LASCIA TUTTO, E SEGUITI! (F. Battiato)
Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (Guido Ceronetti)
di-segno di Sacrilegio Tempesta
?
pARTICOLARE DI "Autunno", quadro di Diogene senza l'anima?. Foto di Sacrilegio Tempesta.
disinformati e "impegnati"
scandalizzati e complici
arrabbiati e conniventi
abitudinari e ribelli
annoiati e anticonformisti
"positivi" salvatori di universi
esploratori curiosi di ogni via spirituale
e impotenti e indifferenti come tutti
intellettuali, poeti
astratti come preti disillusi
utopisti con cinismo
sognatori con rancore
visionari miopi, strabici, alla fine più realisti del reale
filosofi compiaciuti
pessimisti in cerca di smentite e consolazioni
ottimisti per lavoro
o per disperazione
evangelizzatori prestati a qualsiasi causa e ideologia
per automatismo
cittadini virtualizzati
amanti ipnotizzati dalla routine
amici più che di persone di stereotipi
sciamani di ogni input virtuale
araldi di ogni nuovo slogan
da pubblicizzare.
"La
condizione ideale è proprio il disordine estremo, ovvero una superficie coperta
o piena di abbondanti resti in decomposizione" E. H. Faulkner, teorico dell’agricoltura e sperimentatore agricolo
Si fa così:
bisogna spargere gli elementi e le
idee sul terreno
seguendo il principio del massimo
disordine,
della casualità/Caos/Entropia
neutra, imparziale, indifferente:
"I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti e custodi del mondo
naturale. Conoscono le loro terre e ciò che accade su di esse meglio di
chiunque altro” ha dichiarato il Direttore generale di Survival, Stephen
Corry. “Se vogliamo che la conservazione funzioni, le organizzazioni
conservazioniste come il WWF devono rispettare la legge internazionale,
proteggere i diritti dei popoli indigeni sulle loro terre, chiedere a
loro qual è il tipo di aiuto di cui hanno bisogno per
proteggere l’ambiente, ascoltarli ed essere poi pronti a sostenerli il
più possibile. In tema di conservazione, è necessario un radicale
cambiamento di mentalità." I pigmei perseguitati sulle loro terre da squadre anti-bracconaggio organizzate dal Wwf Ho letto anche articoli (parzialmente)
analoghi (sebbene manchino le violenze dirette presenti nel caso dei
pigmei) riguardo all'intervento della PETA nei territori dei nativi
dell'estremo nord americano (eschimesi, diciamo) nel tentativo di
impedirgli la tradizionale caccia alle foche, da sempre il loro
principale mezzo di sostentamento. Personalmente mi sto sempre più
dirigendo verso il vegetarianesimo, ma qui si vede il lato oscuro e
problematico dell'animalismo più intollerante e di un certo tipo di
ambientalismo. Sono convinto che i popoli "indigeni" hanno diritto a
mantenere le loro tradizioni, il loro stile di vita millenario e la
sovranità sulla loro terra, anche perché sono convinto che sono i
depositari della più efficace, complessa, radicata e sperimentata
sapienza e saggezza sulla conservazione e interazione ecologica con la
propria terra - sapere locale unico, inalienabile rapporto di simbiosi
con una specifica terra, che solo loro conoscono veramente. Da loro
invece, noi livellatori culturali e distruttori di foreste, sperperatori
di risorse limitate, creatori di deserti, dovremmo solo imparare. Più
complessa, ma imprescindibile, la questione declinata in terra europea:
se si è d'accordo con quanto esposto qua sopra, in nome di cosa non
applicare questa consapevolezza dell'insostituibilità ecologica delle
culture locali anche alle nostre? Certo, noi siamo figli di una cultura
alienata che in gran parte ha perso le sue radici, ma non dovremmo
preservare come linfa preziosa per esempio ciò che è rimasto delle
culture rurali locali, invece di giudicarle dalla nostra iper-razionale, iper-moderna, saccente, omologante prospettiva
metropoli-centrica?
La morte ha forma di piramide
e moltiplica la paura ad un terzo.
Dov’è il mio albero
in quale Africa oppure
la frazione franta dal fonema?
Ha forma di piramide la morte
e saccheggia il sempre
con l’effimero.
In quale Africa
si saccheggia l'effimero?
