diorama di luce e pensieri
calore scioglie spettri paure terrori
spaventa demoni
stiepidisce fiori, crisalidi di ghiaccio
il mio cane dorme
sogni ombre colori
fuori una giornata di sole caldo
a Gennaio
nei pezzi di terra dimenticati in ombra
crescono
le malerbe della buona sorte.
Più che nelle visioni estetiche di un calligrafo
del Medio Evo giapponese,
l'attimo effimero
è il mio cane che si sveglia
e, guardandosi intorno, sbadiglia.
Diogene senza l'anima?
ps: "le malerbe della fortuna" è un racconto di Ernst Junger.
All'inizio stamattina volevo scrivere un post polemico verso l'estetica dell'effimero del Giappone tradizionale, o anche contro la letteratura magico-estetica di Junger. Entrambe riflettono un'eleganza e una raffinatezza estreme, che cercano di approssimarsi alla perfezione e alla casualità priva di costrutto della natura. ma a volte mi sembra che un'estetica così raffinata, complessa, cesellata, è troppo artefatta, troppo intenzionale per essere veramente un'eco dell'effimero. l'effimero è più una risata scomposta, uno sbadiglio imprevisto, un'azione strabordante, una parola aritmica, un sussulto del vento, lo sparire istantaneo di un codirosso, scordarsi di qualcosa, ricordarsi distratti e stupefatti di com'è bella una giornata di sole. tutto ciò che è imprevisto, sorpresa, e perciò al di fuori e al di là dell'intenzionale e dell'estetico.
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