di-segno di Sacrilegio Tempesta

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pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.

martedì 17 luglio 2012

COCCI

eccoci

poveri stracci

ruderi cocci

bandiere tirate a lucido

per barattare

polvere

con abbracci reali

baratri

con

baci

slacciati

delacrimati

non stracciati

eccoci

polveriere

allo sbaraglio

a

fingere

luce e

colori

per un pò d'amore

a simulare

gigantismi

grattacieli

stereoscopici

bagliori

neon

esplosivi

fuochi d'artificio

e slogan promozionali

e versi di poesia

improvvisati

per

nascondere


o

trovare





rapsodie d'acqua

pura dentro il cuore.

                            (Diogene senza l'anima?)













3 commenti:

  1. Mi piace molto. C'è un'attenzione particolare al linguaggio (l'assonanza cocci - stracci, per esempio). Baci delacrimati è delizioso. Infine la conclusione fa saettare la poesia verso il territorio della redenzione possibile. Complimenti.

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  2. Grazie Ettore. Le assonanze e la musicalità non sono ricercate ma spontanee, per lo più. Altre cose sono il frutto di una leggera rielaborazione dopo la prima stesura di getto, più studiata. Ma per me la poesia rimane essenzialmente improvvisazione vocale attorno al fuoco, tutt'uno con la danza la musica il teatro, il racconto improvvisato di storie, il canto. Le separazioni e musealizzazioni successive hanno solo snaturato questa naturale facoltà umana, che come tutta l'arte era in origine un tutt'uno, secondo me, con la vita quotidiana, la sua ritualità, le feste, la religione, le pratiche terapeutiche, l'organizzazione sociale.

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  3. Farò prossimamente un post su questi argomenti, ma prima devo rileggere il testo di Rousseau che parla di questi argomenti. L'ho studiato molti anni fa, non so quanto di quello che ricordo è veramente Rousseau e quanto una mia rielaborazione, ma quello che ricordo è più o meno questo: il linguaggio umano nasce come linguaggio poetico. I primitivi hanno un linguaggio fatto di suoni non codificati, che rinviano a immagini concrete create sul momento, un linguaggio vivo, metaforico-musicale-intuitivo-associativo-connotativo-imitativo-emotivo improvvisato, un linguaggio fatto di timbri, melodie, rumori quanto di successioni di "parole" se si può già parlare di parole, un linguaggio immaginifico che inventa un universo concreto di suoni per suggerire prese di posizione pratico-emotive (o emotivo-magiche) in relazione ad un universo di fenomeni misteriosi. Con il progredire della civilizzazione, che per Rousseau, da diversi punti di vista rappresenterebbe una involuzione, il linguaggio prende forma, si codifica, si grammaticalizza, diventa sempre più definitorio, denotativo, logico, schematico, e quindi anche più rigido e sempre meno fatto di "metafore vive" e sempre più di espressioni ripetute. Perde sempre di più anche l'aspetto musicale. (Ancora oggi, si sente in un dialetto o nelle lingue dei vari popoli "nativi" certamente più vitalità e varietà musicale che in una lingua europea). Alla fine, si atrofizza, diventando una lingua povera di colore e di timbro, di vita concreta, di immagini creative, e sempre più un linguaggio ripetitivo e analitico, fino ad arrivare al linguaggio scientifico, totalmente astratto, in cui "alla parolax corrisponde l'oggetto y" per definizione, e il linguaggio non ha più nessun valore emotivo-associativo. Parallelamente la società si atrofizza alla stessa maniera, diventando individualista, atomizzata, frammentata, alienata, violenta, irregimentata ma in realtà incapace di gestire sè stessa in una maniera sensata e armonica.

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