di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

mercoledì 25 giugno 2014

Corpus

"Strano come, appena pronunciata, una cosa perde il suo valore. Crediamo d'essere scesi sul fondo dell'abisso, ma quando risaliamo, le gocce rimaste sulle pallide punte delle nostre dita, non hanno più nulla del mare da cui provengono. Crediamo d'avere scoperto una fossa piena di tesori meravigliosi, ma, quando risaliamo alla luce, ci accorgiamo di avere con noi solo pietre false e frammenti di vetro. Nella tenebra, intanto, il tesoro continua a brillare, inalterato."

(Maeterlinck, citato da R. Musil come epigrafe de Il giovane Törless)







Corpus, oris
   1.   Corpo 
  2.    Carne 
    3. Individuo, essere vivente, persona 
   4. Corpo morto, cadavere, corpo inanimato 
 5. Sostanza, elemento, materia, massa
6. Ogni complesso unitario, corpo, organismo, struttura, insieme
7. Gruppo organizzato, società, corporazione, classe, casta, unione
 8.  Raccolta di scritti, opera, volume
9. Essenza, sostanza











Il corpo. Libro cangiante multiforme inrappresentabile che tutto contiene, da cui tutto parte, a cui tutto ritorna, da cui sale ogni interrogazione, che riceve ogni sfida e ogni invito e che si predispone ad ogni possibile risposta; luogo-crocicchio informe a cui giunge ogni traccia, da cui ha origine ogni concezione di ogni possibilità; luogo desolato, espanso, solitario, deserto, spazio vuoto indeterminabile, sordo e opaco, terra secca spaccata piena di crepe nelle quali incubano sogni e incubi; matrice numinosa del desiderio, della paura, delle luci intermittenti dell'intuizione inspiegabile, irriducibile a un concetto; patria incoercibile e inalienabile, intima, indicibile del dolore, del piacere, di sensazioni mai consumate e mai definite dalla significazione - ma a volte dalla significazione ferite, appassionate, svuotate, germinate, risvegliate, infettate, alienate, dissotterrate, rianimate, scosse, stravolte, terremotate, distillate alchemicamente nella loro più pura essenza (è quest'ultimo un caso miracolosamente raro). Luogo dell'assenza, della carenza, del bisogno, dell'impulso, della mancanza, della disperata feroce vacuità che spinge al relazionarsi, all'incontro, incontro che è già prima di ogni contatto reale, incontro che è ciò che il corpo è, incontro che è ciò che il corpo non è mai, incontro che è la nuda contraddittoria relazionalità nella lontananza insanabile, nuda contraddittoria relazionalità impossibile ma inscritta nell'essenza dell'essere un corpo. Punto informe, deforme, non collassabile in alcuna immagine, punto ottuso da cui nasce ogni punto interrogativo. De-siderio, lontananza dalle stelle, cumulo di ferite e cicatrici e organi e muscoli e tensioni e carne in movimento, in sussulto, in ascolto, in ristagno, in putrefazione autobloccante o in slancio o in fremito o in collasso o in quiete mormorante - proteso verso l'Altro - altri mondi - altri corpi - altre dimensioni - verso segnali insondabili di enigmi sottili.
Cavità inconoscibile, grotta dell'inumano, del bestiale, del mostruoso, dell'ostinatamente insensato - grotta oscura dove covano i sogni e si perdono le ragioni dell'argomentabile. Cavità misteriosa, profonda, abisso-Tempio-Ade in cui aleggiano spiriti, ricordi, desideri, feti di pensieri, barlumi di parole, proto-emozioni, impossibilità necessarie non dicibili e mai azzittibili, plancton di esseri intraducibili, poesie mute di sangue e vuoti, cellule sperdute, ognuna con un suo messaggio, con una sua preghiera da avverare, simboli imperscrutabili scritti nella notte delle molecole che gridano bestemmie oscenità o litanie sacre, ognuno in una direzione diversa, ognuno con un suo canto irriducibile, popolo confuso e policefalo dalle mille grida discordi, dalle mille voci inascoltate.














Trascendenza fallica del'abisso corpo - oceanica oscura infinità dioramica - che si erge come una stele, si fa direzione, azione, parola, e si auto-traghetta verso lo Spazio aperto espondendosi come un araldo, un messaggero totemico, un Totem individuale mandato avanti come un avamposto per nuove imprese, nuove guerre, nuove esplorazioni, nuove alleanze, nuovi baratti di simboli intimi con simboli sconosciuti da decifrare, nuove amicizie, nuovi viaggi, nuovi dialoghi, nuove scoperte, nuove iniziazioni, nuovi progetti, nuove asperità, nuove sfide, nuove delizie, nuovi incontri, nuovi stupori;  Spirito che si propaga, si espande negli spazi smisurati dell’Esterno; Dàimon tutelare che cavalca nella prateria aperta per cercare nuove sorgenti di acqua rivivificante, che si inerpica sui crinali e sulle creste dell’enigma, del Più-Che-Sensibile, vette vergini che generano una vertigine che è struggimento, sbigottimento e desiderio inarrestabile per la sua sete; che si inoltra nei territori dell’ignoto, dell'estraneo, dell'alterità, dello scambio, del mistero, dell'avventura ulteriore, dell'esperienza non già nota, dell'arte, del linguaggio, della conoscenza.






lunedì 23 giugno 2014

Da "La pratica del selvatico" di Gary Snyder

"Il nostro compito immediato e il nostro conflitto è con noi stessi. Sarebbe presuntuoso pensare che Gaia abbia un gran bisogno delle nostre preghiere o buone vibrazioni. Sono gli esseri umani ad essere in pericolo - non solo in termini di "sopravvivenza della civiltà" ma, più profondamente, a livello di cuore e di anima. Rischiamo di perdere la nostra anima. Siamo ignoranti della nostra stessa natura e confusi su che cosa significa essere umani. Per gran parte di questo libro abbiamo cercato di reimmaginare ciò che siamo stati, ciò che abbiamo fatto e di ripensare alla robusta saggezza dei nostri antichi modi di vivere.

(...)