Quale fonema saccheggia il presente?
il Serpe
serpeggia nel giardino dell'Effimero
occhieggia ai piedi della Sfinge
fingendo sfinimenti e vaneggiamenti cosmici
lo osserva un albero
che sussurra ricami di quiete e ombra e enigma
la Piramide ignora tutto quanto
Serpe, albero, ombra, crisma e miasma
e grida rigida
scandendo ritmi ripidi
i suoi Decreti minimi
Sacerdoti muti del Simmetrico
inerte perfetto responso
del Solido Invisibile.
Che Sacro Effimero Equivalente Teorema
saccheggia il Serpente?
Il serpente lo sventra Nella tundra una sciamana Occhi stretti neri e fondi Con in mano una campana Sale ad ogni dong La sciamana, ora animale, E di volta in volta Scala il cielo: aquila immane. Non vede altro che distese Innevate tolte al tempo "Eppure c'era qualcosa Io lo sento. Sì lo sento"
Fu allora che ridiventò serpente
e topo e lontra e bestia strana
e si scavò un rifugio nel ventre della terra
per incubare un sogno
lontano da tutto
in cui fiutare ancora inviolate
le piste dimenticate dell'arcano.
Questa poesia è frutto di un'improvvisazione poetica a 4 mani su Facebook. Ossimoro paradossale, ma a volte evidentemente perfino su Facebook è possibile essere "creativi".
Il tutto è partito dai versi iniziali di Sebastiano A. Patanè Ferro (dall'inizio a "con l'effimero."), ha proseguito As Sauari (fino a "saccheggia il presente") poi io (fino a "saccheggia il serpente") poi Lu LacrymaeRerum Pathos (fino a "sì lo sento") poi di nuovo io fino alla fine.
Il titolo l'ho inventato io a posteriori.
Il gioco poetico, per quanto solo virtuale, mi ha ricordato che la matrice ancestrale della poesia è qualcosa di pre-personale, anche pre-letterario, e probabilmente risale ad improvvisazioni orali corali, in tempi in cui ancora sicuramente non si dava così tanta ingigantita ed effimera importanza a concetti come quello di "autore" e neanche a quello di "opera".
Improvvisare insieme versi (un po' come facevano i surrealisti con i loro giochi di scrittura casuale-collettiva, "I cadaveri eccellenti") mi sembra una bella maniera di ricordarsi del fuoco originario della poesia, energia viva, Logos in azione, jam session musicale-sonoro-onomatopeico-verbale, anima pre-razionale del linguaggio e delle relazioni umane.
"Ho questa fissazione: ...che il proiettarsi in avanti a una velocità smodata a tutti i costi non è il futuro possibile. ...Il tornare indietro e vivere nel passato è una gran cagata. Ma il coraggio di guardare avanti accettando di rallentare... e di capire cosa c'è stato prima, di ricordare cosa c'è stato insegnato dai tempi.. da tutti i tempi, possa essere una vaga.. e dico vaga, speranza." (Davide Van De Sfroos)
Varda scià,semm rüaa,saraa dent ne l'aragusta curazada.
Giruaghen nella nebbia che süghen el diluvio cunt i strasc.
E vureum tüt quel che gh'erum menga,per cercà tüt quel che gh'erum piö
E scapaum de ogni sit in duè rüaum,per truà un oltru sit de lassa indree..
Goga e magoga, l'è una danza sö l'angoscia che la giüga.
Goga e magoga, la macumba sö la tera che sufega.
Goga e magoga, il futuro in barca a vela chi lo paga?
Goga e magoga, el to santo prutetur urmai se droga!
Varda scià,semm rüaa,ne la crapa gh'emm un pesce motosega.
La girandula sö i ball,e i sogn di oltri li sistemum cul mazzott.
Gh'emm i öcc a damigiana e quaranta mungulfier tüt piee de ball.
I ricami sul cuscino e mitragliatrici a nastro suta 'l lecc.
Goga e magoga, l'è una danza sö l'angoscia che la giüga.
Goga e magoga, la macumba sö la tera che sufega.
Goga e magoga, il futuro in barca a vela chi lo paga?
Goga e magoga, el to santo prutetur urmai se droga!
E vabè, fa nagott, vemm a burlà ma l'è culpa della crisi.
I rifiuti,quelli brutti,li ho scundüti e non li ritroverai.
Akuaduulza! Acqua stüfa! De sta che a quatà la mia vergogna.
Giù sul fondo c'è il passato,ma 'l rifless de quel che semm l'è in süperfis.
Verde rame! La speranza! E il cemento armato di pazienza.
E l'arcangel el te presta la sua ala,per sügà i lacrim di to öcc.
E l'arcangel el te presta la sua ala ma,nöm ghe se netum dent el naas.
