di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

mercoledì 8 gennaio 2014

Neil Gaiman - Nessun dove





Realismo fantasy.

E' un'espressione che ho coniato qualche tempo fa sulle pagine di questo blog, per parlare di alcuni romanzi di Haruki Murakami (Kafka sulla spiaggia e L'uccello che girava le viti del mondo) e dei romanzi di Neil Gaiman.

Espressione ricalcata sull'espressione realismo magico - con il quale ci sono alcune differenze - per parlare della possibilità oggi, nell'età postmoderna, nell'età del nichilismo, nell'età del consumismo e della società massmediatica, di ritrovare ancora la magia delle storie, delle storie fantastiche, cambiando certo la forma necessariamente, ma lasciando (forse) inalterata la sostanza, l'incanto, lo stupore, il rapimento della fantasia.

Realismo magico (o realismo fantastico) è un termine che viene utilizzato sia per descrivere determinate opere letterarie, sia per indicare, nelle arti visive, una corrente pittorica della prima metà del Novecento.
In letteratura distingue un filone letterario in cui gli elementi magici appaiono in un contesto altrimenti realistico.
In pittura identifica una visione lucidamente attonita del reale.
Il termine realismo magico può non essere visto solo come uno specifico movimento storico-geografico, infatti spesso viene inteso come un elemento di stile che può essere rilevato in una gran varietà di romanzi, poesie, dipinti e opere cinematografiche non solo del novecento. (da Wikipedia)

Il realismo fantasy in più ha una connessione più o meno diretta con la letteratura fantasy, o almeno più in generale con la moderna letteratura fantastica.
Questo è evidente nel caso di Gaiman, più nascosto, ma comunque rintracciabile, nel caso di Murakami.

I romanzi del realismo fantasy normalmente partono da una situazione iniziale di banale, routinaria vita quotidiana di oggi (la situazione di equilibrio iniziale delle favole). Poi gradualmente, in maniera prima insensibile, poi sempre più chiara, quindi inevitabilmente trascinante, emergono elementi inusuali, inspiegabili, "magici", e il protagonista si vede risucchiato ad intraprendere un percorso iniziatico in una realtà che sta continuamente in bilico tra realtà quotidiana e realtà "sovrannaturale": non si tratta cioè dei soliti viaggi in dimensioni parallele, tipici di tanta letteratura fantastica, ma di una sorta di "sur-realtà" che il protagonista scopre esistere nelle zone d'ombra della comune realtà, nei luoghi nascosti della città, nelle crepe dimenticate dell'esperienza, "dimensione" non separata, ma presente nella nostra, ad appena un passo.

Nel caso di Murakami, la "magia" è appena qualcosa di inusuale, estraneo, enigmatico, eppure dalle conseguenze dirompenti; più che "magie" in senso stretto succedono miracoli: non è chiara la causa, nemmeno sovrannaturale, tutto si muove in uno spazio indefinito - L'uccello che girava le viti del mondo si svolge (quasi) interamente all'interno dello stesso quartiere di Tokio ai nostri tempi, e apparentemente non succede niente, niente di spettacolare e pirotecnico, eppure nello stesso tempo si dipana una vera e propria epopea fantasy, con nemici sovrannaturali, un eroe che deve trovare il suo Potere, aiutanti magici, Prove: c'è perfino la principessa rapita da salvare.
Certo è un'epopea fantastica post-moderna: in realtà, alla fine del romanzo, potrebbe realmente non essere successo niente, niente di eclatante, tutta la lotta epica tra Bene e Male si svolge su un piano estremamente sottile di realtà, appena a un passo dalla realtà "normale". Gli aiutanti magici ci sono, ma non sono elfi o fate - oppure, sono versioni postmoderne di elfi o fate, mascherati sotto volti certo strambi e inusuali ma tuttosommato apparentemente non paranormali. Il Male, nelle sue incarnazioni magico-demoniache, c'è, ma si nasconde tra le alte sfere del capitalismo giapponese, e non ha, apparentemente, aspetti sovrannaturali.

Il caso di Nessun dove di Gaiman è un po' diverso.
Qui c'è una vera e propria realtà parallela, con personaggi molto fuori dal "normale" ed esplicitamente, innegabilmente dotati di diversi e vari poteri magici e qualità sovrannaturali o comunque lontane anni luce dalla "realtà". 
Tuttavia rimane il realismo: questa dimensione si trova nelle pieghe nascoste della realtà di tutti i giorni: Londra Sotto, con le sue fogne, metropolitane, labirinti, sotterranei, è abitata quanto Londra Sopra, anche se da gente molto diversa, gente decisamente strana, secondo quello che sarebbe il nostro giudizio, e variamente magica: tra i tanti, i Parla-coi-Ratti, un popolo che appunto comunica quotidianamente coi ratti, una ragazza con l'aria da elfa che con la sola forza di volontà può aprire qualsiasi porta, Hunter, una cacciatrice che ha ucciso il Grande Re Alligatore Bianco e Cieco nelle fogne di New York e una tigre nera nella sottocittà di Calcutta; monaci assassini, un angelo che si ricorda di Atlantide, due sicari spietati che uccidono gente da diversi secoli, etc...
Un popolo, o meglio diversi popoli, che vivono a un passo dalla Londra abituale, in certi casi negli stessi spazi (per esempio la metropolitana) e che noi non percepiamo non perchè abitino realmente un'altra dimensione, ma perchè sono così strani che la nostra mente non li registra, se li nota per sbaglio li rimuove immediatamente.

