di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

lunedì 2 settembre 2013

"La paesologia come rivoluzione erotica e viandante"


Jaspere Diaspro, sul suo blog, nel post "le città di oggi piacciono?" si interroga sulla città contemporanea, su questa giungla crudele d'asfalto, indifferenza, rumore e plastica, e si chiede come possa davvero a qualcuno piacere.

"Rimanendo fermi alle regole dell' evoluzione, arrivati ad un certo punto non poteva che competere con se stesso per migliorarsi. L'uomo è la specie più adattabile che si trova in natura. Sopravvive ovunque, sia nella giungla verde che in quella di cemento, nei deserti,nelle oasi..... Mi domando se tutto questo non sia insito in noi come una macchia scura, siamo cooperativi certo. Ma siamo anche competitivi e non trovando nessun altro sul pianeta con cui competere, competiamo tra noi!"

(dal post di Jaspere: http://animadidiaspro.weebly.com/1/post/2013/08/le-citt-di-oggi-piacciono.html )

Rispondo su Facebook così:

A me piacerebbero dei paesi immersi nella natura, ma culturalmente, artisticamente e 

spiritualmente vivi, e certo, in cui si possa recuperare il senso della comunità cooperativa.

Paesi con le radici nella propria tradizione storica ma in cui nascano nuove forme di vitalità 

e socialità aperte, creative.



Poi oggi trovo questo splendido articolo sul blog "Comunità provvisorie", il blog della 

paesologia.


Cito:



"Quando si pensa alla rivoluzione si pensa ai cortei, alle urla e invece la rivoluzione si può fare anche a bassa voce, è un compito per gli angoli bui della giornata, una faccenda intima prima che corale. La rivoluzione forse si può fare con mitezza, uscire dal mondo delle merci poco alla volta, con le forze che abbiamo, senza arroganze, senza proclami, uscire fuori e salutare chi arriva e chi parte, guardare la morte e la bellezza, usare il silenzio e la parola, farlo con calma e con urgenza, c’è ancora tempo, ad Aliano c’è ancora tempo.
Venite ad Aliano per “un eros vago, lontano, come una stretta di mano”.
La paesologia è camminare nei paesi. Camminare fa bene quindi fanno bene anche i paesi. Se gli italiani andassero in giro per i paesi, se camminassero tre ore al giorno la farmacie e i medici guadagnerebbero assai meno. Un governo occidentale oggi dovrebbe come prima cosa far camminare le persone."

(...)

"Aliano dice all’Italia fatti dolce e lontana e silenziosa, torna agli ulivi, al grano, al fazzoletto pieno di sudore quando la giornata era una cosa sola: serpente fischio pianto sole e non il mosaico di plastica che c’è adesso. Aliano dice all’Italia che molto abbiamo perso, forse l’essenziale, e dobbiamo sentirlo e piangere e ridere e tornare davvero alla nostra terra, stare davvero qui dov’eravamo.
La modernità incivile ha ancora i suoi fanatici, la miseria spirituale dilaga. Chi è in esilio, chi è orfano, chi è a disagio deve trovare compagnia alla sua solitudine, non deve buttarla. L’idea della morte non si può diluire col divertimento o con l’orgia delle merci. L’idea della morte si sostiene con la poesia, con l’esposizione di quel che siamo. E se esponiamo la nostra paura o il nostro delirio o la nostra ossessione, se esponiamo il gioco profondo che ci muove, dobbiamo incontrarci nello squarcio, non sulla vernice fresca del compiacimento e del conformismo. Ad Aliano io penso a una comunità di squarci, a una comunità delle fessure, a un abbraccio degli orli. Dunque un festival del bilico, una cerimonia dei sensi che all’improvviso si verticalizza, si fa notturna, metafisica. Dal vuoto dei calanchi al vuoto della luna. Un festival lieto e dolente, per chi non vuole dissolvere misteri con l’abbaglio della ragione, per chi non vuole irrigare il mondo con le proprie opinioni, ma vuole solo guardarlo."

                                                                                          (Franco Arminio)

Qui lo splendido articolo integrale:


Ho commentato sul blog dei paesologi così: 

Che articolo! Se Pasolini lo potesse leggere, forse metterebbe in dubbio la propria disperazione e le proprie considerazioni sull'inesorabilità del “fascismo realizzato” della società dei consumi. Un incontro di squarci, di abissi in cui la poesia mormora, echeggia, susurra, canta, urla ancora, nel fruscio del vento della solitudine, nei baluccichii nella notte oscura. Peccato non essere riuscito a venire. Ci saranno prossimamente altre eventualità ipotetiche di creare “comunità provvisorie”, per “venire in vacanza intorno a un filo d’erba”?





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