

Diogene senza l'anima?:

Fantastico, l'aforisma di Wilde e la tua conclusione sono esattamente in sintonia con quello che volevo aggiungere. La metafisica con Nietszche crolla, e con Heidegger definitivamente l'essere diventa storico, perchè l'essere è linguaggio. Da qui muove l'ermeneutica, orizzonte nel quale a occhio e croce direi si potrebbe probabilmente inscrivere il discorso di Galimberti, e così tutti i discorsi filosofici, che fanno Heidegger e tantissimi altri filosofi, sul destino della Metafisica, il destino del Nichilismo, il destino della nostra civiltà occidentale, il destino del cristianesimo, il destino della Tecnica. Tuttavia, da quello che ho capito, l'autentico pensiero di Heidegger non è riducibile a questa concezione dei suoi epigoni dell'ermeneutica. A me sembra che tutti i grandi filosofi, Heidegger incluso, si siano sempre mossi, nonostante l'estrema varietà e l'estremo variare storico delle "maschere", all'interno di un orizzonte di tipo parmenideo. Anche in Heidegger, il linguaggio e l'essere storici, pur nelle ceneri della Metafisica e dei sistemi, affondano le loro radici in qualcosa di indefinibile, che, sia a livello di Essere, che forse in un certo senso anche a livello di Linguaggio, è Eterno. I valori e le maschere metafisiche mutano, il nocciolo dell'Essere permane eterno nel suo inaccessibile mistero. Mi esprimo in termini generici perchè non conosco in maniera approfondita il secondo Heidegger, ma questa è l'idea che mi sono fatto.

Ettore Fobo:

E’ l’idea che mi sono fatto anch’io Diogene: nessun filosofo, neanche Nietzsche, che è quello che forse ci è andato più vicino, è riuscito a superare la metafisica, gli orizzonti parmenidei rimangono immacolati. Un filosofo contemporaneo molto interessante, che sta provando a superare la metafisica, è John Gray. Ne ho parlato in questo blog a proposito del suo libro “Cani di paglia”. E’ un tentativo di uscire dall’incubo metafisico e antropocentrico. C’è molto da pensare ancora, oltre l’uomo e oltre i suoi orizzonti metafisici. La filosofia è appena iniziata.

Diogene senza l'anima?:

Ho letto l'articolo su Gray. Mi richiama il mio articolo del 29 novembre sullo shivaismo tantrico del kashmir (smettere di avere scopi). In comune, il filo-taoista Gray e l'insegnante di shivaismo tantrico in questione nel mio articolo (Nathalie Delay) hanno questo: l'invito a lasciar perdere, lasciar cadere qualsiasi scopo metafisico, religioso o ideologico; qualsiasi senso. L'incubo, di qualsiasi senso, della ricerca mai soddisfatta, perennemente insoddisfatta, e perciò distruttiva, violenta, nel suo voler a tutti i costi affermare qualcosa. Trovo questo lasciar perdere Dio, scopi, Sensi, visioni chiare e definite, velleità di miglioramento del reale, volontà precise, ispirazioni salvifiche, molto rasserenante. Resta, direbbe Nathalie Delay, la vita, la vita sensibile, "il cuore pulsante della nostra insensatezza" come dici nel tuo post, il fluiresenzaunsensoprecisomapullulantedistorieincidentipersonaggifattiintuizioniombrelucicontraddizionispiraliemotivepensierimicropoesie della vita quotidiana, con la sua noia, la sua sofferenza, le sue emozioni, i suoi preziosi istanti di magia priva di un dio o un disegno - gratuiti.

Ettore Fobo:

Ho riletto il tuo post. Parli della contraddizione fondamentale di un certo pensiero orientale, penso a Krishnamurti: essere un maestro che dice che non ci sono maestri. Però il nocciolo è proprio lì: smettere di proiettare su qualcuno, di essere un seguace, di inseguire speranze trascendenti. Mi sembra che nella semplice accettazione delle vita hic et nunc ci sia abbastanza saggezza.

Diogene senza l'anima?:

Certo. In un certo senso è forse il tema di tutto il mio blog. Ma questa antinomia si estende anche alla filosofia. Anche John Gray è un filosofo che teorizza la fine delle verità filosofiche. Questo è analogo a Krishnamurti che teorizza, da maestro, la fine della sensatezza di seguire un maestro. E' una questione molto sottile. Anche tu rilevi una contraddizione fra una critica radicale al concetto di guru, e più in generale al fatto di accodarsi a una serie di dogmi, riti, credenze - appartenenza religiosa di clan che per Krishnamurti offusca stravolge e compromette in maniera completa le capacità della mente di essere un campo aperto, semplicemente ricettivo, equanime, privo di pregiudizi o preferenze - radar imparziale del reale, una pista aperta sugli indizi della verità, in ricerca viscerale sulla base di una percezione autenticamente scevra da pre-idee e di un esame radicalmente libero (in maniera analoga a quello che diceva Simone Weil quando affermava che appartenere a un qualsiasi partito politico impedisce una sincera analisi del reale e una onesta presa di posizione su di esso; o quando diceva che aderire a qualsiasi religione, filosofia o semplicemente idea, vuol dire chiudere la partita della propria ricerca della verità: si può aderire a un'idea, diceva la Weil, solo in maniera parziale, relativa, limitatamente a quegli aspetti che al proprio esame risultano effettivamente veri; e sempre con la consapevolezza che si tratta solo di un passo parziale e momentaneo della propria ricerca, che quindi bisogna in ogni istante essere pronti a mettere tutto in discussione, sulla base del proprio libero e continuamente, vigilantemente critico esame - quindi qualsiasi "adesione" in senso stretto a una idea qualsiasi, qualsiasi "convincimento", qualsiasi "assenso" a una teoria o una prassi è da rifiutare in quanto uccide la verità) e il porsi comunque di Krishnamurti a suo modo come maestro.
Ma questo chiaramente si estende anche alla filosofia: anche quello di Gray, per esempio, è pur sempre un sistema di pensiero, con un contenuto preciso, un insieme organizzato di idee che richiede un'adesione, un assenso. Non è semplicemente il vivere nell'hic et nunc (del resto anche "vivere nell'hic et nunc" è un preciso concetto filosofico, con una precisa storia): è una filosofia, con concetti inevitabilmente precisi di riferimento, contenuti teorici filosofici che si possono mettere a confronto con qualsiasi altro contenuto filosofico, e possono essere discussi a livello filosofico, ma che non sono il semplice hic et nunc, sono una filosofia precisa con concetti filosofici precisi, collocabili in un contesto filosofico-culturale preciso.

E allora, da un certo punto di vista, che differenza c'è, fra aderire al sistema filosofico di Platone e aderire al "sistema" filosofico di Gray? E' la stessa cosa. E' un assenso a una teoria, della quale ci lasciamo convincere. Le diverse teorie possono essere confrontate e dibattute a livello filosofico, ma sono tutte egualmente "metafisiche", sono tutte, alla pari, delle costruzioni teoriche filosofiche, analizzabili a livello concettuale, o magari filosofico-intuitivo, ma non riducibili all'"accettazione dell'hic et nunc". Qualsiasi filosofia, qualsiasi discorso, qualsiasi concetto è già un'interpretazione.

Come un maestro che critica i maestri è contraddittorio, così è contraddittorio un filosofo che critica le "certezze metafisiche" e si proclama, ma sempre facendo una precisa teoria filosofica, come difensore e garante della semplice vita al di là di qualsiasi senso astratto. Ma anche il suo invece è un senso astratto, concettuale, filosofico, metafisico, e il suo presentarsi come extra o meta-metafisco è contraddittorio e in un certo senso può essere visto anche come un imbroglio.

Sulla base di queste riflessioni, tutte le filosofie della demistificazione, della dissacrazione e della demitizzazione - dall'illuminismo, poi il positivismo, fino a Nietszche, Krishnamurti, Gray e moltissimi altri, potrebbero forse assumere l'inquietante profilo di supreme ingannatrici: proprio in quanto pretendono di insegnare a svelare gli inganni - ma, proprio nel fare questo, si pongono come nuovi Simulacri/Dogmi a cui aderire. Del resto, il caso dell'illuminismo, del positivismo e in generale di tutta la filosofia moderna razionalistica è emblematico: basta vedere cosa ha prodotto.

Ettore Fobo:

Grazie Diogene, bellissima disamina, molto chiara ed esaustiva. Non posso che essere d’accordo. Soprattutto quando scrivi che filosofi come Nietzsche hanno finito per erigere nuovi idoli, laddove cercavano di abbattere credenze (penso al mito dell’oltreuomo). Questa tendenza è avvertibile anche in John Gray, in Heidegger, in Cioran e in tutti i grandi becchini della tradizione filosofica occidentale.

Con l’espressione hic et nunc, ne sono consapevole, sottintendevo una visione (filosofica) del mondo che escludesse l’orizzonte della speranza in un aldilà.

Per quanto riguarda l’illuminismo e il positivismo, penso che la loro tendenza dogmatica sia veramente inquietante e non cessa di gettare la sua ombra sul nostro presente, in cui la scienza ha sostituito la religione come narcotico per le masse. La nostra epoca iper razionale ha molti scheletri nell’armadio, molti orrori ha prodotto e continua a produrre.