E se non bastano quadri,fiori e picche,
duperum anca i cör cumè curtej.
Sulla scala dei ricordi, sulla scala dei ricordi c'è la melma
E l'è un sit in duè l'è facil, l'è un sit in duè l'è facil sbrissigà.
Goga e magoga, e se s'cepa anca la sfera della maga.
Goga e magoga ,l'è una danza per cantà chi se ne frega.
Goga e magoga, se spargiamo un po' di sangue dopo asciuga.
"Occorre una dimora ombrosa, per abitare il vivo. (...) Eppure, salvezza non è solo il Paesaggio, il tempo non umano e più che umano della vita nuova, delle estati e dell'Albero. Qualcosa si è salvato, in noi, del mondo: qualche nome, qualche volto, qualche città. Un po' del tempo umano, che ci è stato affidato e dobbiamo pure custodire." (R. De Monticelli, Dal vivo)
In poesia non ci sono punti
ma bui corpi che guardano
dal fondo della storia, dalle grotte
di Lascaux: è la punteggiatura
delle macchie, il salto dei bisonti,
il barrito degli elefanti di una volta
il grido di gente che ha fin troppo piacere
in gola, troppi occhi, troppe mani
in mezzo al giardino, in fondo al pozzo.
che sia stanco oppure freno/che sia vuoto oppure rantolo/amo perdermi in questo gomitolo ascendente/di fango e vanto/e penitenza e schianto/nel centro del centro/trovo la radice del pozzo infranto/e mi specchio nel nocciolo nero petrolio/che schiudendosi sillaba rinascite/nei cui labirinti multicolori e straripanti/esplodo nell'erezione comica e selvatica del mio canto/notte strabica popolata da oceani di sogni-coyote/con le orecchie dritte in ascolto/vulcano ridente/che erutta irridente alla fine/un volo stra-libero,/irredento/verso il segreto remoto dell'incanto.
(Disegno di Matteo Guarnaccia, riprodotto con la sua autorizzazione)
"L’esperienza
sciamanica ci ricorda che l’uomo è parte integrante della natura, ma non deve
assolutamente considerarsi al di sopra di essa, come invece accade da tempo con
risultati catastrofici sullo stato di salute del pianeta. Per la terra siamo
diventati una forma di vita decisamente ingombrante, e lo sciamanesimo può
senz’altro aiutare a ricordarci qual è il nostro posto nel mondo."
“In ogni tradizione lo sciamano compie un ‘volo magico’
attraverso i vari livelli del cosmo, superando ostacoli e difficoltà
sempre crescenti, fino a raggiungere un certo grado di conoscenza.
Dopodiché ritorna indietro, portando ciò che ha ottenuto a beneficio di
tutti. Mantiene così un equilibrio sociale. Vuole compiere il viaggio
non per sé, ma per gli altri”.
"Come dicevamo prima,
lo sciamanesimo ci accompagna da sempre, ed è parte del nostro vissuto. Uno dei
territori in cui i “segni” dello sciamanesimo permangono e sono maggiormente
protetti e si fanno più nitidi è proprio l’arte, in ogni sua manifestazione.
Nella concezione
originale dei sogni dei maledetti francesi dell’Ottocento l’arte dovrebbe
corrispondere alla vita, l’arte è la vita stessa, anche se di fatto poi la
civilizzazione occidentale ha operato una sorta di “specializzazione” delle
esperienze emozionali. Se l’antico sciamano era di fatto medico, artista,
poeta, psicologo, il mondo moderno non sa che farsene di una figura aperta a
tutta una serie di esperienze differenti. Anzi, per chi detiene il potere, una
figura completa e libera, capace di sopravvivere in assoluta solitudine, eppure
con un proprio ruolo centrale nella comunità come lo sciamano, è piuttosto
pericolosa e destabilizzante. Il potere ha bisogno di gente “asservita”. Nelle
culture tribali, anche se ogni membro aveva proprie caratteristiche e ruoli,
non fuggiva dalle esperienze in altri ambiti. Già in quel tempo, avevano
compreso che ogni uomo è in realtà molte persone differenti, come ci ricorda
Jodorowsky. L’arte è l’ambito in cui storicamente il potere ha concesso che
certe energie venissero esplicitate. E se si tratta di vera arte, pur popolare
che sia, essa smuove sempre le energie interiori dell’artista e di chi fruisce
della sua opera o del suo gesto artistico. L’artista “fruga” dentro sé senza
sapere a priori cosa potrà tirare fuori, e si tratterà sempre di qualcosa che è
a priori “non spendibile”. Magari lo diventerà decenni o secoli dopo. L’arte è
il territorio in cui tutto è già stato fatto, ma quando ancora non era il
momento. E’ l’offrire un nuovo punto di vista sulla vita. E’ far cambiare aria
alla società quando è pressoché asfissiata."