Il nostro tempo, questi più o meno dodicimila anni trascorsi dall'era glaciale e i prossimi dodicimila anni circa, sono il nostro piccolo territorio. Saremo giudicati, o ci giudicheremo, per come avremo vissuto, fra di noi e con il mondo, in questa ventina di millenni. Se siamo qui per qualche buona ragione (a parte raccogliere testi, scendere i fiumi e imparare a riconoscere le stelle), sospetto sia quella di divertire il resto della natura. Quando gli esseri umani sono di buon umore e suonano una melodia, tutte le piccole creature si avvicinano ad ascoltare."

(Gary Snyder, poeta, filosofo dell'ecologia profonda e del bioregionalismo)

sabato 21 giugno 2014

una poesia di Gary Snider sul futuro




PER I BAMBINI



Le alte montagne, le creste
delle statistiche
sono sotto i nostri occhi.
La salita ripida
di ogni cosa, va su,
su, mentre tutti noi andiamo giù.

Nel prossimo secolo,
o in quello successivo,
dicono,
ci saranno valli, pascoli
in cui ci incontreremo in pace,

se ce la facciamo.

Per scalare queste cime,
un consiglio per te,
per te
e per i tuoi figli:

state assieme,
imparate dai fiori,
siate lievi


(Gary Snider, da Turtle Island)



FOR THE CHILDREN


The rising hills, the slopes,
of statistics
lie before us.
the steep climb
of everything, going up,
up, as we all
go down.


In the next century
or the one beyond that,
they say,
are valleys, pastures,
we can meet there in peace
if we make it.


To climb these coming crests
one word to you, to
you and your children:


stay together
learn the flowers
go light




(Gary Snider, poeta, ecologista, pensatore tra i fautori delle correnti dell'ecologia profonda e del bioregionalismo)



(tratto dal blog http://www.sagarana.net/rivista/numero33/poesia9.html )









giovedì 5 giugno 2014

Moderna progettazione ambientale.


un sistema d'utile
razionale calcolare
uccide ed annienta
tutto ciò che ha valore
tutto ciò che ha vita propria
tutto il gioco inutile del ridere
tutto il selvatico indomito
tutto il sapore della terra
tutto l'umano sanguinare
tutto l'umano naturale
tutto il rumore del mare.

Diogene senza l'anima?, Torno, Lago di Como, 2013.







mercoledì 4 giugno 2014

Tre poesie di Jack Hirschman






Felicità 
 
C’è una felicità, una gioia
nell’anima che è stata
sepolta viva in ciascuno di noi
e dimenticata.

Non si tratta di uno scherzo da bar
né di tenero, intimo umorismo
né di amicizia affettuosa
né un grande, brillante gioco di parole.
Sono i superstiti sopravvissuti
a ciò che accadde quando la felicità
fu sepolta viva, quando essa
non guardò più
dagli occhi di oggi, e non si
manifesta neanche quando
uno di noi muore – semplicemente ci allontaniamo
da tutto, soli
con quello che resta di noi,
continuando ad essere esseri umani
senza essere umani,
senza quella felicità.




Devi avere il cuore infranto per accogliere la vita



Vai al tuo cuore infranto.
Se pensi di non averne uno, procuratelo.
Per procurartelo, sii sincero.
Impara la sincerità di intenti lasciando
entrare la vita, perché non puoi, davvero,
fare altrimenti.
Anche mentre cerchi di scappare, lascia che ti prenda
e ti laceri
come una lettera spedita
come una sentenza all’interno
che hai aspettato per tutta la vita
anche se non hai commesso nulla.
Lascia che ti spedisca.
Lascia che ti infranga, cuore.
L’avere il cuore infranto è l’inizio
di ogni vera accoglienza.
L’orecchio dell’umiltà ascolta oltre i cancelli.
Vedi i cancelli che si aprono.
Senti le tue mani sui tuoi fianchi,
la tua bocca che si apre come un utero
dando alla vita la tua voce per la prima volta.
Vai cantando volteggiando nella gloria
di essere estaticamente semplice.
Scrivi la poesia.














LA CASA DEL TRAMONTO

“ridiventa straccio e il più povero ti sventoli”
Pier Paolo Pasolini, “Bandiera rossa”

Poggio la mia bocca sulla tua miseria, New Orleans,
inondata e inzuppata di morte.
Qui giace: enormi mucchi di bugie sulla guerra, questa prigione
cimitero galleggiante grida di rabbia
al respiro finale. Qui, all’ultimo delta,
Desiderio disteso sul fianco, è derubato, e girato
sottosopra dal suo stesso governo, e soffocato.
L’estate è finita e la vita è morta,
e ‘round midnight tutte le speranze sono saccheggiate.
Nessuno verrà fuori pulito da Katrina
a New Orleans in questa
Casa del Tramonto che sta affondando.
Corpi così neri e così blu perché hanno amato
chi non gli avrebbe sputato sulle scarpe se avessero avuto
bisogno di una lucidata. Figuriamoci qualche spicciolo. O acqua.
America, sei sempre stata terra bruciata
nelle nostre bocche, sempre un battesimo di merda,
sempre una pioggia di disastro che scorre
lungo i vetri dei nostri occhi infranti.
Ora i nostri stracci sono i più laceri,
il nostro jazz il più triste, i nostri poveri i più poveri
che si possano portare al mercato delle pulci dell’anima.
Ora che tutto è perduto e c’è soltanto il nulla
da perdere… “Viva il coraggio
e il dolore e l’innocenza dei poveri!”
La vera bandiera è a brandelli.
Cominciamo a sventolarla.






Jack Hirschman
(nato a New York, 13 dicembre 1933)







(ho tratto i primi due testi di Hirschman dal blog: https://iraida2.wordpress.com/tag/jack-hirschman/ , l'ultimo da https://www.nazioneindiana.com/2005/11/21/poesie-civili-jack-hirschman-per-sud/  ) 

Traduzioni: l'ultima è tradotta da Raffaella Marzano, delle prime due non so chi sia il traduttore.




Reading poetico-musicale di Jack Hirschman 



Altro reading, più lungo e con traduzione:



martedì 3 giugno 2014

Un anziano uomo-medicina nativo nordamericano parla della nostra società alienata e delle alternative a tutto questo.