Vedo con sospetto e sgomento l’imporsi di un pensiero calcolante, attento unicamente all’utile, la crescente mania dell’efficienza, il mito stesso del progresso, idolo fra i più pericolosi, l’enorme potere conferito all’economia, scienza malefica; cresce la confusione e si fatica a orizzontarsi. Come Ceronetti, il filosofo ignoto, penso che la filosofia possa e debba essere una luce in questo buio che ha tutti i contorni della pazzia.

Cerco così, come tutti, forse, di vivere la mia vita fra le rovine della religione e le nuove cattedrali della scienza. Entrambe mi sembrano fragili, prossime al crollo … Sento inoltre che questo crollo, oltre che catastrofico, può anche essere liberatorio.






P.s.: a parte il dettaglio che è alquanto bizzarro e un po' grottesco immaginare che due spettri possano avere un blog, mi pare che per il resto il dialogo, se immaginato come avvenente fra questi due personaggi post-mitologici, spettri antichi che osservano il mondo d'oggi, sia tutto sommato stranamente coerente, estremamente divertente, e infine, mi sembra che i significati e le interpretazioni messe in gioco nel dialogo assumano un peso e un'aura diverse, un tono più inquietante ma allo stesso tempo più distaccato. Il tutto diventa una specie di semi-coerente racconto filosofico enigmatico.


giovedì 6 dicembre 2012

Psicosuono, eccezionale gruppo prog emergente.




http://www.youtube.com/watch?v=Kd0bU33__Ts


(Stupendo anche il video.)

Rispetto al primo e per ora unico album (da cui è tratto questo video) gli Psicosuono sono cambiati, e secondo me ulteriormente migliorati. Si è aggiunta una eccellente saxofonista, e sono cambiati tastierista, bassista e batterista, tutti eccellenti. Questi ultimi tre elementi poi sono anche degli ottimi musicisti jazz. Il risultato finale, nei concerti che fanno ora, è una straordinaria, ricchissima miscela di elementi diversi. Alla liricità - ora rarefatta poesia ora energico prog rock - alla splendida voce, estremamente espressiva,  e alla splendida chitarra con le sue schitarrate ora rock ora prog ora jazz (anche il chitarrista è un ottimo musicista jazz) si sono aggiunti il calore emotivo dello splendido suono della sassofonista, gli effetti elettronici o le improvvisazioni con suono organo Hammond del tastierista, l'accompagnamento, adesso più ritmico, più variato, improvvisato, a tratti quasi funky, dell'attuale bassista, e i suoi assoli, e l'eccezionale batterista jazz, col suo ritmo preciso, esatto, ora jazz ora rock, estremamente variato, sincopato, e lo spettacolo dei suoi assoli.

Purtroppo con la nuova formazione non hanno ancora registrato.

Qui potete ascoltare tutto il vecchio album, e vedere le date dei loro prossimi concerti.

http://www.myspace.com/psicosuono

http://www.psicosuono.com/site/it.html


Uno dei capolavori del prog rock italiano degli anni '70.

http://www.youtube.com/watch?v=D-y1YPJvu9A

prima stella del corpo di ballo del balletto delle onde.

Io, la vispa Pryntil, dal caschetto malizioso - Nettuno si gettava ai miei piedi, implorando: "Chiamami Nunù!!!!!".

(Vinicio Capossela)


http://www.youtube.com/watch?v=NSVMdift12Q

che tipo giocoso scherzoso scontroso che tipo che coso è l'Oceano oilalà.

Noi vogliamo del rum - rum-rum-rum! - noi vogliamo del rum - rum-rum-rum! - noi vogliamo del rum - rum-rum-rum! - noi vogliamo del rum - rum-rum-rum! - noi vogliamo del rum - rum-rum-rum! - noi vogliamo-

(Vinicio Capossela)

http://www.youtube.com/watch?v=Re5-REUBsXE&feature=fvsr

Interessante romanzo a puntate.

Segnalo questo interessante romanzo - splendidamente scritto - e, almeno per il momento, avvincente - che compare a puntate su questo blog di cose sarde.

Il blog in generale è interessantissimo, gli articoli di ottima qualità toccano temi molto diversi: dall'archeologia nuragica, alla politica, fino appunto agli scrittori emergenti sardi.

Mi sembra poi interessante e innovativo - un tipo di innovazione che sa essere contemporaneamente radicata nella tradizione e aperta al futuro - anche il fatto che il sito è scritto in tre lingue: si alternano articoli in sardo, in italiano e in inglese - come a significare che difendere la propria specificità linguistico-culturale-territoriale non vuol dire essere chiusi al mondo e alla storia.


http://monteprama.blogspot.it/2012/12/arega-pon-pon-1-di-16.html

Articolo/testimonianza/racconto interessante sugli Usa oggi.

Articolo interessante e soprattutto godibilmente narrato, a metà fra inchiesta da inviato e testimonianza personale/racconto letterario, ben scritto e con un ritmo che porta facilmente all'identificazione vivida nel vissuto del narratore.