Anche qui Nemici (reali incarnazioni del Male in senso assoluto) dai poteri magici, aiutanti ugualmente dotati di poteri magici o comunque straordinari (per esempio la guerriera Hunter) oggetti magici, e un vero e proprio percorso iniziatico fiabesco del protagonista in cui egli subisce delle trasformazioni potenti: da ragazzo dalla vita mediocre e dal carattere gentile ma debole, un po' qualunquista, l' "eroe" (in un senso straordinariamente contemporaneo, credibile per noi, postmoderno) cresce e supera Prove e percorsi che lo portano a traguardi interiori ed esteriori per lui fondamentali.

Questa gente della Londra di sotto ha in comune una cosa, che mi pare uno degli elementi più originali del libro: hanno tutti l'aspetto di outsider, reietti della nostra società, anche quando stiamo parlando di Re, Guerrieri, Maghi o Esseri Fatati: in effetti sono degli outsider, rispetto a Londra Sopra: ma è l'intera loro società, l'intero loro mondo ad essere outsider, con i suoi Re, i suoi Maghi, i suoi Cavalieri, e le sue regole, leggi e possibilità estremamente diverse dalle nostre.

Nessun dove è perciò una specie di rivincita del mondo degli outsider: non solo tolto alla sua marginalità, e posto come centro di sè stesso, con altre leggi, altri usi e costumi, altre leggi fisiche - ma descritto come un mondo estremamente più ricco, più vario, più smisurato del nostro - un mondo in cui la vita è decisamente più appassionante, intensa, sensata e piena. Non un mondo ideale, tutt'altro - al contrario, un posto pieno più del nostro di pericoli, tranelli, insidie mortali - ma un posto in cui la Magia ha conservato ancora intatto tutto il suo Potere.



La Magia...e cioè...???

E cioè, la Fantasia.

In questo mondo, più duro del nostro, con Prove e Nemici certo più insidiosi delle prove e dei nemici delle nostre vite comuni, la Fantasia ha però ancora intatto tutto il suo Potere infinito.

E se la Magia, la Magia delle fiabe e dei romanzi fantastici è la Fantasia, e se è solo grazie ad Oggetti Magici e Aiutanti Magici che i protagonisti di queste storie riescono a superare le loro Prove, e quindi a vincere i propri Ostacoli Interiori, a conquistare il proprio Potere e a Crescere, ne consegue qualcosa di paradossale: la Fantasia, lungi da essere qualcosa che ci terrebbe in uno stato infantile, sarebbe l'unico Strumento per uscire simbolicamente dall'Infanzia, affrontando e vincendo le terribili Prove che questo comporta, sostenuti da potenti Immagini Archetipiche interiori, quelle appunto del mondo della Fantasia e dei Simboli.

Non sarà allora proprio per il nostro cinismo, materialismo, nichilismo, che viviamo in una "società degli eterni adolescenti"?

Tutte le società antiche erano intessute in ogni loro aspetto di Immaginazione: l'uomo popolava l'universo di Dei ed esseri fatati, demoni, eroi, semidei, luoghi od oggetti magici, miti, leggende, fiabe.
E il passaggio da una fase all'altra della vita avveniva in maniera naturale, assistito da simboli e riti creduti eterni.

Benvengano allora romanzi come questo, che riescono, in chiave postmoderna e adattata al nostro mutato immaginario e alla nostra mutata sensibilità, a riaprire le porte di quella che Michael Ende avrebbe chiamato "Fantásia", a ripopolare di magia le nostre metropoli spente e spettrali, a ripopolarle di mistero, di enigma, di indefinito.

 

2 commenti:

  1. Articolo bellissimo che condivido in pieno e che mi ha arricchito in quanto non ho mai letto Neil Gaiman. Adoro però Murakami. Non sono attirata dal fantasy ma dal fantastico sì, moltissimo! L'ambiguità tra l'immaginario e il reale, l'esitazione che ci trattiene come lettori nel terreno della credulità, le stranezze che pertengono all'ambito delle meraviglie... Tutto questo è stato ben descritto e argomentato. Complimenti, una bella pagina molto interessante.

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  2. Ciao Nadia! Ti ringrazio molto. Io sono fin da bambino un grande appassionato di letteratura fantastica. Con mutazioni non indifferenti: La Storia Infinita da bambino, i classici della fantascienza alle medie, Stephen King e Dylan Dog al liceo...oggi amo molto Murakami e Gaiman, per esempio. Fantasia adatta all'immaginario un po' disincantato di noi adulti. Ma alla fine, sono pur sempre sentieri nella foresta di Fantásia, il Reame dell'Immaginazione. E pur cambiando la forma, vi è nella fantasia, mi sembra, qualcosa di immutabile, di eterno. Ti consoglio molto Gaiman, è realmente capace di trasportare noi adulti increduli cinici postmoderni nel "regno delle fiabe"!!!! Ti assicuro!!!!!!!!

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