Un video che vale molto più di un'infinità di libri di sociologia, politica e antropologia.






Medicine Story parla della società alienata del dominio e dell'idea di Cerchio di eguali come unica possibile alternativa.






“Concentrati su ciò che vuoi dire a te stesso e ai tuoi amici. Segui il tuo chiaro di luna interiore; non nascondere la tua follia. Puoi dire quello che vuoi quando non ti preoccupi di chi ti ascolta.”

"Le nostre teste sono rotonde, così che i pensieri possono cambiare direzione."

(Allen Ginsberg)







The weight of the world
            is love.
Under the burden
            of solitude,
under the burden
            of dissatisfaction

            the weight
the weight we carry
            is love.



Il peso del mondo
             è amore.
Sotto il fardello
            della solitudine
sotto il fardello
             dell'insoddisfazione

             il peso,
il peso che portiamo
             è amore.


(Allen Ginsberg, dalla poesia Song)


 Foto: Allen Ginsberg e membri della Rocky Flats Truth Force meditano sulle rotaie mentre si avvicina un treno che trasporta residui radioattivi.

lunedì 2 giugno 2014

Una piccola rivincita della poesia sulla televisione.

Sentire in una trasmissione televisiva solitamente insulsa come Otto e mezzo, salotto di bla bla bla ciarlieri di politicanti vari, vuoto come tutta la televisione, discorsi inutili che non sfiorano le cose, uno studioso, scrittore e poeta, Vittorio Sermonti, parlare del fatto che nella poesia la lingua non è solo un insieme di parole, ma canta; che leggere poesia è abbracciare questo ritmo e farlo proprio, interiormente; che questo tipo di relazione con le parole, insieme alla conoscenza dei classici, è la nostra sostanza, è chi siamo, e che se le nuove generazioni perdono questo contatto con radici millenarie perdono la loro identità; che le Metamorfosi di Ovidio e gli altri classici sono in realtà più attuali delle chiacchere sulle banalità attuali, perchè in realtà queste non sono attuali, sono accidenti di passaggio; e che infine ciò che più lo inquieta della degenerazione, confusione e completa perdita di precisione, pertinenza e consequenzialità linguistica nell'ambito della politica non è tanto l'imperare ovunque della volgarità e del turpiloquio, ma - cosa ben più catastrofica - una maniera di argomentare superficiale in cui tutto equivale a tutto, ogni tesi può facilmente scivolare nel suo opposto, per una radicale genericità e perdita di ponderatezza e profondità linguistica - beh, tutto questo è stato un balsamo per le mie orecchie inizialmente distratte e sarcasticamente distanti - una piccola rivincita in cui per un attimo lo Spirito della poesia, e l'anima millenaria del linguaggio, hanno vinto magicamente sulla neo-lingua e sull'apocalissi babelica telegenica ipercinetica delle parole e dei significati, penetrando con la pacatezza incurante ma severa dell'immemore nella scatola blaterante degli spettri virtuali sgargianti e indemoniati.

giovedì 29 maggio 2014

LASCIAR SCOMPARIRE L'ARTE PER LASCIAR RIEMERGERE LA REALTA', LA VITA, IL GIOCO, LA LIBERTA', LA NATURA, IL SELVATICO


(disegno di Dem Dem, riprodotto qui con il suo consenso, da me richiesto. Il sito di Dem Dem )


Ritrarsi, dissolversi, spaccare la scatola dell'ordine simbolico dato, la rete del linguaggio stesso, gli inganni dell'arte, la Maya ammaliante e perfida della fanfara multimediale, per lasciare spazio al gioco, alla vita libera istante per istante, alla creatività senza opere, all'azione per il piacere dell'azione, per tornare alla natura, alla realtà caotica vitale e indecifrabile oltre questa Matrix subdola, al selvatico ignoto, al nostro esistere reale come corpi liberi istintivi in uno spazio aperto senza determinazioni, risultati, scopi, oggetti reificati, codici convenzionali, e senza tempo. "Un punto di incredibile densità. Bisogna imparare a rallentare il tempo, a vivere la passione permanente dell'esperienza immediata."



 Due articoli di John Zerzan, filosofo anarchico primitivista.


Il primo è contro l'arte:


Critica primitivista all'arte e al mondo dei simboli


Il secondo è contro il tempo:


Critica anarchica alla costruzione sociale del tempo



Nel primo articolo, Zerzan sostiene che nel Paleolitico, all'epoca in cui eravamo nomadi cacciatori-raccoglitori, non c'era nè religione nè arte, e neanche un linguaggio inteso come lo intendiamo noi, una rete di simboli codificati e condivisi. E non c'era la divisione del lavoro, erano piccole bande nomadi egualitarie.

Non c'erano i simboli, l'uomo era un animale immerso nella vita della natura, libero, reale, istintivo, immediato, senza mediazioni artificiali.

Col Neolitico, e il passaggio a una società stanziale, basata sull'agricoltura e su un'organizzazione sociale più complessa nasce la gerarchia sociale, la divisione del lavoro, la religione e il linguaggio. E con tutto questo l'alienazione.

E la separazione dalla natura, l'unità perduta con la quale - dopo questa caduta - è surrogata dai paradisi artificiali della religione, dell'arte e del linguaggio simbolico.

Già gli sciamani delle religioni più antiche erano legati a una struttura sociale differenziata, con ruoli assegnati, gerarchia definita e un mondo mitologico-simbolico sostituto dell'originaria indifferenziazione nella natura, perduta.

Poi, in estrema sintesi, col cristianesimo antropocentrico prima, e quindi con la società moderna, le cose sono andate sempre peggio, fino all'attuale società completamente alienata, separata ermeticamente dalla natura, asettica, mortuaria, virtuale, sempre più distruttiva e irrispettosa verso la natura e verso il selvatico l'autentico e il genuinamente istintuale e creativo, unico, libero, originale, singolare, singolo, non-conformato in noi.