Parla degli Stati Uniti e delle più importanti vicende lì recentemente successe.
Ha un tono per quanto mi riguarda apologetico fino a tratti al ridicolo - e ugualmente eccessiva e retorica mi sembra l'apologia di Obama e dei Democratici - e, tuttavia, in quanto testimonianza/racconto, rimane godibilissimo ed estremamente interessante. Niente di particolarmente nuovo, nè dal punto di vista informativo nè da quello descrittivo/sociologico, cose sentite e risentite, sui giornali, nei libri, nei film.
Ma tuttavia, resta la freschezza vivida del vissuto dell'autore, resa con la sua ottima scrittura narrativo-giornalistica, grazie alla quale riesce - forse - a farci fare un breve viaggio negli Usa attraverso i suoi occhi - senza dover prendere un aereo e passare dall'ufficio doganale.




http://rinabrundu.com/2012/11/29/guido-mattioni-da-sandy-alla-star-and-stripes-vi-racconto-la-mia-america/

martedì 4 dicembre 2012

Gaia.

Due di notte. Sto morendo di sonno, ma sono assorto nella lettura di un libro estremamente interessante. E' un libro sull'ipotesi Gaia. Un modello scientifico innovatore, proposto da diversi scienziati da molti anni, nel quale per esempio la Terra, chiamata evocativamente Gaia (nome antico della Dea Madre) è vista come un sistema interdipendente di esseri viventi e non viventi in cui le singole parti collaborano attivamente all'equilibrio del tutto. Per questo Gaia può essere descritta come un unico gigantesco essere vivente, del quale le singole parti sono gli organi. Organi che però, esattamente come gli organi che ci costituiscono o che costituiscono un qualsiasi animale, o come le comunità di batteri che ci abitano, hanno una loro libertà e una loro capacità di modificare, attraverso la loro azione, il sistema di cui sono parte. Il disegno d'insieme risulta perciò determinato da una specie di accordo, di risultante di un accordo fra diverse spinte di numerosissimi esseri. Il mondo biologico, quindi, per esempio, e quello umano che ne è parte, non è più visto in termini darwiniani come una lotta all'ultimo sangue per la sopravvivenza in cui sopravvive il più forte, ma, al di là delle apparenze, al di là in realtà soprattutto della vulgata scientifica attraverso la quale percepiamo il mondo, è un mondo in cui la collaborazione e la capacità di agire per un comune scopo, per un superiore equilibrio, di diversi esseri, ha spazio almeno quanto la competizione.
Assonnato, sono però tutto preso da questo mio sforzo intellettuale notturno, concentrandomi per comprendere le diverse implicazioni epistemologiche, politiche, esistenziali di questo modello scientifico: il mondo non è più un meccanismo, una macchina cartesiana che può essere descritta con leggi ferree, attraverso la conoscenza delle quali si può modificare l'ambiente, ma un organismo, in cui ogni minima cosa è interdipendente, legata per la vita e per la morte a tutte le altre; le nostre azioni non possono più essere descritte come atti di volontà autonomi di esseri totalmente distinti dagli altri, ma tutto è molto più strettamente interrelato... le conseguenze politiche, sociali di questo modello, poi, sono profondissime, mettono in discussione il modello capitalista in cui.........
.........a un tratto mi viene in mente una cosa: mentre sto riflettendo su tutte queste importantissime, complesse questioni sul superamento del meccanicismo, alle due di notte, stanco... forse sto trattando me stesso come un meccanismo. Che senso ha?

Chiudo il libro, spengo la luce, vado a dormire.

Sogno.

Sogno un cervello cosmico, che cerca il ritmo del suo cuore.
Il rimbombo assordante di un gigantesco orologio galattico lo distrae continuamente, impedendogli di risintonizzarsi sul suo proprio ritmo naturale.
Il cuore dell'universo, intanto, nel suo buio baratro pulsante, palpita profondo, musicale, vibrante, crepitante, fremente, tremolante, cupo, roco, lento, armonico, indifferente. Il suo battito risuona in ogni interstizio dell'universo, ogni cellula, ogni atomo si muove in sincrono a questo muscolo infinito. Che non ha nessuna consapevolezza di orologi o cervelli, e quindi non si cura di essi.

lunedì 15 ottobre 2012

Esibire le atrocità - e - percepire la Bellezza (quasi un proto-abbozzo di manifesto artistico-poetico).