"Lo sciamano ha il
compito di mostrare alla comunità i livelli di conoscenza ai quali è possibile
arrivare, e lo fa attraverso delle esperienze di viaggio che sa padroneggiare.
In questo senso parliamo del costume come di una “mappa”. Alle stesse
esperienze l’uomo comune potrebbe arrivare per casualità, studio, incidente, ma
per lui sarebbe difficile tornare indietro per elaborare, comprendere e
comunicare l’esperienza ad altri. Il costume dello sciamano, come la musica, la
poesia, e altri mezzi, racconta l’esperienza alla comunità. Dichiararsi “uomo”,
o scientificamente Homo Sapiens, significa poter dire di conoscere il proprio
posto nel mondo. Il costume dello sciamano è la mappa su cui è segnato questo
posto."
“Tutti noi abbiamo sperimentato nella nostra
infanzia l’esperienza sciamanica, anche se tendiamo a dimenticarcene.
Uno stato naturale che scaturisce dalla possibilità di muoversi su
diversi piani di coscienza e di attingere a piacere – e, aggiungiamo,
con piacere – a una molteplicità di sensazioni e stimoli (…) I bambini
vedono passare gli angeli, parlano con cose (apparentemente) inanimate,
hanno amici invisibili, si sdoppiano, si servono di oggetti magici.
Amano le vertigini e sanno come procurasele: ruotano come folli, fanno
capriole, urlano, trattengono il respiro, ripetono frasi senza senso,
inanellano parole in loop, si fanno lanciare in aria da mamma e papà. E
che dire di quanto apprezzano il suono dei sonagli e delle percussioni?
Ognuno di noi, da bambino, è abilitato ad un uso emancipato
dell’immaginazione, in fase non ancora formattata dal controllo e dalla
riprovazione sociale”.
“Lo sciamano è qualcuno che, con disciplina,
coraggio, perseveranza, esercizio mentale, riesce a mantenere e
controllare questo stato ‘infantile’, mettendolo al servizio della sua
evoluzione mentale/spirituale e del benessere della sua comunità”.
Brani di Matteo Guarnaccia tratti da questa intervista e da quest'articolo sul suo nuovo libro, Sciamani: istruzioni per l'uso, edito da Shake Edizioni. Pare che il titolo inizialmente dovesse essere Sciamani: istruzioni per l'uso culturale (Xl riporta addirittura l'immagine di copertina con questo titolo). Non ho ancora letto questo libro (lo farò al più presto) ma mi sembra, dall'intervista e dall'articolo, che sia proprio questo taglio culturale, e anche artistico, la sua peculiarità e ciò che lo rende particolarmente interessante e appettibile rispetto per esempio a tanta vastissima letteratura sull'argomento di taglio New Age, o comunque spiritualeggiante, o invece rispetto ai tanti libri (interessantissimi ma più specifici) sulle manifestazioni dello sciamanesimo in specifiche culture, di taglio antropologico oppure di testimonianze dirette di esponenti delle varie culture native.
Lo sciamano quindi come categoria dello spirito umano, anzi come qualità spontanea innata umana che tutti i bambini hanno.
"Sciamano" è chi mantiene attive queste capacità di vedere oltre le apparenze, di entrare in contatto con l'invisibile, di dialogare con le forze della Natura o con "Spiriti" o "Demoni" apparentemente inesistenti ma che hanno un'effettiva potentissima incidenza sugli individui e sulle società, influenza benefica o devastante (esempi potrebbero essere: il "demone della prevaricazione sulla natura" o "il demone dell'individualismo e dell'incomunicabilità" oppure invece "lo Spirito che ci riconnette e ci fa sentire una cosa sola con la Natura, o con qualcosa o con qualcuno").