In tutto questo, l'arte ha sempre avuto la stessa funzione della religione: legittimare l'ordine sociale alienato e permettere fugaci ascese a attimi di pace estasi o bellezza, surrogati della felicità naturale permanente. L'estetica è anestetica: anestetizza e intorpidisce, obnubila i nostri sensi, e estetizza la nostra percezione e interazione col mondo, comprimendola in una scatola simbolica sintetica, principalmente visuale, astratta, artificiale, deformante, selettiva, sostitutiva, basata su una presa di distanza, una separazione dal mondo, dal corpo, dal selvatico, dalla natura, dall'istinto: abitiamo il mondo della rappresentazione, invece di abitare il mondo, la terra, le foreste, in un rapporto spontaneo, immediato, istintivo, cinestesico, ricco di scambi attivi, con esso, una percezione e una comunicazione con la realtà nuda, vuota, sgombra, diretta, un gioco creativo libero in cui tutti i nostri sensi potrebbero essere realmente risvegliati e messi in gioco radicalmente e felicemente.


                                               (Renée Magritte, La condizione umana)

DADA ha messo oggetti qualunque in un museo con l'intenzione di scardinare tutto questo: rompere il muro tra arte - collezione di oggetti reificati e idolatrati da spettatori passivi - e vita, realtà, mondo: una ruota di bicicletta è fonte di percezione e gioco liberi quanto un quadro di Van Gogh.

Il surrealismo voleva far irrompere il Sogno e l'inconscio nella vita, nella società, gli esperimenti più coraggiosi degli anni 70, performances, happenings, etc., come il surrealismo volevano anche violentemente cercare di rivoluzionare la società attraverso l'arte, precipitare un vortice di libertà creazione gioco follia nelle strade, nella vita.

Ma tutto questo per Zerzan ha fallito perchè l'arte è strutturalmente parte del sistema sociale alienato e gerarchico, e del suo appartarsi dalla natura in un iperuranio sintetico di simboli, segni, linguaggi, finzioni.


Da qui la morte dell'arte, le sue forme sempre più svuotate, provocatorie in maniera fine a sè stessa, le tele nere, le tele bianche, le tele squarciate di Fontana e la loro angoscia desertica, la merda d'artista, la musica contemporanea colta sempre più incomprensibile fino a teorizzare il silenzio o i rumori casuali, i romanzi con pagine da comporre a piacimento, libri con pagine bianche, la Pop Art che fa equivalere arte e prodotti industriali o immagini pubblicitarie, poesia sempre più sperimentale fino a includere equazioni matematiche nel testo, e infine una stanchezza sempre maggiore e quindi il nostro presente, in cui una multimedialità spettacolare quanto sterile, ripetitiva, ma onnipotente, onnipervasiva e onnipresente fa schizzare immagini suoni e slogan ovunque, caos babelico in cui tutto equivale a tutto, ogni input è buono in quanto input, può essere Pessoa o la Coca Cola, non importa. "Mi piace". Un perfetto mondo di segni che richiamano segni in una Matrix autoreferenziale che rimanda continuamente a sè stessa, la perfetta realizzazione di arte e religione, secondo Zerzan, una bolla che ci esclude dalla realtà, dalla natura, e ci riduce a pedine di un gioco preordinato in cui è sottratta la libertà singolare e la libera creatività del singolo.



La tesi di Zerzan può essere forse eccessiva.

Tuttavia è esperienza penso di tutti, in particolare di chi crea arte, poesia, musica, etc... la sensazione di tradimento e nientificazione che si prova di fronte all'opera d'arte reificata in qualcosa di concluso.

Leggo o scrivo una poesia: è un frammento di eternità, un particolare non contestualizzabile, una scheggia che mi apre una scintilla non mediabile nè paragonabile, che potrebbe essere forse la chiave d'accesso a un intero universo. Un'emozione unica e irripetibile, indicibile, singolare, un differire imprevisto, incatalogabile, dalla continuità dell'obsoleto automatico, situata nell'attimo. Un salto.

Poi resta il cadavere, sua farsesca caricatura.

Ogni opera è la maschera mortuaria dell'idea, scriveva Benjamin.

Di fronte alla nascita di un universo di Alterità, all'iniziazione a una foresta sperduta immensa incommensurabile e intricata in cui si potrebbero trovare sentieri che conducono a tesori di mistero o a templi dimenticati ermetici di illuminazione numinosa da decifrare, resta "E' bello", il giudizio, il corpo morto.



E allora lasciamo scomparire l'arte, per aprire le porte al libero gioco continuo, alla libera creatività permanente, senza steccati. Posso continuare a disegnare o a scrivere, ma è qualcosa di equivalente (di "egualmente artistico", se volete) a guardare una nuvola che passa, pigiare dei bottoni su un computer mentre lavoro, dormire, giocare con dei sassi, far fischiare un filo d'erba, buttare un legnetto in un torrente, stare a vedere dove va, interrogare l'essenza metafisica di un lichene, parlare con le roccie, invocare il vento, prendere il sole, correre, arrampicarmi su un albero, fare castelli di sabbia, tentare ritmi percussivi su un tronco o su un tavolo, accorgermi di una foglia che cade, di un corvo che passa, di un'aquila in alto nel cielo, appena visibile, disporre foglie a caso o non a caso su un prato, grattarmi la schiena, accarezzare un gatto, giocare con un cane, creare strane forme di fango e poi distruggerle, fare un caos di foglie fiori legni sassi  terra erba ossa peli di scoiattolo ghiande pezzi di corteccia e poi fotografarlo, oppure non fotografarlo, disfarlo, oppure lasciarlo lì nel bosco, e tornare a vedere com'è dopo due anni, o non tornarci più, o tornarci e costruire con ciò che è rimasto un totem-fauno talismano che sorvegli la foresta, fischiettare, danzare liberamente e selvaggiamente con gli elementi, stare fermi, chiudere gli occhi e ascoltare cosa c'è, con curiosità, senza aspettative, riaprirli, osservare, osservare le cose, tutte le cose come qualcosa di bizzarro, inedito, singolare, irripetibile - giocare con questo, giocarci da soli, insieme ad altri, cantare o fare suoni o versi, o preghiere senza nome e senza parole, o invocazioni a spiriti inconoscibili, sperimentare maniere diverse di fare le cose, divertirsi a fare cose inutili, fare anche le cose utili come se fossero gratuite e imprevedibili, osservare ancora, quanto tutto questo è strano e singolare e magico, anche la noia, anche la sofferenza, anche l'angoscia.