                                                   "Sì, in me, e fuori, vertigine e tenebre.
                                                             Ma in me e fuori
                                                             tanto frutto e vittoria di colori
                                                             che, se anche vuoto

                                                             il mio capo giace sulla pagina
                                                             che reca l'altra luce della luna,
                                                             anche se il cuore turbato ne sente
                                                             le alte porte cadute, ah, tu, clemente
                                                             di fontane, di selve sempre gemmea
                                                             mia terra, tu di crisantemi
                                                             folta, tu che scemi
                                                             in un circolo esile di sogni
                                                             e di sospiri,

                                                             del tuo latte mi sazi, mai sazio,
                                                             e mi riarmi di tutto il tuo spazio
                                                             cui giustamente dà fiore la luna
                                                             nota, e l'altra che ora
                                                             di sé svelata le menti innamora."

                                                                                             (A. Zanzotto, da Palpebra alzata,    
                                                                                              contenuta in IX Ecloghe)




Questo articolo vuole, fra le altre cose, essere una risposta - solo parzialmente polemica - all'articolo "La mostra delle atrocità - James Graham Ballard" di Ettore Fobo - il quale è una recensione dell'omonimo (post-)romanzo di Ballard e anche una riflessione sul destino del romanzo contemporaneo.


L'articolo è molto interessante, perciò rimando direttamente ad esso, sul blog di Ettore Fobo:

http://ettorefobo.blogspot.it/2012/10/la-mostra-delle-atrocita-james-graham.html


Faccio qui soltanto una sintesi brevissima del punto della questione.


"Ha ancora senso il romanzo, come opera artistica, oppure esso è diventato puro consumo 


di storie inutili e di personaggi ridotti a cliché logorati dall'uso?"

Si chiede Ettore Fobo.

"Io personalmente penso che il romanzo oggi conservi la sua potenza espressiva solo nel 

tentativo di superarsi e di deformarsi.", continua.



Il romanzo, nella sua forma classica ottocento-novecentesca (ma proprio nel novecento
 
questa forma è entrata in crisi, pur seguitando a dare alcuni isolati straordinari risultati)


è morto. Seguitano su quella strada, sostiene Fobo, solo gli scribacchini.

Il romanzo invece è vivo, secondo Ettore, nel momento in cui "interroga la forma romanzo e

la porta consapevolmente al limite", "riscrivendo il modello di romanzo a cui siamo 

abituati", frantumandolo, "superandolo criticamente", disintegrandolo e ricomponendolo in
 
nuove impensate forme attraverso la sperimentazione.



O, almeno, l'esempio in questione, il libro di Ballard, sicuramente è (stando all'articolo: io 

non l'ho letto perciò sospendo ogni giudizio) una forma estrema di disintegrazione e 

ricomposizione sperimentale della struttura e della stessa sostanza del romanzo.

In questo (post-)romanzo, stando all'articolo, la stessa narrazione unitaria, la stessa storia

come anche l'identità del protagonista, che cambia continuamente insieme al suo nome,

collassano in una disgregazione schizofrenica, che è al tempo stesso una sperimentazione 

stilistica che decompone i modelli letterari prestabiliti, e una testimonianza della 

disgregazione nichilista della società "pornografica" e implosa, dalle certezze frantumate, in 

cui viviamo.







Fin qui l'articolo sul blog Strani giorni.



Ma io voglio portare un contro-esempio.






Nel 2011, a 83 anni, Guido Ceronetti scrive In un amore felice, suo primo romanzo.


Lo sto leggendo.

Non ha niente di sperimentale. E' un romanzo classico. La scrittura è cesellata con 

dettagliata precisione lirica, come un manoscritto miniato intarsiato di elaboratissimi 

iper-particolareggiati geroglifici, ora divenendo vera e propria poesia in prosa, ora scorrendo 

rapida ad incalzare e sostenere il ritmo della storia. E la storia, nel complesso, appunto 

scorre, è avvincente, appassionante, la si divora, la segui col fiato sospeso volendo sapere 

cosa succede dopo, come si addice a una "semplice" storia, come si addice a un romanzo 

classico, come si addice a un bel romanzo.

E' "semplicemente" una storia d'amore (nonostante tutto, nonostante il mondo, 

estremamente ottimista); una "semplice" storia di fantascienza, con tanto di alieni, 

suspence, misteri da svelare; ma anche un romanzo filosofico, filosofico-poetico, 

fantascientifico-simbolico, filosofico-ermetico.

Uno sguardo sull'Enigma senza soluzione della vita e dell'Universo.

Eppure lo sto leggendo con la stessa immedesimazione immediata, emozionata, con la 

stessa trepidante partecipazione con cui da bambino leggevo Salgari o il Ciclo della 

Fondazione di Isaac Asimov.

Non posso che sospendere il giudizio perché non l'ho ancora finito, ma per il momento mi 

sembra un romanzo stupendo, una storia avvincente e semplice nel suo sviluppo

coinvolgente, come per un bambino la fiaba - seppure trascini con sè e ponga sul tavolo 

questioni filosofiche e spirituali profondissime, dentro il mistero delle quali scruta con 

sapienza abissale. Ma lo fa con una storia d'amore, una storia di fantascienza che nel suo 

sviluppo è, dal punto di vista narrativo, estremamente classica.



