eccoci
poveri stracci
ruderi cocci
bandiere tirate a lucido
per barattare
polvere
con abbracci reali
baratri
con
baci
slacciati
delacrimati
non stracciati
eccoci
polveriere
allo sbaraglio
a
fingere
luce e
colori
per un pò d'amore
a simulare
gigantismi
grattacieli
stereoscopici
bagliori
neon
esplosivi
fuochi d'artificio
e slogan promozionali
e versi di poesia
improvvisati
per
nascondere
o
trovare
rapsodie d'acqua
pura dentro il cuore.
(Diogene senza l'anima?)
Mi piace molto. C'è un'attenzione particolare al linguaggio (l'assonanza cocci - stracci, per esempio). Baci delacrimati è delizioso. Infine la conclusione fa saettare la poesia verso il territorio della redenzione possibile. Complimenti.
RispondiEliminaGrazie Ettore. Le assonanze e la musicalità non sono ricercate ma spontanee, per lo più. Altre cose sono il frutto di una leggera rielaborazione dopo la prima stesura di getto, più studiata. Ma per me la poesia rimane essenzialmente improvvisazione vocale attorno al fuoco, tutt'uno con la danza la musica il teatro, il racconto improvvisato di storie, il canto. Le separazioni e musealizzazioni successive hanno solo snaturato questa naturale facoltà umana, che come tutta l'arte era in origine un tutt'uno, secondo me, con la vita quotidiana, la sua ritualità, le feste, la religione, le pratiche terapeutiche, l'organizzazione sociale.
RispondiEliminaFarò prossimamente un post su questi argomenti, ma prima devo rileggere il testo di Rousseau che parla di questi argomenti. L'ho studiato molti anni fa, non so quanto di quello che ricordo è veramente Rousseau e quanto una mia rielaborazione, ma quello che ricordo è più o meno questo: il linguaggio umano nasce come linguaggio poetico. I primitivi hanno un linguaggio fatto di suoni non codificati, che rinviano a immagini concrete create sul momento, un linguaggio vivo, metaforico-musicale-intuitivo-associativo-connotativo-imitativo-emotivo improvvisato, un linguaggio fatto di timbri, melodie, rumori quanto di successioni di "parole" se si può già parlare di parole, un linguaggio immaginifico che inventa un universo concreto di suoni per suggerire prese di posizione pratico-emotive (o emotivo-magiche) in relazione ad un universo di fenomeni misteriosi. Con il progredire della civilizzazione, che per Rousseau, da diversi punti di vista rappresenterebbe una involuzione, il linguaggio prende forma, si codifica, si grammaticalizza, diventa sempre più definitorio, denotativo, logico, schematico, e quindi anche più rigido e sempre meno fatto di "metafore vive" e sempre più di espressioni ripetute. Perde sempre di più anche l'aspetto musicale. (Ancora oggi, si sente in un dialetto o nelle lingue dei vari popoli "nativi" certamente più vitalità e varietà musicale che in una lingua europea). Alla fine, si atrofizza, diventando una lingua povera di colore e di timbro, di vita concreta, di immagini creative, e sempre più un linguaggio ripetitivo e analitico, fino ad arrivare al linguaggio scientifico, totalmente astratto, in cui "alla parolax corrisponde l'oggetto y" per definizione, e il linguaggio non ha più nessun valore emotivo-associativo. Parallelamente la società si atrofizza alla stessa maniera, diventando individualista, atomizzata, frammentata, alienata, violenta, irregimentata ma in realtà incapace di gestire sè stessa in una maniera sensata e armonica.
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