Allora ogni attimo può sfuggire al gigantesco mostruoso abnorme Orologio Digitale Cosmico che misura il tempo, che crea il tempo e che divora livella e schiaccia le nostre vite, le nostre libertà, le nostre libere capacità di gioco libero, ognuna diversa e irriducibile - e divenire un frammento non omologabile, un istante di libertà indomita e selvatica in cui siamo chi siamo e non un fantoccio costruito dagli specchi deformanti della società.







(Opera di Andy Goldsworthy)






Liber Pater: un cortometraggio sul selvatico dionisiaco









(Dreaming of yesterday, di blue-a - immagine riprodotta con il consenso dell'autrice - vedi questo link per altre sue opere )



suoni singolari



martedì 27 maggio 2014

ANCIENT SHAMANIC ROCK-


IL COMPITO DELL'ARTISTA E' SALVARE L'ANIMA DELL'UMANITA'

SE GLI ARTISTI NON TROVANO LA VIA, LA VIA NON PUO' ESSERE TROVATA.

(Terence Mc Kenna)




(Immagine: Paintbrush Warrior, di Mark Henson, riprodotta con l'esplicito consenso - da me richiesto - dell'autore. Tutti i diritti riservati. Per altri quadri di questo pittore che rappresenta l'oggi in maniera caoticamente visionaria, tra realtà socio-politica violenta tremenda ipertecnologica antropocentrica e sogno incantato spirituale, vedi il suo sito)

(Image: Paintbrush Warrior, by Mark Henson, reproduced with explicit ageement - asked by me - of the author. All rights protected by copyright. If you want to see other paintings by this painter who represent the present in a chaotic, visionary way, between tremendous violent hypertecnological anthropocentric socio-political reality and spiritual enchanted dream, go to his website)








Dire che l'arte (musica, poesia, etc...) debba servire a qualcosa è una bestemmia.

Ciò che caratterizza l'arte è esattamente un essere-fine-a-sé-stessa, un fare libero, un gioco liberato, tremendamente serio ma tremendamente autosufficiente, un fare completamente libero da scopi, un non-fare che ha nel proprio manifestarsi la sua autosufficente ragione di essere.

Tuttavia l'arte ha delle conseguenze (a cui non bisogna pensare nell'atto della libera espressione o della libera fruizione - due cose che poi sono la stessa).

L'arte, il canto, la danza, il proto-teatro, la musica, la poesia sono sempre state nelle culture antiche e nelle culture tribali maniere di curare, non nel senso strumentale di oggi, ma nel senso di riconnettere le identità spezzate e separate degli individui con un'Unità, divina, naturale, spirituale, emotiva, corporea, istintiva, che senza queste storie sacre, questi canti sacri, queste danze, musiche, rituali, simboli, immagini, colori, suoni, rischiava di essere perduta.

Per gli aborigeni d'Australia addirittura la Terra-di-Sogno è tenuta in vita e continuamente ri-creata proprio da rituali artistici in cui in luoghi sacri ciclicamente venivano ridipinte scene di storie mitologiche. Senza questo atto di ri-dipingere la realtà divina, la stessa realtà divina rischiava di estinguersi.

L'arte, la poesia, la musica sono sciamanesimo, ancora oggi, sono la vera più potente forma di sciamanesimo. Non servono a curare, a far star bene, perché non sono serve, ma imperatrici, ma curano, perché fanno vivere, fanno rivivere l'eroe dai mille volti che si contorce dentro di noi e grida per esprimersi, per essere ascoltato, ridanno vita alle parti più nascoste e abissali e profonde e viscerali e paradossali e luminose o oscure e selvatiche di noi stessi, ci riconsegnano alla nostra libertà.

Se la pizzica è (era, o è ancora) un rituale di esorcismo, così lo può essere il rock più selvaggio e autentico o una jam session di percussioni.

Se la danza balinese è una maniera di richiamare e rendere presente, fisico, davanti agli occhi il divino, il mito, reale, ora, qui - così può farci entrare nella stessa dimensione rituale esatta e assoluta, gioiosa o terrificante, la migliore poesia o il migliore teatro d'avanguardia.

Certo, esistono differenze, e radicali, tra un'arte propriamente rituale inserita in un quadro cosmologico, mitologico e religioso definito, condiviso unanimemente da una società o una tribù, e l'impresa individuale di un artista o un poeta che si avventura nella terra di nessuno della notte dell'anima, del caos danzante interiore, avendo come alleati e come rete di simboli solo un deserto squassato di una cultura dilaniata, disorientata, dispersa, cinica, materialista, economicista, idolatrante l'utile la convenienza, la misurazione la quantità l'osservabile lo strumentale tecnico il gioco di un potere abbrutito edonismo dell'illimite con ragnatele di brandelli di sensi di colpa atavici post-cristiani.

Ma in realtà l'artista, come lo sciamano, è sempre stato solo.

Deve partire per il suo viaggio da solo e affrontare il gioco di specchi e labirinti senza soluzione possibile apparente, affrontare i demoni nella prateria dei simboli dove infuriano venti inumani, attraversare il deserto della nientificazione, inerpicarsi su vette rocciose inospitali ed aliene, pericolose, a volte ammalianti, a volte meravigliose, seguire il sentiero avventuroso del suo mito personale, e dipanare forme-talismano con lo scalpello della propria sensibilità, con la lama della propria autenticità, poi deve sapersi rilassare, ridere di tutto questo e di sè stesso, semplificare, alleggerire, togliere importanza, rasserenare, sciogliersi in un lago placido specchio oggettivo del mondo, evaporare in una nuvola bianca che si lascia trasportare dal vento, o un profumo di legna bruciata, o fumo fugace che scompare in pochi secondi, sciogliere il nodo dell'impossibile in una pozzanghera di niente, in una goccia di pioggia che si frantuma nella terra ingravidandola di vuoto fertile, disegnare miniature e arabeschi nell'aria, riagganciare il centro esatto del cuore, farlo rinascere, lasciarlo gridare, cantare, pulsare battere potentemente il proprio vasto Petto-Tamburo, perdersi in un frammento inutile e indescrivibile, poi ribaltare tutto, dimenticare tutto, annientare tutto, perdere di nuovo tutto, e ricominciare da capo da un altro punto di vista, inventare linguaggi strumenti musicali codici preghiere parole magiche ritmi percussivi completamente inediti, e così potrà tornare con in mano una valigia di visioni, sogni, assurde asce sciamaniche disintegra-finzioni, fantascientifiche ali immaginarie impermanenti e orologi a molla sputa-meraviglia da donare ai suoi simili, perché anch'essi trovino le proprie buone piste.