E se ciò che avesse esaurito i suoi giorni fosse invece lo sperimentalismo d'avanguardia 

novecentesco, con la sua famelica ansia - certo nel novecento necessaria e vitale - di 

sovvertire e distruggere a tutti i costi regole e codici?





Ho visto di recente Lisbon Story di Wenders.



Uno dei personaggi, regista cinematografico, andato a Lisbona per girare un film sulla città 

con una cinepresa a manovella dei primi del novecento, gradualmente mentre comincia le 

riprese sente che ciò che sta facendo non ha senso: le immagini non catturano nulla della 

città. La città invece sembra ritrarsi, quasi ferita, di fronte allo sguardo della sua cinepresa. 

Perciò decide di abbandonare il suo progetto originale, e optare per quella che gli sembra 

l'unica maniera di preservare uno sguardo "puro", un'immagine "pura", nell'età della 

compravendita delle immagini, del consumo onnipresente delle immagini, della diffusione 

massificata onnipresente dei video e delle immagini, della stereotipizzazione banalizzante, 

meccanica e depauperante - pubblicitaria, televisiva, holliwoodiana - delle immagini e delle 

storie raccontate per immagini.

Questo progetto registico alternativo consiste nel mettersi una videocamera nascosta dietro 

le spalle e girare a piedi per la città, senza pensare alla videocamera, dimenticandosene, 

senza scegliere cosa riprendere né successivamente selezionare il girato - e infine - arriva a 

questa conclusione: le immagini prodotte dalla videocamera, per restare "pure", non

dovranno essere mai guardate da nessuno. Neanche da lui. 

Forse in una lontana era futura qualcuno le avrebbe guardate come misteriosi, 

incontaminati reperti archeologici del nostro tempo.

Il protagonista, fonico cinematografico, arrivato a Lisbona per lavorare con lui al primo 

progetto (cioè per fare i suoni al film "muto" girato con cinepresa anni '20), dopo alcune 

settimane passate a cercarlo inutilmente (ormai il regista vagava giorno e notte per le 

strade con la sua videocamera dietro le spalle) e a registrare suoni di tutti i tipi per le strade 

della città, alla fine lo trova e riesce a convincerlo a tornare a lavorare insieme a lui al primo

progetto.

Gli dice - registrando la sua voce sul nastro di una videocassetta: "il cinema è ancora in 

grado di raccontare attraverso le immagini storie che commuovono." (più o meno, non sono 

le parole testuali).


Storie.


Immagini.


Due delle cose che la letteratura e l'arte del novecento hanno coscientemente distrutto - 

perchè le percepivano come una fetida gabbia stantia ormai putrefatta.


Warhol ha girato nel 1964 un film, Empire, consistente in una inquadratura fissa in bianco 

e nero, in slow motion, dell'Empire State Building di New York - neanche tanto bella, quasi 

inquadrata a caso, o comunque senza nessuna ricerca o pretesa estetica - della durata di 

8 ore e 5 minuti.


Tutta l'arte contemporanea ha distrutto le immagini, la bellezza in immagini, l'arte 

rappresentativa, prima, poi anche la bellezza astratta, perché nel deserto nichilista in cui 

viviamo, nella società dei consumi in cui viviamo, dove tutto è prodotto pubblicitario 

riproducibile in maniera massificata, le ha percepite come false.


Fontana ha squarciato le sue tele, e quale potenza espressionista, quale tragica forza emana da quelle tele!


Esprimono lo squarcio del presente, il niente del deserto, la morte di Dio, il silenzio angosciato dell'assenza di risposte, il mistero assoluto di fronte al quale non abbiamo punti di riferimento.

Gran parte della letteratura del novecento ha fatto lo stesso con i modelli letterari, ma anche proprio con il concetto di storia, con le storie, con la narrazione.

L'esempio più divertente (che coinvolge stravolgimento di narrazione, di struttura, perfino della lingua, della grammatica, dell'ortografia e del vocabolario) è I fiori blu di Queneau: un capolavoro post-surrealista di puro gioco linguistico, puro nonsense, dove storia e significato scompaiono nel puro piacere divertito, gioioso, della glossolalia narrativa.
Ma anche Se una notte d'inverno un viaggiatore di Calvino (che però in realtà sembra esprimere una grandissima passione, e una grandissima nostalgia, per le storie).

Esempi estremi, fra gli altri, sono le varie sperimentazioni letterarie che prevedono la possibilità di leggere le parti di un romanzo in ordini diversi, casuali o decisi dal lettore (per esempio Composizione n. 1 di Marc Saporta è un romanzo - come altri romanzi sperimentali - in cui le pagine sono sparse e non hanno un ordine: il lettore decide in quale ordine leggerle).

