"Sentire il vuoto del presente" (Vito Mancuso)
"È a causa dell'immaginazione e del movimento vorace che essa genera
che «noi non ci atteniamo mai al presente», come scrive Pascal.
Attenersi al presente significa incontrare il vuoto. Sapersi attenere al
presente significa vincere l'immaginazione, la voglia di successo e la
falsità che ne viene, e saper sopportare il vuoto. È infatti
l'immaginazione, è l'Io naturale, che,
all'interno dell'anima, genera il tempo, il ritmo del tempo, dirigendo
l'anima o verso il futuro come suo territorio di conquista, o verso il
passato, per rallegrarsene o dispiacersene. Il presente, invece, è il
vuoto, e al vuoto l'anima naturale non sa e non vuole aderire. Chi
aderisse veramente al vuoto del presente, avrebbe «rinnegato se stesso»,
spento l'egoismo primordiale che lo muove. «Il presente di solito ci
ferisce». dice Pascal, e ci ferisce perché è la morte dell'Io. Nella
stessa direzione questo altro pensiero: «Tutta l'infelicità degli uomini
viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una stanza».
[...]
Questo desiderio smodato di evasione, di vacanza, di viaggi,
di droghe di ogni tipo, è la condizione più chiara della nostra
prigionia, anzi, è la nostra prigionia. Il vuoto del presente non si può
non percepire. E infatti gli uomini, da sempre, sentono il vuoto dentro
di sé. [...]
È positivo sentire il vuoto. [...] È la caduta degli
idoli, il crepuscolo degli Dei. Solo che il vuoto, per non essere
distruttivo, occorre saperlo portare, guardare, conoscere. Lo si può
fare solo se non si è più attaccati al proprio Io, perché il vuoto che
si sente non è altro che la vanità dell'Io [...]. Percepire il presente
come vuoto è un grande atto spirituale. Fermarsi, zittirsi, oscurare
l'immaginazione che sempre lavora in noi, e sentire il vuoto, il nulla
[...]. Imparare a stare fermi, respirare profondamente, sentire il vuoto
del presente, e noi che sprofondiamo in esso liberandoci da noi stessi:
non dobbiamo andare più da nessuna parte, siamo arrivati, siamo a casa.
[...]
La vigilanza è il contrario dell'immaginazione, la grande dissipatrice dell'energia. [...]
Vigilare è saper guardare il vuoto di cui siamo costituiti, saperlo
ascoltare, saper sostare ai suoi margini, senza subire il richiamo
dell'immaginazione che lo vuole riempire, dell'immaginazione che è la
voce dell'Io" (Vito Mancuso).
"ma
i desideri - le passioni - l'immaginazione - la volontà di vita, di
conquistare terre sconosciute, viaggiare, conoscere, creare,
emozionarsi, muoversi seguendo il ritmo che ci viene dal nostro daimon
interiore - scommettere, agire, scoprire, andare
all'avventura,
entusiasmarsi! - innamorarsi, combattere, sconvolgere l'ordine
costituito, vibrare, imbarcarsi in imprese sogni e divertirsi secondo
il proprio estro - seguire anche rischiando la propria ispirazione,
l'intuizione di un micro-attimo che ci detta la direzione, perdersi!
provare, fare tentativi, errare, deragliare!- tutto ciò non è parte del
"dato esperienziale" del presente??????? e cercare di bloccare
artificialmente tutto questo, non è la peggiore delle fantasie astratte
che ci sottraggono alla semplicità del presente????????" (Diogene senza l'anima?)
Ho scritto queste brevi righe dopo la lettura del brano di Mancuso, in un momento di entusiasmo, di esplosione di vitalità dopo una giornata faticosa di lavoro e di caldo - l'ultimo giorno di lavoro prima di una breve vacanza.
In realtà penso che ci sia una buona dose di verità anche nelle parole di Mancuso, che a rileggerle adesso, dopo qualche ora, mi sembrano bellissime.
Penso molto semplicemente, mi pare, che la vita - così sembra - sia fisiologicamente fatta di un'alternanza ciclica, un equilibrio funambolico fra entusiasmo e vuoto, nonsense ebbro di Vita e interrogazione sofferta sul Senso dell'Essere, risata e dubbio, impennarsi virile in grandi fantasie e progetti concreti di loro realizzazione, e frastagliata coscienza della contraddizione, lentezza e velocità, Eternità e modernità, "belle illusioni" leopardiane e leopardiano Nulla, o - perchè all'oscillare dello stato psico-fisico oscilla anche l'opinione filosofica - libera espressione dell'evoluzione creatrice e suo inaridente incagliarsi; fra felicità e tristezza, coraggio leonino e lucida paura, Arte e ordinarietà, tensione e rilassamento, movimento e sospensione osservatrice, "equanime", appunto.
Ma forse il Tao dei filosofi orientali comprende tutto questo, e "equilibrio" è danzare fra questi opposti vivendone di ognuno l'essenza, "senza togliere niente, senza aggiungere niente".
Come diceva Pierluigi Ighina, "Ciò che non pulsa, non vale niente."
Surfare l'onda taoista.
http://youtu.be/KDKownMp7FQ
RispondiEliminahttp://youtu.be/8kcQq4V7cGc
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