Gli artisti, insieme ai pochi testimoni rimasti di culture orientate da divinità profondamente diverse dal Moloch della Ragione Tecnico-Economica, sono gli unici alchimisti rimasti ancora in grado di riconnetterci con la Ragnatela Cosmica della Vita, con il ventre gravido della Madre Terra, col nostro istinto sano e naturale, saggio, potente di uomini e donne selvatici.

Gli artisti, come gli sciamani, esprimono e aiutano a riprendere contatto con parti di noi o dell'inconscio collettivo rimosse, emozioni represse, dimenticate, negate, cancellate, imprigionate, oscurate, genocidizzate, incatenate, azzittite, schiacciate, mandate al confino, segregate, immobilizzate, paralizzate, uccise, ridicolizzate, annientate, svuotate, desertificate - o con realtà della società e della vita magari violentemente evidenti ma nascoste e messe a tacere - che il poeta, il musicista o il pittore aiutano ad urlare profeticamente la propria innegabilità.

L'arte cioè per esempio può essere la versione contemporanea della caccia all'anima della cultura sciamanica, in cui gli sciamani "cacciavano" pezzi di anima che la persona da curare aveva perso per strada, che erano rimasti impigliati in altrove, altre dimensioni o epoche in seguito a traumi, ferite, sofferenze incapaci di esprimersi.

Mi viene in mente per esempio quel che dice Igor Sibaldi sulle nostre età sconfitte: l'archetipo contemporaneo del Capo Indiano sconfitto, quelle fotografie terribili di questi volti disperatamente tristi e sconvolti, eppure che conservano una dignità assoluta, indiscutibile, non alterabile, impassibile, statuaria, a volte immersa in una sconsolazione infinita ma ancora perfettamente saggia, a volte che guardano nell'obiettivo ancora con sfida, sprezzo guerriero pieno di rabbia e dignità - rappresenterebbero per Sibaldi, nel nostro immaginario, le nostre età sconfitte: infanzia e adolescenza, tutti i loro sogni dimenticati e messi a tacere, messi in riga dal realismo adulto, dal pragmatismo deluso e cinico. L'Arte ci rimette di fronte, se il nostro cuore non è inaridito, con il mondo incantato, popolato da elfi fate gnomi miracoli magie alberi parlanti meraviglia stupore emozioni primordiali capacità innocente di credere all'incredibile e lo spirito eternamente ciclico e atemporale, sognante del Gioco - che appartenevano alla nostra infanzia - e allo spirito guerriero ribelle sognante indomito, non inquadrabile, indomabile, inquieto, impossibile da collocare in confini angusti pensieri dogmatici e ruoli assegnati, capace di spaccare tutto e lottare per i Sogni che pulsano selvaggi nel proprio cuore - che appartenevano alla nostra adolescenza.

L'arte, per concludere dà voce a ciò che nella nostra società e in noi non ha voce: al selvatico, agli animali, al fantastico, all'irreale, al profetico, a ciò che sta sotto il sottile velo della realtà socialmente e politicamente precostituita e accettata, al paradossale, alla sofferenza, alle contraddizioni laceranti della nostra società e all'urlo ribelle dell'urgenza di trovare vie alternative; al misterioso, all'enigmatico, all'impossibile, a tutto ciò che non ha risposta, a tutto ciò che non può essere detto in un linguaggio quotidiano, all'angoscia del vivere in una società irregimentata in maschere e finzioni e costrizioni rigide, oppressive e iper-razionali; alla gioia del semplice essere vivi come animali, con un corpo, un sano istinto, una vocazione alla libertà, un'Anima tribale guerriera sanguigna e sognante; alla Terra e al sentirci suoi figli; all'antico, al non attuale, a logiche incomprensibili per la mentalità imperante del pensiero unico; alla capacità di creare, esprimersi liberamente, e inventare sentieri e logiche extra-ordinarie, assurde, paradossali, nuove, impensate, folli per vivere e affrontare questo caotico presente e tracciare piste imprevedibili e non catalogabili, non inquadrabili dal pensiero binario, per il futuro.


P.s.: per esempio, Mark Henson (vedi quadro sopra) riesce sia a rappresentare espressionisticamente il caos violento e insensato, infetto, distruttivo, cinico, nichilista, ingiusto in cui viviamo ( vedi qui  o qui ) oppure l'aspetto folle avido e catastrofico, antropocentricamente distruttore del progresso ( "La marcia del progresso"  ) ma anche a dare Visioni serene, sognanti, utopiche del futuro ( bellissimo questo "Risanare il futuro"  oppure  "Nuovi pionieri" ) ma mira in altri quadri direttamente al cuore del Sogno spirituale, irrelato da condizionamenti sociali ( "Viaggiatori di luce"  o questo splendido quadro sull'archetipo del volo) o a una visione magica, animista della natura (per esempio qui ).



Di questo abbiamo bisogno in questi tempi caotici: di riconnetterci col Sogno con la Terra, anche in maniere selvagge nuove e impensate - "Tempi furiosi richiedono danze furiose", e Visioni lucide, e desideri folli, e creazioni coraggiose e inedite, e musica potente e indomita, e una Poesia che travalichi la logica e la rassegnazione.

Come dice Patti Smith: BELIEVE, OR EXPLODE!!!!


Ancient shamanic rock/1

Ancient shamanic rock/2


Contemporary shamanic rock/1


Contemporary shamanic rock/2


Contemporary shamanic rock/3


Contemporary shamanic rock/4


Contemporary shamanic rock/5



ipnosi sciamanica




 Riti guerrieri di purificazione




leggere nenie di sottili flauti arcani




Lo Spirito della Danza si s-catena




again






Celebrazione conclusiva




















domenica 25 maggio 2014

PROFEZIA DEL 25/5/2014


TUTTI GRIDANO "LIBERTA'"!