Lo differenzia dal bambino, come dice Guarnaccia, l'apprendimento, anche duro, pieno a volte di sofferenza, della padronanza di queste forze e capacità, la possibilità di lasciarle esprimere, "parlare" ma di controllarle, cavalcare questo Caos primigenio di Creatività assoluta e Sogno tellurico per dirigerlo verso gli scopi voluti. O per meglio dire, forse, per trovare accordi tra la legittima espressione di queste Forze indomabili e le necessità dell'essere umano. Come l'artista (e a differenza dello psicotico, che pure per altri aspetti assomiglia sia all'artista che allo sciamano) sa "tornare" dal viaggio e "raccontare" storie su queste realtà sottili, rappresentare e inscenare drammi in cui gli altri fratelli umani possano entrare anch'essi in contatto con gli aspetti più primordiali, selvatici, enigmatici, paradossali, tragici o meravigliosi del reale, con tutto quel magma ribollente pullulante Energia che sta al di sotto della realtà quotidianamente e socialmente riconosciuta - sa quindi gettare ponti tra la gente e questi aspetti nascosti, per esempio la Natura Selvatica dimenticata e distrutta, e riaprire i cuori della gente perchè vi sia ancora spazio per ascoltare tutti questi aspetti tralasciati, negati, rinnegati - e nel far questo aiuta la gente a stare bene, a riconnettersi con parti di sè e del mondo che creano alienazione e sofferenza continua se rigettate, non riconosciute, abbandonate, perse. Un ricucitore di fratture, una cassa di risonanza dell'impeto del Grande Torrente Cosmico, che temiamo ma di cui abbiamo disperatamente bisogno.
(Disegno di Matteo Guarnaccia, riprodotto con la sua autorizzazione)
Come l'artista, lo sciamano mi sembra un individuo che rimane al di là dei canoni sociali riconosciuti, come il bambino affacciato su altri mondi, finestre immaginarie su aspetti straordinari o viceversa su aspetti "demoniaci" nascosti della realtà, ma al contrario del bambino sa comunicare almeno una parte di ciò agli altri, alla società, in una forma intellegibile, e perciò il suo mondo di Sogno ha una funzione sociale.
"Funzione sociale" è in realtà un'espressione ambigua: lo sciamano e l'artista, per essere tali, nella misura in cui sono tali (mentre per il resto la loro vita è come quella di tutti gli altri) sono al di là delle funzioni, liberi di recepire e di risuonare ed entrare in risonanza completamente privi di alcuna intenzione di modificare, alterare, piegare a scopi estranei, funzioni. Sarebbe meglio parlare di una ricaduta, secondaria, della Visione dello sciamano o dell'artista, una ricaduta benefica e taumaturgica, ma la Visione in quanto tale è aliena da qualsiasi scopo o inquadramento sociale, può avere luogo proprio perchè si accede a uno stato di coscienza in cui i canoni sociali e gli scopi umani non hanno alcuna voce in capitolo. E' la terapeuticità - a volte dolorosa - del riconnettersi a un'area dell'esistenza che prescinde dai concetti di utile o inutile, e che proprio per questo - solo per questo - è sacra, può dare nuova vita, nuova energia, nuove Visioni a popoli inariditi e persi nel Nulla, nuovi Sogni - può rifar sgorgare sorgenti interiori spente o colpire con Fulmini/Intuizioni individui e società dando uno sguardo nuovo su contraddizioni apparentemente insanabili. Infine, una differenza tra sciamano ed artista: lo sciamano è inserito in un quadro mitologico-religioso ben definito, e la sua funzione è rispettata, riconosciuta e onorata da tutti, ha un Contesto sacro ben definito nel quale opera (anche se secondo me, lo ripeto, interiormente probabilmente è libero da qualsiasi funzione e credenza sociale) mentre l'artista - parlo dell'artista contemporaneo - è un esule, vive in una società che ha perso ogni certezza, ogni Dio e ogni sacralità e vive spesso ai margini, alla periferia rispetto al centro della società in cui avvengono le "cose che contano" - messaggero inascoltato, Cassandra derisa, profeta che farfuglia cose incomprensibili, mistico solitario, visionario incompreso, "suicidato dalla società" o nel migliore dei casi comunicatore osannato dalle mode del momento, ma il cui messaggio - il nocciolo profondo del suo messaggio - resta continuamente frainteso, sminuito, tradito proprio da chi ne decreta il successo mediatico.
Ma i tempi cambiano, le voci discordanti, dissonanti e diverse di artisti e visionari cominciano ad essere più ascoltate e forse anche più comprese, e:
"Sì, è così: il tempo ci ha riavvicinati alle antiche formule magiche, a lungo dimenticate eppure sempre presenti. Il senso incomincia, esitando, a filtrare nella grande opera a cui tutti lavoriamo, e che ci tiene avvinti." (E. Jünger, Lettera dalla Sicilia all'uomo nella Luna)