La musica ha fatto lo stesso con la melodia e l'armonia, prima con la dodecafonia, che ha fatto a pezzi l'armonia e la melodia classiche, fino ad arrivare a Cage e Stockhausen, che teorizzano il rumore casuale come musica.

Imaginary landscape no. 4, del 1951, è una composizione di Cage per dodici radio. Ogni radio è controllata da due esecutori, uno sintonizza la frequenza, l'altro cambia il volume, seguendo le indicazioni della partitura. I risultati sono sempre differenti e imprevedibili.
Nel 1952 invece Cage compone 4'33”, composizione per qualsiasi strumento. L'opera consiste nel non suonare lo strumento.
Battiato, nel '78, compone un pezzo per piano, L'Egitto prima delle sabbie, che consiste nella ripetizione di una rapida scala - sempre uguale. Varia solo l'intervallo di pausa fra le scale identiche e gli effetti di risonanza dovuti all'uso dei pedali. Fra l'altro è un brano bellissimo, pur non avendo in pratica una vera e propria melodia riesce ad avere una grandissima evocatività lirica.

Il Dadaismo mette una ruota su un piedistallo e il Nuovo Realismo degli anni '70 usa la realtà come materiale artistico, per esempio strappando pezzi di cartelloni pubblicitari per riappiccicarli in maniera creativa, o rivestendo monumenti di teli di plastica.
Warhol fa arte con le foto di Mao, colorandole di fosforescenti toni pubblicitari.
Un'altra opera di Warhol, Oxidation Painting, del 1978, è una tela verniciata su cui Warhol e amici hanno urinato, producendo ossidazione e quindi cambiamento di colore nei punti colpiti.

Tutto è arte.

Anche i barattoli di salsa Campbells.

(E anche la merda d'artista, commenterebbe sarcastico Piero Manzoni).

Tutto è arte.

Non solo ciò che è stato tradizionalmente codificato come tale e come "bello" secondo canoni di bellezza ormai percepiti come decrepite illusioni cadaveriche.

L'Arte esce dai musei, diventa per esempio performance, ma distrugge anche consapevolmente modelli estetici percepiti come finti e asfissianti, o comunque superati, morti. Ma facendo questo ha forse ucciso, o contribuito ad uccidere, la Bellezza. O quantomeno, non l'ha resuscitata.

Alla stessa maniera, anche il Rumore è musica, e un grattacielo ripreso per otto ore con inquadratura fissa è cinema (o arte, cambia poco).

Per quanto riguarda invece la narrazione cinematografica, la trama dell'angosciante capolavoro di Antonioni Blow Up consiste tutta nell'indagine del protagonista sull'irrealtà della realtà, l'irrealtà dei fatti, l'irrealtà e la disgregazione quindi anche delle storie.

Anche in poesia i canoni sono sovvertiti, la stessa musicalità dei versi è spesso avvertita 

come obsolescente, dai futuristi alle cose più sperimentali di Zanzotto è tutto un continuo

rompere, spaccare ritmi conosciuti, dilaniare le melodie classiche del verso per ottenere 

una lirica che sia una secca ma autentica testimonianza della vita contemporanea, della 

vita nelle "giungle delle città d'asfalto".



Le immagini sono false, le storie sono false, l'armonia e la melodia sono false, le rime sono 

false.


Sono tutte varianti della morte di Dio, espressioni del deserto di vuoto siderale in cui 

esistiamo.


Eppure, le storie davvero non sono più possibili?


Certo, sono da reinventare, ma davvero le storie e i romanzi, le storie-storie, con una 

narrazione coerente e unitaria, con protagonisti-personaggi-trama-sviluppo-ostacoli-

antagonisti etc... sono morte?



Il romanzo-romanzo di Ceronetti, voce antica, voce vecchia, voce inattuale, promette 

decisamente bene.

 Alla stessa maniera in cui Lisbon Story, pur reinventando il cinema, pur essendo 

decisamente innovativo e originale, anzi decisamente - in tutto e per tutto: strano, anche 

estraniato, enigmatico - a tratti alienato e alienante - eppure nonostante questo è un film

classico e un omaggio al cinema classico, una avvincente storia per immagini, anche se

non succede quasi niente. Ha la freschezza, la purezza, la vitalità, la bellezza 

del cinema dei primordi e di quello dei grandi maestri classici come Fellini, a cui il film è 

dedicato.

La fotografia di Lisbon Story è fatta di straordinari dipinti.

Nel film non succede quasi nulla, eppure l'effetto di identificazione con la storia (per 

quanto sui generis), col protagonista (in certi momenti ti sembra di essere lì a Lisbona) è 

perfettamente riuscito.