STRINGENDOSI COME OSSESSI ALLE PROPRIE CATENE

ASSICURANDO ANGOSCIATI IL LUCCHETTO

DA POSSIBILI FURTI

POSSESSO POSSESSO POSSESSO POSSESSIONE

POSSESSO GELOSO DELLA PROPRIA PRIGIONE

POSSESSO ASSOLUTO DELLA PROPRIA RAGIONE

STIPULANDO ASSICURAZIONI DA OGNI POSSIBILE FURTO

DA OGNI POSSIBILE EVASIONE

O FELICITA' LIBERTA' IMPROVVISA

O DISTRAZIONE

O DERAGLIAMENTO

O INCEPPAMENTO DEL PROGRAMMA

O SEMPLICE DIMENTICANZA

CORRIAMO DIETRO SPAVENTATI AGLI ULTIMI AGGIORNAMENTI

URLIAMO UN'INSOFFERENZA FEROCE VERSO

OGNI LIMITE

E CI AVVINGHIAMO A IDOLI ARTIFICIALI

COME CREATURE PERSE NELLO SPAZIO

COSMICO DESERTO SIDERALE DIGITALE

SCARAVENTATI NEL NULLA DA

VENTI SOLARI TEMPESTE MAGNETICHE DI NEGAZIONE

CI AGGRAPPIAMO A IMMAGINI PUBBLICITARIE SORRIDENTI

O GURU RADIOATTIVI

CREDENDO NEL POTERE DELLA MIMESI

CREDENDO NELLA SALVEZZA DELLA FICTION

CREDENDO NELLA LIBERTA' DEL VOLERE

E DEL VOLERE IL VOLERE

E DEL VOLERE IL VOLERE DELLA VOLONTA'

DI QUALCUN ALTRO,

IPNOTIZZATI DA FINZIONI SERPEGGIANTI,

DARDEGGIANTI, COLORATE, DIVERTENTI.


I SIGNORI

CI TENGONO STRETTI DALL'ALTO DELLE

LORO RASSICURANTI MANOVRE PROGRESSISTE

TEATRO DI BURATTINI ASSASSINI

SERVI-PADRONI MOSSI DALLA CATTIVERIA

DI ESSERE PRIGIONIERI

SCHIACCIATI DA

DOVERI COLOSSALI MASTODONTICI

PESI TITANICI PARALIZZANTI

AUTOIMPOSTI

- ABBIAMO DIMENTICATO COME SI APRONO

LE FINESTRE DEL CERVELLO -

E CI LAMENTIAMO

E CHIUDIAMO GLI OCCHI-

- LIVING IS EASY WITH EYES CLOSED -

MENTRE LO SGUARDO IMPERANTE FOSFORESCENTE

DELLE NUOVE CREATURE

VA IDENTIFICANDOSI

CON IL PERIMETRO DEL CIELO.






sabato 24 maggio 2014

Paesologi e territorialisti

Paesologi e territorialisti sono diversi, ma condividono il disgusto verso una globalizzazione alienante, ipertecnologizzante, disanimante, la globalizzazione dei non luoghi, che frantuma, calpesta, svuota, uccide l'anima dei luoghi e delle comunità e delle persone. Mentre difendono entrambi, in maniera diversa, i territori e la loro storia, la loro unica e irripetibile fisionomia, la loro identità culturale/naturale locale come un tassello della biodiversità esistenziale irripetibile e prezioso. Questo senza cadere nelle chiusure conservatrici e xenofobe, ma cercando di difendere semplicemente ciò che resta della bellezza e dell'anima dei paesaggi e delle comunità, riaprendole all'apertura della reinvenzione progettuale collettiva, che parte da una storia però, da un volto paesaggistico-culturale, da una lingua, dalla fisiognomica unica di un luogo che è anche l'intreccio di saperi, persone, mestieri tradizionali, conoscenze popolari, alberi, storie, animali, boschi, montagne, dialetti, case, paesi, monumenti, fienili, campi, crocicchi, cascine, eredità poetico-pratico-spirituali. All'insegna di una decrescita ecologista, conviviale della rivalutazione del piccolo, dell'essenziale del lento, del minimo ma autentico, che ci faccia finalmente, gradualmente uscire dalla "modernità incivile" e dalla sua ripetizione seriale di non-vite, despettacolarizzando l'esistenza e riconsegnandoci al concreto di un qui e ora in cui convivono antenati, millenni, echi antichi, fantasmi, genii loci, risate e racconti di vecchi, le voci sagge degli animali, la pazienza selvatica e forte, acre, odorosa, nodosa, coriacea, protettiva della terra e la lenta, atemporale, criptica crepitante scansione dei ritmi della poesia.


http://comunitaprovvisorie.wordpress.com/


http://www.societadeiterritorialisti.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=1&Itemid=154


http://terraceleste.wordpress.com/


http://www.geofilosofia.it/



giovedì 22 maggio 2014

Per un'etica impura, impolitica, della resistenza alla politica. (ripubblicazione)

  Ripubblico un vecchio post (Marzo 2013) che mi sembra quanto mai (in)attuale.



Non intorno a chi inventa nuovi rumori; intorno a chi inventa nuovi valori gira il mondo; impercettibile esso gira.
(F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)




"Ogni forma di intossicazione è un male, non importa se si tratti di alcool, morfina, o idealismo. Dobbiamo guardarci dal considerare male e bene come due opposti." (Carl G. Jung)

La stessa cosa vale naturalmente per il concetto di onestà, o, a maggior ragione, per quello di purezza.

Una cosa è essere onesti, un'altra cosa, completamente diversa, è sbandierare l'"onestà" come un vessillo sufficente a dimostrare una presunta diversità e superiorità ontologica rispetto agli altri.

Con questo passaggio, apparentemente non fondamentale, solo "di forma", si passa da una giusta esigenza di etica, impercettibilmente verso quel "desiderio di purezza" che ha creato i progrom, i gulag, i campi di concentramento, i roghi di "streghe" e di "eretici", le guerre sante, e ogni forma di persecuzione violenta del diverso e del non allineato.

Veramente "puro" è solo ciò che è morto e quindi è statico, non ha difetti. Chi si autodichiara "puro" invece è solo un moralista.

Etica e moralismo, da sempre, sono nemici giurati.

Sono d'accordo con l'esigenza di combattere la corruzione, cercare di raddrizzare quest'italietta del clientelarismo e della mafia. Questo va combattutto, completamente d'accordo. E capisco l'averne fin sopra i capelli.

Tuttavia quando da questo si passa a toni fanatici da crociati puri in lotta contro le forze del male, si passa dalla padella nella brace.

...ma rilassiamoci un po' tutti!


 un "cambiamento", in positivo, non è mai possibile accendendo toni millenaristici infuocati e apocalittici. rilassiamoci, voliamo basso... il "cambiamento" passa per le piccole cose e per i progetti studiati con attenzione, calma, cautela, analisi lucida, serenità, assenza di faziosità e di lotta di una parte contro tutto, ma concentrandosi sulla costruzione democratica di progetti concreti, positivi, approfondendo i temi invece di perdersi nell'adesione ad un capo che comanda una crociata...

...nè perdersi in qualsiasi altra forma di imbizzarrimento di parte.


La salvezza non sta nè nella politica nè nell'antipolitica. 

La salvezza sta nell'"impoliticità", nello starsene tranquillamente e serenamente, decisamente impolitici.

Non apolitici, menefreghisti. Ma, sostanzialmente, di fondo, impolitici. 

Cioè, rifiutarsi di lasciarsi catturare da qualsiasi ingranaggio, logica della politica, che è, sempre, in ogni caso, una logica di potere: sono logiche alienanti in cui perdiamo il nostro semplice "essere umani", "restare umani", e quindi capaci, sempre, a priori, molto prima di qualsiasi ragionamento "politico", di rimanere ancorati alla nostra autenticità e spontaneità interiori, e non spodestati, sbalestrati verso un alienante Astrazione politica - e quindi essere anche sempre capaci di riconoscere sempre negli altri esseri umani dei simili, senza lasciarci accecare dai furori "di parte". 

Essere impolitici non significa non dire ciò che si pensa, non criticare, anche radicalmente, non prendere posizione, ma significa che, molto prima e molto più in profondità di questo, "restiamo umani", restiamo saldamente ancorati nel cuore del nostro essere, del nostro essere individui umani col loro unico e irripetibile pensiero, con le loro emozioni uniche e irripetibili, e con la salda certezza che questo viene prima ed è molto più importante di qualsiasi adesione a "partiti". 

L'"ignavia" era in passato la peggiore delle codardie. 

Oggi il "non prendere partito" (che non significa, ripeto, non prendere posizione) mi sembra l'unica forma di coraggiosa, intelligente, saggia, umana resistenza, in quest'epoca di moti emotivi di massa meccanici evocati artificialmente dai media che svuotano chi si lascia irretire (in una qualsiasi "parte") della sua umanità e della sua intelligenza critica. 

Ancora più che contro Beppe Grillo, sono soprattutto contro ogni forma di impazzimento socio-politico che possa frammettersi fra gli esseri umani e dividerli. Il movimento 5 stelle è sicuramente una forma di impazzimento socio-politico, ma, tanto per dire, anche l'essere contro Beppe Grillo potrebbe esserlo o diventarlo. 

Io vedo il rischio di spaventosi fenomeni di caos sociale, a rischio di guerra civile. 

Di fronte a questo rischio, la mia posizione è fondalmente una: restare umani, restare saldamente ancorati a sè stessi, rifiutarsi di alienarsi nell'adesione cieca, fanatica, meccanicamente di massa, a una qualsiasi fazione politica, e ricordarsi sempre, molto prima della politica, del proprio essere-simili-a-tutti-gli-esseri-umani, come direbbe il Dalai Lama.


Il punto di vista del Dalai Lama


Il punto di vista di Virginia Salles, Wilhelm Reich e Josè Angelo Gaiarsa

sabato 17 maggio 2014

Accendere una piccola lampadina nella notte dell’Europa





Uno sguardo che sia capace di guardare dall’alto, eludendo le identificazioni contingenti, trascendendo completamente il piccolo cerchio del discorso polemico attuale e delle sue minuzie spettacolarizzate – guardare dall’alto, disinteressatamente, con noncuranza, con un’ampiezza temporale dell’ordine di grandezza quantomeno dei secoli – il momento storico presente, non può non vedere che votare Tsipras – sostenere questa minoranza di sinistra radicale (indipendentemente dal fatto che si possano o meno condividere le sue premesse ideologiche) – è l’unica maniera per mettere i bastoni tra le ruote – da una parte, alla massa informe di forze sub-politiche completamente asservite ai grandi poteri economici (centro-destra e centro-sinistra) e dall’altra (ed è una contrapposizione solo apparente, mi pare) alla inquietante, spaventosa onda potenzialmente gigante dei diversi fermenti populisti in crescita (estreme destre da una parte, populismi tipo Movimento Cinque Stelle dall’altra).
 
A questi rischi di derive antidemocratiche (neoliberismo senza più alcun tipo di argine da una parte, autoritarismi di vario tipo dall’altra – o più probabilmente un’inedita miscela di tutto questo, dalla fisionomia emergente ancora da definire) la sinistra radicale di Tsipras sembra essere l’unica forza politica che abbia la volontà di mettere un freno.

Che si condividano o meno gli aspetti più socialisteggianti del loro programma (reddito minimo garantito, riduzione dell’orario di lavoro, Europa aperta ospitale e multiculturale) resta il fatto che mi sembra siano rimasti gli unici eredi della democrazia, delle idee social-liberal-democratiche che stanno alla base delle Costituzioni delle nazioni europee e che erano le fondamenta della prima concezione di Europa unita, alla metà del ventesimo secolo.

Gli unici che difendano ancora veramente l’idea di un’Europa politica, democratica, che sappia dettar legge alle forze economiche, finanziarie e bancarie.



Tutto il resto è barbarie tecno-populista-economicista e amaro silenzio sulla degradazione della vita e della dignità umane in atto.