Forse, chiunque oggi si dedichi a creare Arte, cinema, Poesia, Musica, letteratura, ha il 

compito - non più di distruggere statici codici ormai trapassati nell'inutile - questo è già 

stato fatto - e ampiamente anche - ma di ricostruire, reinventandole, storie, versi, immagini, 

melodie - che sappiano essere testimoni della verità viscerale di chi le crea e del tempo in 

cui vive, con i suoi orrori, le sue atrocità, la sua assenza di senso, la sua grottesca 

assurdità - ma che sappiano anche di nuovo riconvocarci al luogo meravigliato 

del dovere più grande: percepire la Bellezza.





Post Scriptum: 


Del resto il caso di Ceronetti non è certo l'unico.



Per esempio, Haruki Murakami ha scritto negli ultimi decenni diversi eccezionali romanzi.

Il migliore, fra quelli che ho letto, è sicuramente L'uccello che girava le viti del mondo.

Capolavoro di "realismo magico", o meglio forse quasi "realismo fantasy", è un'epopea 

fantasy che si svolge quasi tutta nello stesso quartiere residenziale di Tokyo negli anni '80. 

Elementi magico-fantastici scivolano gradualmente e in maniera all'inizio impercettibile, poi

completamente naturale e credibile nelle tranquille giornate routinarie di un disoccupato 

giapponese. Vicende fantastiche, che in realtà paradossalmente non si allontanano mai 

veramente dalla realtà quotidiana - con valori simbolici psico-esistenziali, storico-culturali 

(relativi al Giappone contemporaneo) e filosofico-metafisici profondissimi - ma che sono 

innanzitutto avventure, storie coinvolgenti come narrazioni mitologiche - un'odissea 

contemporanea, un percorso in cui il protagonista affronta prove iniziatiche e faticosa 

conquista di sé come in un racconto cavalleresco medievale, una fiaba o una leggenda 

tradizionale.


Un'altro esempio è Neil Gaiman, che, dopo aver scritto Sandman (il Signore del Mondo


dei Sogni, l'unico mondo dove le Storie - nella accezione più tradizionale e archetipica - 

hanno ancora un senso e un valore magico), il fumetto con valore letterario più grande che 

io abbia letto - si è dedicato negli ultimi vent'anni ai romanzi, sia per ragazzi che per adulti.

Io ho letto uno di questi ultimi, Nessun dove.

Anche qui una specie di realismo magico o fantasy.


Universi paralleli coesistono a un passo dal - o dentro al - nostro.


Universi fantastici abitati da simbologie sociologiche e psicologiche, ma innanzitutto da 


storie, sogni, avventure mirabolanti che sono il contraltare della normalità e della piatta 

quotidianità borghesi.

Anche qui un universo magico-fantastico, mitologico, che in realtà non si allontana dalla 


realtà di tutti i giorni, si nasconde fra le sue pieghe, nei suoi angoli bui e nascosti - 

dimenticati.

Le storie di Gaiman sono come il racconto divertito di dei ubriachi o folletti ridanciani - o 


versioni post-moderne di dei e folletti - che ti fanno capire segreti e verità eterne con un 

motto ilare o uno scherzo ben riuscito - dotati di uno sguardo superiore e quindi distaccato 

sul mondo umano, ma contemporaneamente estremamente benevolo e affezionato agli 

esseri umani.

Le vicende vissute dai personaggi di Murakami invece sono più degli incomprensibili 


inquietanti frammenti di enigma, di cui sfugge lo scopo e il senso, ma attraverso le cui 

impenetrabili nebbie si intuiscono comunque sprazzi di significati e di disegni superiori, una 

guerra epica fra Bene e Male su di un campo dove si sono perse certezze metafisiche e 

esistenziali, ma nel buio del quale - anche grazie all'aiuto di strani personaggi-alleati

e di bizzarre, inspiegate coincidenze magiche - si riesce comunque a fiutare la buona pista 

della direzione da prendere per realizzarsi.




Insomma, più ancora del romanzo - nella sua determinata forma storicamente data, di 

matrice ottocentesca - che comunque secondo me ha ancora moltissimo da dire - ciò di cui 

più mi preme sottolineare il valore attualissimo, urgentevivo - è la magia delle Storie, nella 

loro dimensione eterna e archetipica - certamente molto più presente nel romanzo di 

Ceronetti o in quelli di Murakami o di Gaiman, che non in esperimenti principalmente 

intellettual-letterari, figli di una crisi culturale che - anche se profonda, radicale, viscerale, 

sconvolgente, e plurisecolare - è solo un brevissimo incubo destinato ben presto a essere

dimenticato - se rapportata all'Eternità dell'Essere, come scriveva nel 1952 Ernst Jünger.






















http://www.youtube.com/watch?v=o5aBg0CZSJ0&feature=related






http://www.youtube.com/watch?v=mk-gVBmUZJ0